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Ready when ready! UGANDA 2014


mouette

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A: dì, ti piacciono i gorilla? pare che ci sia una spedizione in partenza per giugno.

B: vuoi liberarti di me, cocco? guarda che sono vegetariani, i gorilla :lol:

A: appunto, un fiore come te sarebbe un bocconcino delizioso :grin:

Con questo dialogo altamente filosofico e pregnante tra co-admin e moderatrice di un forum di viaggi inizia a prendere corpo – siamo a settembre 2013 - l’avventura più coinvolgente e densa di emozioni che potessi immaginare di vivere.

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Ora mi piacerebbe portarvi in Africa con me … che ne dite?

Siamo d’accordo: esordire su un forum di viaggi USA con un diario sull’Uganda è davvero poco serio!

Ma:

a) io NON sono una persona seria :grin: , e soprattutto

B) ho la benedizione di ben tre moderatori, in rigoroso ordine alfabetico acfraine, al3cs e Pandathegreat, che ringrazio ed ai quali mi inchino, e quindi

c) se farete i bravi e mi reggerete fino alla fine, vi de-li-zie-rò : wuuuup : con un diario (quasi) serio sulla mia prossima avventura newyorkese, basta attendere ottobre

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NdA: trattandosi di post introduttivo e non narrativo, l’autrice segnala che è presente l’inserimento a scopo pubblicitario :lol: di immagini random aventi attinenza con l’oggetto del topic anche se non specificatamente legate al racconto-che-non-c’è e si scusa per la pessima qualità delle stesse, dovuta sia al mezzo – una terribile, indecorosa, indecente saponetta Canon – sia soprattutto alle attitudini della scattante (nel senso naturalmente di “colei che scatta le foto”, non fatevi idee strane circa le di lei attitudini atletiche :grin: )

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Ehm. Torniamo seri, o almeno proviamoci. Data la meta relativamente insolita spero di catturare il vostro interesse anche con un argomento un po’ fuori del seminato, penso che il mondo intero abbia regali incredibili da offrire a chi tiene aperti gli occhi del cuore … e anche se credo di aver visto quanto di più diverso dalla terra americana mi e ci possa venire in mente, credo non esistano classifiche qui.

L’Uganda è una scelta impegnativa per una che è solo – anche se non per scelta sua - al secondo viaggio fuori Europa nonostante la non più tanto verde età, ma non potevo farmi sfuggire una possibilità così, e dopo il trek nella Valle del Dràa dell’ottobre scorso, ho deciso che una donna che fa cacca e pipì nel deserto per una settimana senza lamentarsi può fare qualsiasi cosa :grin: e quindi … si va! Rientrata più con il corpo che con la mente ed il cuore, posso dire oggi che è stata la decisione giusta, è un viaggio impegnativo fisicamente e mentalmente (il gorilla tracking mi ha letteralmente rasa al suolo : Bash : ma lo rifarei dieci volte), è un po’ scomodo e piuttosto spartano, ma quanto ti porti a casa vale ampiamente il prezzo del biglietto.

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E visto che ho nominato il prezzo, parliamo di costi e dettagli pratici:

VOLO

485 euro per un Egyptair Malpensa-Cairo-Entebbe scelto dopo qualche esitazione dovuta al fatto che Ale (l’A di cui sopra) e sua moglie Sabri erano al Cairo nel gennaio 2011, quando è scoppiata la Primavera araba che li ha costretti a un rientro anticipato, precipitoso e poco divertente, e il ricordo delle scene all’aeroporto non è uno di quelli che li rende più felici. Ci siamo decisi considerando che statisticamente è improbabile che capiti due volte alle stesse persone di restare bloccate in un casino simile, che il prezzo era il migliore sul mercato – gli altri partivano dai 650-700 euro – che gli orari e le coincidenze erano i più buoni, e prendendo come ulteriore definitiva precauzione la solenne decisione di tenere strettamente incrociate le dita di mani e piedi per i sette mesi intercorsi tra l’acquisto e la partenza. Questi gli operativi:

10 giugno 2014 MXP-CAI 14.30-19.25

CAI-EBB 22.45-3.15

23 giugno 2014 EBB-CAI 4.15-8.45

CAI-MXP 10.40-13.30

Il 737 della tratta Malpensa-Cairo era nuovo e bellino, l’Airbus dal Cairo a Entebbe decisamente più … africano. Recensione finale, all’unanimità: ok, dai, possiamo prenderla ancora Egyptair, non siamo neanche precipitati :lol:

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TOUR

2150 dollari usa a testa, totale versato a febbraio (al cambio 1.582,04 euro) per non portare troppo contante con noi, volendo era possibile anticipare solo la quota relativa ai permessi e saldare il resto in loco.

L’importo comprende autista-guida, spese per il carburante e il noleggio del mezzo, tutti i pernottamenti e le colazioni, il pranzo e la cena durante il soggiorno in famiglia, i permessi per gorilla tracking (600 usd) e chimpanzee tracking (150 usd) e ingressi nei Parchi gestiti dall’Uganda Wildlife Authority (40 usd a persona al giorno), i game drive, la navigazione sul Nilo, sul Kazinga Channel, sul Lake Mutanda (:D), nelle Mabamba Swamp.

Nb: noi eravamo in 5 – tre uomini e due quasi fragili quasi fanciulle - il prezzo decresce all’aumentare dei partecipanti perché si dividono le spese di guida e auto/carburante. Prima che si aggiungesse last minute il quinto la quota era di 2.300,00 usd a testa.

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SPESE IN LOCO

200 euro esatti, o se preferite 641.000 scellini ugandesi, a testa per tutti i pasti, la mancia – meritatissima - alla guida e un paio di ingressi e visite guidate non previsti inizialmente.

SOUVENIR

Io ho speso una trentina di euro scarsi, non c’è quasi nulla da comprare, e quel poco ha costi veramente irrisori. A meno che vogliate un gorilla in legno a grandezza naturale da acquistare in aeroporto a prezzi occidentali, ve la caverete con poco.

Ad onta della scarsità di frivolezze in vendita, mi corre però l’obbligo di segnalare che incautamente, in risposta al proclama di Ale, accanito collezionista, ho affermato a suo tempo con eccessiva sicurezza: se trovi una palla per l’albero di Natale a giugno in Uganda mi mangio una pantegana col pelo e tutto. Bene, ora sapete cos’ho per cena stasera :lol:

In totale, poco meno di 2.300 euro a testa tutto compreso per 13 giorni effettivi.

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Ed ora passiamo ad altri argomenti sempre squisitamente pratici:

SALUTE

Su consiglio del Centro di Medicina tropicale di Negrar mi sono vaccinata contro febbre gialla, epatite A e B, tifo, ho fatto il richiamo per l’antitetanica e per finire la profilassi antimalarica con il Malarone (nessun effetto collaterale e nessun problema, ho sentito pareri discordanti in merito ma io mi sono trovata bene e lo rifarei). Da portare sempre, un buon repellente per gli insetti con una concentrazione di DEET intorno al 50%: io avevo preso un prodotto Lifesystem a Londra l’inverno scorso e mi sono trovata benissimo, i miei compagni avevano l’Autan Plus e anche loro non hanno avuto problemi – però io ero profumata e loro no :D. Per i tracking nella foresta, maniche lunghe e pantaloni infilati nelle calze, scarponcini robusti, bagnetto nel repellente e via. Completano il kit dell’ipocondriaco saggio un antibiotico a largo spettro, un antinfiammatorio, un buon disinfettante intestinale e il caro vecchio Dissenten. Alla fine non ho usato nulla, ma è meglio avere sempre con se il pronto soccorso minimo, le … farmacie ci sono ma non sempre sono fornite. Ehm.

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FAI DA TE SI/NO

Ci siamo affidati con totale soddisfazione a un operatore locale – non so se posso fare nomi e link, o se interessa, ditemi voi – aperto in società da un ragazzo di Kisoro e un nostro amico italiano che vive qui e ci ha fatto da tramite per ogni più piccolo aggiustamento, visto che si è lavorato a lungo di cesello sull’itinerario classico di massima per cucirlo addosso al millimetro a quello che avevamo in mente. Oltre all’ottima organizzazione, alla velocità delle risposte ed al farsi in quattro per accontentarci, quello che ci ha convinti è il fatto che lavorano appoggiandosi a piccole realtà locali e includono tra le varie possibilità offerte dal giro quella di entrare in contatto più autentico con i locali, passando anche una o più notti in casa di una famiglia a Kisoro, visitando scuole e villaggi, andando a conoscere la comunità Batwa, popolazione di etnia pigmea cacciata dalla foresta alla costituzione dei vari Parchi Nazionali … è stato uno dei momenti più toccanti e dolorosi di un viaggio che comunque non era nato per essere di pura evasione, e che sapevamo in partenza non facilissimo, ma che mi ha riportata in Italia più ricca, più felice e più consapevole.

Concludo la nota introduttiva spiegando perché abbiamo scartato, e consiglio caldamente di scartare, il fai da te, anche se tutti e cinque siamo viaggiatori autonomi che amano organizzarsi da soli il più possibile qualunque sia la meta.

Motivo numero uno, le strade: sono terribili, quelle asfaltate sono due o tre in tutto il Paese, per il resto sono tutte sterrate e tenute in qualche modo, oltretutto siamo alla fine della stagione delle piogge ed è un disastro di polvere e buche. Anche senza considerare la guida a sinistra, eredità della dominazione britannica, e lo stile creativo dei locali al volante, sono anche del tutto prive di indicazioni stradali. Scordatevi il tom-tom … e credetemi, andare all’avventura non è il caso. Tanto più che in prossimità dei villaggi e delle città le strade si riempiono di moto, motorini, biciclette, pedoni, boda-boda, animali, bambini che giocano a palla che ci vuole del miracoloso per schivare … che nei tratti tra un villaggio e l’altro non passa un cane per chilometri e se avete bisogno di aiuto non potete chiamare l’ACI o l’AAA … che gli ugandesi prendono la guida come una guerra e considerano il fermarsi o il rallentare per far passare chi viene in senso opposto su una strada larga mezzo metro come una prova di scarsa virilità, e preferiscono avventarsi l’uno contro l’altro fissandosi reciprocamente con ferocia per stabilire, spostandosi solo all’ultimissimo secondo, chi ce l’ha più grande. Il coraggio, dico :grin:

Motivo numero due, l’alimentazione: non ci sono McDonald’s in Uganda, e se l’igiene in Africa è comunque ed ovunque un concetto vagamente alieno, e la sera potete salvarvi cenando nei lodge, a pranzo sarete fatalmente costretti a fermarvi in posti dall’aspetto inquietante. La guida sa dove portare i turisti – ma vi racconterò - che in ogni caso vanno di Amuchina come se piovesse, gli occidentali da soli rischiano di più. Io sono fermamente convinta che anche un sous-chef svizzero probabilmente sputa nella minestra prima di mandarla in tavola, ma ai germi europei sono abituata, quelli africani li frequento già meno e anche se non sono delicata preferisco non confrontarmi con la maledizione di Montezuma (uff, non siate così pignoli, lo so che è sudamericano quello lì :razz: ).

Motivo numero tre, gustarsi il viaggio: dato che la logistica non è semplice, è meglio se tra un sobbalzo e l’altro vi godete il mondo meraviglioso che vi circonda, anziché concentrarvi nel tentativo di non perdere completamente la bussola e la direzione. Inoltre la guida, con il suo occhio esercitato, ci ha sorpresi più volte inchiodando e facendo una mega retromarcia per indicarci qualcosa di fantastico e insospettato come un leone a bordo strada statale parzialmente nascosto nell’erba alta … e chi lo avrebbe visto mai, sennò?

Mi auguro di avervi spaventato abbastanza: se questa è l’introduzione, chissà il resto … : WallBash :

E ora si va a cominciare seriamente. Beh, non proprio ora ora … vi lascio riprendere :wink:

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Gran bell'introduzione, complimenti!!

Comunque confermo, quando mi deciderò a intraprendere un viaggio di questo tipo dovrò necessariamente avere almeno 300 o 400 mm di lente davanti alla fotocamera.. Ma vedo che te la sei cavata egregiamente anche con una "saponetta".. Aspettiamo il proseguimento!!

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10 giugno 2014

Pensavo non sarebbe arrivato mai, e invece eccolo qui. Il 10 giugno … Il Giorno!

Ale, che parte da Cesena con Sabrina e Giancarlo, è così carino da volere assolutamente passare a prendermi “che da sola chissà dove finisci” ( : censored : ) e si concede una piccola deviazione per raccogliermi a Verona Sud. Riccardo vola da Fiumicino quindi ci incontreremo al Cairo prima della coincidenza per Entebbe.

I miei prodi arrivano a Verona, salgo al volo, con i tempi ci siamo, sembra tutto a posto … non abbiamo finito di dire che tutto sommato il traffico è scorrevole che TAC! incidente con cinque km di coda ad Agrate. Usciamo al casello prima, ci perdiamo un po’ – ma era tutto calcolato :lol: – e rientriamo in autostrada … esattamente un metro prima che inizi la coda :grin: . E' andata comunque bene, siamo arrivati al parcheggio un po’ in affanno, e all’entrata delle partenze a Malpensa all’una passata, con il volo che decolla alle due e mezza … mai fatto così tardi in vita mia, in aeroporto! Per fortuna abbiamo solo bagaglio a mano (ottochilidueettiesperiamochenonlopesino :oops: ) e corriamo direttamente ai controlli di sicurezza, passati i quali ci possiamo finalmente rilassare, ci avanza anche il tempo per farci rapinare allo Spizzico e dare l’ultimo morso di margherita.

Il volo per il Cairo fila liscio, allietato da una quantità di frugoletti maghrebini che intonano un’allegra cacofonia di pianti, strilli, chiacchierate che una volta tanto mi fa pensare che in fondo in fondo essere sorda non è poi tutta sta sfiga: dall’espressione entusiasta di Ale capisco chiaramente che mi sta proprio invidiando di cuore :lol:

Una volta scesi e passati dall’area transito incontriamo un sorridente Riccardo che ci aspetta già da qualche minuto, il gruppo è riunito, adesso comincia davvero l’avventura e poi … sono in Africa, sono tornata! Un gelato al Burger King per il quale ho strisciato la Mastercard per l’astronomica somma di 2,51 euro – mica potevo cambiare per un gelato, no? e poi a lei piace lavorare all’estero e questa è l’unica occasione che le darò in tutto il viaggio :wink: – ed è già ora di avviarci ai controlli. Che stavolta sono davvero accurati, mi fanno aprire lo zaino per la prima volta in vita mia. Buon per loro che sto andando, se lo facessero al ritorno potrebbero non sopravvivere, anche se un paio di volte abbiamo usato il servizio lavanderia :grin:

Sono ormai circa le 23, ora egiziana, e il volo per Entebbe, già un po’ in ritardo, scompare dagli schermi. Ehm. Oddio. Calma e gesso, ci chiamano all’imbarco … sotto un monitor che dice Beirut. Io che sono un’ottimista commento che anche il Libano dev’essere bellino, e vengo prontamente fulminata dagli altri quattro. Chissà come mai ... mah. Questo secondo aereo è chiaramente il fratello povero, sfigato e forse anche tossicodipendente del primo, ha l’aria davvero un po’ barbona … non ci resta che sperare, e nel frattempo tentare di dormire, nei nostri (s)comodi sedili (non) reclinabili, con l’aria condizionata a temperatura polare e la copertina di pile ed il cuscino gentilmente forniti da Egyptair.

Atterriamo alle quattro del mattino, e subito controlliamo, ok, c’è scritto Entebbe Airport, siamo salvi :lol: . Immigrazione che neanche il KGB: scanner retinico, impronte digitali della destra e della sinistra, controllo accurato del passaporto mentre il libretto che attesta la vaccinazione obbligatoria contro la febbre gialla mi viene subito tirato dietr… restituito senza uno sguardo, 50 dollari per il visto e … sono ufficialmente in Uganda. Ce ne andiamo all’ufficio cambi, dove una florida signora che rumina una gomma con grazia d’ippopotamo mi accoglie con un grugnito, ritira e conta i miei euro, mi mostra il controvalore sulla calcolatrice e con un’ultima masticata mi porge una mazzetta di banconote che mi sembrano molto ciancicate solo perché non ho ancora visto quelle che girano nel Paese vero … niente ricevuta, niente scontrino, grugnito di congedo, e via!

E va benissimo così, non vedo l’ora di uscire e sentire l’aria calda dell’Africa sulla faccia. Ehm … ho detto calda? Si, insomma di sentire l’aria dell’Africa sulla faccia. All’esterno dell’aerostazione ci attende Robert, che sarà la nostra guida e il nostro amico per le prossime due settimane e ci carica sul pulmino anzianotto, tirato a lustro e accomodato con cura che nei prossimi giorni penseremo noi a … sistemare. Non a caso, sotto la targa si legge GOOD LUCK … ne avrà bisogno, il poverino!

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Oggi il programma prevede una breve visita di Kampala, la capitale, il trasferimento a Jinja con escursione in barca fino alle sorgenti del Nilo e se c’è tempo visita alle Bujagali Falls. In reatà a Kampala non ci fermiamo nemmeno, partiamo diretti per Jinja, e nel buio della notte con gli occhi sgranati nonostante il sonno cerco di catturare ogni singolo fotogramma, le strade sono già animate e trafficate, e non voglio perdere neanche un pezzzzzzzz … ok, mi sono addormentata in due secondi. Ehm. Cullata dai sobbalzi della strada che quasi subito ha dato l’addio all’asfalto, mi sveglio, più o meno, quando siamo già in prossimità del lodge dove passeremo la notte, che gentilmente, e per fortuna, ci mette a disposizione subito le camere, due doppie e una singola: la singola me la prendo io, e se Ale si preoccupa che mi possa sentire sola, io sono invece contenta così, specie dopo aver scoperto che la porta di comunicazione tra camera è bagno … non ha la porta :grin: Insomma, la privacy di una vecchia zitella è sacra!

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L’omino che ci accompagna mi mostra che l’acqua calda è collegata all’impianto elettrico e che bisogna premere l’interruttore per far partire tutto, e mentre è intento a svelarmi gli arcani segreti della doccia d’Africa io mi accorgo che la lampadina del bagno non funziona, interviene Ale che in qualità di ingegnere suggerisce che forse non è avvitata bene, ci mettiamo le mani e succede il patatrac: che sia l’emozione di essere appesi alla stessa lampadina, che sia il sonno o le mani di burro, la suddetta un istante prima era al suo posto sopra il lavandino e un istante dopo era spalmata in pezzettini sul pavimento del bagno. Uganda, preparati al crollo del PIL, sono arrivati i Lanzichenecchi :twisted:

Con un sorriso autentico come una banconota da 15 euro il titolare mi dice che mi cambia bungalow (esagerato, bastava la lampadina), e nel nuovo non sono proprio sola: il mio coinquilino è un simpatico geco molto ragionevole che accetta subito il patto che gli propongo, tu non cerchi di infilarti nel mio letto ed io non ti prendo a ciabattate. Fosse così facile trattare anche con gli uomini! :lol:

Dopo qualche minuto siamo freschi come rose e pronti ad iniziare la giornata con la colazione -sono solo le otto- e poi con un giro nel villaggio, accompagnati da un ragazzo che ci vive e conosce Robert. E ovviamente a fotografare a raffica tutto quello che si muove. E anche quello che non si muove, via.

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Già nell’ultimo tratto di strada mi sono accorta di avere l’Africa in circolo nelle vene, guardarmi intorno ed avere la sensazione di essere già stata qui è stato un tutt’uno nel corso di tutto il viaggio, un senso di deja-vu così intenso che non so davvero da dove mi venga, visto che fino ad ora l’ho solo immaginato, questo mondo, visto in qualche film, forse al telegiornale … è un fatto che non mi è per nulla strano essere qui, che i bambini in divisa scolastica e scalzi che a frotte percorrono chilometri lungo la stessa strada che facciamo noi, le moto con tre passeggeri, le bici gravate di quantità surreali di caschi di banane, taniche e persone, le capre e i maialini che ci tagliano la strada con nonchalance mi sono, semplicemente, familiari. E nello stesso tempo tutto è nuovo, tutto è diverso, tutto è una sberla a mano aperta ai miei sensi ed al mio cuore.

Scopriamo oggi di essere muzungu: è il nome swahili per indicare l'uomo bianco, mi piace un sacco ed ancora rimpiango di non aver preso la maglietta che mi avrebbe proclamata orgogliosamente tale, mai più vista in seguito durante il viaggio.

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E quando iniziamo il lungo giro a piedi la sensazione si fa via via più intensa: sono in un mondo che non è il mio, eppure questa terra è terra di tutti, veniamo tutti da qui, io ci sono già stata. La mattina si snoda veloce, tra le case dei “ricchi” e quelle che stanno in piedi e non sai come, tra un assaggio di frutta colta da alberi lussureggianti e sconosciuti, i sorrisi dei bambini nelle scuole dove ci fermiamo, la curiosità di cui noi, rari esemplari di muzungu di passaggio, diventiamo subito oggetto ovunque, la gioia scatenata dal pallone che Sabrina ed Ale hanno portato in regalo, gli sguardi della gente.

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Tenerissimi questi due personaggi, che ci hanno chiesto di scattar loro una foto e fargliela avere tramite Robert quando torneremo a casa, per loro – ci spiega – c’è a kind of magic in questa strana scatola che riproduce le immagini, e mentre posano sono serissimi.

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Lungo la strada trovo anche in nuovo amico: basta che mi dicano it’s not poisonous, ed io ci attacco bottone subito: nella prima foto, lo vedete giocare al fermacapelli dopo aver passeggiato sul mio braccio ed avermi fatto i grattini sul collo, nella seconda, in mano ad Ale, mi sta dicendo chiaramente tipregotipregotiprego, voglio tornare da te. Che volete farci, io piaccio : Chessygrin : Anche ai camaleonti (questo comunque, mi hanno fatto notare, deve essere daltonico, dato che non ha preso neanche alla lontana la nuance dei miei capelli. O forse è modaiolo e non ama il color topo :wink: ).

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Difficile, dopo due settimane vissute in mezzo agli ugandesi, ricatturare intatte le impressioni del primo giorno … a fine viaggio mi sentivo come se fossi contemporaneamente appena arrivata ed insieme lì da una vita, di certo posso dire che da subito mi sono sentita accolta e benvenuta, che non mi sono sentita in pericolo per un solo istante e non ho avvertito nessuna ostilità o curiosità cattiva, al contrario ... non ho mai ricevuto, e ricambiato tanti sorrisi in così poco tempo … ed è inevitabile chiedersi perché dove c’è tanto manca la voglia di curvare le labbra all’insù, e qui, dove i bimbi di pochi anni se ne vanno al fiume a riempire taniche più grandi di loro, e le sorelle appena più grandi all’alba hanno già in spalla la zappa e si dirigono ai campi, il desiderio di comunicare e la gioia di vivere abbattano le barriere linguistiche con tanta semplicità.

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Ora di pranzo, Robert ci porta a Jinja per mangiare in un “posticino” che conosce e poi per una visita al mercato locale. Scopriamo di essere praticamente gli unici muzungu nel raggio di chilometri, e non posso dire che la cosa mi dispiaccia.

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Ci vengono ammanniti piattoni di dimensioni esagerate per far conoscenza con la cucina ugandese: pesce cotto in una specie di minestra, buono, patate dolci, posho – una specie di polentona compattissima e vagamente insapore di mais bianco, se ne finisci una porzione non hai più fame per una settimana, il che nel mio caso non sarebbe neanche un gran male :grin: – matoke, che invece è un pastone di banane cotte nelle loro stesse foglie e poi pressate, riso in bianco e fagioli. Robert ci spiega che è maleducato lasciare avanzi, perché è come dire che non ti è piaciuto quanto ti viene offerto … ma le porzioni, nonostante la curiosità e la fame, sono davvero improponibili ed io e Sabrina ci comprendiamo con uno sguardo … saremo maleducate, pazienza :-). Il conto, mancia compresa, è pari a … undici euro in cinque. Ce ne andiamo un po’ increduli - e molto sazi - al mercato.

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Un mercato vero, fatto di gente vera. Puzza, colori, rifiuti, frutta bellissima, bimbi e galline che scorrazzano insieme, abiti più o meno usati, articoli assortiti più o meno sporchi, qualcuno ha accomodato pazientemente qualche paio di vecchie scarpe scalcagnate e le sistema amorosamente in vendita lungo la strada su un lenzuolo, altri hanno poche manciate di verdura davanti, tutti guardano i muzungu con aria incuriosita e divertita, e quando Riccardo si perde a scattar foto, sono pronti a indicargli la direzione giusta e ci ritrova in men che non si dica.

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Io resto indietro a guardare un bimbetto bellissimo in braccio al suo papà, e intuisco di essere per lui il corrispettivo del mitico “uomo nero”, mi guarda pieno di terrore deliziato e sento che papà gli dice qualcosa in cui la parola muzungu è ripetuta un paio di volte … se mi avvicino strilla, ma tutto contento … solo che poi quando gli faccio i grattini sulla pancia cade in preda a un vero terrore senza più delizia, papà mi strizza l’occhio e se lo porta via ridendo: bene, ho sulla coscienza un piccolo ugandese traumatizzato! :grin:

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