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From little date seeds, great things are born (Namibia summer 2017)


solshine

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Il ‎09‎.‎09‎.‎2017 at 00:31, solshine dice:

(che continuiamo a non vedere nonostante le millemila app sul telefono).

Ma alla fine ci siete riusciti a vederla??? Non voglio spoilerare nulla ma settimana prossima sono da quelle parti (ancora una volta) e se riesco te la fotografo....:smile:

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Ma alla fine ci siete riusciti a vederla??? Non voglio spoilerare nulla ma settimana prossima sono da quelle parti (ancora una volta) e se riesco te la fotografo....:Smile:


alla fine si, ma proprio alla fine!
Ben venga la foto se riesci a farla!


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20 agosto Namib Desert- Solitaire- Ganab- Hotsas- Moon Valley- Swakopmund

Oggi ci aspetta una lunga strada, circa 400 km tutti su strada bianca, in alcuni punti molto molto rovinata, quasi nel nulla.

 

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Partiamo alle 7 e dopo il tratto di C27 imbocchiamo la C19 fino a Solitaire dove facciamo pausa pipi/merenda.
Solitaire è un piccolissimo insediamento alle porte del Namib-Naukluft National Park, assolutamente in mezzo al nulla (da qui il nome) dove oggi si trovano un lodge e una pompa di benzina con una piccola negozio di pasticceria, il tutto avvolto da un’atmosfera retrò, uno di quei posti in cui il tempo sembra essere sospeso.

 

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Qui, alla McGregor’s Desert Bakery, è possibile mangiare la torta di mele più buona di tutta la Namibia, o per lo meno così dicono.
La storia racconta che Percival Cross detto Moose McGregor, un avventuriero scozzese negli anni ’90 decise di stabilirsi qui e aprire una pasticceria. Moose era un personaggio unico, con un passato misterioso e quasi piratesco, un aspetto tipicamente scozzese e un carattere amichevole e affascinante. La sua specialità era la torta di mele, realizzata con una vecchia ricetta tedesca di famiglia e con mele provenienti da… boh, sicuramente non dalla Namibia.
Questa torta di mele era talmente buona che la voce si è sparsa e ha regalato a Moose McGregor fama internazionale e qualche guadagno, prontamente reinvestito nell’espansione urbanistica di Solitaire: al benzinaio e alla pasticceria di Moose si è aggiunto un piccolo emporio e un altrettanto piccolo lodge, il tutto contornato da insegne di legno, rottami di vecchie auto d’epoca e qualche ostinata pianta grassa. Sembra di stare sul set di un b-movie western, o magari horror. O magari un mix dei due generi.
Il povero Moose si è goduto la vita e poi è morto nel 2014 a causa delle complicanze del diabete, aggravate dall’isolamento geografico. È stato sepolto a Solitarie, in una tomba kitsch proprio di fronte al patio esterno della sua pasticceria, celebrato come la leggenda che era.
Alla pasticceria oggi trovate i figli.

Quindi dicevo ci fermiamo a Solitaire e ne approfittiamo anche per fare benzina (ricordatevi che in Namibia la benzina va fatta ogni volta che ce n’è la possibilità). Entriamo in questa sorta di panetteria. Ci sono un sacco di cose che mi attirano per cui oltre alla strafamosa apple crunch pie compro anche un paio di biscotti. Prendiamo la torta “take away” (te la mettono in uno scatolino così data la dimensione della fetta se non la finisci puoi portartela via comodamente) e ci sediamo fuori per gustarcela al fresco ed in tranquillità (insiema a un altro bel po’ di gente, ma per fortuna lo spazio non manca). Il mio giudizio? Davvero molto buona ma anche bella pesante!

 

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Belli satolli dopo un giro tra le carcasse d’auto ci rimettiamo in marcia e lasciamo la C19 per prendere la C14 addentrantoci nella regione degli Erongo.

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Attraversiamo il canyon del fiume Kuliseb con i suoi paessaggi lunari

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poi rientriamo nel Namib Naukluft National Park dove lasciamo la C14 per prendere la Ganab road (è una strada secondaria del parco e per percorrerla serve un permesso). Questa pista taglia in due l’altopiano costiero attraversando una zona di savana erbosa costellata di monoliti in granito grigio e rosa. Tutta l’area brulica di animali: orici, gazzelle, facoceri e dicono leopardi e ghepardi (noi non ne abbiamo visti). Quasi al termina della prima parte della pista all’incrocio la D1982 c’è un boschetto di acacie dove ci sono tavoli da picnic, grill in cemento per arrostire ed anche un bagno.

 

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Oltre Ganab si incrocia la D1982 che attraversiamo proseguendo verso Hotsas prendendo l’omonima “stradina” (anche qui serve un permesso). Hotsas è nient’altro che un pozzo con una piccola area verde attorno in mezzo alla pianura che qui diventa sempre più arida e rocciosa.
Dopo circa 30 km incrociamo la C28 dove ci fermiamo per il nostro pranzo/pic nic sotto un pergolato di canne con pietre per tavolo e sedie.

 

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Dopo la sosta riprendiamo la C28 procedendo a velocità sostenuta per cercare di limitare gli sbattimenti veramente fastidiosi dati dalle cunette della Tolé ondulée.
Quando mancano circa 60km facciamo un’altra deviazione per accedere alla piana delle Welwitscha.
La Welwitschia è una pianta appartenente alle Gimnosperme (gruppo di piante a cui appartengono anche i pini e gli abeti) ma dalle caratteristiche estremamente peculiari, tanto che Charles Darwin la definì “l’ornitorinco del regno vegetale”. Presenta una radice molto profonda che si espande in orizzontale e due foglie dall’aspetto unico, lunghe fino a cinque metri e adagiate sul terreno, con un meristema basale che compensa l’erosione della parte distale, (in altre parole: le foglie sono nastri che crescono continuamente dalla base, mentre la estremità finale progressivamente si inaridisce e muore).
L’aspetto generale della pianta è quindi quello di una grande matassa di nastri verdi, larghi fino a quasi mezzo metro e lunghi cinque, attorcigliati e deposti sul suolo, con le parti finali che progressivamente muoiono, si sfilacciano, e diventano di colore marrone. Il tronco, piuttosto grande (in diametro) è cortissimo, e coperto dalle foglie.
Un’altra caratteristica insolita della Welwitscha mirabilis è l’eccezionale longevità; la datazione con carbonio 14 ha dimostrato che alcuni esemplari hanno oltre 2000 anni. La pianta viene anche considerata un fossile vivente.
La sopravvivenza nel clima arido del Namib non è affidata principalmente (come si credeva un tempo) alle radici particolarmente lunghe, ma all’assorbimento della umidità portata dalle nebbie costiere. Infatti mentre le piogge nel clima desertico del luogo sono estremamente rare e totalmente inaffidabili, le nebbie prodotte dalla condensazione atmosferica, dovuta alla notevolissima escursione termica tra il giorno e la notte sulle correnti di aria provenienti dal mare (e che si spingono molti chilometri all’interno), sono invece ricorrenti e frequenti.

 

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Già dai primissimi km si possono vedere vari esemplari a lato della strada, se volete potete proseguire fino al Welwitscha view point dove c’è un esemplare che pare abbia intorno ai 1500 anni, noi ci fermiamo un po’ prima e poi torniamo indietro per riprendere la D1991 e dirigerci verso la Moon Valley.

Lo Swakop è uno dei principali fiumi della Namibia occidentale. Scorre attraverso un tratto di deserto del Namib e sfocia nell'Oceano Atlantico nei pressi dei sobborghi meridionali della città di Swakopmund. Il fiume rimane asciutto per lunghi periodi. Nell'arco di millenni, il corso dello Swakop ha dato origine a un complesso di canyon e fenomeni erosivi che prende appunto il nome di Moon Valley a causa del suo aspetto surreale e desolato. Dal view point del Moon landscape si ha una visione di insieme

 

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Ritorniamo sulla C28 e percorriamo gli ultimi 40 km per arrivare a Swakopmund, dove ci accolgono una sottile nebbiolina ed un’aria bella frizzante. La colpa di questo tempo non proprio piacevole pare sia da attribuire alla corrente del Benguela che scontrandosi con le correnti di aria calda del deserto provocano le caratteristiche nebbioline e tempo di m*a della Skeleton Coast.
Swakopmund è una città della Baviera trapiantata in un deserto africano. Architetti tedeschi degli inizi '900 fecero a gara per ricreare atmosfere di una città della madrepatria secondo i dettami dello Jugendstil allora imperante.
Arriviamo verso le 4 ma è domenica per cui è praticamente tutto chiuso, facciamo comunque una passeggiata fino al mare

 

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e poi andiamo in hotel che è stato ricavato nella vecchia stazione ferroviaria.
Marco si raccomanda di non girare a piedi dopo il tramonto dato che pare la città non sia molto sicura (la conferma è data dal fatto che ci sono guardie di sicurezza sia all’ingresso che nel cortile interno e che tutto il perimetro è circondato da filo spinato).

Per cena andiamo al The Tug ristorante che si trova proprio sul molo (la vista sarebbe molto bella se non ci fosse nebbia e non piovigginasse)

 

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che a quanto dice Marco è tra i miglori di Swakopmund (se pensate di andare prenotate con anticipo perché non è molto grande e di solito è molto affollato).
Mangiamo dell’ottimo pesce (splendidi fried calamari come antipasto e Kabeljou ‘Danie Hugo’ come piatto principale) accompagnato da vino sudafricano. Il prezzo è più che onesto… per noi… per loro abbastanza  caro, intorno ai 300 dollari namibiani (circa 20€).

 

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  • 2 settimane dopo...

20 agosto Walvis Bay

 

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Dopo lo sbattimento e la polvere di ieri oggi è una giornata tranquilla: 30 km di strada asfaltata ci portano a Walvis Bay.
La città di Walvis Bay (che significa Baia delle Balene in Afrikaans) ha una storia alterna. È stata scoperta da Diaz nel 1487 mentre la città è stata fondata nel 1793 da olandesi dal capo (Sudafrica).
Walvis Bay ha sempre attratto l’interesse delle potenze coloniali per le sue risorse legate al sale, al guano e alla pesca e sino al 1994 era sotto il controllo del Sudafrica.
Il cielo è grigio e fa abbastanza fresco, le previsioni dicono che uscirà il sole ma al momento non si vede proprio!
Alle 9 siamo al molo del porto turistico di Walvis Bay pronti ad imbarcarci per la crociera in catamarano sulla baia (http://www.namibiancharters.com ).

 

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Il porto è molto caratteristico perché il molo, sui quali si affacciano ristorantini e caffé, è pieno di grandi ossa di balene, vertebre e mandibole portate sulla spiaggia dalle correnti e che testimoniano la principale vocazione turistica del luogo: il whale watching.
Il nostro equipaggio (capitano e guida rigorosamente afrikans) è molto simpatico e gentile e nonostante l’arietta fresca la gita è piacevole. Ci accompagnano una simpatica otaria che abituata a ricevere pesce in premio sale e scende dalla barca reclamando la sua ricompensa:

 

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un paio di pellicani

 

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e tanti delfini che ci nuotano intorno per una buona parte del percorso

 

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Arriviamo fino a Pelican Point dove  si trova il faro e dove ora hanno fatto un lodge di lusso per vedere la colonia di otarie e sulla via del ritorno il nostro equipaggio ci offre un brunch rinforzato a base di ostriche e stuzzichini vari davvero molto buoni. Il tutto ovviamente accompagnato da vino bianco …  risultato: brilli alle 11.30 del mattino.

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Rientrati in porto dove dopo una veloce pausa pipì e giro per i negozietti e le bancarelle (nulla di rilievo da segnalare) prendiamo le jeep per l’escursione sulle dune fino a Sandwich Harbour (http://www.sandwich-harbour.com ).

 

Dopo una breve pausa alla Laguna di Walvis Bay per vedere i fenicotteri,

 

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passiamo in mezzo alle saline,

 

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procediamo verso il delta del fiume Kuiseb e vediamo Orix e Cormorani

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e poi lungo la spiaggia (con le dune a sinistra ed il mare a destra) per arrivare a Sandwich Harbor dove le dune si tuffano nel mare.

 

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C’è un vento tremendo e del sole promesso non c’è traccia per cui dopo pochi minuti rinunciamo a salire sulla duna, ci rimettiamo in macchina e dopo un altro po’ di su e giù per le dune e poi ci fermiamo per pranzare, ancora a base di ostriche e vino bianco (risultato se prima eravamo brilli ora siamo MOLTO brilli!).

 

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Dopo un altro giro di montagne russe sulle dune torniamo al porto dove riprendiamo il nostro minibus per tornare a Swakopmund in tempo per un giretto veloce di shopping prima che i negozi chiudano.

Cena in hotel  con siparietto sul menù (il servizio è a self service  e mentre mangiamo Mirca dice al marito che sta mangiando bistecca di struzzo: “sai è davvero buonissimo questo tonno” e noi in coro: “tonno? C’era il tonno? M: “ si era dove fanno le bistecche…” ci guardiamo un po’ perplessi e chiediamo se ne è sicura (che sia ancora ubriaca?), lei dice che ha chiesto ed è certissima per cui a questo punto andiamo a chiedere anche noi ed il cuoco ci risponde: “ostrich”. Ora va bene che non sai l’inglese e puoi aver capito una cosa per un’altra ma l’hai mangiato e tra lo struzzo ed il tonno c’è una bella differenza … e lì iniziò lo sfottò ad oltranza, non preso proprio benissimo sullo struzzo che sa di tonno …).
Dopo una chiaccherata con il ragazzo che si occupa della sicurezza all’ingresso delle nostre stanze (poverino gli tocca stare tutta la notte in piedi, letteralmente perché non ha neanche una sedia, ed al freddo) che ci confida (che tenerezza!) che il suo più grande desiderio sarebbe andare a visitare l’Etosha e che spera di riuscirci tra un paio d’anni andiamo a letto presto con un velo di malinconia e un piccolo peso sul cuore.

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a me non piacciono particolarmente, ne ho assaggiata una di quelle gratinate che devo dire era buona. Ho comunque apprezzato gli altri stuzzichini, sempre a base di pesce, ottimi!
Devo dire che però come sempre in queste cose c'è chi ha dato uno spettacolo poco edificante: si sono avventati sul vassoio come se non mangiassero da mesi... bah!


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21 agosto Cape Cross e il Damaraland

La sveglia questa mattina è con calma perché le otarie si svegliano tardi (la colonia di Cape Cross apre alle 10) anche se poi dovremo fare un bel po’ di strada (430 km circa).

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Prendiamo la C34 (strada asfaltata con deserto di sabbia da un lato e mare dall'altro) e ci fermiamo ad Hentie’s Bay che si trova all'inizio del tratto di costa che viene indicato col nome di Skeleton Coast (la costa degli scheletri è nota per essere particolarmente inospitale e difficile da raggiungere; verso l'interno il deserto si estende per decine di chilometri, e dal mare è difficile avvicinarsi a causa delle forti onde causate dalla corrente del Benguela. Per questi motivi la costa era chiamata "la terra che Dio ha creato con rabbia" dai boscimani, e "le sabbie dell'Inferno" dai portoghesi. Il nome odierno si riferisce agli innumerevoli relitti spiaggiati lungo la costa. In tutto se ne contano oltre un migliaio), a metà strada fra la città di Swakopmund (a sud) e la riserva naturale di Cape Cross (a nord). È principalmente una località di villeggiatura per i namibiani e sudafricani, particolarmente rinomata per le spiagge incontaminate e come paradiso della pesca sportiva. Qui vediamo il relitto della Zeila che a differenza (stando a quello che dice Marco) degli altri relitti - che si trovano più a nord oltre Cape Cross- è ancora a mollo ed abbastanza ben conservato dato che si tratta di un naufragio abbastanza “recente”, la Zeila è naufragata, infatti, il 25 agosto 2008.

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Dopo un incontro interessante:

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Riprendiamo la C34 verso Cape Cross. Sulla strada capita di incontrare diversi banchetti improvvisati con cristalli rosa di sale marino. In questi banchetti non c'è anima viva, si trova solo un barattolo per i soldi, poi qualcuno passerà a svuotarli. La gente si fida…

Arriviamo all'ingresso della riserva esattamente alle 10 tanto che ci tocca attendere qualche minuto prima che aprano la sbarra. Dall'ingresso alla zona vera e propria dove stazionano le otarie c'è qualche chilometro.
Il primo europeo a metter piede sul suolo dell'attuale Namibia fu il navigatore portoghese Diego Cao nel 1486, che, nella località Cape Cross, eresse una croce per segnare la sua scoperta:

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Oggi questa località è famosa per la comunità di otarie che vi si è stabilita: circa 80.000 esemplari vivono qui tutto l'anno fra le rocce, tuffandosi nelle onde e giocando fra di loro in un frastuono assordante….il problema però non è il rumore ma la PUZZA!
L'aria è irrespirabile! Mi copro bocca e naso con la sciarpa e mi tuffo in questo mare di otarie.
Sono migliaia, stese a poltrire, litigare, dormire o in acqua, ci sono adulti, cuccioli e qualche carcassa di animale morto. Si accede alla colonia tramite una passerella di legno, faccio il percorso avanti e indietro veloce per quanto possibile… e poi via di corsa in zona di sicurezza dove posso riprendere a respirare normalmente.

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Ci fermiamo all’area picnic vista mare vicino all’ingresso della riserva lontani dalla puzza e dal rumore per biscotti e caffè e poi ritorniamo verso Henties Bay per deviare verso il Damaraland.

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Prendiamo la C16 e poi la C35 e la strada comincia a diventare un po’ sconnessa per andare via via peggiorando sempre più.

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Ci addentriamo nel Damaraland (un’area montuosa tra il deserto della Skeleton Coast e l’altopiano centrale ed originariamente abitata dalla tribù Damara nome che deriva dalla parola Nama “Dama” che significa “che ha camminato qui”. Questo perché popolo Nama poteva riconoscere il loro passaggio dalle impronte che lasciavano intorno agli specchi d’acqua.) ed il paesaggio cambia, diventa meno aspro, sterrato roccioso punteggiato da erba verdissima che qua e la torna a popolare questo pezzo di mondo, a volte si intravede qualche mucca, qualche casupola e, addirittura, minuscoli villaggi. In lontananza le montagne subito a ridosso delle pianure di ghiaia che “pavimentano” il deserto. Tra queste vette spicca quella dello Spitzkoppe: 1728 metri e una somiglianza impressionante con il Cervino. Non a caso si è guadagnata l’appellativo di “Cervino d’Africa”. Una curiosità: le condizioni estreme di questo territorio hanno fatto sì che la vetta dello Skitzkoppe rimanesse inviolata fino al 1946.


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Per pranzo ci fermiamo a UIS al Montis Utsi (cotoletta e patatine fritte senza infamia e senza lode). Uis è un insediamento minerario per l'estrazione dello stagno. Negli anni cinquanta le miniere furono prese in concessione da un'azienda sudafricana, che ne sviluppò lo sfruttamento; nel 1958 venne fondata la città, come luogo di residenza dei minatori. Accanto alle abitazioni è visibile ancora oggi una sorta di grande collina bianca, costituita dai residui del processo di raffinamento dello stagno.
L'attività mineraria cessò quasi completamente nel 1991, in seguito al crollo dei prezzi dello stagno sui mercati internazionali. La città conobbe un periodo di declino in seguito alla chiusura della miniera principale. Oggi, l'economia della città è alimentata soprattutto dal traffico di viaggiatori e turisti che la attraversano; ci sono un distributore di benzina, una guesthouse, un piccolo supermercato e altre modeste attività commerciali. Inoltre, c'è un certo commercio di pietre rare raccolte dalla popolazione locale e vendute ai turisti (infatti appena scesi dal bus ci vengono incontro tre o quattro ragazzi con scatole piene di pietre che cercano di venderci a tutti i costi).
Dopo Uis se è possibile la strada peggiora ancora ed è un continuo sballottamento
Lungo la strada troviamo un insediamento dove alcune donne Herero hanno aperto un mercatino, ci fermiamo alle bancarelle per ammirare i costumi tipici e comprare le tipiche bamboline in stoffa fatte da loro. Ci sono solo donne e bambini e nonostante le difficoltà linguistiche (non parlano inglese se non giusto quelle due o tre parole che gli servono per il commercio) passiamo con loro quasi mezz’ora in cui ci fanno vedere come cuciono con vecchie macchine Singer, bamboline, cuscini, buste dai colori sgargianti, come lo sono i loro abiti e giocando con i bambini.
Gli Herero sono un popolo di ceppo bantu, vennero a contatto con i colonizzatori europei adottandone stili e concezioni di vita nonostante le iniziali scaramucce, degenerate poi in un conflitto violento in cui rischiarono di essere annientati. Oggi sono rimasti circa in 100.000, Okahandja è il loro centro principale e in maggioranza sono impiegati in fattorie per l'allevamento di bestiame. A differenza delle loro consanguinee Himba, le donne Herero si coprono di tutto punto. Il loro modo di vestire appare alquanto buffo non solo per le ampie gonne di epoca vittoriana coloratissine che imposero loro i primi missionari ma soprattutto per un copricapo triangolare piuttosto insolito che non mancano mai di indossare.

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Gli ultimi 60 km sulla D 2612 seppur affascinanti sono pesantissimi

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Il sole è quasi tramontato quando finalmente, con le ossa abbastanza rotte , arriviamo al Twyfelfontein Country Lodge, una delle strutture più belle in cui siamo stati non per le sistemazioni abbastanza basic quanto per la posizione: il lodge è situato nell'area protetta di Twyfelfontein Uibasen, dichiarata patrimonio dell'UNESCO, in una tranquilla piana desertica circondata da colline rocciose, architettonicamente è spettacolare costruito con materiali ecocompatibili e talmente in armonia con il paesaggio circostante che ad uno sguardo poco attento dalla strada neppure si nota. Davvero complimenti a chi l’ha progettato!

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Dopo la cena a buffet, buona e abbastanza varia, è di nuovo il momento di scrutare il cielo. Purtroppo questa sera non è prevista l’attività di osservazione delle stelle perché il signore tedesco che se ne occupa è in vacanza ma stavolta ci mettiamo d’impegno e alla fine sarà per c*fortuna, sarà perché finalmente la posizione è quella giusta riusciamo a individuare la benedetta croce del sud e ce ne andiamo a letto soddisfatti!

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Il Damaraland è una regione affascinante che, ancor più del resto della Namibia, restituisce allo sguardo una natura ancestrale e incontaminata , avendo tempo è il caso di dedicarci più del giorno e mezzo che gli abbiamo dedicato noi perché questa regione secondo me va attraversata con calma, assaporata e vissuta in tutte le sue sfaccettature.

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22 agosto Damaraland Twyfelfontein e gli Himba (I parte)

Se il buongiorno si vede dall'alba...

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La giornata di oggi sarà lunga e abbastanza faticosa: 340km su strade pessime dove se si riesce a non bucare è un miracolo (a noi è andata bene).

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Il nostro lodge si trova solo a un paio dii km dall’ingresso del museo all’aperto di Twyfelfontein ma ci svegliamo comunque all’alba in modo da arrivare all’apertura per evitare il caldo e la confusione.

Riusciamo nell’intento tanto che quando arriviamo non c’è ancora nessuno e possiamo fare la visita in tutta calma e senza nessuno tra i piedi.

Al centro visite, realizzato con materiale riciclato e facilmente rimovibile (pietra e parti di barili in ferro semplicemente legati insieme), si accede dopo una breve passeggiata dal parcheggio, il sito si può girare in autonomia ma credo valga la pena affidarsi ad una delle giovani guide che oltre a guidarvi nella salita (l percorso è accidentato ma tenuto molto bene e assolutamente fattibile) vi racconterà la storia e le leggende delle incisioni rupestri.

Il nome Twyfelfontein, che significa ‘fonte incerta’ in afrikaans, risale a David Levin che alla fine degli anni quaranta si trasferì nella valle con la famiglia. L’unica sorgente in zona era molto debole e fonte di costante preoccupazione. Fu sempre Levin a ‘scoprire’ le incisioni, la cui presenza era però già nota alle popolazioni locali. Twyfelfontein dal 2007 è patrimonio dell’umanità Unesco.

La maggior parte di questi petroglifi (incisioni) scolpiti nella dura patina superficiale dell’arenaria, si ritiene che furono realizzati dai cacciatori San (boscimani). La patina riformandosi avrebbe poi protetto nel tempo le incisioni dall’erosione.


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Accompagnati dalla nostra guida ci muoviamo tra le rocce in questo splendido paesaggio di pietra rossa, alla ricerca di graffiti di animali come elefanti, giraffe, leoni, rinoceronti, e perfino otarie (molto rare invece sono le figure umane). Noi seguiamo la via del Dancing Kudo che richiede circa un’ora (ma ce ne sono diversi altre) e vediamo così le incisioni che descrivono la trans, la Sorgente, svariati animali e ovviamente il Kudu danzante oltre alla Wave rock.

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Ci sono poi, anche pitture realizzate con mescolanze di ossidi di ferro ed ocra che spesso raffigurano scene di caccia o di uomini in momenti di raccoglimento.

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Se la salita è stata semplice durante la discesa (tutta a gradini ricavati nella pietra) lancerò una serie di maledizioni infinite perché il mio povero ginocchio viene messo a dura prova (e ne sentirò le conseguenze per una settimana) ma tanto siamo quasi alla fine del viaggio e praticamente non ci sono più pezzi a piedi per cui … chissenefrega!
Dopo una sosta “cocacola” (adesso fa davvero caldo) al “bar” del visitor centre e la solita visita ai bagni (come per la benzina meglio approfittare ogni volta che se ne ha la possibilità) ci rimettiamo in marcia: D 3214 poi D3254, D 2612 ed infine C 39 che ci porta a Khorixas dove ci fermiamo a fare benzina e facciamo scorta di generi di conforto al supermercato.
Come sempre anche qui il market è il centro della vita del villaggio e c’è una gran confusione.

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