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mouette

Guide USA
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  1. Fantastica, davvero, mi ha ricordato tanto Suor Ginarosa, la mia prof delle medie che ha segnato tanto la mia crescita e la mia formazione. Come lei, una donna completamente felice della vita che ha scelto e che ha fatto [emoji846] Mi ha detto che ho un nome bellissimo, le ho risposto che piace anche a me perché vuol dire "straniera", il che significa che sono sempre in giro. E lei mi ha risposto che vuol dire una cosa più bella, "vuol dire che sei straniera al far del male". Vabbè, mi è scappata un'altra lacrimuccia, che ve lo dico a fare? [emoji1] Poi sono andata in bagno e quando sono tornata ho trovato il marito circondato da bimbi impazziti per le polaroid che gli stava scattando e regalando. Mi sarei fermata tutto il giorno [emoji12] Inviato da Hogwarts
  2. Stress? L'unica cosa che ci stressa è quella maledetta valigia piena di vestiti per i bimbi che non arriva [emoji846] Per come sono fatta io, i viaggi in Africa sono i più riposanti in assoluto, per quanto devastanti fisicamente. Svuotano la mente in un modo veramente incredibile, e ogni volta che torno mi sento più ricca, peso tutte le mie fortune e godo la mia vita felice con più intensità del solito. Tornando alla prosa, con mio grande dolore il pancetto che tanta parte ha avuto nel conquistarmi diventa sempre meno attraente, se ne sono andati almeno 15 chili [emoji24][emoji24][emoji24] Inviato da Hogwarts
  3. Ancora niente valigia. Il mio piano diabolico per far smettere di fumare Paolo sta andando in fumo [emoji51][emoji51][emoji51] Inviato da Hogwarts
  4. Al momento non sono neanche troppo preoccupata, nella sfiga è arrivata la valigia che conteneva le cose più importanti, come il dentifricio e il deodorante [emoji51] Più che altro mi dispiacerebbe se non arrivasse perché ci sono affezionata, ha tutti gli adesivi dei nostri viaggi, e ancora di più perché ci sono i vestitini per i bimbi di Suor Eni, che costituiscono oltre metà del bagaglio totale, divisi tra le due valigie. Ma spero il Suo protettore si metta una mano sul cuore, se non è raccomandata lei ... [emoji1] Intanto siamo qua, ci sono 23 gradi, il sole splende, sono in Africa con il panda dei miei sogni e sono felice [emoji3590] Inviato da Hogwarts
  5. Silenzio, marito. Siamo poveri [emoji51] Inviato da Hogwarts
  6. A parte l'argomento, che mi ruba il cuore a prescindere ... complimenti, scrivi davvero benissimo! Il Sudafrica resta saldamente in cima alla classifica dei desiderata, e sono ragionevolmente sicura che@pandathegreat si lascerà concupire dalla mia concupiscenza senza neanche far finta di resistere [emoji1] Inviato da Hogwarts
  7. Tu ricordati sempre che i gatti sono intestati a me, ciccio [emoji41][emoji41][emoji41] Inviato da Hogwarts
  8. Ferie confermate, si parte! [emoji3575][emoji3575][emoji3575] Inviato da Hogwarts
  9. No [emoji51][emoji51][emoji51] Inviato da Hogwarts
  10. Ci sono mariti che aprono i post senza dirlo alle mogli Ci sono mogli molto vendicative Non ti porto più all'outlet, sallo Ps: marito è anziano, si è perso una notte per strada, in realtà se il mio capo ci tiene alla vita partiremo il 19, e saremo a San Diego per quattro notti a partire dal 24, va anticipato tutto di un giorno. Vedi a voler fare da soli dopo i cinquanta
  11. Nego risolutamente! katifo! In realtà una APP per i parcheggi, tipo MyCicero, l'abbiamo usata comodamente a Cambridge e Oxford, mentre a Bath di oxfordiano c'è stato solo il linguaggio di Paolo quando ha visto che se non hai un conto inglese al massimo puoi APPpiccare fuoco al parcheggio ^^ Però non ricordo sconti particolari, solo la comodità di fare il pagamento con la carta (alcune macchinette accettano SOLO MONETA ... mettici dodici sterline in monetine tu 😛 ) ed eventualmente di poter prorogare la sosta se resti in giro più del previsto, come appunto faccio qui a Roma e a Verona con MyCicero. Mi pare di capire che ParkingPanda sia una cosa diversa, però, ci studio. Grazie
  12. mouette

    Transferwire

    Io ne ho fatti un sacco per lavoro, ovviamente come dipendente di banca non uso Transferwire, posso però risponderti sull'indirizzo. Di regola non è indispensabile quello del beneficiario, può andar bene anche "Mr John Smith c/o Pincopallo Bank, Cipollino Street, 90210 Fantasilandia - UNIVERSO" (meglio specificare che è presso la banca), ma penso che la cosa più semplice sia contattare l'agenzia e farti dare il loro indirizzo, dicendogli che è la banca che te lo chiede. Se poi l'agenzia ha un sito o una pagina FB forse riesci a recuperarlo senza contattarli. In linea di massima comuque per i bonifici in USD si usa una sola banca intermediaria, in genere di New York, le commissioni di cui parli sono veramente esagerate.
  13. Grazie Giovanna (e naturalmente grazie a tutti quelli che hanno avuto la voglia e la pazienza di leggerci fino alla fine), spero che l'Africa ti conquisti come ha conquistato Paolo, ma comunque vada sono sicura che sarà un'esperienza destinata a restare a lungo con te [emoji846] Inviato da Hogwarts
  14. Lunedì 28 maggio 2018 Difficile, quasi impossibile trovare qualcosa da dire e le parole per farlo quando, dopo 21 incredibili giorni fuori dal mondo e dentro il Paradiso arriva l'ora di prendere l'aereo pancione che ti riporterà a casa. Non c'è molto da raccontare del resto, di quest'ultima mattina che ci vede gironzolare malinconici per una Windhoek assolata ed affollata, a scattare qualche foto, a pranzare con un toast, a fermarci davanti agli uffici del Ministero per studiare le carte da presentare per l'immigrazione ... Difficile anche trovare motivi di vero interesse nella crucchissima cattedrale o nel museo (che alla veneta ricorda una botte gigantesca :p) che celebra la storia dell'indipendenza della Namibia, raggiunta solo nel 1990. Nel primo pomeriggio torniamo al B&B a raccogliere le nostre carabattole e a salutare i gentilissimi ospiti, riconsegnamo il Mostro - con evidente dolore da parte di Paolo, che dopo tutti quei chilometri solo lui e Lui soffre terribilmente il distacco - e saliamo mestamente sulla macchina del noleggio che ci porta all'Hosea Kutako. Quasi un anno di sogni, di preparazione maniacale, di ricerche a volte frustranti e spesso foriere di enormi aspettative ... e puf, ventuno giorni volati via nel sole abbagliante, negli spruzzi del mare nervoso, nei canyon e nel deserto, nella savana e sulla spiaggia. Leoni, pinguini, cavalli, ghepardi, ostriche, Savannah Dry, tramonti infuocati e panorami selvaggi ... più che mai, più di prima, impossibile da strappare via, torno a casa con l'Africa nel cuore. A distanza di quasi un anno, posso vantarmi di aver dato una bella rimescolata alle priorità di un marito che appena conosciuti, mentre ero in partenza per l'Uganda, mi ha detto "Ah, Africa ... mah, sai che non mi ispira niente?" e adesso piange quando vede un volo per la Namibia in offerta a meno di 400 euro (tranquilli, non piange da solo!) Per fortuna, a consolarci un po', è in arrivo il viaggio di agosto!
  15. Sabato 26 maggio 2018 Che botta di culo non aver potuto fare il giro all'alba ieri! Sam, il nostro simpatico autista (tutto per noi dato che ci dice che avrebbe prenotato un'altra coppia ma se non sono puntuali lui alle 6 parte lo stesso, e con teutonico rigore alle 5.59 ingrana la marcia) ci dice che non è andata granché bene al gruppo di otto, non sono andati molto oltre zebre e springbok, quindi al massimo potremo avere la stessa sfiga ma nessun rimpianto. Paolo, tutto tronfio, lo informa che siccome in Italia pestare la m***a porta fortuna e lui ieri ha scientificamente spianato con il Mostro tutta la cacca di elefente che abbiamo incontrato, oggi faremo giornatona. Sam se la ride e i primi avvistamenti, al buio, ci fanno temere che abbia ragione lui. Foto impossibili da scattare vi avrebbero mostrato un paio di sciacalli, taaaaanti springbok (e nessuno che ballasse il tip tap!), un po' di zebre e qualche kudino. Ma quando inizia ad albeggiare ... mi tocca ammetterlo, lo scemarito aveva ragione! Incredibile incontro a bordo strada: una coppia di leoni che fa colazione con uno gnu. Ci fermiamo di colpo, tutti e tre con gli occhi sbarrati, Sam scatta a raffica con il cellulare e chiama tutti i ranger dell'Etosha, del Kruger, del Masai Mara e dello Zooparco di Roma per informarli dell'avvistamento, che ci dice rarissimo: quasi mai i micioni pasteggiano così vicini alla strada, in genere portano le prede in mezzo alla savana per gustarsele indisturbati. Ah, scusate, non ve l'ho detto, colazione "con lo gnu" non vuol dire che lo gnu siede a tavola, ma che, porello lui, è SULLA tavola 😛 (...su, su, amo', magna tranquillo, la tartare la mattina presto non è la mia colazione preferita!) Sam ci spiega che quasi certamente si tratta di una coppia in luna di miele, che si è allontanata dal branco per accoppiarsi e cacciare insieme per qualche giorno, e che ha fatto un ottimo bottino. La cattura è recente, si vedono i segni del trascinamento del corpo sullo sterrato, e i leoni per ora hanno mangiato solo le interiora, che deperiscono per prime. Per circa una ventina di minuti abbiamo la fortuna di goderci lo spettacolo completamente soli, poi iniziano ad arrivare altre auto, e i leoni sembrano non gradire troppo: dopo qualche brontolio di avvertimento decidono che okay, la merenda la faranno sotto un albero lontano dalla strada, e tanti saluti carne in scatola un poco molesta Il micione non è un gran cavaliere, a giudicare da quanto è incazzosa la compagna e da come cerca di sottrarle la colazione, e siccome purtroppo Paolo si è recisamente rifiutato di tenergli un breve corso di bon ton, temo che resterà per sempre un Principe Buzzurro. Poco lontano, mentre il sole si alza, scorgiamo anche un paio di sciacalli in attesa che le Loro Maestà abbandonino gli avanzi, e ancora più lontano vediamo anche due iene, in attesa che gli sciacalli abbandonino gli avanzi abbandonati Oggi forse mi sono svegliata insensibile, forse, visto che il cerchio della vita mi affascina, forse lo gnu non è puccioso come lo springbok, forse semplicemente non l'ho visto soffrire e anche se so che deve essere stato terribile quanto la scena dell'altro ieri, lo gnu è in pace e il dolore è nel passato. E sì, sono anche un po' vigliacca. Dopo quasi un'ora di silenziosa contemplazione ci allontaniamo, felici come non mai (la colonna sonora è un rap di mia produzione dal titolo TELAVEVODETTOIO che Paolo comunque incassa senza protestare: venti giorni di matrimonio e già così calato nel ruolo, ho fatto bene a comprarlo già addestrato ) Sam ci chiede se siamo soddisfatti e cosa altro ci piacerebbe vedere, Paolo gli dice che vorrebbe un oritteropo e un leopardo, Sam si mette a ridere, dice che l'oritteropo vive solo nel sud del Paese quindi è impossibile, i leopardi invece ci sono ma ci vuole un gran culo per vederne uno, e noi oggi ne abbiamo già avuto parecchio, e Paolo ribadisce la storia della cacca di elefante. E ... dopo qualche avvistamento simpatico ma un po' banale e forse venti minuti di strada, tocca a Paolo rappare il TELAVEVODETTOIO, e dall'entusiasmo lo balla pure: beccato anche il leopardo, che cammina tranquillo sulla carreggiata. Io mi ritrovo con i lacrimoni per l'ennesima volta, lui progetta altri raid a caccia di cacca, prossimo obiettivo l'unicorno E così alla fine il giro saltato di ieri è stato la nostra fortuna. Torniamo a fare colazione, lasciamo la stanza e ci prepariamo a lasciare anche il parco, con un pizzicotto di malinconia e il cuore gonfio. Questo viaggio meraviglioso sta arrivando alla fine, e le lacrime premono dietro le palpebre, ci siamo regalati un'avventura incredibile che ci ha segnati, la prima vera Africa di Paolo, che torna malato e incurabile quanto io lo ero già. Lungo la strada che porta ai cancelli del parco, un saluto col botto dall'Etosha: tre leonesse pacificamente accomodate a bordo strada, e una che l'attraversa regale e sprezzante. Dopo il parco la strada è tutta asfaltata fino a 20 chilometri dal Waterberg Lodge, dove dormiremo stanotte, siamo silenziosi, ancora avvolti nella magia della Grande Terra Madre. Ci fermiamo a Otuja, in un posto dalle pretese bavaresi dove mangiamo benissimo (mi faccio tentare da una specie di piada feta e spinaci e faccio bene, inizio a essere un po' provata dall'esubero di carne rossa delle ultime tre settimane). Lungo la strada incontriamo babbuini e facoceri, questi ultimi popolano anche il parco del Waterberg, e anche se dopo i leoni ci sembrano poca cosa, sono simpatici e bruttissimi, persino da cuccioli, il che mi mette una gran tenerezza addosso, anche se non abbastanza da provare a farci amicizia. Raggiungiamo in auto lo chalet a noi assegnato, il parco del Waterberg è enorme, e scopriamo che quello di fronte è occupato da una numerosa e rumorosa famiglia, probabilmente olandese, che sta grigliando anche la nonna sul barbecue esterno. Siccome al tavolo del nostro patio è accostata una sola sedia, e io sono una donna molto intuitiva, mi rivolgo al consorte in elegante francese, acciocché i barbari di fronte non mi capiscano: PAR MI, I N'A' CIAVA' LA CAREGA. La mia chiaroveggenza viene premiata: entriamo, facciamo pipì, usciamo e tac, la carega è al suo posto ^^ In preda a lancinanti rimorsi, i teutoni spediscono la figlioletta bionda a fare ammenda offrendoci due marshmallow arrostiti infilati su uno stecco, ed io mi commuovo al punto che non la mangio nemmeno, la creatura 😛 Siamo un po' stanchi e abbiamo bisogno di un po' di decompressione prima di avviarci a tornare alla nostra vita di sempre, e optiamo per un pomeriggio pigro al lodge, niente escursioni o uscite ma una passeggiata nel parco a guardare i dik dik e una sosta sulle sdraio della piscina che dividiamo con i facoceri padroni di casa. A cena ci fingiamo cinesi, perché abbiamo accanto una rumorosa tavolata di italiani piena di pretese che martirizza brutalmente il povero cameriere che ha la sfiga di capire un po' la nostra lingua e la sprovvedutezza di farlo sapere ai simpatici connazionali ... non facciamo neanche troppa fatica, il velo di malinconia che si è steso su di noi toglie un pizzico di brio alle nostre solite chiacchiere. Questo viaggio ci sta lasciando un bel solco nel cuore, amore mio.
  16. Giovedì 24 maggio 2018 Sveglia alle sei, lavaggio rapido tipo gatto che ha fretta e via di corsa alla pozza con i cavalletti. Un'amara sorpresa mi attende, il piccolo springbok solitario si sveglia con noi, si alza per andare a bere e ... zoppica vistosamente, ha una zampina rotta. Il cerchio della vita e i relativi blablabla, il numero spropositato di esemplari, il fatto che in Africa funziona così e sempre così sarà, il mio essere serenamente carnivora e il fatto di essermi allegramente pappata più di un suo fratello nel corso del viaggio non servono a nulla, quando viene cacciato da un gruppo di sciacalli - perdonatemi, non ho voglia di raccontarvi di più - non riesco a trattenere le lacrime, e ancora mi spuntano al ricordo. Buon ponte, piccolino, spero ci sia un arcobaleno anche per te 😪 Passiamo un paio d'ore prive di avvistamenti eccezionali alla pozza, cercando di dimenticare la scena triste appena vissuta, ci godiamo la nascita sempre struggente di un nuovo giorno, cincischiamo un po' e poi torniamo in camera per la doccia. Una volta entrati mi ricordo del nostro amico e chiamo, impaziente: JACK, DOVE SEI? dal bagno mi risponde una voce d'oltretomba: SONO QUI, ROSE, ANDRA' TUTTO BENE ... e così il mio meraviglioso scemarito mi cancella le ultime ombre dagli occhi con una risata che seppellisce ogni tristezza 😆 A colazione decidiamo di presentarci in versione Povery accattony, e "accapanniamo" il piatto (oh, dovrò pur usarle da qualche parte le parole nuove che imparo nella Capitale!) come se non mangiassimo da dieci anni, con la stessa faccia con cui il nostro ciopino viene a comunicarci che si vede il fondo della ciotola: funziona, nessun cameriere ci dice nulla, neanche quando quatti e furtivi come un ippopotamo e un'elefantessa ci confezioniamo due paniny da accattony per il pranzo on the road. Mi vergogno come una ladra, ma ho anche la ridarola e alla fine decido che una volta nella vita bisogna pur perderla la dignità 😁 Costeggiamo l'Etosha Pan, l'enorme lago in secca che è il cuore del parco, dirigendoci verso l'alloggio delle prossime due notti, l'Halali Camp. Gli avvistamenti oggi non sono moltissimi, ma uno è eccezionale: sul ciglio della strada, a forse dieci metri da noi, una coppia di leoni mette in piazza i problemi di coppia senza il minimo riguardo per la nostra sensibilità 😃 "Cara ... aaawwhh?" "Scordatelo, ho mal di testa" "Ma dai, miciona ... aawwhhh ..." "TI HO DETTO CHE HO MAL DI TESTA, CAXXO!!!" "... scusascusascusa, non volevo, non pensavo, non lo faccio più" Considero questa foto, che adoro, la più gran botta di culo della mia brevissima "carriera" di fotografa, e ho pensato bene di ingrandirla e piazzarla in sala quale memento per il mio focoso pandone in caso di eccessi di impeto passionale 😜 Scherzi a parte, è stato un momento di pura emozione, da pelle d'oca ... avere le Loro Maestà così vicine, vedere quanto poco si curino di noi - carne in scatola un poco molesta, ma tutto sommato insignificante - vedere che anche il Re alza le spallucce di fronte alla ... decisione della sua signora, scattare a raffica senza quasi guardare nell'obiettivo, presi solo dal brivido di felicità che ci avvolge tutti ... è stato uno dei (tanti) momenti perfetti di questo viaggio magnifico. "Amo', eddai , famo la pace, scusami, non te la prendere ... amo' ..." Arriviamo all'Halali verso l'ora di pranzo, che consumiamo velocemente in piedi nella zona piscina in attesa che sia pronto il nostro bungalow, prenotiamo il giro notturno con i ranger e la cena per ... le sei, sigh. Del resto se vogliamo uscire alle sette non abbiamo molta scelta, al rientro il ristorante è abbondantemente chiuso e non c'è modo di fare acquisti alimentari. Nel portico del bungalow nascono delle amicizie, e non è difficile immaginare perché 😄 Passiamo un paio d'ore alla piccola pozza del Camp, niente a che vedere con quella dell'Okaukuejo, anche se in generale abbiamo apprezzato di più questa sistemazione, meno caotica e affollata, e ci godiamo un po' di relax, un certo numero di cervidi ormai diventati praticamente parenti molesti sempre tra i piedi e un solitario esemplare di marabù, che in Uganda affollava ogni metro quadrato ma con cui qui avremo l'onore di quest'unico incontro. Il kudu, impudico, ci prova sotto i nostri occhi con la sua kudessa, che dopo mezzo secondo si sposta un po' seccata. Io commento che non è giornata per i maschietti, ma Paolo mi risponde che probabilmente hanno concluso, io incredula e sprovveduta esclamo "ma dai, così in fretta, figurati" e lui, travolto da un attacco di modestia ... cosa credi, non sono mica tutti bravi come me! 😂 La cena a buffet è decisamente migliore di quella di ieri sera, la ciccia è buonissima e il tavolo ce lo trovano quasi subito, ma dobbiamo ammettere che i resort NWR sono meno organizzati, efficienti e di qualità rispetto a quelli privati: appena prima di partire per il notturno, arriva la ragazza della reception a dirci che il tour di domattina è pieno, e per un loro errore noi restiamo fuori, visto che ci sono nove posti e l'altro gruppo è di otto persone. A fatica riesco a evitare che Paolo se la sbrani, visto che ci informa anche che non possono rimborsarci e possiamo scegliere tra il notturno di domani (ma lo facciamo stasera, giovine, non vedi?) o il mattutino di dopodomani, che però avremmo preferito evitare per poter partire presto visto che ci aspetta un bel po' di strada. Le diciamo che ci penseremo ma vorremmo il rimborso, visto che l'errore è stato loro, e partiamo un po' scocciati inzeppati con un gruppo di giappi arrivato all'ultimo secondo. Ce n'è uno di troppo, ma il ranger non si formalizza troppo e li fa stringere dietro. Dopo esserci adeguatamente lagnati e aver brontolato il giusto, ci guardiamo e sbottiamo in una risata, plagiando a sproposito uno dei nostri film preferiti a indirizzo dell'intera umanità: ridere è per gente seria, voi al massimo ve potete lamenta' 😄 E con questo diamo l'addio anche agli unici tre minuti di nervoso di tutto il viaggio. Il giro è bello, mi dice Paolo, ma fare foto è quasi impossibile. In che senso dice Paolo, chiederete voi. Nel senso che mi sono addormentata dopo venti minuti, risponderò sommessamente io, chiedendovi di non raccontarlo a nessuno 😜 Faccio in tempo a vedere un paio di bellissime volpi del capo e poi ... ciao. Sigh. Tornati al bungalow troviamo, a rasserenarci del tutto, un biglietto dalla reception che ci avvisa che se non desideriamo spostare il tour possiamo essere rimborsati in contanti in qualsiasi momento. Brindiamo con il vino della Naute Kellar e le ultime patatine e poi nanna. Non ci posso credere che tra una settimana saremo a casa da tre giorni, siamo appena arrivati!
  17. Martedì 22 maggio 2018 Per consolarsi del dispiacere di lasciare il Grootberg (davvero saremmo rimasti volentieri un altro paio di giorni, questo posto è un paradiso), Paolo si scofana coscienziosamente la terza enorme colazione dei campioni del viaggio, per affrontare in forze la discesa verticale. Non ho idea di come se la sia cavata perché ho chiuso gli occhi forte forte, ma direi che il fatto di essere ancora viva depone a suo favore Oggi inizia l’avventura forse più bella – ma è dura fare classifiche – si punta l’Etosha! Salutiamo il Damaraland conversando di alta filosofia come sempre … un paio di esempi per chi si chiedesse come facciamo a funzionare così bene, noi due Barbara (puntando il dito): Duna! Paolo: DDDUE! Barbara: … Barbara (ispirata e commossa, parlando dell’amore): … perché vedi, io metto i mattoncini e tu la malta. Paolo: … malto? Barbara (ancora più ispirata e commossa): BILLAAAAAAAAAA!!! [NDA: grido di battaglia di nostra nipote Sara quando a un anno e mezzo reclamava la sua giusta dose di alcol, che adora, ormai entrato nel lessico famigliare] Arrivati a Kamanjab, prima di fare la spesa, Paolo decide di far controllare la gomma, che ha ancora l’aria provata, e in effetti ha due buchi nuovi. Che fare? 750 dollari e passa la paura, ci fermiamo dal gommista/barbiere/venditore di uova all in one che con un’attrezzatura commovente e una pratica indiscutibile mette una splendida toppa, che reggerà a meraviglia la settimana di sterrato che ancora ci aspetta. Nell’attesa, dopo aver declinato il gentile invito a comprare qualche ovetto fresco, mi dedico a pastrugnare coscienziosamente una micina minuscola, avrà forse due mesi (e probabilmente tutte le pulci del mondo) che ricambia stordendomi di fusa. La tenerezza ❤️ A sorpresa, da Kamanjab all’entrata ovest dell’Etosha scorrono settanta chilometri di asfalto liscio e perfetto, non siamo più abituati. Paghiamo il dovuto agli uffici del parco, facciamo la pipì e … wow, siamo all’Etosha! Stanotte si dorme al Dolomite Camp, il più occidentale tra gli alloggi gestiti dal parco, e nei quarantacinque chilometri – di nuovo sterrati - che ci aspettano per raggiungerlo cominciamo a fare i primi incontri: zebre, giraffe, uccelli buffi e uccelli coloratissimi. Alle prime zebre l’entusiasmo è alle stelle e gli strilli non si contano, ma tempo ventiquattr’ore e ventiquattromila juventinissimi esemplari la conversazione si stempera: amore, ci sono le zebre a sinistra. Uhm, zebre … ballano il tip tap? No, allora non mi fermo Arrivati al lodge verso le due, prenotiamo al volo il game drive delle tre visto che per quello serale che puntavamo non c’è più posto, raggiungiamo la nostra camera con la navetta-golf cart, visto che il lodge è costituito da una serie di magnifici bungalow disposti sui due lati del crinale di una collina e la stradina per raggiungerli è minuscola e scomodissima per i bagagli anche se portiamo solo la sacca giornaliera, mangiamo un panino al volo concedendoci a malapena il tempo di ammirare il panorama magnifico che abbiamo davanti e via. Saliamo su una jeep nove posti tutta per noi, che avrebbe bisogno di sospensioni nuove, e partiamo per un giro di tre ore durante il quale incontriamo orici, springbok, gnu, zebre, giraffe, struzzi, uno sciacallo … siamo contenti, ma non completamente, è stata una bella introduzione, ma come tutti quelli che vengono qui in realtà bramiamo elefanti e grandi felini. Dato poi che le strade percorse sono quelle normalmente aperte ai turisti con la propria auto, decidiamo di comune accordo di investire nei prossimi giorni solo nei game drive notturni e in quelli dell’alba, quando non potremmo uscire da soli dai cancelli dei lodge e comunque non sapremmo dove e come cercare gli animali, e di girare da soli durante il giorno, decisione che si rivelerà azzeccatissima. Torniamo in stanza a prepararci per la cena, dal balcone in lontananza vediamo muoversi nella pianura sotto di noi un puntolone scuro … prendiamo gli obiettivi al volo e proviamo a ingrandire … sìììì, un elefante! Un elefante vero, il nostro primo elefante dell’Etosha! Io saltello tutta felice, Paolo ha gli occhi lucidi … che emozione infinita, che felicità incredibile essere qui, sposati, innamorati, fortunati, con un elefante sotto casa. Per stemperare la commozione Paolo mi chiede dove voglio andare per il primo anniversario e mi propone Parigi … considerando che siamo sposati da diciassette giorni, non mi si può accusare di aver scelto un compagno poco previdente Alla reception abbiamo apprezzato come sempre la richiesta di specificare se abbiamo intolleranze a qualche cibo particolare. Un po’ meno apprezziamo l’enorme fettona di zucca a contorno del secondo, che me lo chiedi a fare se poi mi dai esattamente quello a cui ti ho detto di essere allergico? La cameriera prima fa la gnorri, poi dice che non le è stato comunicato, ma comunque non ci sono alternative, vabbé, pazienza. Ci consoliamo con zuppa di cipolle e spezzatino di kudu, non la cena migliore del viaggio, ma sicuramente discreta.
  18. Domenica 20 maggio 2018 Maledetti letti separati! Fa freddino, anche se meno di quanto pensassi, e i due singoli anche se accostati ci complicano l’operazione “sposini che dormono avvinghiati”, ma in qualche modo e come sempre vinciamo noi. Sappiate poi che la pipì dell’una di notte sotto le stelle è un bellissimo ricordo! Mi sono innamorata di questo posto 💓 Alle sette abbiamo il village walk con la stessa guida di ieri sera (venticinque anni … sigh!). Il titolare ci ha avvertiti che molti turisti ne restano delusi perché si aspettano scene folcloristiche, balletti, costumi, insomma tutto l’armamentario che io detesto, ed è bastato questo a convincerci a prenotare il giro. Ne usciamo davvero soddisfatti, incuriositi e con i piedi zuppi: non abbiamo visto nulla di straordinario, eppure in un certo senso è stato tutto straordinario. Camminare sulla loro terra, con uno di loro, ascoltando la vita quotidiana, i problemi, scoprendo le usanze … è una di quelle cose che danno un senso al viaggio, tanto quanto incontrare un branco di elefanti o una coppia di leoni che fanno colazione con uno gnu. Ci racconta delle mucche, delle capre, della siccità, della petizione che hanno inviato al dipartimento dell’agricoltura perché mandino un rappresentante fisso ad ascoltare i loro problemi e le loro richieste, hanno anche preparato le fondamenta per la futura sede dell'ufficio. Ci racconta che il mese scorso un ghepardo ha ucciso cinque capre in un solo allevamento, ci mostra un aspetto diverso a cui non avevamo pensato, i magnifici predatori che popolano i sogni dei turisti sono anche negli incubi dei contadini e degli allevatori. Iene, sciacalli, ghepardi, elefanti, possono produrre danni enormi, e la popolazione ha bisogno di aiuto per contenerli senza far loro del male, perché comunque tutti capiscono benissimo il senso della protezione accordata alle specie più fragili e rare. Ci racconta che prima del 2012 – data di nascita del Madisa Camp – un’alluvione ha devastato il villaggio distruggendo il pozzo, poi la siccità ha completato l’opera e più di un allevatore si è trovato a dover ricominciare daccapo, con tutto il bestiame morto o svenduto. Sono partiti per la città, hanno lavorato fino a mettere abbastanza da parte per ricomprare gli animali, e sono tornati … credo sia impossibile per loro rinunciare a vivere qui, nonostante la fatica, i problemi, i frequenti disastri, il richiamo della terra madre è sempre più forte. Ce ne ripartiamo più ricchi, lasciando più ricco ed entusiasta anche il ragazzino che si occupa della cucina, che non crede ai suoi occhi quando gli lasciamo anche la mancia post colazione e ci regala uno dei sorrisi più belli del viaggio. Un altro arriva poco dopo, quando vediamo una famigliola locale – mamma papà e cinque bimbi! - alle prese con il cambio di una gomma a bordo strada e ci fermiamo per chiedere se hanno bisogno di aiuto. Non abbiamo la pompa elettrica che gli farebbe comodo, ma quando Paolo si offre di gonfiare a mano la ruota di scorta al posto della figlia maggiore che si stava impegnando allo spasimo ma è pur sempre una ragazzina, accettano con entusiasmo, come i bimbi accettano entusiasti le polaroid che gli scattiamo tra grandi risate. Ci raccontano che per fortuna abitano “vicinissimi”, a quindici chilometri da lì, e non sono nuovi a questi inconvenienti … e di nuovo, salutata la famiglia, ripartiamo più ricchi ed allegri. Prima tappa in programma oggi, Petrified Forest … sono consentite solo visite guidate e passiamo un’interessante mezz’oretta con una giovane paffutella che parla un inglese abbastanza facile perché riesca a seguirla anch’io, a cercare di immaginare cosa siano i milioni di anni che sono stati necessari per fare pietra di questi tronchi che affiorano e ci guardano, dopo aver visto chissà quali sconvolgimenti e disastri, alluvioni, frane, incendi … a conferma che sono le avversità a farti diventare roccia J Dopo la Petrified Forest tocca a Twyfelfontein – la Fonte Indecisa, a volte c’era a volte no – dove si trovano, disseminati su un’area abbastanza ampia, antichi petroglifi che immancabilmente troviamo molto somiglianti a tanti già visti, nel deserto del Marocco e in quello del New Mexico, a Mesa Verde e a Capitol Reef. Mi affascina sempre scoprire come l’evoluzione dell’umanità segua a tratti gli stessi percorsi e poi si ramifichi tra mille tradizioni e mille differenze, mi fa sentire ricca. Paolo completa tutto il percorso, io rinuncio all’ultimo pezzo, troppo esposto e scosceso per i miei gusti, così mi perdo l’Uomo Leone, scelto come simbolo del sito, ma resto comunque soddisfatta. Il ragazzo che ci fa da guida poi, oltre a essere molto preparato e simpatico, mi dimostra una particolare cortesia, saputo che sono sorda si sforza per tutto il tempo di parlare più chiaramente e lentamente possibile il suo già ottimo inglese … quanto apprezzo queste piccole gentilezze, anche se ho sempre con me il mio traduttore e interprete personale J Decidiamo di rinunciare sia all’Organ Pipe che al pranzo (per l’ottima ragione che da qui al Lodge c’è un nulla assolutamente nullissimo e nessun modo di procurarci pappa, per fortuna abbiamo le provviste e ci sfamiamo con un imponderabile misciotto di biltong, crisp di lenticchie, succo di guava, noccioline … insomma, il solito mix tutta salute di ogni OTR che si rispetti ^^) e andare direttamente al lodge: stasera ci aspetta il Grootberg, che tanta pena ci ha dato in fase di prenotazione, ma intorno alle cui date disponibili abbiamo costruito la seconda parte del viaggio … le aspettative sono altissime. Lungo il percorso abbiamo fortuna con gli avvistamenti: cacca di elefante, mucche, cacca di elefante, springbok, cacca di elefante, un kamikazoiattolo, cacca di elefante, capre, cacca di elefante. Insomma, tanto valeva andare a fare un giro al laghetto dell’EUR 😛 La salita per il Grootberg resterà nei miei ricordi. Peggiori La maggior parte degli ospiti lascia la macchina al parcheggio alla base della prima salita, stretta, impegnativa, ripidissima e piena di sassi e prende la navetta, ma a Paolo non passa neanche per la testa di sottostare a una simile infamia, e io mi fido a sufficienza da non pensare nemmeno di proporlo. Se la cava benissimo, ma il centinaio di metri praticamente in verticale che porta al placido altipiano su cui sorge il lodge mette alla prova non tanto l’illimitata fiducia che ripongo nel mio eroe quanto il mio stomaco, che si chiude come un riccio alla vista dello strapiombo alla mia sinistra … tranquilli, per cena si riaprirà, avevate dubbi? Le nostre attese non restano deluse, anzi … questo posto supera le nostre più rosee aspettative, la vista dal bungalow mozza il fiato e i miei occhi si riempiono subito di lacrime. Il benvenuto è caloroso, la stanza accogliente, il cestoneymoon che ci fanno trovare sul letto con i complimenti della direzione prontamente saccheggiato. Che c’è di meglio che sgranocchiare patatine, biltong, noccioline e bere spumante davanti all’immensità? Ovviamente mele e banane vengono lasciate con sommo sdegno. Roba sana? Scherziamo? Neanche la scoperta che abbiamo forato vale a scalfire di un pelo la nostra felicità. La cena è ottima, come sempre la carne fa la parte del leone … ma è un inatteso, graditissimo pollo, per quanto la selvaggina sia favolosa un’interruzione ogni tanto fa piacere. Scopriamo l’amarula, meravigliosa, e ci godiamo fino alla fine l’improvvisato (o più probabilmente perfettamente coordinato e studiato per sembrare improvvisato), emozionante spettacolo di canti tradizionali messo in scena a cena finita dal personale di sala e cucina.
  19. Venerdì 18 maggio 2018 Una nottata di pioggia fitta e antipatica precede il nostro risveglio, e Josef, l’omino di casa cui rendiamo le chiavi, ci conforta raccontandoci allegramente che è un caso rarissimo, di solito lì piove solo a settembre. Che culo Il tempo resterà in certo tendente al brutto per tutta la giornata, ma non siamo tipi da farsi scoraggiare per così poco e partiamo subito come previsto per percorrere la Welwitschia Drive fino in fondo. Certo, con gli occhi pieni del sole di ieri, di mare, di dune e di vento sarà dura trovare indimenticabile questa giornata, ma la strada offre qualche panorama incredibile, come il Moon Landscape, che fotografiamo da più punti panoramici, ora con un baffo di sole, ora sotto scenografici nuvoloni, ora sotto una pioggerellina leggera. Quando iniziamo a vedere qualche lampo in lontananza decidiamo che è più saggio continuare le nostre ammirazioni dalla macchina finché al cielo sarà passato il malumore. La strada prende nome da una pianta, la Welwitschia Mirabilis appunto, che – copio fedelmente da wikipedia – è diffusa nell'Africa sud-occidentale, nelle zone desertiche del Kalahari e del Namib, tra l'Angola e la Namibia. È l'unica specie dell'ordine Welwitschiales e della famiglia delle Welwitschiaceae. Il nome "Welwitschia" deriva da Friedrich Welwitsch, il botanico austriaco che per primo ne documentò l'esistenza presso la comunità scientifica europea. L'aggettivo Mirabilis si riferisce alla forma insolita della pianta. In lingua afrikaans viene chiamata tweeblaarkanniedood, che significa “due foglie non possono morire". Le sue caratteristiche sono estremamente peculiari, tanto che Charles Darwin la definì "l'ornitorinco del regno vegetale". Presenta una radice a fittone molto profonda che si espande in orizzontale e due foglie dall'aspetto unico, lunghe fino a cinque metri e adagiate sul terreno. L'aspetto generale della pianta è quindi quello di una grande matassa di nastri verdi, larghi fino a quasi mezzo metro e lunghi cinque, attorcigliati e deposti sul suolo, con le parti finali che progressivamente muoiono, si sfilacciano, e diventano di colore marrone. Il tronco, piuttosto grande (in diametro) è cortissimo, e coperto dalle foglie. Si tratta quindi di un vero albero, e la specie comprende una pianta maschio e una pianta femmina. Sono sicura che Paolo si ricorda come si distinguono Per quanto rara e curiosa sia la pianta, e per quanto bello sia a tratti il panorama, non me la sento di annoverare le tre ore passate qui tra quelle veramente indimenticabili del viaggio: tante, troppe le meraviglie più vistose, perché alla parola “Namibia” il pensiero corra subito qui, e il meteo antipatico di certo non aiuta. Tra una sosta e l’altra – compresa una pausa pipì con il conetto di carta che da CHESCHIIIIIIIIIIFO è velocemente passato a MAIPIUSENZA - il tempo passa piacevolmente, e quando ci avviamo in direzione di Cape Cross siamo tutto sommato pienamente soddisfatti. Ci fermiamo per un veloce pranzo in riva al mare, consumato purtroppo in auto perché ha ripreso a piovere, e anche i gabbiani che ci fanno compagnia rimediano qualche boccone dai nostri panini. Poi Paolo, intrepido, scende sotto la pioggia a fumare una sigaretta e io, stronza, ne approfitto per far fuori tutte le patatine che sono rimaste nel sacchetto, quatta quatta e furtiva furtiva, e mi nascondo così bene che la prima cosa che Paolo dice salendo in macchina è “TU MANCIA? TU MANCIA!!!” in perfetto stile Birkermaier. Troppo tardi, cocco. Te lo dico sempre che a fumare ci rimetti tu ^^ Una pioggia insistente ci accompagna sulla Skeleton Coast, ma per quanto poco piacevole, quando avvistiamo il relitto della Zeila sono contenta che ci sia un meteo così, è davvero suggestiva e spettrale la visione, già dalla strada, di questo relitto arrivato sulla spiaggia e arenatosi nel 2008 … dallo stato di conservazione avremmo detto molto prima, ma abbiamo scoperto che in realtà si trattava di un natante già vecchissimo e destinato alla demolizione in India, staccatosi dal gancio di traino della nave che lo stava portando all’ultima destinazione durante una tempesta, e poi lasciato lì perché i costi del recupero sarebbero stati più alti del valore del ferro. Oggi è un fantasma molto concreto, pieno di nidi e di uccelli, sferzato dai marosi e tremendamente affascinante. Purtroppo è l’unico visibile con una certa facilità, gli altri relitti, grazie ai quali la Skeleton Coast si è guadagnata il nome, sono molto più su, alcuni più all’interno, nel deserto e oltre i cancelli di un’area accessibile solo con permesso e piuttosto ostica da affrontare. La strada per la Seal Reserve è ovviamente un ammasso di fango, e il Mostro si diverte a imbrattarmi pantaloni, maglia, mani, faccia, scarpe ogni volta che apro la portiera e scendo … ma vabbé, non è colpa sua, secondo me non è mai stato tanto lurido e impastato in tutta la sua carriera e ora se la gode. A un certo punto colgo un movimento con la coda dell’occhio e … “Paolo, frena!” … ci sono due sciacallini a lato strada! Scendiamo, prendiamo le nostre riserve di carne secca e gliene lanciamo un boccone alla volta. Sono mezzo spaventati e mezzo curiosi, si avvicinano, si allontanano, poi si avvicinano di nuovo, si vede che hanno un po’ di timore, ma dopo qualche boccone si rilassano. Restiamo un po’ a goderci la loro compagnia, e quando facciamo per risalire in auto … ce li vediamo disporsi uno a ciascun lato della strada e iniziare un duetto, il primo parte con un suono di gola, modulato e quasi dolce, il secondo subito dopo gli fa eco, e ci regalano un piccolo concerto di ringraziamento e saluto. Inutile dire che in macchina ci salgo con i lacrimoni, vero? Prima di arrivare al lodge ci aspetta la tappa dalle otarie di Cape Cross, dal cui soave profumino siamo stati più e più volte messi in guardia. Ci dice bene, la pioggia recente ha lavato alla bell’e meglio questi puzzoni, e anche se non si può certo scambiare questo posto per la Maison Fragonard, tutto sommato la zona è vivibile, infatti restiamo almeno una mezz’ora a incantarci e sorprenderci per le evoluzioni, la quantità, la simpatia, le voci dissonanti di questi adorabili animalotti. Sono così brutte, goffe, sgraziate e inadeguate che la sedicenne che vive dentro di me non può non identificarsi e non adorarle al primo sguardo. Purtroppo ci sono anche qua e là corpi di cuccioli morti, e nonostante qui siano migliaia, e nonostante io sappia che la natura è così, e nonostante mi dica che per il poco che sono vissuti sono stati sicuramente felici … vado via con gli occhi lucidi lo stesso. Figuratevi quando poi ne vedo uno anche sulla spiaggia davanti al lodge :o( Raggiungiamo il nostro albergo sotto lo stesso cielo incerto che ci ha accompagnato fino qui, ma che decide di farci un bellissimo regalo di nozze, prima un arcobaleno doppio strepitoso che non mi è entrato in una sola foto, e poi un tramonto inaspettatamente pieno di dolcezza.
  20. Mercoledì 16 maggio 2018 Dopo le emozioni di ieri, ci aspetta una giornata tranquilla, quasi di puro trasferimento … ce la prendiamo comoda facendo colazione a un orario che ci permette di vedere cosa abbiamo nel piatto 😁 nonostante il buio sempiterno della sala, io faccio anche oggi razzia di quei buonissimi pasticcini di verdure al curry che dovrei proprio imparare a fare, e alla fine ci troviamo d’accordo nel promuovere il Truzzhotel, anche se non sarà il più memorabile del viaggio: ci siamo divertiti, tanto basta. La prima sosta è a Solitaire, per un rifornimento di benzina e soprattutto di torta di mele, la famosa torta più buona della Namibia: ne prendiamo due porzioni, insieme a due torte salate (la mia, al formaggio, rivelerà un inatteso ripieno di wurstel ... poco male, è buonissima) da mangiare strada facendo. Ci divertiamo a gironzolare in questo posto dal nome quanto mai adeguato, oltre alla Goose McGregor Bakery ci sono una pompa di benzina, uno shop, un meccanico, una specie di campeggio/motel e i bagni. A sorpresa la sosta pipì termina con un incontro inaspettato: ecco i nostri tedeschi del Quiver Tree e del Fish River Canyon! Felicissimi di incontrarci, passiamo una mezz’ora a raccontarci le rispettive avventure mentre un quasi solerte meccanico si occupa di una delle gomme della loro Hylux che sembra non essere in ottima salute. Hanno la tenda montata sul tetto e ci dicono di averne fatto spesso uso per ammortizzare i costi, del resto sei settimane sono tante e passarle tutte in resort potrebbe essere poco igienico per il portafogli. Lui è felicissimo di mostrarci le foto in notturna che ha scattato secondo i consigli di Paolo, e tutto sommato devo ammettere di avere sposato un bravo insegnante 😄 Questo incontro ci ha fatto davvero piacere e ripartiamo un po’ più felici di prima. Dopo una lunga teoria di chilometri su una strada C(heschifo), ben sballottati e percossi, e un nuovo passaggio ai tropici, Paolo non si sente benissimo – e io mi sento in colpissima perché proprio non me la sento di inforcare il volante del mostro - e ci fermiamo per una sosta tecnica. Il mio eroe si riprende velocissimo al cospetto di fagottini salati e torta di mele, ce ne dividiamo una porzione perché è davvero enorme, e poi ripartiamo su uno schizofrenico alternarsi di asfalto e gravel, qualche metro ciascuno. Nel primo pomeriggio, sotto una pioggerella sottile che ci accompagna da quando abbiamo raggiunto la costa, arriviamo finalmente a Swakopmund per prendere possesso del Mylas Cottage, un bellissimo ed economicissimo appartamento che – gaudium magnum! – ha una lavatrice e un’asciugatrice. Io che ero già in mood “oddio non è possibile, non abbiamo quasi più niente di pulito, PUZZEREMO PER IL RESTO DEL VIAGGIO” mi rilasso ed entro agevolmente nei panni della casalinga disperata facendo partire il primo ciclo praticamente senza neanche disfare la valigia, manca poco che mi metta a cantare ma alla fine la pietà per Paolo prevale … eh no, ragazzi, qua le comodissime lavanderie a gettone del west non esistono, e gli hotel si fanno pagare a caro prezzo il servizio, se lo offrono. Lasciamo la lavatrice a girare giuoiosa e andiamo al supermercato, giuoiosi anche noi perché è bello grande e ci sono mille cose da toccare, scoprire, comprare, compresi i giochini all’erba gatta per i Ciopini che non manchiamo mai di viziare. Dopo una bella doccia ce ne andiamo a cena al The Tug, ristorante sulla spiaggia ricavato in una nave arenata, decisamente pittoresco. È solo un chilometro ma preferiamo prendere la macchina: come Luderitz, anche Swakopmund la sera ha un aspetto spettrale: nessuno in giro, un silenzio surreale, poche luci persino nelle case, giusto qualche auto in lontananza sul corso principale … decisamente la Namibia non è per chi ama la vita notturna! Ottima la cena, come sempre, è uno dei viaggi in cui abbiamo mangiato meglio tra quelli fatti insieme (Napoli non conta, gente! ma ve par? 😆): antipasto di calamari grigliati e pesce San Pietro fritto, entrambi con salsa tartara in accompagnamento, e per secondo gamberoni del capitano (ottimi, ma serviti con un riso alle verdure sciapissimo che lasceremo ai posteri) e KLINGPLING grigliato – speriamo che Paolo si ricordi come si chiama sul serio 😜 – con patate gratinate. Cena di pesce ottima e freschissima, con vino bianco sudafricano ad accompagnare, conto finale 65 euro compresa la mancia, siamo soddisfatti. Sposata da undici giorni, la casalinghitudine è potente in me: tornati al cottage, garrula e giuliva carico la seconda lavatrice e faccio partire l’asciugatrice. Ma non preoccupatevi, sono già guarita! 😛
  21. Lunedì 14 maggio 2018 Dopo tanta indecisione, su consiglio di Lucas abbiamo optato per l’alba sulle dune con i micioni: la notte è trascorsa talmente gelida e tormentata che la sveglia arriva come un sollievo. A nulla è servito dormire abbracciati nel lettino singolo con due piumoni, siamo letteralmente surgelati. Così impariamo a “lasciare aperte le zip della tenda, tanto fa caldo e ci sono le zanzariere” [emoji31] Torniamo nel recinto, accolti con poco garbo dalle cheetah di malumore. Hannabelle è decisamente incazzosa, stamattina, e anche se con noi ci sono i due ragazzi che sono visibilmente esperti e rilassati, scalare la duna di sabbia con due gattoni di ottanta chili con le balle per traverso che ci seguono a qualche metro … lo ammetto, un pizzico di ansia c'è. Lucas a metà salita decide che è meglio se per ora ci godiamo solo KFC, che è più tranquilla, e lancia un pezzo di carne ad Hannabelle che brontolando se ne va a mangiarlo sotto un albero poco lontano. Quando arriviamo quasi alla sommità della duna Lucas ci fa cenno di preparare le macchine fotografiche: con una accorta distribuzione della pappa fa in modo che KFC, ora di ottimo umore, si posizioni scenograficamente al centro di uno splendido quadretto, da perfetto micione delle sabbie. Ecco che si avvicina anche Hannabelle [emoji1] Non so esprimere l’emozione di vedere il sole che pian piano si sveglia e ci raggiunge, dei colori che cambiano coprendo tutte le sfumature dell’iride, dal viola al rosa all’arancione fino alla gloria splendente del sole pieno. Forse l’alba più bella della mia vita, alla pari o persino un pelo sopra quella alla Monument Valley, e naturalmente come quella inondo di lacrime anche questa. I ragazzi ci lasciano sfogare a piacimento e arriviamo al tavolo della colazione alle otto passate, dopo aver elargito una meritatissima mancia: questo safari fotografico ce lo siamo proprio goduto, è valso fino all’ultimo centesimo speso. Dopo colazione e dopo la decisione ecumenica, presa in seduta plenaria, di saltare la doccia che fa un freddo caino (e via, un po' di puzza non ha mai ucciso nessuno, la polmonite invece sì, e poi stasera saremo nel deserto, ci laviamo lassù [emoji38]), andiamo alla reception per saldare – non ci aspettiamo che i sssssimpatici francesi di ieri ci abbiano offerto i due calici di vino presi a cena, e facciamo bene così non restiamo delusi – e per farci il regalo di nozze. Ieri sera a tavola abbiamo trovato un depliant illustrativo delle varie attività del resort, che come vi diceva Paolo reinveste tutti i profitti nel sociale, e cerca di offrire un’istruzione ai bimbi san, una delle popolazioni più svantaggiate e discriminate in Namibia. Ci è bastato uno sguardo per capirci, e così stamattina adottiamo Mina … abbiamo speso senza battere ciglio quattromila dollari per il giro fotografico. Un anno di scuola per lei ne costa duemilacinquecento, per un attimo mi vergogno, ci credete? Poi penso che se ho avuto la fortuna di nascere dalla parte giusta del mondo, che è appunto solo fortuna, non ci ho merito né demerito, che i miei quattromila pagheranno stipendi e quaderni e ciccia per i gattoni, e che più bella bimba non potevamo scegliere. Sì, perché ci chiedono chi vogliamo e ci mostrano un librone con foto e biografie … la tentazione iniziale di dire “scegliete voi” è forte, ma poi vedo il sorrisone di Mina, leggo che non ha i genitori e vive con la zia, è sempre sorridente e la chiamano Raggio di sole. Come resisterle? Lasciamo la Kanaan Desert Retreat con un pizzico di rimpianto, è un luogo di pace e bellezza e saremmo rimasti volentieri ancora un po’, ma ci aspettano 180 km di sterrato e finalmente il Truzzhotel nel deserto. Paolo mi infoma di aver capito finalmente il sistema di classificazione delle strade in Namibia, tutte contraddistinte da una lettera: A-sfalto, ce ne sono giusto due in tutto il Paese B-uono C-acca D-emmerda F-ossa biologica Non siamo in grado di aiutarvi con la E, non ancora perlomeno, magari il resto del viaggio ci riserverà qualche sorpresa ^^ Natura morta ... Il viaggio scorre monotono, con rari avvistamenti e frequenti sobbalzi, ci fermiamo al Betta Campsite per un caffè e il rifornimento e la mia solita pipì e nel primo pomeriggio raggiungiamo la meta. Rarissimo esemplare di SceMarito, animale leggendario di difficilissimo avvistamento. Narra la leggenda che si accompagni a una SceMoglie, che nessuno però ha mai visto. Questo era particolarmente amichevole ed ha accettato di posare in cambio di un sacchetto di chips di lenticchie. Un affarone, non vi pare? [emoji7] Il posto in sé - Le Mirage Resort e Spa, eh, mica pizza e fichi [emoji12] - è terribile, ma tutto sommato abbastanza divertente: non abbiamo trovato posto nel camp di fronte all’entrata del Sossusvlei (per fortuna, con il senno di poi, la notte è gelida e la polvere tanta, non so quanto le tendine ti salvino) e questo era il più vicino, venti miglia, ed economico. Qualche foto dal web, perché troppo abbagliati da cotanta bellezza non abbiamo pensato di scattarne di nostre: Certo trovarsi in una specie di Disneyland orientaleggiante e burina un pochino spiazza, ma alla fine siamo rimasti soddisfatti del soggiorno: le stanze sono belle, pulite, grandissime, la doccia è calda e ce la concediamo subito, la piscina è carina, il bar di cui approfittiamo subito per birra e noccioline è ben posizionato … ci sarebbe anche la Spa, ma anche se tentati decidiamo di soprassedere e concederci invece un pomeriggio di pigrotting estremo: siamo in giro da più di una settimana e non ci siamo fermati un attimo, qualche ora di ozio non ci farà male. Tramonto con aperitivo, qui inizia la storia d’amore col Savannah Dry, chiacchiere, coccole, risate, insomma … siamo in piena luna di miele! E dal libro per bambini che stavo leggendo quel giorno, una degna conclusione di giornata [emoji6]
  22. Domenica 13 maggio 2018 - Mobbing-tregrazione Ed ecco quattro fotine di puro bullismo, perché "il mio obiettivo è meglio del tuo, gné-gné-gné" 😎
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