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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 28/12/2016 in tutte le aree

  1. Assolutamente... allora non ti iscrivi su facebook, su twitter, non raccogli i punti esso o coop, non usi la carta di credito, non usi un cellulare, non carichi foto... Ognuno di noi smette di avere una vita privata nel momento in cui viene taggato su facebook, o scrive un post sul forum, che per definizione è un luogo pubblico e aperto a chiunque. Oppure fai come quei personaggi assurdi che coprono i volti con degli smile, oppure piazzano quei proclami tipo
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  2. @pandathegreat Quando leggo quei proclami su Facebook mi faccio tante di quelle risate! Un professore di Giurisprudenza, dopo aver letto che alcuni suoi allievi l avevano pubblicato, gli ha consigliato, pubblicamente su Facebook, di ritirarsi immediatamente dalla facoltà
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  3. Non hai tutti i torti @SeleneT per quanto riguarda Las Vegas, è l'unico "doppione" di questo viaggio, ma un giorno è indispensabile per un'eventuale ritardo dei bagagli (già successo l'anno scorso a NY) e per mettersi in pari con l'ora locale. Ora che guardo bene su Maps, da Capitol Reef a Canyonlands sono solo un paio d'ore di strada, se riuscissi a partire presto la mattina potrei visitare Canyonlands e raggiungere direttamente in serata Arches visto che dista davvero poco..la verità è che non ho ancora idea per quanto riguarda i trail, il fatto di avere due periodi diversi tra cui scegliere non mi fa ragionare sulla fattibilità delle tappe in termini di meteo.. Non vorrei mettere troppa carne al fuoco solo per mettere la bandierina ecco..vorrei vivermi il parco il più possibile (il primo dubbio fra tutti è proprio lo Zion, visto letteralmente di passaggio nel 2013 dove non so cosa fare perchè ho paura faccia troppo freddo!)
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  4. attenzione dentro Yosemite, i campeggi nella Valley sono comodi come posizione ma in estate sono affollatissimi. Ah, occhio all'ora legale per la prenotazione del campeggio... non entra nella stessa data nostra e nel 2015 ci siamo rimasti fregati!
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  5. Grazie a voi @fraxnico, per me è sempre bello parlare della Route 66, nel tempo è diventata una delle mie passioni più grandi
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  6. Dal 16 al 21 agosto 2017 a Crow Agency in Montana si terrà uno dei più grandi raduni (powpow) dei nativi americani, con gare di danze e costumi e un Rodeo. I visitatori sono tollerati. È uno dei nostri ricordi di viaggio più belli. Dinosaur NM è interessante, secondo me merita una sosta, informatevi prima quali siti sono aperti perchè ci sono spesso chiusure a causa di carenza di fondi (sembra che sia osteggiato dai politici creazionisti).
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  7. Beh ma anche io che non utilizzo social e che sto attento a non associare mai online i miei veri dati ai 'nick' in giro per i forum, sono convinto che in 20 anni di internet da qualche parte mi sia scappato e possa essere possibile risalire a buona parte delle mie attività. Ma non è che cerco l'anonimato 'forzato', è che sono della vecchia scuola.. di quando si diceva "su internet non devi mettere il tuo nome e cognome ma solo un nick!". Poi si è scoperto che per attirare la massa funzionava invece il contrario, cioè invitarli a mettere nome e cognome perchè forse dover pensare sia a un nick che a una password era troppo complicato
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  8. Infatti se uno tiene in modo totale e assoluto alla propria privacy non può che seguire i consigli di Richard Stallman che si rifiuta di avere uno smartphone non usa facebook, non twitta e usa solo software libero. Però senza arrivare a questo estremo o addiritura a quello dei maniaci ossessivi che temono di essere spiati da tutti, ci sono delle vie di mezzo. Ad esempio tra possedere una tessera coop e pubblicare su facebook ogni istante della propria vita... ne passa Quello che voglio dire è che non è una questione di bianco o di nero, ci sono anche delle sfumature di grigio di cui dobbiamo tenere conto, senza estremizzare necessariamente con esempi di avvocati folli che danno consigli assurdi...
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  9. Che dire... GRAZIE per la cura e la passione con la quale hai realizzato questa guida, sarà sicuramente un topic fondamentale per chi vorrà intraprendere in toto o in parte un viaggio sulla Mother Road. Ma anche chi ne ha già percorso diversi tratti, come me, può apprezzare maggiormente i piccoli dettagli e la storia che l'hanno portata a diventare ciò che è.
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  10. io ho percorso "solo" il tratto da Santa Fe a Santa Monica e ogni miglio è stata un'emozione unica.
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  11. L'unica cosa che non mi piace della piega presa da questa discussione è che si pensi che chi ci tiene alla sua privacy ha necessariamente chissà quali strane cose da nascondere!! È un'equazione un po' troppo semplicistica! Non credete? Molti tengono molto alla propria privacy senza bisogno di essere delinquenti, bizzarri, terroristi o qualsiasi altra brutta cosa vi possa venire in mente! Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk
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  12. c'è ancora gente che crede nelle scie chimiche, il grande fratello e gli UFO che ci verranno a salvare
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  13. Grazie a tutti! @Vale23. Io ho percorso quel tratto di Route 66 3 volte ma fino alla scorsa estate non ero mai riuscito ad incontrarlo. Questa volta ero arrivato li il 24 agosto ma la figlia mi aveva detto che non sarebbe passato perchè era dal dentista, mi suggerì di passare il giorno dopo. Io dormivo a Kingman ed avrei proseguito per Barstow. La mattina dopo sono tornato indietro ed alle 8 ero li. la figlia lo ha chiamato ed è arrivato in negozio. E' stata una bellissima chiacchierata, questa volta non potevo andarmene senza averlo incontrato. Grazie @mirko73! L'hackberry General Store ha cambiato gestione all'inizio di quest'anno ed Ami, la nuova proprietaria non ha potuto acquistare anche la mitica corvette rossa. Ho incontrato Ami ad un party organizzato a Kingman dalla "Route 66 Association of Kingman" il 24 agosto scorso e la cosa che mi ha stupito è stata la sua sorpresa per il fatto che l'Hackberry General Store fosse così popolare tra i viaggiatori della Route 66 anche in Italia. Non se lo aspettava.
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  14. CALIFORNIA “La California è proprio di la dal fiume, con una graziosa cittadina per cominciare. Needles, sul fiume. Ma il fiume non è di casa in questa zona. Da Needles si sale e si scavalca una cima riarsa, e dall’altra parte c’è il deserto. E la 66 attraversa il deserto terribile, dove la distanza pulsa e il centro dell’orizzonte è tarpato dall’incombere di montagne cupe.” John Steinbeck, “Furore” La Route 66 arriva in California ed è Needles la prima cittadina che si incontra al di la del Colorado River. Negli anni del Dust Bowl gli “Okies”, i disperati in fuga dall’Oklahoma e dagli stati limitrofi verso la California, erano soliti fermarsi qui, aspettando la notte per attraversare, con i loro mezzi di fortuna, il terribile deserto del Mojave. Un breve tratto di interstate separa oggi Needles dal deserto; un piccolo tratto per poi uscire verso la 95 fino all’Arrowhead Junction, l’incrocio con la 66, oggi chiamata Goffs Rd, dal nome di una delle ghost towns attraversate. Si è davvero lontani dai verdi boschi del Missouri; il caldo torrido avvolge in un abbraccio asfissiante ma, al tempo stesso, la vastità degli spazi intorno a quel “sentiero d’asfalto” dona un impareggiabile senso di libertà. Qui c’è la Route 66 come la si immagina: una striscia d’asfalto che si perde all’orizzonte. L’impatto visivo è notevole; è senza dubbio uno dei tratti più suggestivi dell’intero percorso della Mother Road. La Route 66, erede del percorso della storica “National Old Trails Road”, attraversa le “Alphabet towns” una serie di piccole comunità, oggi in gran parte divenute ghost towns. Dopo diverse miglia percorse nel deserto, dalla striscia d’asfalto emerge una delle più famose e fotografate insegne della Route 66, quella del Roy’s Cafè. È emozionante osservare la sua sagoma imponente avvicinarsi. Siamo ad Amboy, oggi una ghost town che, così come il cafè, è di proprietà di un imprenditore di origine giapponese, proprietario del 1° McDonald’s di San Bernardino e di una famosa catena di ristoranti in California. Negli anni 50 il traffico dei viaggiatori su questo tratto di strada era notevole, ed il cafè poteva contare su diverse decine di dipendenti. Come altrove lungo la vecchia highway, anche qui la realizzazione delle interstates ha repentinamente annientato il business delle comunità attraversate, costringendo la popolazione locale ad abbandonare ogni velleità di permanenza in questi luoghi. Sono diverse le ghost towns attraversate durante il viaggio nel deserto, molte delle quali sono ormai poco più che un cumulo di macerie. La modernità ha gettato la US Highway 66 nell’oblio. Si arriva a Newberry Springs, con il suo Bagdad Cafè, che negli anni 80 è stato il set cinematografico dell’omonimo film. E’ un affascinante ristorante, un tempo noto come Sidewinder Cafè, al quale, verso la fine degli anni 90, i proprietari cambiarono il nome adottando quello del film, Bagdad Cafè appunto. Il vero Bagdad Cafè era ubicato a Bagdad, una località oggi praticamente sparita. Lo stupendo tratto desertico termina a Barstow. Ad Oro Grande si incontra un luogo singolare: il Bottle Tree Ranch. È una sorta di “foresta” fatta di tubi di ferro e bottiglie vuote, un luogo gestito da un personaggio estremamente cordiale: Elmer. È d’obbligo scambiare 4 chiacchiere con lui e lasciarsi coinvolgere dai suoi racconti. Proseguendo verso ovest si attraversa il Cajon Blvd, un altro tratto storico che costeggia l’interstate 15. Il viaggio sta terminando; si attraversa San Bernardino, con il suo primo Mc Donald’s, oggi un museo, ed il secondo Wigwam Motel della Route 66 dopo quello di Holbrook in Arizona, e poi ancora Pasadena prima di essere inghiottiti dal traffico caotico dei sobborghi della città degli angeli. Si arriva infine a Santa Monica, sul suo pontile, dove è posto il termine simbolico della US highway 66. Il cartello “End of the trail” infatti, sancisce solo a partire dal 2009 la fine della Route 66; nella realtà la Mother Road non è mai terminata in quel punto. il viaggio è giunto al termine. Il sentimento più forte è la nostalgia, per tutti gli stupendi luoghi attraversati e per le persone incontrate, unita all’irresistibile voglia di ricominciare di nuovo il viaggio. Io ho percorso la Mother Road per intero due volte, mi appresto ad organizzare la mia terza e non credo che mi fermerò qui. Un viaggio on the road lungo la Route 66 non è un viaggio qualsiasi, se affrontato conoscendo i posti attraversati e la loro storia, lascia dentro un’infinità di emozioni dalle quali sarà difficile separarsi. “La Route 66 è la principale strada migratoria. La 66, lungo sentiero d’asfalto che attraversa la nazione, serpeggiando dolcemente su e giù per la carta, dal Mississippi a Bakersfield, attraverso le terre rosse e le terre grigie, inerpicandosi su per le montagne, superando valichi e planando nel deserto terribile e luminoso, e dopo il deserto di nuovo sulle montagne fino alle ricche valli della California. La 66 è il sentiero di un popolo in fuga, di chi scappa dalla polvere e dal rattrappirsi delle campagne, dal tuono dei trattori e dal rattrappirsi delle proprietà, dalla lenta invasione del deserto verso nord, dai turbinosi venti che arrivano ululando dal Texas, dalle inondazioni che non portano ricchezza alla terra e la depredano di ogni ricchezza residua. Da tutto ciò la gente è in fuga, e si riversa sulla 66 dagli affluenti di strade secondarie, piste di carri e miseri sentieri di campagna. La 66 è la strada madre, la strada della fuga.” John Steinbeck, “Furore” Attrazione Città Route 66 Motel Needles Needles Railroad Borax Wagon Needles Cadiz Summit Cadiz Roadrunner Retreat Restaurant Chambless Guardian Lions of Route 66 Chambless - Amboy Roy's Motel and Cafe Amboy Ludlow Cafe Ludlow Whiting Brothers Gas Station Newberry Springs Bagdad Cafe Newberry Springs Henning Motel Newberry Springs Route 66 Museum Store Barstow Route 66 Motel Barstow Elmer's Bottle Tree Ranch Oro Grande Emma Jean's Holland Burger Cafe Victorville California Route 66 Museum Victorville Doppio scudetto Route 66 bianco e nero Cajon Blvd McDonald's Museum San Bernardino Wigwam Motel San Bernardino/Rialto Bono's Historic Orange Fontana Cucamonga Service Station Rancho Cucamonga Monrovia Old Gas Station Monrovia End of the Trail originario Los Angeles End of the Trail (Incrocio Olympic Blvd e Lincoln Blvd) Santa Monica U.S. Route 66 Western Terminus (Will Rogers Plaque) Santa Monica 66-To-Cali Santa Monica End of the Trail (Santa Monica Pier) Santa Monica Route 66 last stop shop Santa Monica Le storie della Route 66 Il Roy's Cafè Subito dopo la costituzione della US highway 66 nel 1926, per velocizzare la realizzazione dell’intero percorso da Chicago a Los Angeles, sono stati utilizzati alcuni tratti di strade storiche. È il caso, ad esempio, dell’Ozark Trail Road, nei territori del Missouri, Oklahoma, Texas e New Mexico, della IL4 in Illinois o della National Old Trails Road dal New Mexico fino a Los Angeles attraverso il deserto del Mojave. Erano strade sterrate e non adatte a lunghe percorrenze, così come del resto non lo erano le poche automobili circolanti in quel periodo. Il treno era ancora il mezzo più veloce e sicuro per spostarsi. Con la diffusione dell’automobile come mezzo di locomozione di massa e la conseguente definizione di un moderno piano di autostrade interstatali, gli USA hanno dato vita ad un nuovo modo di concepire i viaggi. La Main Street of America, ha cominciato quindi ad organizzarsi per fornire ai viaggiatori tutto quello di cui avevano bisogno durante il viaggio. Una strada più sicura e confortevole, grazie al completamento della pavimentazione dell’intero percorso, servizi di assistenza per le automobili ed anche per i viaggiatori. La concentrazione di queste attività era diventata molto elevata in alcuni suoi tratti, mentre in altri la loro presenza rappresentava una vera e propria oasi. È questo il caso del Roy’s Cafè di Amboy, un locale ed una piccola comunità situate nel tratto desertico della National Old Trail Road, una delle antenate della US Highway 66, inclusa nel suo percorso dopo il 1926. La zona intorno ad Amboy, è stata, verso la fine del 1800, un’importante sede di estrazione del sale, attività questa che ha permesso la nascita della piccola comunità e, qualche anno più tardi, la realizzazione di una stazione ferroviaria. Amboy è la prima delle Alphabet Towns, la serie di comunità, identificate con dei nomi in ordine alfabetico, che dal deserto del Mojave arrivavano fino al confine con l’Arizona (Amboy, Bolo, Cadiz, Danby, Essex ecc.). Il crescente business derivante dall’aumento dei viaggiatori lungo quel tratto desertico, convinse un agente di polizia della zona, Roy Crowl, ad aprire ad Amboy un’attività commerciale. Un’attività tra le più diffuse ed utili in quegli anni di pionierismo automobilistico: un’officina meccanica ed una gas station. Nel 1938 nasceva il Roy’s Garage che, assieme ad altre attività lungo la Main Street della piccola Amboy, ha permesso alla comunità di conoscere anni di discreta prosperità a dispetto della difficile collocazione geografica. Siamo verso la fine degli anni 30, e quella era ancora un’America a conduzione familiare. Pochi anni dopo, in società con quello che presto sarebbe diventato suo genero, Roy ha aggiunto alla stazione di servizio un Cafè ed un piccolo Motel. Il Roy’s Garage si era quindi trasformato, assumendo il nome che ancora oggi identifica una delle icone più famose della Route 66: il Roy’s Motel and Cafè. Qualche anno più tardi, nel 1958, è stata inoltre realizzata la sua famosa insegna, una delle più amate e fotografate dell’intero percorso della Strada Madre. Gli affari per il Roy’s Cafè andavano a gonfie vele negli anni d’oro della Main Street of America ed il personale operante nella struttura arrivò a contare una settantina di persone circa. Ma, come è accaduto un po’ ovunque lungo il percorso della Mother Road, il destino per quell’oasi nel deserto del Mojave era segnato. Con l’apertura della Interstate 40, agli inizi degli anni 70, il traffico dei viaggiatori lungo quel tratto di Route 66 si interruppe repentinamente gettando Amboy nell’oblio. Progressivamente le circa 700 persone che vivevano in quella piccola cittadina nel deserto, cominciarono ad abbandonarla al suo inevitabile destino. Con la nuova e più veloce intestate nessuno aveva più l’interesse a percorrere quella striscia d’asfalto nel deserto. Il Roy’s Cafe e la comunità di Amboy, entrambe di proprietà della famiglia di Roy, hanno subito, negli anni successivi all’apertura della I40, alcuni cambi di gestione. Le principali attività del Roy’s Cafè erano ormai cessate ed i nuovi gestori hanno cercato di sfruttare l’appeal di quella che era ormai diventata una “sinistra” ghost town nel deserto, provando ad attirare gli investimenti del mondo dorato di Hollywood. Ad Amboy, e nel Roy’s Cafè, sono stati realizzati dei film (The Hitcher – La lunga strada della paura), spot pubblicitari ed anche videoclip musicali (Enrique Iglesias – Hero). Nel 2005 sia Amboy che il Roy’s Cafè, sono stati acquistati, per 425.000 dollari, da un imprenditore proprietario di una famosa catena di fast food. L’intento dell’imprenditore, tra l’altro anche proprietario del primo McDonald’s di San Bernardino in California, oggi un museo, era di riportare Amboy ai fasti di un tempo, riaprendo il Cafè ed il motel. Ad oggi il solo Cafè e la stazione di servizio hanno ripreso regolarmente a funzionare ed Amboy conta in totale 4 abitanti, i gestori del locale. Amboy è una ghost town, come tante altre lungo il percorso della Route 66; il mitico cafè, la stazione di servizio, l’ufficio postale (tutti funzionanti), la scuola e poco altro sono gli unici legami col passato ancora visibili ai viaggiatori. Ma del Roy’s Cafè resta anche il suo irresistibile fascino, qualcosa che nessuno, neanche la modernità potrà mai usurpare. Le Alphabet Towns Lewis Kingman era un ingegnere civile che, verso la fine del 1800, aveva il compito di ispezionare diversi territori (dal New Mexico alla California attraverso il deserto del Mojave) sui quali sarebbe stata costruita una ferrovia. Tra l’altro l’attuale cittadina di Kingman in Arizona, lungo la Route 66, prende il nome proprio da questo ingegnere. Per una questione puramente pratica (semplificare il compito ai telegrafisti e per rendere facilmente memorizzabili quei posti), attribuì alle stazioni nel tratto adiacente al Mojave desert dei nomi in ordine alfabetico: Amboy, Bolo, Cadiz, Danby, Essex, Fenner, Goffs, Homer, Ibis, Java. Questi paesi sono noti con il nome di “Alphabet towns”. Molti di questi paesi conobbero momenti di discreta ricchezza ed espansione demografica, grazie alla ferrovia ma anche grazie a quella che per un lungo periodo fu l’unica autostrada che attraversava il deserto: la Route 66. Con l’apertura della I40, all’inizio degli anni 70, cominciò il loro rapido declino ed oggi questi piccoli paesi sono ridotti a ghost towns o poco più. La foto è stata fatta al Cadiz Summit, una vecchia stazione di servizio a Cadiz, lungo la attuale National Trails Highway, ovvero la vecchia Strada Madre, poche miglia ad est di Amboy. Questo è uno dei tratti più belli, selvaggi ed emozionanti della Route 66. End of the Trail Il punto di arrivo della US Highway 66 in California, ha subito negli anni diversi cambiamenti, per ragioni di opportunità ed a causa del progressivo smantellamento della Strada Madre. A cavallo tra gli anni 20 e 30, quando la US 66 fu realizzata come parte del US Highway System, il suo punto di arrivo era ubicato nel centro di Los Angeles tra la 7th Street e la Broadway. Dopo una decina d’anni, la fine della strada fu spostata a Santa Monica all’incrocio tra Lincoln ed Olympic Blvd. In conseguenza della congestione di auto causata da questa nuova collocazione, si pensò di considerare come “End of the trail” l’incrocio tra la Ocean Ave. ed il Santa Monica Blvd, direttamente di fronte all’oceano, dove peraltro è presente una targa commemorativa di Will Rogers, un famoso attore ed umorista americano a cui la Strada Madre è dedicata (La Route 66 è anche nota come “Will Rogers Highway”). Ma nella realtà la fine ufficiale della Mother Road, per anni, restò tra la Lincoln e la Olympic Blvds. A partire dagli anni 60, man mano che nuovi tratti di interstate venivano inaugurati in California e con la conseguente dismissione di pezzi di US 66, il punto finale veniva progressivamente arretrato fino addirittura ad essere collocato in Arizona (Kingman). Dopo la sua completa dismissione, nella metà degli anni 80, diverse associazioni sono sorte al fine di tutelare l’importanza storica della Strada Madre ed attraverso il loro lavoro alcuni stati hanno cominciato a riconoscere alla vecchia highway lo status di Scenic Byway o State Historic Route, strada di interesse storico; un nuovo crescente interesse era nato intorno alla Mother Road. Questo interesse fece riemergere la questione legata alla fine della Route 66, che, anche se si trattava di una strada ormai smantellata, richiamava viaggiatori da tutto il mondo. Per ragioni prevalentemente di opportunità economica, nel 2009 venne individuato il Santa Monica Pier come punto finale del percorso di quella che un tempo fu la US Highway 66 ed a sancire questa nuova collocazione fu inaugurato un cartello che ancora oggi è meta di non solo di coloro che intraprendono il viaggio lungo la Mother Road, ma anche dei turisti che visitano Santa Monica. Curiosità: Lungo il tratto desertico della Route 66, tra la Kelbaker Rd ed Amboy, dal 2013 circa fanno bella mostra di se due leoni che richiamano apparentemente la tradizione cinese. Nella cartina li ho indicati con buona approssimazione (non ho preso i riferimenti GPS ma ho fotografato la collina di fronte a loro e l’ho ritrovata con google map). Nessuno sa chi li abbia portati li e quale sia il senso della loro presenza in quel posto, in mezzo al nulla nel deserto del Mojave, ma ormai fanno parte del paesaggio e sono noti come the guardian lions of Route 66. Percorrendo la Strada Madre nella sua classica direzione westbound si trovano a sinistra ad un paio di centinaia di metri dalla strada ed a 400 metri circa l’uno dall’altro. La loro presenza concorre senza dubbio a rendere ancora più affascinante il viaggio attraverso il tratto desertico della US Highway 66.
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