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Veloma, Mada! 2019


mouette

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Intro

 

 

Arrivederci, Madagascar. Questo è il titolo scelto da Paolo per il nostro diario ... così potete smettere subito di chiedervi se gli sia piaciuto e quanto sia disposto a tradire ancora gli amati USA in futuro per i posti sporchi, brutti e cattivi che piacciono a me :Chessygrin:

 

Io sono stata in Uganda qualche anno fa,  è un viaggio per molti versi simile, ma da Paolo stavolta non sapevo bene cosa aspettarmi ... della Namibia ci siamo innamorati perdutamente, tanto da metterla al primo posto tra i viaggi del cuore. Il Marocco, così pieno di contrasti, ci è piaciuto un sacco. Il Madagascar è un'altra Africa, una realtà diversa, un modo di viaggiare diverso, un mondo alieno e imprevedibile che desideravamo da tanto conoscere ma non era mai entrato veramente in lista per il costo proibitivo dei voli, mai sotto i mille euro a testa. 

 

 

E allora che ci facciamo a Fiumicino con le solite SCEMAGLIETTE, stavolta a tema lemuri? :megalol:

 

 

 

 

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Il 17 gennaio 2019 siamo tornati dal Giappone formulando il fermissimo proposito di non comprare voli per un po' :Bash: ... naturalmente eravamo entrambi in preda al panico: neanche un volo prenotato, neanche un aereoplanino piccolissimo da prendere, un orizzonte vuoto e desolato davanti a noi, il viaggione annuale già dietro le spalle :cry:Sciagura, disperazione, tristezza :eek: ... fino al 30 gennaio, quando QUALCUNA giocando con skyscanner si trova, tra i voli per OVUNQUE, un FCO-TNR a 462 euro a testa, un solo scalo, bellissimi orari ... oddio, la Kenya Airwys, sarà uno scassone da paura, peccato però, guarda Pandino, sarebbe un ottimo prezzo ... ah, dici che i 787 sono per forza nuovi? Eh sì, peccato davvero che non possiamo prenotare ... poi chissà quando mi danno le ferie, ho già preso due settimane per il Giappone, che peccato, poi figurati, costerà un patrimonio il giro laggiù, pipipì e popopò :megalol:

 

Davvero devo raccontarvi come è andata a finire? :Chessygrin:

 

Con l'ultimo barlume di saggezza rimastoci, prima di strisciare l'Amex abbiamo chiesto qualche preventivo per il giro, illudendoci a vicenda sul fatto che sarebbe stato sicuramente fuori budget e avremmo potuto rinunciare con animo sereno. PURTROPPO non era fuori budget, ed eccoci felici proprietari di due biglietti Roma-Nairobi-Antananarivo il 5 febbraio.

 

[Intervallo il racconto con qualche foto da cellulare in ordine sparsissimo per non annoiarvi troppo, quelle vere arriveranno con le prossime puntate ;) ]

 

 

 

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Abbiamo deciso subito di rivolgerci a un'agenzia locale, perché penso che il turismo sia potenzialmente una grande opportunità per i Paesi in via di sviluppo se i soldi che il turista spende vanno realmente alla popolazione e non a qualche pur blasonato tour operator del primo mondo. A onor del vero, tanto per fare paragoni, abbiamo contattato anche una o due agenzie gestite da italiani, tra cui quella con cui è partito poco prima di noi il nostro amico Riccardo, ma trovandoli simpatici come la sabbia nelle mutande siamo infine serenamente approdati alla Madagascar Circuit Tours, la prima a risponderci, la meno insistente, la più pronta nell'adeguare il programma alle nostre esigenze e al dissuaderci dalle idee meno brillanti. 

 

Non è un viaggio semplice, non si può fare da soli (e questo era l'aspetto che più mi preoccupava per Paolo, che di certo non ama essere accompagnato), le strade sono terribili e comunque non è un Paese dove si possa girare senza conoscerlo e senza sapere come comportarsi, dove andare, come attraversare i fiumi e cosa assaggiare. E' un viaggio scomodo, sporco, polveroso, faticoso, pesante. E' un viaggio nel tempo, è un Paese che ci ha fatto il cuore a coriandoli e se li è tenuti laggiù. E' un viaggio che è volato tra una sterrata e un sorriso, tra un fossa e un baobab, tra un lemure e un pacco di biscotti regalato. E' un viaggio che chiede cuore e mente aperti, voglia di conoscere e di parlare, sensibilità e durezza insieme, perché il mondo non lo salvi da solo, ma quando sei là ... vorresti, e non puoi farti spezzare il cuore a ogni passo. 

 

 

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Parliamo entrambi francese, e Paolo lo capisce anche ^^ così scegliere una guida locale non è stato un problema. Il tour è stato benissimo organizzato da Nirina e ancor meglio gestito da Petit, il nostro fantastico autista dal nome impronunciabile e lunghissimo, che è stato il nostro angelo custode e il nostro amico per i sedici giorni di una convivenza che poteva rivelarsi difficile ed è stata invece leggerissima. Non sapevamo bene cosa inserire nel giro, le uniche certezze erano lemuri e baobab, abbiamo studiato un po' e alla fine abbiamo aggiustato il primo itinerario proposto tagliando e cucendo a nostra misura. 

 

 

 

 

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Ne è uscito un giro affrontabile, certo non leggero fisicamente, ma rifaremmo ogni singolo passo e ogni singolo giro di ruota. Abbiamo conosciuto persone bellissime, abbiamo chiacchierato con tutti, abbiamo giocato con i bambini e sorriso con gli adulti. Abbiamo ascoltato storie bellissime e strazianti, conosciuto la speranza e la rassegnazione, ci siamo innamorati di un popolo mite e sorridente che ai nostri occhi merita tutto il bene del mondo.

 

 

 

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Un po' di numeri

 

. 962 euro in due per il volo (abbiamo esitato e il prezzo è salito, ma poco) 

. 1365 euro a testa per 15 pernottamenti, quasi tutte le colazioni, l'autista/guida (con relativi vitto e alloggi), tutti gli ingressi e le guide

. 2,93 euro in tre compresa la mancia per il pasto meno costoso

. 34 euro in due per la cena più cara

. 2 passaggi dalle suorine di Betafo

. 1 valigia smarrita e poi felicemente ritrovata

. 3000 chilometri percorsi, a spanne

. 5 gli anni passati pucciosamente insieme

. svariate centinaia i sorrisi che ci portiamo nel cuore

. 4000 ariary circa il cambio con 1 euro

. 5 i pallocchi di fuagrà che si è pappato maritone sotto il mio sguardo inorridito

. non contati i pesci, le carni e i frutti assaggiati per la prima volta

 

 

 

Questo è l'itinerario finale, ora lascio la parola a Paolo che oltre a dare inizio al diario vero e proprio aggiungerà tutto quello che mi sono dimenticata tra una ciancia inutile e l'altra :)

 

17 agosto: FCO - Antananarivo

18 agosto: Antanananarivo

19 agosto: Antanananarivo - Ampefy

20 agosto: Ampefy - Antsirabe

21 agosto: Antsirabe - Morondava

22 agosto: Morondava - Kirindy Forest

23 agosto: Kirindy Forest - Bekopaka (e cinque anni insieme!)

24 agosto: Bekopaka

25 agosto: Bekopaka - Morondava

26 agosto: Morondava - Ambositra

27 agosto: Ambositra

28 agosto: Ambositra - Andasibe

29 agosto: Andasibe 

30 agosto: Andasibe - Palmarium Reserve Manambato

31 agosto: Palmarium Reserve

1 settembre: Palmarium Reserve Manambato - Antananarivo

2 settembre: Antananarivo - FCO

 

 

Non è un viaggio lineare a causa dello stato delle strade, o della mancanza di strade, spesso bisogna ritornare sui propri passi, non è possibile fare un giro ad anello. Qualcuno potrebbe trovarlo noioso, io invece ho amato tornare negli stessi posti con una luce diversa, ritrovare una costruzione familiare, rivedere al tramonto una strada percorsa al mattino. 

 

"Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l'ombra che non c'era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito."

 

Non saprei trovare parole migliori di quelle di Saramago per raccontarvi cosa mi ha lasciato questo Paese: una gran voglia di tornarci. Ciao Mada, a presto.

 

 

 

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17 agosto 2019 - Roma - Nairobi - Antananarivo


Dopo tanti mesi di attesa, passati a creare le patch scelte per le nostre magliette...

 

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(la prima attirerà grasse risate da parte delle persone che abbiamo incontrato, la seconda invece ha destato la curiosità di parecchia gente, che ci ha chiesto se facevamo parte di qualche associazione no profit), sistemare il travelbook, abbastanza scarno, ma con un sacco di pagine che serviranno a raccogliere le nostre impressioni giorno per giorno e con qualche disegno per rallegrare il tutto...

 

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Finalmente si parte!!! 


Le valigie sono chiuse da ieri sera, i gatti ci guardano con il solito odio previaggio e nemmeno ci salutano e alle 8 siamo pronti per partire, direzione Fiumicino.


Questa volta, vista la lunghezza del viaggio, il costo del parcheggio nel terminal è davvero proibitivo, con qualche ricerca sono riuscito a trovare con Looking for Parking il fantastico servizio valet di FCO Parking Travel a 73€, con consegna della vettura nel parcheggio sosta breve del Terminal 3, proprio di fronte a dove abbiamo i banchi del check in.

Comodissimo, le operazioni sono molto veloci e il personale è cortese, c'è anche la possibilità di pagare con la carta al ritorno.

 

Il servizio clienti di Kenya Airways già ci delizia della sua efficienza, visto che avevamo richiesto di aggiungere la dicitura "DEAF" sul biglietto di Barbara e naturalmente non c'è traccia di tutto ciò... cominciamo bene!

Comunque, con la mia innata faccia di culo mi fiondo sulla fila business, mi lamento del fatto che non è stato aggiunto niente sul mio biglietto e mi assicuro l'imbarco prioritario sul lungo volo per Nairobi.


Cappuccino e cornetto gusto segatura compattata e siamo pronti per l'imbarco.


Il 787 è davvero un bell'aereo, comodo, posti abbastanza larghi, finestrini enormi e con un sistema elettronico di oscuramento, intrattenimento personale e discreta scelta di film, tra classici e moderni. Anche il cibo non è male, molto superiore a KLM che quanto a cibo cattivo è davvero un'eccellenza.

 

Siamo proprio sopra l'ala, quindi panorama abbastanza noioso, ma siamo pronti...

 

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Via!!!

 

 

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Tra una cosa e l'altra, partiamo con un'oretta di ritardo, scelgo subito di iniziare il viaggio con un grande classico... 2001, Odissea nello spazio.


Oddio, direte voi... perchè questa scelta?


Beh, semplice, il "capolavoro" di Kubrik ha su di me un effetto soporifero meglio di qualsiasi sonnifero chimico... di solito riesco ad arrivare almeno alla stazione spaziale, questa volta mi sono addormentato prima che la scimmia nera scopra l'uso della mandibola.

 

Nel frattempo Barbara legge, dormicchia, legge, chiacchieriamo un po' dopo la fine di 2001, il viaggio procede senza intoppi, anche se per me è bellissimo vedere come l'ala in carbonio del 787 si fletta verso l'alto per effetto della portanza...

 

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Il tramonto ci coglie mentre iniziamo il nostro avvicinamento a Nairobi, essendo in transito non dobbiamo nemmeno cambiare terminal, mangiamo un toast pomodoro e formaggio con l'aggiunta di un po' di salsina piccante alla food court dell'aeroporto e via, verso la destinazione finale, un puffoplano in discrete condizioni che fa il suo dovere, decolla e soprattutto atterra a notte fonda ad Antananarivo!

 

Siamo abbastanza avanti, scendiamo tra i primi, l'aeroporto è piccolo e si va a piedi verso il terminal. Abbiamo deciso di fare la preregistrazione elettronica e le pratiche sono rapidissime, arriviamo al ritiro bagagli e inizia la nostra attesa...

 

Dopo poco, vediamo passare la valigia blu di Barbara e mi metto in trepidante attesa della mia, di un bel colore rosso bordeax...

 

Vabbè, sarà col prossimo carico...

 

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Vabbè, lo stanno facendo a mano, ci sarà da aspettare...

 

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Vabbè, aspettiamo...

 

Ehm, fuori non c'è più nessuno e le valigie sono finite...

😡😡 

Mi fiondo al Litige Baggage, mi si accolla una vecchia russa nella mia stessa situazione, faccio la denuncia, stendo la russa che praticamente era quasi entrata nel nostro stato di famiglia e ci avviamo verso l'uscita.

 

Appena fuori, troviamo un cartello con i nostri nomi e il nostro autista!

 

- Bonsoir, je suis Petit!

 

- E ce credo che sei Petit, sei alto 2 mele o poco più, ma qual è il tuo vero nome?

 

- Lofonandrianina!


- Alors, Petit ça va!

 

😂😂😂😂😂

 

Ci dirigiamo subito verso l'hotel, attraversando l'immensa periferia di Tana, dove, nonostante l'ora, c'è ancora un sacco di gente a piedi.

Arriviamo finalmente verso le 3 in hotel, rapidissimo check in, ci diamo appuntamento domani mattina verso le 11 in hotel con Petit, ci buttiamo sul letto e 

 

Buonan... ronf!

 

 

 

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Domenica 18 agosto 2019

 

Dopo che la valigia non è arrivata, dopo che la russona ha cercato di rubarmi maritone e di uccidere una malgascina piccola piccola in coda al Litige baggage, dopo che i fari della nostra jeep non volevano saperne di accendersi in aeroporto, dopo che gli omini che ci hanno aiutato a caricare l'unica (sigh) valigia hanno estorto a Paolo una mancia scandalosa ... sono in Africa, e va tutto bene!

 

Il viaggio notturno per le vie di Tana mi riporta indietro di cinque anni, quando sono arrivata a Entebbe nel cuore della notte ed ho avuto un primo buissimo impatto con le strade ugandesi ... anche qui poche luci fioche, tante baracche in stridente contrasto con qualche costruzione moderna, rari fuochi accesi all'angolo delle strade, tanta gente in giro anche se sono quasi le tre, tutti a piedi o in bici. 

 

Una mezz'oretta e arriviamo al Sakamanga Hotel: Petit ci spiega che significa Gatto blu, mi basta quello per essere felice, e poi sono troppo cotta per preoccuparmi davvero della valigia, crollo subito abbracciata al mio amato bene nel comodissimo lettone. 

 

Al risveglio, verso le otto (orrore, non dormiamo MAI così tanto!) inizia il mesto inventario: beauty c'è - e meno male, è la prima e ultima volta che assecondo Paolo e non lo metto nel bagaglio a mano, promesso - ciabatte non ci sono (ciavate immediatamente quelle di stoffa a disposizione degli ospiti, sia lodato il Sakamanga sempre sia lodato), mutande poche, reggiseni uno, calzini insomma, pantaloni di ricambio un paio a testa, magliette tre ciascuno. Guanciale, pecorino e spaghetti dispersi, caxxo caxxo caxxo. No, non sto scherzando e non siamo impazziti ... uno dei gestori degli hotel dove alloggeremo, interpellato circa la presenza di servizio lavanderia e per consigli sull'antimalarica, ci ha risposto chiedendo se fossimo disposti a portagli a pagamento le materie prime per la carbonara. E vabbè, Paolo è abbastanza sereno sul fatto che la valigia arriverà entro oggi, io che sono al primo smarrimento ma alla quinta Africa sono meno ottimista.

 

Dopo una sontuosa colazione, e quando dico sontuosa intendo proprio sontuosa (viennoiserie, pane e marmellata, frutta assortita, due fette di torta, un po' di formaggio, un po' di pomodori, e che non le assaggi le patate? e i succhi di frutta non li vuoi provare TUTTI?) ci spostiamo nella corte interna accanto alla piscina a godere del clima meraviglioso che ci ha accolti, per cercare di fare il punto sulla valigia e sull'eventuale mancato recupero, per tentare invano di contattare in qualche modo Kenya Airways: chat niente, mail ignorate, telefono misteriosamente in continua caduta di linea. 

 

 

 

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Facciamo amicizia con due strani personaggi: il socievolissimo e spelato pappagallo dell'hotel si chiama Cocò, il fagiano scontroso è prontamente ribattezzato Mimì. 

 

 

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Puntualissimo, prima di mezzogiorno Petit ci raggiunge e ci carica immediatamente in auto in direzione Palazzo del Re, che si trova poco fuori Tana ed è Patrimonio Unesco. Lo raggiungiamo in circa un'oretta e se Paolo inizia ad assaporare la sua prima vera Africa, io assaporo la sua faccia ... siamo ben lontanti dalla Svizzera Namibiana, questo è tutto un altro mondo, e oggi ne abbiamo un primo assaggio ... strade spesso sterrate, gente accalcata ovunque, galline, pulcini, caprette che tagliano allegramente la strada ai motorini che tagliano allegramente la strada alle auto che non si preoccupano troppo di tagliare allegramente la strada ai carretti tirati a mano o dagli zebù.

 

Dimenticata la valigia, sono nel mio elemento, e anche Paolo se la gode, non sappiamo più dove guardare, negozi pittoreschi con quarti di bue appesi all'ammirazione del mondo, negozi improvvisati con un lenzuolo steso a terra coperto dalle merci più improbabili, dai ferodi incollati ai freni delle bici a mouse senza filo insieme a pomodori e zucchine, montagne di scarpe usate, batterie esauste ...

 

Il Palazzo del Re è in alto su una collina - Tana molto più di Roma è tutta un saliscendi - e domina la capitale. E' ben diverso dai Palazzi reali cui siamo abituati in Europa, naturalmente, ma non meno affascinante.

 

 

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Lo visitiamo accompagnati da una guida locale, una signora piccolissima che parla un ottimo francese, è gentile e sorridente e rende tutto molto più interessante di quanto non lo sarebbe ai nostri occhi girando da soli.

 

Scopriamo con un pizzico di sconcerto che la pietra dei sacrifici nella spianata davanti al castello è ancora in uso, e che proprio pochi giorni fa ne è stato celebrato uno. Parte dei malgasci pratica l'animismo, e i riti per la fertilità sono ancora molto diffusi, benché costosissimi per un popolo la cui paga base mensile in euro non supera i 50.

 

 

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Le corna degli zebù sacrificati sono ancora qui, in bella vista. Spero abbiano propiziato il buon fine di tutti i desideri che sono stati espressi quel giorno, da atea nutro un profondo rispetto per tutto quello in cui crede chi ateo non è, e sono sicura che la forza della fede possa smuovere le energie dell'Universo.

 

 

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La guida ci introduce brevemente alle vite complicate e agli intrighi di corte dei re e delle regine del Madagascar, ci accompagna in un giro di ricognizione sulle mura e poi dentro la semplicissima stanza che costituiva l'alloggio del re, con il focolare, lo spazio per gli ospiti, poche suppellettili e il letto, posto a diversi metri di altezza attaccato alla parete dal sospettosissimo sovrano, che soleva salirvi per sentirsi al sicuro, arrampicandosi su un palo con le tacche scolpite a fare da gradini. Qui si entra rigorosamente con il piede destro, e si esce all'indietro, in segno di rispetto.

 

 

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Ci spostiamo poi nella parte moderna del palazzo, arredata in stile vagamente europeo, con tapezzerie provenienti dall'Italia e mobilio francese e spagnolo. 

 

 

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Sul retro degli edifici riposano le tombe regali, sulle quali nessuna delle porte del Palazzo si apre, perché porterebbe male mancare di rispetto ai defunti. 

 

 

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Dall'alto si vede bene l'ampiezza della pietra dei sacrifici: 

 

 

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Facciamo anche un breve giro nel parco, e dei simpatici incontri.

 

 

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E' la nostra prima visita guidata, e ci siamo dimenticati di chiedere a Petit qualche indicazione sulle mance, non abbiamo la minima idea di quanto dare per non essere offensivi in un senso o nell'altro ... la guida, gentilissima, ci dice che la mancia è rapportata alla nostra soddisfazione e non obbligatoria, ma questo non ci aiuta. Ci buttiamo con 6000 ariary, a me sembra un po' poco ma la signora non fa una piega, forse ha ragione Paolo ... comunque meglio essere preparati per il futuro!

 

Petit ci aspetta all'uscita, si informa sulla nostra soddisfazione e propone di avviarci all'aeroporto, tra un paio d'ore dovrebbe arrivare un volo da Nairobi e con lui, si spera, la nostra valigia. 

 

Sono circa le due, e la sontuosa colazione è ormai un vago ricordo ... un collaudato scambio di sguardi, di quelli con cui abbiamo iniziato a comunicare dal primo istante come una coppia prossima alle nozze d'oro, persuade maritone a dedicarsi per prima cosa al nutrimento dell'amata (ma più ancora, affamata) consorte. 

 

Petit è preso alla sprovvista, pensava fossimo "già mangiati" e non ha indirizzi sottomano, per cui ci dirigiamo tutti e tre - ma lui ci farà solo compagnia - a un ristorantino in posizione strategica lungo la scalinata che porta a Palazzo. 

 

Per la principesca somma di 52.000 ariary compresa la mancia (poco più di dodici euro in due, sarà uno dei pranzi più cari del viaggio) gustiamo una coscia di pollo ai ferri, un piatto di ravitoto, un chilo di riso di accompagnamento, carote julienne, ananas e banane. Il ravitoto, una delle specialità della cucina malgascia, è un buonissimo stufato di maiale con germogli di manioca, lo prenderemo ancora più volte. 

 

Approfittiamo dell'attesa per chiedere a Petit qualche indicazione sul discorso mance, e quando ci dice che se si è contenti di una guida in genere si parte dai 10.000 ariary (2.40 euro) ci vergogniamo come ladri ... ma per fortuna siamo ancora qui, e di tornare indietro per arrotondare no, non ci vergogniamo neanche un po'. Anche solo perché ho capito quasi tutto, in francese, e per la prima volta in vita mia

 

Ci godiamo anche un breve spettacolo, turisticissimo ma va bene così, di canti e danze tradizionali durante il pranzo. 

 

 

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Un'oretta ancora di viaggio tra le risaie e le capanne della periferia ed eccoci di nuovo in aeroporto, dove il serafico addetto alla sorveglianza ci fa, semplicemente, passare agli arrivi e direttamente all'unico nastro consegna bagagli, dove stanno girando proprio in questo momento le valigie arrivate con il volo da Nairobi.

 

Ci mettiamo in prima fila a sperare, ma ... come ieri sera, siamo rapidamente delusi. Il gentilissimo addetto del Litige baggage ci consiglia di salire al primo piano e chiedere agli uffici della compagnia, dovrebbero almeno saperci dire dove si trovi la fuggitiva. Non c'è nessuno, all'ufficio accanto ci dicono di aspettare il responsabile, tra un rimpallo, un'attesa e una pipì (indovinate di chi) perdiamo un'ora inutilmente. Il buio si avvicina rapidamente, Petit decide di riportarci in albergo, vedremo domattina il da farsi. 

 

Ceniamo al ristorante dell'hotel, che troviamo al primo piano dopo averlo cercato invano nella sala colazioni ... non una cena indimenticabile, ma nonostante il drammatico dramma del bagaglio ce la godiamo: petto d'anatra per me e spiedini misti con zebù per Paolo, e due birre piccole minuscole: 25 cl!

 

La storia della valigia comincia a rodere un pochino, soprattutto il fatto di non avere idea di dove sia mentre la compagnia continua ostinatamente e allegramente a ignorarci ... avevamo qualcosina nel bagaglio a mano, ma nella valigia che è arrivata ci sono solo un quarto di cose mie, un quarto di Paolo e l'altra metà è piena di vestiti per i bimbi di Suor Eni, esattamente come la valigia dispersa ... ed è quello che mi fa più rabbia e più dispiacere, sia per lei che per le persone che generosamente ce li hanno regalati. 

 

Cerchiamo però di non farci innervosire troppo, e decidiamo che se domani mattina ancora non si saprà nulla chiederemo a Petit di portarci in un posto dove sia possibile trovare qualche maglietta anche per Paolo ... sì, perché i malgasci "grossi" sono più o meno la metà di me, figuriamoci quanto sarà facile trovare una taglia Pandone!

 

Ma fa niente ... siamo in Africa! Buona notte, Tana.

 

 

 

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19 Agosto 2019 Tana - Lemurs Park - Ampefy

 

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Sveglia presto per cercare di risolvere con la valigia, ma le prime notizie non sono il massimo... Infatti, ci telefona Petit in stanza per dirci che non solo la valigia non è arrivata, ma che in effetti... beh, non è proprio partita da Roma!

 

😡😡😡😡😡 

 

Però, dice Petit, in città c'è un ufficio della KA, andiamo a vedere, magari, senza andare in aeroporto, ci dicono qualcosa.

Per tirarci su di morale, ci spariamo un'altra colazione epocale al Sakamanga... davvero strepitosa!

 

Usciamo in direzione ufficio, aspettiamo l'apertura (mora mora, piano piano, siamo in Africa!), contratto alla morte con un ragazzo del luogo per comprare delle calamite, riuscendo a ridurre di un terzo il prezzo, scopro con Petit di aver pagato comunque troppo e che nonostante delle ottime doti da negoziatore, devo partire da molto più in basso per ottenere il prezzo giusto.

Incrociamo anche la moglie di Petit, che lavora in una banca non lontano... Se Petit è piccolo, ecco, lei è proprio mignon, ma molto carina e col bellissimo sorriso aperto dei malgasci!

 

Una volta entrati nell'ufficio, scopriamo che purtroppo anche loro non possono fare nulla e ci dicono di ricontattare l'aeroporto, che però non risponde al momento... pazienza, arriverà!

 

Partiamo per il nostro On The Road! 

Però dobbiamo uscire da Tana... 

 

Beh, Roma, Marrakech, Ankara, Napoli... ho guidato ovunque, ma qui, davvero, sarei in difficoltà! Le strade sono piene di veicoli di ogni genere, vecchissime 2CV e Renault4, ancora più vecchi pickup Peugeot e dei camion, che probabilmente risalgono alla colonizzazione francese... Ma non solo, biciclette, carretti, animali, motorini familiari, pousse pousse (i risciò), qualsiasi cosa su rotelle improvvisate...

 

Ah, le 2CV e le R4 sono i taxi più diffusi! 

 

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Un traffico incredibile, tantissime persone e tantissimi bambini, sulla strada naturalmente vige la legge del più grosso e del più forte e Petit se la cava agevolmente per farci uscire da un ingorgo da girone dantesco.

 

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La scena si ripete in quasi tutti i piccoli villaggi che attraversiamo, soprattutto se è giorno di mercato... quello davanti a noi in questa foto è un famoso taxi brousse, il metodo di spostamento preferito in Madagascar... sono dei furgoni che portano un numero incredibile di passeggeri, ne abbiamo contati almeno una ventina, con il bigliettaio che quando è fortunato viaggia in piedi, dietro l'ultima fila, quando non lo è, tiene un piede sul predellino e si aggrappa a qualcosa...

 

Nel frattempo, ci chiamano dall'aeroporto e pare che la valigia parta oggi da Roma per arrivare in nottata a Tana e poi rispedita all'aeroporto più vicino al nostro itinerario, Morondava... se tutto va bene, la rivedremo dopodomani (poveri illusi!)

 

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Prima destinazione della giornata, il Lemurs Park, a circa un'ora da Tana, è un parco privato, in un ansa del fiume, dove i lemuri, provenienti da varie zone del Madagascar, vivono all'aperto in libertà.

 

Gli animali però hanno un habitat abbastanza ristretto, per cui vengono nutriti dagli addetti del parco con frutta e verdura, visto che non avrebbero abbastanza spazio per procacciarsi il cibo; è comunque ben fatto, visto che gli animali scorrazzano a destra e a manca e si riproducono.

 

Da lontanissimo... eccoli, i nostri primi lemuri!

 

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La guida del parco (si va solo scortati, non è possibile muoversi da soli, siamo un piccolo gruppo di 4 persone, con noi un tedesco e un sudafricano), ci dice di avere pazienza e li vedremo da molto vicino, ma sono irresistibili!

 

Il Lemurs Park non è solo una riserva, ma anche un orto botanico:

 

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Ma l'attrazione principale sono loro, i lemuri... Si riescono a vedere anche da molto vicino, grandi e piccoli, i primi sono gli indri, che si divertono a saltare da un ramo all'altro.

 

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Il più bello è questo... una mamma lemure col piccolo attaccato sul ventre! Ha meno di 3 mesi, perchè oltre questa età, viaggia sulla schiena.

 

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Incontriamo anche i propitechi, con il loro strano incedere, saltellando di lato si muovono velocemente anche a terra.

 

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C'è da dire che, nonostante abbiano un'espressione buffa e divertente, non è che abbiano proprio la faccia sveglia!!!

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I varecia se la godono al sole...

 

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E i propitechi mangiano tranquilli...

 

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Almeno fino a quando non arrivano un paio di lemuri del bambù che li scacciano, nonostante le dimensioni ridotte!

La guida ci dice che siamo stati fortunati, perchè questa specie di lemure normalmente non si avvicina a terra, ma si vede che la golosità ha fatto il miracolo!

 

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Qui si consuma un piccolo dramma... il tedesco con noi sta cancellando foto a rotta di collo, ha finito le carte di memoria, è al suo ultimo giorno di viaggio e forse ha qualcosa in auto, ma non è sicuro... La solidarietà tra fotografi è un dato di fatto e mosso a pietà, tiro fuori una scheda da 32GB e gli chiedo se gli può servire. Lui è quasi commosso, mi chiede quanto voglio per la scheda, gli lasciamo un bigliettino, dicendo che la prossima volta che verrà a Roma ci offrirà una birra!

 

Nel frattempo, il sudafricano con lui guarda gli impianti di Barbara e curioso, ci chiede cosa siano... in effetti non sono così diffusi nel mondo e un po' di sana curiosità ci sta tutta!

 

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Separati dalla nascita!

 

Nel parco ci sono anche alcune tartarughe, ma niente da fare, un lemure è sempre un lemure!

 

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Se poi questo lemure è King Julien, niente da fare, Lui batte tutti!!!

😂 

 

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Non è il lemure più grande, anzi, è poco più di un gatto, ma con la sua coda ad anelli, il Catta è sicuramente il più iconico!

 

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E poi mi stanno simpatici, con quegli occhietti neri, sembrano quasi dei panda!

Un rapido passaggio allo shop, dove prendiamo 2 carissime magliette Maki, uno dei marchi locali più diffusi! Costano la bellezza di 45000 Ariaryariho ciascuna, ma visto che in valigia c'è metà della scorta, ci servono proprio!

 

Quanti sono 45000 Ariaryariho? beh, lo scoprirete tra un po'!

 

Riprendiamo il nostro viaggio, un po' stupiti di come cambi in fretta il paesaggio, i colori, questo cielo color fastidio dove ogni tanto si vedono salire delle colonne di fumo e non è mai limpido come in Namibia... sono i fabbricanti di carbone, a volte sono i contadini che bruciano le stoppie, altre volte, purtroppo, si abbatte la foresta e si brucia, per poi coltivare.

 

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Ma ormai è ora di pranzo e per colpa del giro alla KA siamo un po' in ritardo... Petit ci fa provare un hotely, un piccolo ristorante sulla strada, dove si fermano i locali per un pasto veloce. 

Il pranzo malgascio è molto semplice... Riso, una montagna, un brodino per bagnare il riso, questo è con del crescione e un po' di carne...

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Come ci spiega Petit, la cottura della carne è lunghissima, la lasciano cuocere per ore in modo di avere tanto sugo per insaporire il riso... Noi abbiamo preso pollo e maiale... il maiale è ottimo e ha un buon sapore, il pollo... beh, è morto di vecchiaia dopo aver fatto il culturista! Se si riuscisse a mangiare, sarebbe anche buono, ma è davvero durissimo!

 

Ci portano anche la bevanda nazionale Malgascia... Il ranonapango!

Cos'è?

 

Ma semplice... Cuoci il riso nel pentolone, aggiungi acqua a quello un po' bruciaticcio attaccato sul fondo del pentolone, fai bollire e hai il ranonapango!

Hai 2 fattori positivi insieme... pulisci il pentolone e soprattutto, hai acqua bollita e non corri rischi di cagotti sprint!

 

E non è nemmeno cattivo! Ce lo servono nelle tazze di IHOP, che troveremo anche da altre parti e che ancora ci chiediamo come siano arrivate laggiù! 

 

Il tutto per la strabiliante cifra di 18000 Ariaryariho per tutti e 3... capito perchè le magliette sono carissime? 

 

Ah, per dirla tutta, 18000 Ariary (è il nome vero della valuta, ma io sono un giocherellone!) sono circa 4 euro e mezzo...

 

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Sazi e soddisfatti, ripartiamo in direzione Ampefy, ma prima di arrivare, ci fermiamo al Geyser!

Si, perchè questa è una zona vulcanica e ancora ci sono alcune manifestazioni.

Abbiamo la nostra guida che ci porta in giro e che si impossessa del mio cellulare, riempiendoci di foto!

 

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Il geyser è davvero incredibile, l'acqua non è calda, ma la temperatura è fantastica, ottima per rinfrescarsi... naturalmente noi abbiamo un solo pantalone di riserva, ma decidiamo che un po' di sporco non ha mai ucciso nessuno e ce ne sbattiamo, infilandoci in ogni pozzanghera!

 

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Mentre la signora col mio cellulare mi porta in giro, Barbara viene rapita da una coppia di ragazzine che le decorano la mano...

 

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Noi siamo dei cuori di burro e oltre al tatuaggio, torniamo a casa con una busta di argilla per fare la maschera di bellezza e una bellissima tartaruga di pietra pomice!

Ma i bimbi sono tantissimi, ci piacerebbe fare qualcosa per tutti, non possiamo, ma almeno proviamo a regalare qualche sorriso in giro e qualche saponetta, che portiamo con noi per tutto il viaggio.

 

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Nei dintorni del Geyser, c'è una zona enorme coltivata a papaya... finito il nostro giro, Petit è lì che ci aspetta con una papaya enorme per merenda!

 

Ci dirigiamo verso l'albergo, sempre attraversando dei villaggi di capanne di fango e paglia o di mattoni, tanti bambini e solo una volta tornato a casa, mi sono accorto che questo bimbo ha con se il suo giocattolo.

 

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L'albergo di stasera, il Farihy Lodge, è proprio sul lago di Ivalo... la camera è molto bella, la temperatura fantastica, tanto da doverci mettere una felpa.

 

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Ci gustiamo il tramonto sul lago dalla terrazza dell'hotel, poi, cena, una vera sorpresa!

Insalata di avocado e chevre chaude (formaggio di capra fuso), gamberetti in salsa e l'ottima Three Horses Beer, meglio conosciuta come THB, la birra che ci ha accompagnato per tutto il viaggio!

 

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  Martedì 20 agosto 2019

 

 

Petit vorrebbe partire alle 7, ma quando chiediamo se è possibile anticipare la colazione alle 6.30 veniamo rimbalzati con estrema gentilezza, e quindi ... Petit si adatta e si parte per le 7.30 :D

 

 

 

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La prima tappa di oggi avrebbe dovuto essere l'ultima di ieri, ma avendo perso tempo all'inseguimento della valigia rossa abbiamo posticipato. La Chute de la Lili si trova vicino ad Ampefy e al nostro hotel, ma è un "vicino" molto relativo: dopo un breve tratto di asfalto ci aspettano cinque chilometri di sterrata tenuta malissimo, e tra una cosa e l'altra ci mettiamo quasi un'ora a raggiungere la cascata.

 

Petit ci dice che la guida non sarebbe necessaria, ma siccome teme dispetti contro l'auto se non la prendiamo, la pagherà lui. E ci avverte che le donne e le ragazzine della cascata sono venditrici più insistenti di quelle di ieri: non posso che confermare ;)

 

Ci avviamo, bellicosi e cattivi, insieme a due ragazzi del posto che alla fine siamo stati felici di avere come guide, sono simpatici, ci fanno strada, ci raccontano un po' di cose e non abbiamo niente in contrario ad aiutare l'economia: qui come per tutto il resto del viaggio nessuno mai ci ha chiesto la carità, hanno cercato sempre di venderci i più svariati beni e servizi, e i bimbi domandano bonbon (che non abbiamo mai offerto a nessuno causa mancanza assoluta di cure dentistiche, nessuno si troverà con i denti cariati a causa mia :p)

 

Si racconta che in epoca coloniale vivesse nel vicino villaggio di Antafofo un vazaha, uno straniero, e che avesse una bimba chiamata Lili. Un brutto giorno la piccola scomparve, fu cercata ovunque con l'aiuto di tutti gli abitanti del villaggio, ma si dovette rassegnarsi all'idea che fosse caduta nella cascata e poi trascinata via dalle acque impetuose. Il corpicino non fu mai più ritrovato, e da allora la cascata ha preso il suo nome.

 

Certo avremmo potuto leggercelo su qualche guida, ma ci è piaciuto di più sentircelo raccontare da un discendente di coloro che aiutarono nelle ricerche.

 

 

 

 

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Siamo nella stagione secca e la cascata è al minimo dell'imponenza, ma è bella, la passeggiata piacevole, il piccolo paese molto pittoresco. C'è la possibilità di scendere fino al livello del fiume per fare foto migliori, ma il sentiero è ripido ed esposto. Io e Paolo abbiamo finalmente raggiunto un accordo: in questi casi lui va, io resto, lui non mi mette il muso e io non faccio storie per l'attesa (in realtà non le avrei fatte comunque, è una concessione che mi costa proprio poco :D)

 

 

 

 

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Trovare la vazaha da cuore di burro tutta sola, alle bimbette e alle signore del villaggio non par vero, e la circondano come un nugolo di api con il senso degli affari. La vazaha dal cuore di burro ha promesso però al marito di non comprare niente prima che lui abbia contrattato all'ultimo sangue, quindi per il momento si fa soltanto ridecorare le mani come ieri da una bimbetta molto propositiva.

 

Quando torna il marito della vazaha, viene a sua volta assalito dalle donne che vogliono convincerlo a convincere la moglie dal cuore di burro a far girare l'economia. Il marito della vazaha, crudelissimo, contratta con tutte, dice un sacco di no, compra un paio di tartarughe e un camaleonte di pietra pomice coloratissimo e bellissimo che ora fa bella mostra su una mensola in casa vazaha, e sta per cedere alla piccola propositiva che gli offre anche un lemuretto quando interviene la vazaha dal cuore di burro che dice eh no, tu hai già avuto i tuoi soldini per decorarmi le mani.

 

Segue un boato di approvazione e una nuova contrattazione all'ultimo sangue, nel corso della quale la vazaha dal cuore di burro si distrae, lascia solo il marito e va a regalare una saponetta profumata all'unica bimba che non ha chiesto nè offerto nulla e la guarda con gli occhi sgranati, guadagnandosi un sorrisone felice.

 

Torniamo finalmente verso l'auto seguiti da un codazzo di fanciulle e meno fanciulle ridacchianti e sempre molto propositive, a un certo punto una ragazzina dice a maritone, che sta declinando tutte le offerte perchè abbiamo pomicetti ormai per un esercito, che non è molto gentile con loro. A questo punto maritone estrae la faccia da Pand Eastwood

 

 

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e risponde, soavemente gelido e in perfetto francese: NON SONO MAI GENTILE CON NESSUNO. IO SONO MALVAGIO. Inspiegabilmente, tanta crudeltà sortisce l'effetto di scatenare fragorose le risate di mezzo villaggio ... a quel punto la vazaha dal cuore di burro comprerebbe altre ventordici dozzine di pomicetti, ma riesce a trattenersi, miracolosamente.

 

 

 

 

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Il villaggio è poverissimo, e anche qui assistiamo a scene di vita che poi mia suocera si farà raccontare con gli occhi lucidi, perché le ricordano tanto la sua infanzia. Io risento la voce del nonno che mi racconta di quand'era bambino, vedendo le donne che lavano i panni nel fiume, che separano la pula a mano, che portano a casa l'acqua in grandi taniche pesanti. 

 

 

 

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Lasciamo Antafofo e torniamo sulla strada asfaltata, in direzione di Antsirabe. Cominciamo a prenderci gusto nel racambiare i saluti di grandi e piccoli lungo la strada, lo faremo per tutto il viaggio e oltre: io ho sviluppato la sindrome della Regina Elisabetta e ogni mattina andando al lavoro saluto graziosamente il popolo dalla Panda :D

 

 

 

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Dopo 50 km di asfalto tenuto malissimo, ce ne toccano 50 di sterrata, che ovviamente ci rallentano parecchio, ma i paesaggi sono talmente belli e vari, e la vita che vediamo dal finestrino talmente lontana da noi che il tempo vola ugualmente.

 

 

 

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Alla fine della sterrata, alla giunzione con un nuovo tratto di asfalto, ci fermiamo a pranzare in un hotely dove mangio anche meglio di ieri: costine di maiale, crescione spadellato, il solito cupolone di riso che io e Paolo chiediamo di dividerci perché detestiamo sprecare cibo, orecchie di maiale e ranon'ampango. Conto finale 11.000 ariary, ci hanno fatto lo sconto perché abbiamo preso un solo riso in due. Lasciamo 1000 di mancia e ... con 2.93 euro ci abbiamo pranzato abbondantemente in tre, abbiamo deciso di offrire il pranzo a Petit anche oggi. 


Mentre mangiamo si chiacchiera, siamo curiosi. Chiediamo se si ferma sempre in posti così con i clienti, e lui ci dice che quasi nessuno lo fa, preferiscono i posti da turisti dove fanno cucina sì tipica malgascia, ma più curata e ricercata. Io e Paolo ci troviamo d'accordo nel continuare con le tappe in hotely, a noi piace e una volta di più è un modo per far girare l'economia locale. 



 

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Raggiunta finalmente Antsirabe nel pomeriggio, facciamo tappa prima di tutto da un artigiano che lavora le corna di zebù, e ci mostra tutto il procedimento, creando sotto i nostri occhi un cucchiaio bellissimo che infine ci regala.

 

 

 

 

 

 

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Poi ci fermiamo in un altro laboratorio, dove da materiali di recupero come lattine, vecchie cannule da flebo ormai scadute, freni di biciclette a avanzi di ogni tipo nascono bellissimi giocattoli. Anche qui vediamo costruire una biciclettina, creata con incredibile maestria.

 

 

 

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Anzhiché prendere un regalo per i nostri nipotini, però, ci riportiamo a casa una vespa e una bici che troneggiano ora insieme al camaleontino nella vetrina dei reperti a Villa Panda. Troppo belle per regalarle in giro :D

 

Passiamo anche rapidamente al laboratorio di ricamo, questo piccolo consorzio artigianale dove nascono oggetti bellissimi dà lavoro a parecchia gente.

 

 

 

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Dopo una rapida tappa al nostro bellissimo albergo, Petit ci accompagna a piedi a fare un giro per Antsirabe. E' una città grande, un centro termale e un polo indistriale, il che non impedisce a polli e galline di aggirarsi impettiti e indisturbati per le strade cittadine :)

 

 

 

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Il cielo è bigio e le foto non sono interessanti come vorremmo, in compenso lo è la passeggiata, è davvero piacevole immergersi nella realtà di un mondo a noi tanto alieno.

 

 

 

 

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Petit ne approfitta per raccontarci un po' di storia del Madagascar e del suo lungo e spesso sanginoso cammino verso l'indipendenza.

 

 

 

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Dopo esserci fatti ammaliare dal fascino decadente del Grand Hotel delle Terme, ci facciamo accompagnare al supermercato da Petit.

 

 

 

 

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Domani passeremo a Betafo da Suor Eni, e quindi vogliamo comprare un po' di materiale scolastico. Abbiamo scelto di non portarlo dall'Italia sia perché le valigie già scoppiavano sia per - di nuovo - far girare un po' di soldi qui. Il supermercato ci sorprende, è molto occidentale - ne vedremo rarissimi, in corso di viaggio, naturalmente - e ne approfittiamo anche per far provviste di roba sana: patatine, banane fritte, noccioline e via così. Facciamo scegliere un po' di snack anche a Petit in modo da assaggiare, insieme alle porcherie come le Pringles, anche vere porcherie malgasce.

 

 

 

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Visto che purtroppo nessuna buona nuova ci è giunta circa la valigia, di fronte alla cattedrale cattolica più grande del Madagascar entriamo in un negozietto che vende abiti di buona qualità e prendiamo altre magliette piene di lemuri, sia per noi che per i nani.

 

 

 

 

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Tornati in hotel telefoniamo a suor Eni che ci dice di essere in visita dal papà a Ambositra, ma di andare pure al convento chiedendo di Suor Nunziatina. Ci riempie di benedizioni e non la finisce più di ringraziarci, tanto che Paolo alla fine riattacca con gli occhi lucidi ... ho sposato un uomo meraviglioso, e lascio a lui l'onore di raccontarvi come e perché domani passeremo dalle salesiane di Betafo, noi due ateacci malvagi e comunisti :D

 

 

Ci facciamo accendere il fuoco in camera anche se non fa freddissimo, impossibile resistere, e poi ce ne andiamo a cena nel ristorante dell'hotel, dove investiamo quasi 34 euro nella cena più costosa dell'intero viaggio, assolutamente deliziosa: crema di pomodoro al cumino, stufato di zebù con purè, patate, carote e rape, un crumble di frutta che ancora me lo sogno e un ottimo rosso sudafricano.

 

 

 

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