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mouette

Guide USA
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  1. Io arrivo il 7 pomeriggio e riparto il 16 sera Niente comics per me, è la mia prima volta ... ma scommetto che da qualche parte ci si incrocia! Parto da MXP, voi?
  2. In realtà si era pensato, alla disperazione, di lasciargli Ale come lavapiatti. O soprammobile esotico ... certo poi la nostra femminile autostima non so come se la sarebbe cavata
  3. Namibia! è uno dei miei prossimi obiettivi insieme al Botswana. Insieme ad altri due o tremila, naturalmente
  4. Io ti posso rispondere per la Columbus, ho l'annuale con annullamento. La garanzia copre l'annullamento per motivi di salute sia per chi viaggia con l'assicurato, sia ovviamente per l'assicurato stesso, sia anche per purché non si tratti di problemi preesistenti la stipula dell'assicurazione.In altre parole, non copre malattie pregresse, in nessun caso. I problemi che dovessero presentarsi invece successivamente consentono il rimborso del viaggio con o senza franchigia secondo la formula che hai scelto.
  5. 85 dollari quelli che costano meno? Ok, niente Aladdin per me, anche se mi sarebbe piaciuto ... vedrò cosa c'è sul momento quando sarò a New York, mal che vada jazz tutte le sere. Hai deciso di prenderli, Valentina?
  6. Nessuna indiscrezione, ne ho parlato io per prima Una via di mezzo, direi: porto le protesi acustiche da quando avevo otto anni, alla nascita ci sentivo perfettamente e infatti parlo come una persona normale (di più, di più, sostengono i maligni ), poi all'inizio delle elementari ho cominciato progressivamente a peggiorare ed ora mi resta circa un 10% di capacità residua. Leggo benissimo il labiale, ci sento quasi bene con le protesi, quando c'è casino assumo un'espressione intelligente - mi viene molto bene - e faccio finta di capire tutto In viaggio sono avvantaggiata, siccome a volte capita che I don't understand una cippa anche in patria ho già perfezionato gli occhioni da cerbiatta da répétez, s'il vous plait Ps: grazie, a tutti. E' troppo quello che dite delle mie quattro sciocchezze, ma fa veramente piacere
  7. Grazie a voi, sul serio ... è una gioia dividere le emozioni e vedere che vengono accolte come voi le accogliete, mi sento davvero benvenuta. Grazie a tutti, di nuovo! Paolo escluso, gne-gne-gne ... Con te non ci parlo più! Venerdì 13 giugno 2014 Il bello del dormire in tenda sulla riva del fiume - o nel deserto in sacco a pelo - è il silenzio, è l’immobilità serena della notte interrotta solo dal palpito lieve delle stelle. Mi sveglio intorno alle tre, e vorrei che i venti metri per arrivare ai bagni non finissero mai … la luce amica della luna rischiara i miei passi, lo scricchiolio della ghiaia sotto i miei piedi è l’unico rumore. Questa è vera magia, è quasi un piccolo dolore tornare a dormire, e una volta tanto non è perché la sveglia suonerà prestissimo. Come ho promesso di fare ogni mattina, mando un saluto alla mia preoccupatissima ed ansiosissima genitrice, che vai in un posto incivile, insomma! e inizia oggi una serie di dialoghi surreali che iniziano con “Ciao vecchia, sono viva”. Replica tipo: “Brasile Croazia 3-1 arbitro scandaloso rigore regalato ai brasiliani” oppure un entusiastico “Italia Inghilterra due a uno gol di Balotelli e Marchisio!!!” o un incazzoso “Perso col Costarica, gambe rubate all’agricoltura” Alle sette siamo già ai cancelli dell’entrata sud del Murchison Falls National Park, ma il primo incontro lo abbiamo già fatto lungo la strada: Pippo, il Big Five numero uno! Sta per iniziare il primo safari della mia vita, anzi no, scusate, adesso si chiama game drive … io preferisco lo swahili però: safari significa viaggio, è la mia parola più amata, in qualsiasi lingua la senta pronunciare. E quello di oggi sarà un vero viaggio, prima di tutto nelle emozioni. Il tempo è bigio, il tettuccio del pulmino aperto e sollevato per l’occasione per permetterci di guardare e fotografare a nostro agio lascia entrare un’aria gelida, fa ancora quasi buio … ma non ho nemmeno il tempo di pensarci. Abbiamo fortuna, comincia subito una ricca, ricchissima collezione di avvistamenti, non ricordo il nome della metà degli animali che abbiamo incontrato, so solo che a un certo punto ho smesso di scattare foto perché ho sentito una vocina che diceva … e piantala di guardare il mondo attraverso l’obiettivo, hai la vita vera qui davanti … vuoi davvero vedere questo viaggio solo quando sarai davanti al pc? Ecco le prime giraffe … hanno una grazia, un’eleganza, una dolcezza nei movimenti … mi accorgo di avere le guance bagnate, ma non piove … sento gli occhi che pungono, e mi rendo conto che sto piangendo. Lo so, sembra scemo versare lacrime per uno spettacolo così, eppure il pensiero che mi gira in tondo nella testa è così bello che non riesco a trattenerle. Libere, libere, libere … nate libere, e libere vivranno. Quale augurio migliore si può fare ad un essere vivente? Sono commossa e sopraffatta, cerco di conservare un po’ di dignità e volto le spalle ai miei compagni, ma in fondo se anche mi vedessero, che importa? Un momento di felicità così assoluta è un regalo prezioso. Il secondo Big Five! La mattinata ci si scioglie tra le dita in una successione di fotogrammi di un’intensità ed una bellezza solo lontanamente immaginate prima, e nemmeno ci rendiamo conto che è ora di pranzo, quando Robert ci accompagna in un “posticino” che conosce per rifocillarci e fare la pipì. Ecco, di quella, essendo donna, nonostante il momento lirico mi ero accorta eccome Il posticino, pittoresco alquanto, non è in servizio, e Robert sparisce in cerca d’altro, lasciandoci soli in mezzo a sconosciuti e babbuini che ci studiano entrambi con interesse … ecco, è andato a comprare le sigarette, ci diciamo . Tutto sommato essere abbandonati qui non ci dispiace nemmeno poi tanto … ma eccolo che torna, e vagamente costernato ci dice che in zona c’è solo un lodge frequentato soprattutto da americani, il pranzo a buffet è un po’ caro, ma stasera ha un posticino in paese dove spenderemo solo due dollari a testa … che ne pensiamo? Che abbiamo fame, e siamo ampiamente in budget rispetto ai nostri preventivi … si va! Quando entriamo, in realtà, la costernazione piglia anche noi … statue in legno, boiserie ovunque, aria finto-colonial-vero-costosa … ma vabbé, in fondo siamo appena appena un po’ conciati, che problema c’è? Saliamo al primo piano dove c’è il ristorante e veniamo bloccati da un cameriere in livrea che ci guarda più o meno con la faccia che avrei io se trovassi un lombrico vivo nell’insalata, vuole il numero della stanza, e saputo che siamo solo di passaggio ci chiede tutto sussiegoso se sappiamo quanto costa mangiare lì … e che è, Pretty Woman? Ale si assume prontamente il ruolo che fu di Hector Elizondo, e con piglio mussoliniano, sopracciglia aggrottate e mento proteso esorta il buon uomo a farci accomodare, che sì, possiamo permetterci di pranzare qui . E provvediamo a saccheggiare coscienziosamente il buffet ed a sfruttare la wifi per aggiornare la diretta sul forum, per dare notizie a casa, per informarci sulle notizie di attualità, pure per mandare saluti alla prozia Teodolinda, alla faccia loro. Arriva il conto, TRECENTOMILA USH!! Vi chiedete quanti sono? Novanta euro Lo so, cominciamo appena a conoscerci … ecco, ora sapete che faccia ho: quella di una che non può permettersi un pranzo da diciotto euro Dopo il parco e frugale spuntino ci dirigiamo verso l’imbarcadero, a cui attracca la chiatta che 5-6 volte al giorno fa la spola tra le sponde opposte, il ponte più vicino è a 400 km, e scendiamo a guardaci intorno curiosi … ad un tratto sento dell’agitazione, mi giro e vedo tre o quattro persone che corrono affannate verso il nostro pulmino, e all’improvviso, un babbuino che si lancia dal finestrino lasciato incautamente aperto stringendo tra le mani il nostro prezioso … sacchetto della spazzatura E’ il momento della navigazione verso le Murchison Falls. Siamo pronti a salire sulla barca della plebe ma Robert ha deciso di farsi perdonare il mancato safari di ieri sera – non ho ben capito come mai, a dire il vero, forse perché sono talmente sazia dei peluche visti stamattina che per parte mia ho solo voglia di ringraziarlo – e ci comunica che abbiamo invece una barca solo per noi, e anche una consumazione inclusa ... oddio, davvero siamo così sboroni? No, di più! Con noi sale anche il fotografo di non so quale ente di promozione turistica, che ci chiede il permesso di scattarci delle foto ed utilizzarle poi per le loro prossime pubblicazioni … che fare? Ma controllare di non avere del prezzemolo tra i denti, ovviamente! Ammetto che devo un po’ perfezionare la mia "espressione Paris Hilton”, sono sicura che lei non sghignazza indecorosamente come prendiamo a fare noi, soprattutto quando abbiamo la ventura di soccorrere il battello che trasporta i volgari turisti e si è incagliato a bordo fiume … immaginate come ci si pavoneggia, noi ricchi viaggiatori, dopo il salvataggio! Anche la navigazione è foriera di avvistamenti …ci son due coccodrilli (ma niente orangotango) ... e termina, con un po’ di delusione da parte nostra, a una certa distanza dalle cascate, troppo pericoloso avvicinarsi per via delle correnti e della portata dell’acqua. L’idea iniziale era di salire a piedi al Top of The Falls, c’è un sentiero che arriva proprio in cima, ma è piuttosto lungo e le operazioni di soccorso ci hanno portato via del tempo … pazienza, ci rifaremo domattina raggiungendo la cascata per via di terra, godiamoci la crociera … è impossibile recriminare per qualcosa in una giornata così densa di soddisfazioni. ... la targa con il numero di registrazione del Cessna su cui Ernest Hemingway precipitò per la prima volta è rimasta nel punto preciso dell'impatto Il tragitto di ritorno ci riserva l’incontro con il Big Five numero tre, stamattina ne avevamo intravisto uno da molto lontano, ora ce ne sono diversi lungo la strada, vicinissimi e con altre meravigliose creature Usciamo dal parco, il buio cala di colpo – siamo all’equatore: dodici ore di luce e dodici di buio, nette e separate – è ora di cena e Robert ci porta in quello che d’ora in poi io e Sabrina impareremo a temere: un altro “posticino” … stavolta è sulla strada principale di un paesino minuscolo e pieno di vita, anche se completamente al buio. Posticino compreso, e forse è meglio così … la scelta è tra goat e chicken, che arrivano in tavola prima che finiamo di ordinare (ehi, e il pole pole che fine ha fatto?) … gli uomini si buttano sulla capra e la squartano coscienziosamente nell’oscurità, sghignazzando e commentando che è più che altro cartilagine e potrebbe essere di qualsiasi cosa. Io e Sabri ci proviamo col pollo, insieme al quale arriva una lampada a cherosene che spande una fioca lucina … Ora, io sono cresciuta a suon di mangia, che ci sono i bambini che muoiono di fame nel Biafra (anzi, nel Piafra, come ho detto per lunghi anni) e di niente gelato se non finisci la verdura, non mi considero particolarmente schizzinosa, sono curiosa ed assaggio tutto, detesto lasciare avanzi a meno di essere proprio sul punto di esplodere … ma questo fantasma di pollo, poverino … ha ancora i peli sulla pelle, ricordate quelli che nonna bruciava dopo averlo spiumato appestando la casa con una puzza micidiale? – se non ricordate, siete ggggiovani, beati voi – e sotto la pelle niente, se non qualche filamento semicotto di quella che potrebbe essere carne, e quattro ossetti incrociati, il tutto immerso in una brodaglia non troppo profumata … insomma, con la morte nel cuore, ma … gnà fo. A distanza di un mese mi vergogno ancora, so che per loro quello che io disprezzo è un banchetto, ma come Sabrina mi sono limitata a piluccare il riso e a lasciarmi prendere in giro da Robert, di più mi era veramente impossibile. La serata si conclude però con una risata, una delle tante … la cameriera, che abbiamo intravisto all’arrivo, quando l’oscurità non era completa, è una delle creature più belle su cui si siano mai posati i miei occhi, i lineamenti perfetti le danno il volto di una principessa esotica, il turbante intorno al capo ne accresce l’aria di bellezza fuggita da una favola, e io e Sabrina ne commentiamo ammirate l’avvenenza con genuino entusiasmo … e subito Ale, ovviamente sensibile e preoccupato per la nostra autostima così evidentemente traballante ci redarguisce con un severo “Non fate così! Al buio siete belle anche voi” … la nomination all’Oscar della Cavalleria non gliela leva nessuno!
  8. Giovedì 12 giugno 2014 E così la mattina del dodici giugno alle sei ora ugandese, quattro esseri umani ed una specie di zombie (ma più carina ) si ritrovano a colazione, pronti ad affrontare il primo lungo trasferimento, direzione Murchison Falls National Park dove prevediamo di arrivare in tempo per un primo game drive serale. Previsione clamorosamente sbagliata Ci aspetta una giornata forse non satura di avvenimenti, ma - almeno per me – sicuramente foriera di riflessioni e pensieri che mi accompagneranno, ora con un sorriso ora con la voglia di piangere a pungermi gli occhi, fino alla conclusione di questa avventura che già ne sono certa, mi lascerà un solco nel cuore. In totale oggi percorreremo circa 400 km, con una sosta più o meno a metà strada allo Ziwa Rhino Sanctuary, per la visita dell’unica area naturale protetta in Uganda che ospita rinoceronti allo stato selvatico e cura un programma per la futura reintroduzione in natura, dato che entrambe le specie autoctone sono estinte dal 1982, in conseguenza del bracconaggio e della caccia spietata e dissennata a cui si è dedicata in massa la leadership – chiamiamola così – dello Stato durante gli anni cupi della dittatura di Idi Amin. Un “hobby” sanguinario che al Paese è costato in termini di biodiversità caro almeno quanto il tributo di vite umane che gli ugandesi hanno pagato alla brutalità del regime. Un paio di soste lungo la strada, per il carburante e per comprare biscotti e frutta per il pranzo mi danno agio di osservare la gente, che resta una delle mie attività preferite, per quanto io ami paesaggi, animali, spazi aperti ed architetture … gli esseri umani sono una fonte inesauribile di stupori sempre nuovi, e quelli che abitano questo fazzoletto di mondo mi sono particolarmente simpatici. Sono tutti giovani, la maggior parte giovanissimi – l’età media è 49 anni, oltre metà della popolazione ne ha meno di 15 – e se la pressoché totale assenza di anziani è un segnale triste, l’ottimismo che trasmettono i sorrisi delle frotte di ragazzini che sbucano ovunque, diretti a scuola o di ritorno, nei campi, al fiume, è innegabile. L’Uganda non conosce la fame, i banchi al mercato ed i negozi lungo la strada sono tutt’altro che vuoti, ma certamente nessuno si sognerebbe di definirne benestanti gli abitanti, basta uno sguardo alle strade, alle case, agli stracci che la maggior parte di loro indossa per classificare questo Paese tra i poveri del mondo. Eppure non mi ha trasmesso mai la sensazione angosciosa di sentirmi mancare la terra sotto i piedi provata a volte nella ben più ricca terra marocchina un anno fa … forse proprio per la gioventù sorridente, in stridente contrasto con l’immagine delle vecchine dallo sguardo desolato con i loro poveri biscotti in vendita lungo le strade dell’Atlante e nei vicoli di Marrakech, con la solitudine incisa tra le rughe, degli asinelli maltrattati, delle espressioni spesso dure che ho incontrato in giro per un Paese che mi è comunque rimasto dentro e che ho una gran voglia di rivedere. L’Uganda sorride, forse perché ha scoperto un segreto … “Io trovo che c'è una bella parola in italiano che è molto più calzante della parola felice, ed è contento, accontentarsi, uno che si accontenta è un uomo felice”, cito un autore che amo e che forse mai come in questa occasione si lascia rubare le parole giuste. L’Uganda sorride, e maschera dietro il sorriso dei lati di cui mi renderò conto nel corso dei giorni, lati che non mi piacciono ma che sento inevitabili in un Paese così giovane, in una democrazia fragile e nata ieri, in una società che ancora non conosce che una parte della strada già fatta da noi che viviamo nella metà ricca del mondo, e che spero riuscirà a percorrere più saggiamente. Le motorette coloratissime su cui ho visto salire anche quattro persone, le guida sempre un uomo. Le rare bici, anche quelle in mano ai bambini, hanno sempre un maschio ad impugnare il manubrio. Le donne se ne stanno graziosamente appollaiate dietro, all’amazzone. Si, perché qui ci sono solo donne con le gonne, sia in senso letterale che psicologico, ho apposta contato quelle in pantaloni: tre, in quindici giorni. Al di fuori delle città più grandi, è normale vedere ragazzi di 16-17 anni in divisa scolastica … ma le loro coetanee, se sono abbastanza fortunate da non avere già un paio di bimbi, e spesso anche se li hanno, le vedi nei campi, con la zappa, intente a strappare il nutrimento a una terra generosa ma che chiede una fatica inaudita, vuoi per gli appezzamenti quasi in verticale nella zona dei Virunga, vuoi perché non ci sono mezzi meccanici di alcun tipo e tutto è ancora affidato al lavoro manuale dove la pianura almeno rende più leggero lo sforzo. Le donne lavano i panni a mano, cucinano, mondano, battono il raccolto sull’aia, le donne si occupano di frotte di bimbi, le donne, di certo, non le ho mai viste oziare al bar o sedute davanti a casa … se pensate che sia un modo carino per dire che gli uomini invece si, li ho visti in tali faccende affaccendati … si, avete ragione. La vita è impegnativa per tutti qui, ma ci sono sicuramente posti migliori per nascere femmina. Eppure, il loro sorriso sincero non vacilla mai. Pensieri che una volta tornato a casa facilmente dimentichi, perso nel vortice delle millemila cose imprescindibili che occupano il tuo tempo … ma mi piace pensare che qualcosa mi resterà dentro anche quando l’Uganda sarà un ricordo lontano cui si saranno sovrapposti altri strati di ricordi altrettanto colorati, e la melodia che mi è risuonata dentro in questi giorni africani continuerà a cantare da qualche parte dentro di me. Visto cosa succede quando già di tuo sei abituata a pensar troppo, e non ci senti abbastanza bene per fare conversazione all’interno del rumorosissimo pulmino che ingoia pazientemente un chilometro dopo l’altro? Basta, non vi annoio più con la filosofia, promesso: con questa puntata ve la siete cavata, vi sorbirete senz’altro qualche altra considerazione da vecchia zia prima della fine, ma saranno sporadiche e diluite Torniamo alla cronaca ed ai rinoceronti … prima vera puntata di quella che poteva trasformarsi nella lunga attesa del momento clou dell’incontro con i gorilla, ed è stata invece un felice srotolarsi di giornate dense e piene di attimi indimenticabili, di incontri e di risate. Accompagnati da un ranger, ci inoltriamo nel regno dei primi tra i grandi e fragilissimi bestioni che incontreremo durante il viaggio, con la certezza assoluta, una volta tanto, di incontrarli dopo pochi passi. Qui vivono sei rinoceronti adulti con i rispettivi figli, in tutto nove – alcuni dei quali già grandi – e ne abbiamo incontrati quattro o cinque. Chissà se tra loro c’era anche Obama, chiamato così perché la mamma viene dagli USA ed il babbo dal Kenya, diventato d’ufficio il mio preferito … di sicuro c’era anche un cucciolo, tenerissimo. Si, mi sarebbe piaciuto portarmelo a casa Questo primo incontro ravvicinato è un’emozione per me, che prepara quella ancora più grande del game drive che faremo l’indomani … e prepara i miei scarponcini ed i miei pantaloni alle fangose avventure che li attendono, dato che mi impegno fin da subito a inzuppare i primi in ogni angolo di prato che abbia anche solo la parvenza di pozzanghera ed a strusciare coscienziosamente i secondi nell’erba alta esattamente dove si è appena strusciato questo signore, uscendone elegantemente marezzata modello “rhino mud” I rinoceronti prediligono le zone umide e paludose … se non altro mi consola vedere che Riccardo sprofonda nell’acqua con entusiasmo persino maggiore del mio , anche se alla fine sono l’unica ad uscirne infangata per benino Dopo la sosta al Ziwa Rhino, è ormai pomeriggio inoltrato, riprendiamo la lunga strada che ci porterà a Fort Murchison, incontrando altri cuccioli … … e meno cuccioli … … fino a giungere al lodge sulle rive del Nilo che ci ospiterà per un paio di notti, dove veniamo accolti con salviette fresche e bagnate, limonata e grandi sorrisi: non è fighissima la mia tenda vista fiume? Naturalmente la singola è sempre mia: l’ipotesi che io rinunci a due cuscini, due copertine ed alla possibilità di leggere fino a tarda notte o all’alba non è contemplata . Un’ottima cena a base di insalata, crema di verdure, agnello alla menta con patatine e pancake alla banana ci attende, dopo la doccia nell'area dei servizi comuni. Questa volta non mi tradisce: democraticamente, è fredda per tutti e da subito Non è stata una giornata densa, ed insieme è stata pienissima … non è passato un singolo istante senza che trovassi qualcosa di cui riempirmi gli occhi e la mente, e neanche la ferale notizia che la colazione domattina è … indovinate ... alle sei mi toglie il buonumore ed il sorriso. Prima di chiudermi – si fa per dire, c’è una zip. E basta – nella tenda, mi concedo una mezz’ora di pausa seduta davanti all’ingresso a guardare il fiume e la luna piena, in pace con me stessa e con il mondo, con la testa vuota e leggera, felice.
  9. Siiiiiiiiiiiiii!!!! Grazie Paolo E grazie Ciba, marello e ventu Marello, per New York parto il 7 ottobre ... ma più che il sito British io terrei d'occhio i Pirati, anche nella versione inglese, dove oggi ho visto un Roma-Tokyo diretto a 287 sterline che non ho preso solo perchè ho finito i soldi e le ferie. Per ora
  10. Ciao marello, era una normale offerta di British Airways (volo AA) disponibile solo in alcuni giorni di cui ho letto su Piratiiviaggio. L'hanno ripetuta anche mentre ero in Uganda, ogni tanto la fanno, l'ultima volta era valida da novembre a marzo. Una visita allo Yankee credo la farò visto che è compresa nel NY pass ma a una veloce occhiata al calendario direi che non ci sono partite durante la mia permanenza ... peccato, non so una cippa di baseball ma mi diverte l'idea dello spettacolo offerto dal pubblico. Cercherò qualcos'altro, nella mia infinita ignoranza sportiva ... che so, al Madison faranno pure qualcosa, spero. Ed essendo appunto negata, mi va bene tutto, dal basket alla corsa nei sacchi dell'oratorio a una gara di velocità tra lumache
  11. Quello della Regina, che non senza motivo si trova a Queens ... Country Inn & Suites Long Island City. Comprese tutte le tasse sono 1612 dollari, al cambio attuale poco meno di 600 a testa per nove notti camera king.
  12. Più che d'accordo: a New York vado a ottobre, sono una e guadagno per uno quindi ho una prospettiva un po' diversa, però ho scartato anch'io l'appartamento, alla fine, anche se avrei risparmiato qualcosa rispetto alla doppia in hotel, perché mille euro anticipati un pochino mi stressano la carta di credito ... alla fine ho prenotato un hotel testato qui sul forum, prezzo ragionevole e colazione compresa, microonde e frigorifero, ma è a Long Island: troppo scomodo per voi?
  13. Sapessi come non vedevo l'ora io dopo quasi sei ore di marcia forzata dietro agli omini col machete
  14. E' una specie di obelisco commemorativo, la lapide è alla base. Ne è saltato un intero cuneo, chissà quando, ed è stato risistemato alla bell'e meglio, scritta compresa @luisa53 ... quel ready when ready!è stato solo il primo di una lunga serie ... a un certo punto ci siamo rassegnati ed abbiamo smesso di chiedere
  15. Siamo in giro da trenta ore, ma è appena il primo pomeriggio … c’è tutto il tempo per la promessa scoperta delle Sorgenti del Nilo. Il Nilo, il fiume madre, quello che dava il limo, l’acqua, la vita agli Egizi, quello strano popolo che camminava di profilo e costruiva piramidi che hanno sfidato il cielo ed i secoli, quelle che prima o poi andrò a vedere di persona. Il Nilo, il fiume più lungo del mondo, il mito, la leggenda … l’enigma millenario delle sue sorgenti, e Burton e Speke, e Stanley e Livingstone (Dr Livingstone, I presume … si, proprio quello lì) e la storia appassionante di amicizia, rivalità, coraggio, tragedia che ha portato alla loro scoperta. Tranquilli, ve la risparmio … se volete un riassunto abbastanza attendibile e meno noioso di quello che potrei farvi io, guardatevi Le montagne della luna, film del 1990 basato sui diari originali di Burton e Speke. E’ il momento di salire sulla prima di un numero imprecisato di imbarcazioni di ogni tipo e genere, sulle quali da qui al 23 giugno solcheremo le acque di ogni lago, canale, stagno e ruscello di questo Paese che non conosce siccità. In altre parole, è il momento di dare prova della mia straordinaria agilità: fortuna vuole che l’Uganda sia anche il Paese degli ippopotami, così nessuno nota la differenza . Del resto “la ballerina” è l’unica risposta che non ho mai dato alla fatidica domanda ... che cosa farai da grande Il punto in cui il Nilo Bianco esce dal Lago Vittoria ed inizia la sua corsa verso nord in sé e per sé non ha nulla di eclatante … eppure quel cartello mi ha messo un brivido, e la sensazione di affondare le mani nella Storia, quando ho sfiorato le acque proprio lì, è stata fortissima. Come lo è stata l’emozione di scendere dalla barca (hop hop hop-popotamo!) e risalire la collina dalla cima della quale Speke individuò per la prima volta il punto preciso da cui nasce il liquido nastro maestoso che ci farà compagnia nei prossimi giorni. Mi emoziono con poco? Lo ammetto … ma mi piace avere il cuore iperattivo. Sulla radura che affaccia su un’ansa del fiume sorge un piccolo memoriale con il busto del Mahatma Gandhi. Robert ci racconta che secondo le sue volontà, parte delle sue ceneri fu dispersa qui, nel Nilo, proprio in questo punto. Rientrati all’imbarcadero ci troviamo tutti d’accordo nel ritenere le cinque del pomeriggio un orario adeguato per ritirarci nei nostri appartamenti per una doccia ristoratrice e un po’ di relax, da domani saremo più seri. Tornati al lodge, metto in carica il telefono, cerco i pantaloni “da cena” – che sono il paio da trekking meno indecente tra i due che ho portato e ovviamente ho accuratamente nascosto sotto strati di altra roba – e mi perdo in chiacchiere col geco. Errore fatale. Quando mi decido a entrare in doccia, assaporo il getto caldo per due minuti, chiudo l’acqua, mi insapono dalla punta dei piedi a quella dei capelli, soprattutto dei capelli, riapro l’acqua, assaporo il getto cal… ARGH! È saltata la corrente! vi risparmio la melodiosa sequela di improperi uscita dalla mia aristocratica boccuccia , mi sciacquo sotto il getto precipitato di colpo a meno quindici, mi consolo pensando che ora sono bella tonificata e decisamente sveglia (…tacci sua!) e decido di mettere alla prova il mio inglese all’africana, convinta che sia solo il mio bungalow ad avere problemi: magari ho esagerato, telefono in carica ed acqua calda insieme … mi lancio in una lunga e dettagliata spiegazione condita di scuse che la ragazza alla reception ascolta con occhio vitreo, la ripeto all’omino tuttofare, quello della lampadina di stamattina – lo so che mi odia, lo sento – che mi studia in silenzio per due eterni minuti e poi, sintetico: no light? No light, confermo. Viene al bungalow, preme tutti gli interruttori e una volta convinto che rompo sì le lampadine, ma almeno non sono una bugiarda infame, mi comunica, sempre più lapidario: ten minutes. Mi fa anche segno con le dieci dita, nel caso io sia un po’ tarda (ma no! ) o un po’ sorda (in effetti ). Ne passano due e … FIAT LUX. Quasi quasi mi rifaccio la doccia. No, sto scherzando … l’acqua è preziosa, anche gelida va bene. Incontro Sabrina … doccia gelata comune mezzo gaudio: anche lei si era appena insaponata per bene i capelli, e la corrente è saltata dappertutto. Sono più o meno le sei, ci ritroviamo nel piccolo bar in giardino con davanti il menu per la cena. Goat? chiede Ale. No goat. Finish. Kaputt. Vabbè, prendiamo altro, ma insomma, abbiamo visto un sacco di caprette giù in strada, basterebbe fare due passi per risolvere no? Vabbé, assassini. Non contento, Ale chiede quando più o meno sarà pronto, e viene gratificato dal sempre più conciso omino delle lampadine che logela con uno sguardo di commiserazione, solleva metà di un sopracciglio senza muovere altro muscolo e succinto proclama: “Ready when ready!”. Che scopriremo poi corrispondere alle otto passate – nel frattempo ho quasi addentato i braccioli in legno dei divanetti e mi sono trattenuta a stento dal brucare le foglie degli alberi in giardino. And so this is Africa … presente il pole pole? Eccolo qua In realtà, più che la fame, che sazierò piacevolmente con un buonissimo chicken wrap e un paio di quintali di patatine fritte, è la fatica di tenere gli occhi aperti che mi rende un po’ vampira … me ne vado in giro con l’occhio sbarrato e lo sguardo vacuo, finché intercetto un “Breakfast at six” che mi scuote dal torpore analcolico in cui sono sprofondata. At six in che senso? Six nel senso di six, ovviamente … e so che mi ripeto, ma … ARGH! Che qui siamo su un altro fuso, e per me le six sono le five, e ho il risveglio traumatico, e sono sorda e se non sento la sveglia e … e chi se ne frega, sono in Uganda, sono felice, va bene anche alle quattro, Robert! E’ ovvio, pensa la tapinella, domani c’è una tappa lunga di trasferimento, poi per il resto del viaggio saranno sempre orari ragionevoli. Illusioni di gioventù Sulla rassicurazione che non verrò abbandonata qui se mi addormento, e che qualcuno verrà a cercarmi e a svegliarmi a ciabattate nel caso mancassi all’appello, torno dal mio geco, sciolgo la zanzariera e me ne vado a dormire con il cuore e la mente traboccanti. Buona notte Uganda … sono qui!
  16. Grazie Flower, grazie Derio! Per ora ho prenotato con Booking una doppia al Country Inn & Suites di Long Island, lo stesso della Regina. Possibilità di disdire senza penale fino al 4 ottobre, in caso trovassi altro. 1350 dollari più le tasse compresa colazione mi sembra decisamente onesto, a spanne spendiamo meno di 600 euro a testa. Considerando che la vita notturna mi interessa molto relativamente - sarò inagibile ben prima delle dieci di sera, conoscendomi parto in quarta alle sei del mattino - e che Uganda a parte i miei ultimi 5-6 viaggi sono stati tutti trekking in montagna o nel deserto da 18-20 km al giorno, direi che le distanze non mi spaventano ... anzi, scoprire che Central Park è lungo "solo" 4 km mi ha lasciata un po' delusa Scherzi a parte ... ho il NY Pass, il cui investimento sono matematicamente certa di recuperare ampiamente, ho l'hotel ... posso cominciare a studiare sul serio. Fuori Pass voglio vedere il Tenement, so che non è una scelta classica per il primo giro a New York ma mi ci sono fissata, e poi con Stefania si parlava di una partita, anche se non abbiamo idea di cosa visto che non ho ancora cercato i calendari. A lei piacciono gli Yankees, a me piace lo stadio, deve essere impressionante anche da vuoto.
  17. Sto spulciando tutto il web e mi diverto da matti ... ora, su airbnb avrei trovato un posticino che sembra davvero carino carino ed in buona posizione, un migliaio di euro in due che non è male, solo che ... non ha nessuna recensione. Voi le fareste, le cavie? Eccolo qui, che ve ne pare? io proseguo con le ricerche, intanto https://www.airbnb.it/rooms/3377725?che ... s=2&s=LJPm EDIT: come non detto, non è disponibile per le mie date
  18. Grazie, davvero! sono felice che vi piaccia, perché mi sto proprio divertendo a scriverlo
  19. 10 giugno 2014 Pensavo non sarebbe arrivato mai, e invece eccolo qui. Il 10 giugno … Il Giorno! Ale, che parte da Cesena con Sabrina e Giancarlo, è così carino da volere assolutamente passare a prendermi “che da sola chissà dove finisci” ( ) e si concede una piccola deviazione per raccogliermi a Verona Sud. Riccardo vola da Fiumicino quindi ci incontreremo al Cairo prima della coincidenza per Entebbe. I miei prodi arrivano a Verona, salgo al volo, con i tempi ci siamo, sembra tutto a posto … non abbiamo finito di dire che tutto sommato il traffico è scorrevole che TAC! incidente con cinque km di coda ad Agrate. Usciamo al casello prima, ci perdiamo un po’ – ma era tutto calcolato – e rientriamo in autostrada … esattamente un metro prima che inizi la coda . E' andata comunque bene, siamo arrivati al parcheggio un po’ in affanno, e all’entrata delle partenze a Malpensa all’una passata, con il volo che decolla alle due e mezza … mai fatto così tardi in vita mia, in aeroporto! Per fortuna abbiamo solo bagaglio a mano (ottochilidueettiesperiamochenonlopesino ) e corriamo direttamente ai controlli di sicurezza, passati i quali ci possiamo finalmente rilassare, ci avanza anche il tempo per farci rapinare allo Spizzico e dare l’ultimo morso di margherita. Il volo per il Cairo fila liscio, allietato da una quantità di frugoletti maghrebini che intonano un’allegra cacofonia di pianti, strilli, chiacchierate che una volta tanto mi fa pensare che in fondo in fondo essere sorda non è poi tutta sta sfiga: dall’espressione entusiasta di Ale capisco chiaramente che mi sta proprio invidiando di cuore Una volta scesi e passati dall’area transito incontriamo un sorridente Riccardo che ci aspetta già da qualche minuto, il gruppo è riunito, adesso comincia davvero l’avventura e poi … sono in Africa, sono tornata! Un gelato al Burger King per il quale ho strisciato la Mastercard per l’astronomica somma di 2,51 euro – mica potevo cambiare per un gelato, no? e poi a lei piace lavorare all’estero e questa è l’unica occasione che le darò in tutto il viaggio – ed è già ora di avviarci ai controlli. Che stavolta sono davvero accurati, mi fanno aprire lo zaino per la prima volta in vita mia. Buon per loro che sto andando, se lo facessero al ritorno potrebbero non sopravvivere, anche se un paio di volte abbiamo usato il servizio lavanderia Sono ormai circa le 23, ora egiziana, e il volo per Entebbe, già un po’ in ritardo, scompare dagli schermi. Ehm. Oddio. Calma e gesso, ci chiamano all’imbarco … sotto un monitor che dice Beirut. Io che sono un’ottimista commento che anche il Libano dev’essere bellino, e vengo prontamente fulminata dagli altri quattro. Chissà come mai ... mah. Questo secondo aereo è chiaramente il fratello povero, sfigato e forse anche tossicodipendente del primo, ha l’aria davvero un po’ barbona … non ci resta che sperare, e nel frattempo tentare di dormire, nei nostri (s)comodi sedili (non) reclinabili, con l’aria condizionata a temperatura polare e la copertina di pile ed il cuscino gentilmente forniti da Egyptair. Atterriamo alle quattro del mattino, e subito controlliamo, ok, c’è scritto Entebbe Airport, siamo salvi . Immigrazione che neanche il KGB: scanner retinico, impronte digitali della destra e della sinistra, controllo accurato del passaporto mentre il libretto che attesta la vaccinazione obbligatoria contro la febbre gialla mi viene subito tirato dietr… restituito senza uno sguardo, 50 dollari per il visto e … sono ufficialmente in Uganda. Ce ne andiamo all’ufficio cambi, dove una florida signora che rumina una gomma con grazia d’ippopotamo mi accoglie con un grugnito, ritira e conta i miei euro, mi mostra il controvalore sulla calcolatrice e con un’ultima masticata mi porge una mazzetta di banconote che mi sembrano molto ciancicate solo perché non ho ancora visto quelle che girano nel Paese vero … niente ricevuta, niente scontrino, grugnito di congedo, e via! E va benissimo così, non vedo l’ora di uscire e sentire l’aria calda dell’Africa sulla faccia. Ehm … ho detto calda? Si, insomma di sentire l’aria dell’Africa sulla faccia. All’esterno dell’aerostazione ci attende Robert, che sarà la nostra guida e il nostro amico per le prossime due settimane e ci carica sul pulmino anzianotto, tirato a lustro e accomodato con cura che nei prossimi giorni penseremo noi a … sistemare. Non a caso, sotto la targa si legge GOOD LUCK … ne avrà bisogno, il poverino! Oggi il programma prevede una breve visita di Kampala, la capitale, il trasferimento a Jinja con escursione in barca fino alle sorgenti del Nilo e se c’è tempo visita alle Bujagali Falls. In reatà a Kampala non ci fermiamo nemmeno, partiamo diretti per Jinja, e nel buio della notte con gli occhi sgranati nonostante il sonno cerco di catturare ogni singolo fotogramma, le strade sono già animate e trafficate, e non voglio perdere neanche un pezzzzzzzz … ok, mi sono addormentata in due secondi. Ehm. Cullata dai sobbalzi della strada che quasi subito ha dato l’addio all’asfalto, mi sveglio, più o meno, quando siamo già in prossimità del lodge dove passeremo la notte, che gentilmente, e per fortuna, ci mette a disposizione subito le camere, due doppie e una singola: la singola me la prendo io, e se Ale si preoccupa che mi possa sentire sola, io sono invece contenta così, specie dopo aver scoperto che la porta di comunicazione tra camera è bagno … non ha la porta Insomma, la privacy di una vecchia zitella è sacra! L’omino che ci accompagna mi mostra che l’acqua calda è collegata all’impianto elettrico e che bisogna premere l’interruttore per far partire tutto, e mentre è intento a svelarmi gli arcani segreti della doccia d’Africa io mi accorgo che la lampadina del bagno non funziona, interviene Ale che in qualità di ingegnere suggerisce che forse non è avvitata bene, ci mettiamo le mani e succede il patatrac: che sia l’emozione di essere appesi alla stessa lampadina, che sia il sonno o le mani di burro, la suddetta un istante prima era al suo posto sopra il lavandino e un istante dopo era spalmata in pezzettini sul pavimento del bagno. Uganda, preparati al crollo del PIL, sono arrivati i Lanzichenecchi Con un sorriso autentico come una banconota da 15 euro il titolare mi dice che mi cambia bungalow (esagerato, bastava la lampadina), e nel nuovo non sono proprio sola: il mio coinquilino è un simpatico geco molto ragionevole che accetta subito il patto che gli propongo, tu non cerchi di infilarti nel mio letto ed io non ti prendo a ciabattate. Fosse così facile trattare anche con gli uomini! Dopo qualche minuto siamo freschi come rose e pronti ad iniziare la giornata con la colazione -sono solo le otto- e poi con un giro nel villaggio, accompagnati da un ragazzo che ci vive e conosce Robert. E ovviamente a fotografare a raffica tutto quello che si muove. E anche quello che non si muove, via. Già nell’ultimo tratto di strada mi sono accorta di avere l’Africa in circolo nelle vene, guardarmi intorno ed avere la sensazione di essere già stata qui è stato un tutt’uno nel corso di tutto il viaggio, un senso di deja-vu così intenso che non so davvero da dove mi venga, visto che fino ad ora l’ho solo immaginato, questo mondo, visto in qualche film, forse al telegiornale … è un fatto che non mi è per nulla strano essere qui, che i bambini in divisa scolastica e scalzi che a frotte percorrono chilometri lungo la stessa strada che facciamo noi, le moto con tre passeggeri, le bici gravate di quantità surreali di caschi di banane, taniche e persone, le capre e i maialini che ci tagliano la strada con nonchalance mi sono, semplicemente, familiari. E nello stesso tempo tutto è nuovo, tutto è diverso, tutto è una sberla a mano aperta ai miei sensi ed al mio cuore. Scopriamo oggi di essere muzungu: è il nome swahili per indicare l'uomo bianco, mi piace un sacco ed ancora rimpiango di non aver preso la maglietta che mi avrebbe proclamata orgogliosamente tale, mai più vista in seguito durante il viaggio. E quando iniziamo il lungo giro a piedi la sensazione si fa via via più intensa: sono in un mondo che non è il mio, eppure questa terra è terra di tutti, veniamo tutti da qui, io ci sono già stata. La mattina si snoda veloce, tra le case dei “ricchi” e quelle che stanno in piedi e non sai come, tra un assaggio di frutta colta da alberi lussureggianti e sconosciuti, i sorrisi dei bambini nelle scuole dove ci fermiamo, la curiosità di cui noi, rari esemplari di muzungu di passaggio, diventiamo subito oggetto ovunque, la gioia scatenata dal pallone che Sabrina ed Ale hanno portato in regalo, gli sguardi della gente. Tenerissimi questi due personaggi, che ci hanno chiesto di scattar loro una foto e fargliela avere tramite Robert quando torneremo a casa, per loro – ci spiega – c’è a kind of magic in questa strana scatola che riproduce le immagini, e mentre posano sono serissimi. Lungo la strada trovo anche in nuovo amico: basta che mi dicano it’s not poisonous, ed io ci attacco bottone subito: nella prima foto, lo vedete giocare al fermacapelli dopo aver passeggiato sul mio braccio ed avermi fatto i grattini sul collo, nella seconda, in mano ad Ale, mi sta dicendo chiaramente tipregotipregotiprego, voglio tornare da te. Che volete farci, io piaccio Anche ai camaleonti (questo comunque, mi hanno fatto notare, deve essere daltonico, dato che non ha preso neanche alla lontana la nuance dei miei capelli. O forse è modaiolo e non ama il color topo ). Difficile, dopo due settimane vissute in mezzo agli ugandesi, ricatturare intatte le impressioni del primo giorno … a fine viaggio mi sentivo come se fossi contemporaneamente appena arrivata ed insieme lì da una vita, di certo posso dire che da subito mi sono sentita accolta e benvenuta, che non mi sono sentita in pericolo per un solo istante e non ho avvertito nessuna ostilità o curiosità cattiva, al contrario ... non ho mai ricevuto, e ricambiato tanti sorrisi in così poco tempo … ed è inevitabile chiedersi perché dove c’è tanto manca la voglia di curvare le labbra all’insù, e qui, dove i bimbi di pochi anni se ne vanno al fiume a riempire taniche più grandi di loro, e le sorelle appena più grandi all’alba hanno già in spalla la zappa e si dirigono ai campi, il desiderio di comunicare e la gioia di vivere abbattano le barriere linguistiche con tanta semplicità. Ora di pranzo, Robert ci porta a Jinja per mangiare in un “posticino” che conosce e poi per una visita al mercato locale. Scopriamo di essere praticamente gli unici muzungu nel raggio di chilometri, e non posso dire che la cosa mi dispiaccia. Ci vengono ammanniti piattoni di dimensioni esagerate per far conoscenza con la cucina ugandese: pesce cotto in una specie di minestra, buono, patate dolci, posho – una specie di polentona compattissima e vagamente insapore di mais bianco, se ne finisci una porzione non hai più fame per una settimana, il che nel mio caso non sarebbe neanche un gran male – matoke, che invece è un pastone di banane cotte nelle loro stesse foglie e poi pressate, riso in bianco e fagioli. Robert ci spiega che è maleducato lasciare avanzi, perché è come dire che non ti è piaciuto quanto ti viene offerto … ma le porzioni, nonostante la curiosità e la fame, sono davvero improponibili ed io e Sabrina ci comprendiamo con uno sguardo … saremo maleducate, pazienza :-). Il conto, mancia compresa, è pari a … undici euro in cinque. Ce ne andiamo un po’ increduli - e molto sazi - al mercato. Un mercato vero, fatto di gente vera. Puzza, colori, rifiuti, frutta bellissima, bimbi e galline che scorrazzano insieme, abiti più o meno usati, articoli assortiti più o meno sporchi, qualcuno ha accomodato pazientemente qualche paio di vecchie scarpe scalcagnate e le sistema amorosamente in vendita lungo la strada su un lenzuolo, altri hanno poche manciate di verdura davanti, tutti guardano i muzungu con aria incuriosita e divertita, e quando Riccardo si perde a scattar foto, sono pronti a indicargli la direzione giusta e ci ritrova in men che non si dica. Io resto indietro a guardare un bimbetto bellissimo in braccio al suo papà, e intuisco di essere per lui il corrispettivo del mitico “uomo nero”, mi guarda pieno di terrore deliziato e sento che papà gli dice qualcosa in cui la parola muzungu è ripetuta un paio di volte … se mi avvicino strilla, ma tutto contento … solo che poi quando gli faccio i grattini sulla pancia cade in preda a un vero terrore senza più delizia, papà mi strizza l’occhio e se lo porta via ridendo: bene, ho sulla coscienza un piccolo ugandese traumatizzato!
  20. Con questo dialogo altamente filosofico e pregnante tra co-admin e moderatrice di un forum di viaggi inizia a prendere corpo – siamo a settembre 2013 - l’avventura più coinvolgente e densa di emozioni che potessi immaginare di vivere. Ora mi piacerebbe portarvi in Africa con me … che ne dite? Siamo d’accordo: esordire su un forum di viaggi USA con un diario sull’Uganda è davvero poco serio! Ma: a) io NON sono una persona seria , e soprattutto ho la benedizione di ben tre moderatori, in rigoroso ordine alfabetico acfraine, al3cs e Pandathegreat, che ringrazio ed ai quali mi inchino, e quindi c) se farete i bravi e mi reggerete fino alla fine, vi de-li-zie-rò con un diario (quasi) serio sulla mia prossima avventura newyorkese, basta attendere ottobre Ehm. Torniamo seri, o almeno proviamoci. Data la meta relativamente insolita spero di catturare il vostro interesse anche con un argomento un po’ fuori del seminato, penso che il mondo intero abbia regali incredibili da offrire a chi tiene aperti gli occhi del cuore … e anche se credo di aver visto quanto di più diverso dalla terra americana mi e ci possa venire in mente, credo non esistano classifiche qui. L’Uganda è una scelta impegnativa per una che è solo – anche se non per scelta sua - al secondo viaggio fuori Europa nonostante la non più tanto verde età, ma non potevo farmi sfuggire una possibilità così, e dopo il trek nella Valle del Dràa dell’ottobre scorso, ho deciso che una donna che fa cacca e pipì nel deserto per una settimana senza lamentarsi può fare qualsiasi cosa e quindi … si va! Rientrata più con il corpo che con la mente ed il cuore, posso dire oggi che è stata la decisione giusta, è un viaggio impegnativo fisicamente e mentalmente (il gorilla tracking mi ha letteralmente rasa al suolo ma lo rifarei dieci volte), è un po’ scomodo e piuttosto spartano, ma quanto ti porti a casa vale ampiamente il prezzo del biglietto. E visto che ho nominato il prezzo, parliamo di costi e dettagli pratici: VOLO 485 euro per un Egyptair Malpensa-Cairo-Entebbe scelto dopo qualche esitazione dovuta al fatto che Ale (l’A di cui sopra) e sua moglie Sabri erano al Cairo nel gennaio 2011, quando è scoppiata la Primavera araba che li ha costretti a un rientro anticipato, precipitoso e poco divertente, e il ricordo delle scene all’aeroporto non è uno di quelli che li rende più felici. Ci siamo decisi considerando che statisticamente è improbabile che capiti due volte alle stesse persone di restare bloccate in un casino simile, che il prezzo era il migliore sul mercato – gli altri partivano dai 650-700 euro – che gli orari e le coincidenze erano i più buoni, e prendendo come ulteriore definitiva precauzione la solenne decisione di tenere strettamente incrociate le dita di mani e piedi per i sette mesi intercorsi tra l’acquisto e la partenza. Questi gli operativi: 10 giugno 2014 MXP-CAI 14.30-19.25 CAI-EBB 22.45-3.15 23 giugno 2014 EBB-CAI 4.15-8.45 CAI-MXP 10.40-13.30 Il 737 della tratta Malpensa-Cairo era nuovo e bellino, l’Airbus dal Cairo a Entebbe decisamente più … africano. Recensione finale, all’unanimità: ok, dai, possiamo prenderla ancora Egyptair, non siamo neanche precipitati TOUR 2150 dollari usa a testa, totale versato a febbraio (al cambio 1.582,04 euro) per non portare troppo contante con noi, volendo era possibile anticipare solo la quota relativa ai permessi e saldare il resto in loco. L’importo comprende autista-guida, spese per il carburante e il noleggio del mezzo, tutti i pernottamenti e le colazioni, il pranzo e la cena durante il soggiorno in famiglia, i permessi per gorilla tracking (600 usd) e chimpanzee tracking (150 usd) e ingressi nei Parchi gestiti dall’Uganda Wildlife Authority (40 usd a persona al giorno), i game drive, la navigazione sul Nilo, sul Kazinga Channel, sul Lake Mutanda (), nelle Mabamba Swamp. Nb: noi eravamo in 5 – tre uomini e due quasi fragili quasi fanciulle - il prezzo decresce all’aumentare dei partecipanti perché si dividono le spese di guida e auto/carburante. Prima che si aggiungesse last minute il quinto la quota era di 2.300,00 usd a testa. SPESE IN LOCO 200 euro esatti, o se preferite 641.000 scellini ugandesi, a testa per tutti i pasti, la mancia – meritatissima - alla guida e un paio di ingressi e visite guidate non previsti inizialmente. SOUVENIR Io ho speso una trentina di euro scarsi, non c’è quasi nulla da comprare, e quel poco ha costi veramente irrisori. A meno che vogliate un gorilla in legno a grandezza naturale da acquistare in aeroporto a prezzi occidentali, ve la caverete con poco. Ad onta della scarsità di frivolezze in vendita, mi corre però l’obbligo di segnalare che incautamente, in risposta al proclama di Ale, accanito collezionista, ho affermato a suo tempo con eccessiva sicurezza: se trovi una palla per l’albero di Natale a giugno in Uganda mi mangio una pantegana col pelo e tutto. Bene, ora sapete cos’ho per cena stasera In totale, poco meno di 2.300 euro a testa tutto compreso per 13 giorni effettivi. Ed ora passiamo ad altri argomenti sempre squisitamente pratici: SALUTE Su consiglio del Centro di Medicina tropicale di Negrar mi sono vaccinata contro febbre gialla, epatite A e B, tifo, ho fatto il richiamo per l’antitetanica e per finire la profilassi antimalarica con il Malarone (nessun effetto collaterale e nessun problema, ho sentito pareri discordanti in merito ma io mi sono trovata bene e lo rifarei). Da portare sempre, un buon repellente per gli insetti con una concentrazione di DEET intorno al 50%: io avevo preso un prodotto Lifesystem a Londra l’inverno scorso e mi sono trovata benissimo, i miei compagni avevano l’Autan Plus e anche loro non hanno avuto problemi – però io ero profumata e loro no . Per i tracking nella foresta, maniche lunghe e pantaloni infilati nelle calze, scarponcini robusti, bagnetto nel repellente e via. Completano il kit dell’ipocondriaco saggio un antibiotico a largo spettro, un antinfiammatorio, un buon disinfettante intestinale e il caro vecchio Dissenten. Alla fine non ho usato nulla, ma è meglio avere sempre con se il pronto soccorso minimo, le … farmacie ci sono ma non sempre sono fornite. Ehm. FAI DA TE SI/NO Ci siamo affidati con totale soddisfazione a un operatore locale – non so se posso fare nomi e link, o se interessa, ditemi voi – aperto in società da un ragazzo di Kisoro e un nostro amico italiano che vive qui e ci ha fatto da tramite per ogni più piccolo aggiustamento, visto che si è lavorato a lungo di cesello sull’itinerario classico di massima per cucirlo addosso al millimetro a quello che avevamo in mente. Oltre all’ottima organizzazione, alla velocità delle risposte ed al farsi in quattro per accontentarci, quello che ci ha convinti è il fatto che lavorano appoggiandosi a piccole realtà locali e includono tra le varie possibilità offerte dal giro quella di entrare in contatto più autentico con i locali, passando anche una o più notti in casa di una famiglia a Kisoro, visitando scuole e villaggi, andando a conoscere la comunità Batwa, popolazione di etnia pigmea cacciata dalla foresta alla costituzione dei vari Parchi Nazionali … è stato uno dei momenti più toccanti e dolorosi di un viaggio che comunque non era nato per essere di pura evasione, e che sapevamo in partenza non facilissimo, ma che mi ha riportata in Italia più ricca, più felice e più consapevole. Concludo la nota introduttiva spiegando perché abbiamo scartato, e consiglio caldamente di scartare, il fai da te, anche se tutti e cinque siamo viaggiatori autonomi che amano organizzarsi da soli il più possibile qualunque sia la meta. Motivo numero uno, le strade: sono terribili, quelle asfaltate sono due o tre in tutto il Paese, per il resto sono tutte sterrate e tenute in qualche modo, oltretutto siamo alla fine della stagione delle piogge ed è un disastro di polvere e buche. Anche senza considerare la guida a sinistra, eredità della dominazione britannica, e lo stile creativo dei locali al volante, sono anche del tutto prive di indicazioni stradali. Scordatevi il tom-tom … e credetemi, andare all’avventura non è il caso. Tanto più che in prossimità dei villaggi e delle città le strade si riempiono di moto, motorini, biciclette, pedoni, boda-boda, animali, bambini che giocano a palla che ci vuole del miracoloso per schivare … che nei tratti tra un villaggio e l’altro non passa un cane per chilometri e se avete bisogno di aiuto non potete chiamare l’ACI o l’AAA … che gli ugandesi prendono la guida come una guerra e considerano il fermarsi o il rallentare per far passare chi viene in senso opposto su una strada larga mezzo metro come una prova di scarsa virilità, e preferiscono avventarsi l’uno contro l’altro fissandosi reciprocamente con ferocia per stabilire, spostandosi solo all’ultimissimo secondo, chi ce l’ha più grande. Il coraggio, dico Motivo numero due, l’alimentazione: non ci sono McDonald’s in Uganda, e se l’igiene in Africa è comunque ed ovunque un concetto vagamente alieno, e la sera potete salvarvi cenando nei lodge, a pranzo sarete fatalmente costretti a fermarvi in posti dall’aspetto inquietante. La guida sa dove portare i turisti – ma vi racconterò - che in ogni caso vanno di Amuchina come se piovesse, gli occidentali da soli rischiano di più. Io sono fermamente convinta che anche un sous-chef svizzero probabilmente sputa nella minestra prima di mandarla in tavola, ma ai germi europei sono abituata, quelli africani li frequento già meno e anche se non sono delicata preferisco non confrontarmi con la maledizione di Montezuma (uff, non siate così pignoli, lo so che è sudamericano quello lì ). Motivo numero tre, gustarsi il viaggio: dato che la logistica non è semplice, è meglio se tra un sobbalzo e l’altro vi godete il mondo meraviglioso che vi circonda, anziché concentrarvi nel tentativo di non perdere completamente la bussola e la direzione. Inoltre la guida, con il suo occhio esercitato, ci ha sorpresi più volte inchiodando e facendo una mega retromarcia per indicarci qualcosa di fantastico e insospettato come un leone a bordo strada statale parzialmente nascosto nell’erba alta … e chi lo avrebbe visto mai, sennò? Mi auguro di avervi spaventato abbastanza: se questa è l’introduzione, chissà il resto … E ora si va a cominciare seriamente. Beh, non proprio ora ora … vi lascio riprendere
  21. Prendo nota anch'io, anche se mi trovo bene con pixresizer :-) Grazie.
  22. http://s1374.photobucket.com/user/Barba ... sort=3&o=0 Grazie! Ps: ora sono con tapatalk, semmai domani se non risolvo cerco di mettere qualche link in modo più decente ... grazie ancora
  23. Allora ho sbagliato qualcosa col link perché sono tutte 600x450 ... grazie Alessandra, ci dormo su e domani riprovo tanto ho salvato tutto :-)
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