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18 Agosto 2024 - Khwai - Mwandi View Notte riposante al Khwai, questo posto avrebbe meritato un'altra giornata! Colazione alle 7, oggi ci aspetta la tappa più impegnativa del viaggio, lunga, quasi tutta su sterrato, per la maggior parte sulla sabbia. Prima tappa, il Mabebe Gate, da dove si entra nella sezione sud del Chobe National Park, dove arriviamo dopo aver incontrato tante giraffe, ma soprattutto, tanti elefanti... Ci fermiamo per fotografare un gruppo sulla sinistra, mi giro per prendere la macchina fotografica, guardo a destra e vedo un cucciolo vicinissimo alla nostra auto e subito dietro la madre, per niente felice di vederci! Abbassa la testa, scuote le orecchie, accenna la carica e via, parto a tutto gas, senza scattare nemmeno una foto! 😬 Al Mabebe Gate registriamo l'ingresso, pagheremo più avanti, ci informiamo sulla strada migliore da fare e ci consigliano quella che passa sul bordo della Savuti Marsh, perché le altre che ci siamo segnati in questa stagione sono troppo sabbiose, mentre questa passa sul bordo del lago effimero e il fondo è più solido. Pausa pipì, lasciamo il nostro adesivo sul cartello, saliamo in macchina e... clic... clic vrrrrrrrr La macchina non parte... Comincio ad evocare alcune divinità assortite, spero che sia la batteria scarica, per fortuna ci sono alcuni ragazzi del parco a cui chiedere se possiamo provare con i cavi, attacchiamo e riprovo... clic... clic vrrrrrrrr Si affollano le divinità nel cielo del Mabebe Gate, ma niente da fare, Miss Sphiggy non parte! Come sempre da queste parti (e non solo), quando si vede un'automobile col cofano aperto si raccoglie il capannello di locali, tutti a cercare di capire cosa succede a questi poveri bianchi sprovveduti, uno degli autisti mi dice di riprovare e sentenzia... É il motorino di avviamento... Le divinità assortite ormai sono scese tutte, uno dei ragazzi a cui avevamo chiesto aiuto si butta sotto la macchina, lo individua e il motorino è praticamente staccato dal motore, uno dei bulloni è spezzato a metà, l'altro è quasi completamente svitato... In questo momento scendono i pantheon completi di tutte le religioni, per paura di sbagliare non ne ho saltata nessuna, anche perché l'autista mi dice che l'unico modo è tornare a Maun per cercare di risolvere il problema... Maun è dall'altra parte, a un giorno di viaggio e ci toccherebbe rivoluzionare tutto il giro e perderemmo alcune delle attività già prenotate e pagate. Per di più, non posso nemmeno partire a spinta, l'auto è automatica e non c'è modo di togliere la marcia. Però il ragazzo sotto la macchina si intigna, forse è un po' infastidito dagli angeli e i santi che svolazzano intorno, ma secondo lui c'è una soluzione, prende le chiavi e serra al massimo l'unico bullone rimasto e mi dice di riprovare... clic... vroooooom! Miss Sphiggy riparte, spengo e riparte ancora, la toppa sembra funzionare e, dopo aver lasciato una lauta mancia al ragazzo (anche lui non la voleva), ripartiamo dal Mababe Gate col terrore di spegnere l'auto. Barbara, detta anche miss Ansia, non si vorrebbe fermare nemmeno per scattare queste foto, ma il percorso è così bello che è impossibile farlo. Naturalmente nelle soste lascio il motore acceso, certo, il parco è bellissimo, ma goderselo è un'altra cosa. Arriviamo al Savuti Gate e qui... spengo il motore! Prima o poi dovevo farlo e poi qui c'è parecchia gente, un piccolo villaggio e l'aeroporto, qualcuno che ci potrà aiutare c'è! Paghiamo l'ingresso, ci sediamo per pranzare e apriamo la Lunch Box che ci hanno preparato... C'è da mangiare per un pullman, 4 uova, un mazzetto di spiedini, pane, formaggio, succhi di frutta, veramente ogni ben di dio! Ma per noi è troppo e lo dividiamo con i ranger del Savuti, che mangiano di gusto. Qui ci facciamo anche dire qual è la strada migliore per raggiungere Mwandi e naturalmente non è quella che indica il navigatore, raccogliamo le indicazioni e con un po' di ansia, proviamo a riaccendere l'auto... clic... vroooooom! Yeeeeeeh!!! Un po' più rilassati partiamo verso la nostra destinazione! Da Savuti al Ghoha Gate il paesaggio è molto più vario, comincia ad inverdire, ma subito dopo il gate c'è un tratto davvero terribile, sabbia profonda e percorso davvero bumpy, uno sballottamento continuo. Io sono stanco, un po' teso per il motorino, col terrore che si possa rompere qualcos'altro, arriviamo davanti ad un baobab e... Spengo il motore. Qualche secondo di silenzio assoluto, guardo in cielo e non vedo né angeli, né santi e nemmeno le divinità, provo a riaccendere e l'auto parte! Vabbè, qualche minuto di pausa ci sta, mi serve un po' di riposo, un po' di foto all'albero e siamo pronti a partire, Miss Sphiggy non mi tradisce! Arriviamo al Mwandi che sono quasi le 5, prendiamo la camera, tra stress e ansia siamo praticamente sfatti, ma la doccia ci rimette in sesto, pronti a goderci il tramonto dalla terrazza della nostra palafitta. Al Mwandi incontriamo 2 ragazzi conosciuti su Facebook, Quirino e Orietta, che fanno il giro contrario al nostro e che domani dovranno affrontare la strada che abbiamo percorso oggi, ci scambiamo un po' di informazioni, 4 chiacchiere a tavola (zucca, zucca ovunque!!!), proseguiamo le chiacchiere davanti al fuoco della terrazza dove si avvicendano ippopotami, giraffe e elefanti, il tutto tra le maledizioni del proprietario che ce l'ha con la tecnologia: sì, perché tutti i navigatori, Google Maps e anche il più quotato Tracks4Africa segnalano la strada peggiore per arrivare qui in questa stagione e moltissimi turisti si trovano insabbiati nel nulla! Ad un certo punto, un movimento furtivo, dall'ombra compare un african wild cat, si avvicina alla luce, vede qualcosa, lo azzanna e sparisce nuovamente nel buio. https://www.youtube.com/watch?v=mXKdIYgpdzs Un avvistamento incredibile, questi animali sono difficilissimi da vedere in natura, purtroppo avevo lasciato la macchina fotografica in stanza e le uniche foto che ho sono quelle scattate col cellulare!2 punti
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Che stress pazzesco! Preferisco alla grande aver lavato i passaporti. [emoji1787] Inviato dal mio 2201117TY utilizzando Tapatalk1 punto
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15 agosto 2024 (Maun - Kaziikini) Dopo una giornata come quella di ieri, potremmo anche dichiarare conclusi in gloria viaggio e diario, difficile superare tutta la bellezza che abbiamo assorbito in una manciata di ore sul Delta. Ma ragazzi, noi vogliamo bene ai nostri lettori, e ci siamo detti: ma cosa sarebbe Actarus senza i Vegani? O Remi senza decessi multipli, o Lady Oscar senza Bastiglia? (se non li conoscete, vuol dire che siete giovani: documentatevi e poi ringraziate il Cielo per non essere stati bambini nei primi anni Ottanta ) ... e così, per voi e solo per voi, abbiamo deciso di girare una avvincentissima serie, roba che Netflix e Sky fateve in là, e Hollywood scansete! Siore e siori, ecco a voi I Panda in *** I Giorni della nostra Sfiga *** Oggi è Ferragosto, siamo quasi tutti in vacanza, siamo pigri, quindi cominciamo con un antipasto, una sfighina ... ma fidatevi e continuate a seguirci, le cose si faranno più interessanti nei prossimi giorni! Il Buon (Freddo) Ferragosto ce lo dà un ippopotamo in giardino! Questa sistemazione, penso, resterà la più bella del viaggio (spoiler: avevo ragione, anche se ci siamo trovati benissimo ovunque): vista fiume, immersa in un giardino bellissimo, piena di piccoli tocchi attenti. Alle sette siamo già a fare colazione nell'arietta frizzante del giardino, paghiamo velocemente la lavanderia, sistemiamo le ultime cose e ben prima delle otto partiamo in direzione Elephant Havens, concordi sul fatto che difficilmente la giornata di ieri sarà superabile, ma pronti a goderci ogni momento. In poco più di mezz'ora e un pezzetto di sterrata sabbiosa siamo davanti ai cancelli, che alle nove si aprono solo per noi. Arriveranno poi anche due coppie di ricchy che si spostano in elicottero, ma noi siamo più belli Elephant Havens è un centro di recupero per elefanti orfani, che vengono portati qui da tutto il Botswana. E' stato fondato da un locale e prospera grazie alle donazioni, alle visite, alla sponsorizzazione di una coppia di Dallas, che abbiamo conosciuto, e all'Università del Texas che ha fornito le attrezzature al laboratorio in modo che possano fare le analisi in proprio senza mandarle ogni volta a Johannesburg. Qui i piccoli (ehm) vengono curati, accuditi, gli viene insegnato ad elefantare - ma non chiedetemi come fanno - e dopo cinque anni vengono liberati in un'area protetta, senza più essere chiamati per nome e senza quasi più contatti con gli esseri umani, per riabituarli in modo soft e graduale a una vita da elefanti liberi. Dopo altri cinque anni, ormai adulti, vengono rilasciati in natura. Come facciano a lasciarli andare dopo averli pastrugnati per anni è oltre la mia comprensione, ma hanno il mio sincero plauso e tutta la mia ammirazione. Veniamo accolti da una simpatica ragazza di trentadue anni - che ha una sola figlia di due, per la cronaca, e torniamo al discorso "Paese ricco" - che ci accompagna in giro per uffici, laboratori e zona pappa spiegandoci molte cose sulla dieta dei piccini, sui salvataggi, su come è gestito il centro, sul sostegno scolastico alla piccola comunità che vive qui vicino. Poi finalmente ... andiamo in gabbia! per una volta siamo noi le bestioline rinchiuse: veniamo accompagnati dentro un recinto di robusti pali di legno, e in men che non si dica arriva tutto l'asilo al gran completo. In questo momento ci sono quattordici piccini in orfanotrofio e una dozzina già in inserimento soft. Ci sono Boteti (trovato in zona Boteti River), Noname (si sono dimenticati il trattino quando hanno annotato il nuovo arrivo, non ancora battezzata, e così le è rimasto appiccicato il nome, da leggere esattamente come è scritto), Khwai, Tsala, Mela e tutti gli altri. Le loro storie spezzano il cuore, soprattutto a due che hanno l'hobby di adottare gattini da cassonetto e il cuore di burro: chi è stato trovato a vagare tutto solo, chi è stato ferito dalle jene, chi è rimasto vicino alla mamma morta per essersi rotta un legamento cercando di uscire dal fango in cui era rimasta bloccata, o uccisa da un contadino furibondo ... il centro riceve segnalazioni da tutto il Botswana, i salvataggi seguono precisi protocolli che prevedono di aspettare tre giorni monitorando il piccolo ma senza far nulla, perché gli elefanti sono animali sociali e sono abituati ad adottare in gruppo i piccoli orfani. Solo se in tre giorni nessuno si avvicina a prendersi cura dei piccoli si procede a caricarli su camion, barche, pickup a seconda delle dimensioni e di dove si trovano i cuccioli. Attualmente il più piccino ha dieci mesi, gli altri spaziano tra l'anno e i sei di vita. Ci propongono di dar da mangiare ai piccoli, ci sono quarti di mela succulenti già pronti per loro ... non ci facciamo pregare, molliamo reflex e cellulare ai ragazzi del centro che se la spassano a immortalarci e via! Quando mi ricapita di fare i grattini a un elefantino o di passargli la pappa? I più piccoli nel pomeriggio prendono il biberon, fosse per me ci passerei la giornata qui, peccato che abbiamo programmi ... mi sono innamorata! (speriamo non arrivi QUALCUNO a farmi notare che anche questi sono TROPPO giovani, ora ) Ecco qua, i due vecchi gattari senza figli se ne vanno con i lacrimoni, con il cuore a pezzi per i piccoli e insieme un gran sorriso di felicità. Lasciamo il centro verso le 10.15 e dopo un'oretta di strada sterrata ma ben praticabile (bravo Pando!) arriviamo al Kaziikini Community Camp. Si tratta di un campsite gestito dalla comunità locale, che ha avuto in concessione una parte della Moremi Game Reserve e si occupa di turismo e salvaguardia. Ci sono diverse piazzole per le tende con i relativi ablution blocks molto basic ma che tutto sommato non hanno molto da invidiare ai campeggi in USA, e un paio di tende attrezzate su palafitta con bagno privato. Noi abbiamo prenotato una di quelle perché siamo due vecchiacci comodoni ma ... sentite suonare in lontananza le prime trombette della sfiga? e ci sentite bene! Siamo in anticipo sull'orario di check in, ma siamo in Africa e ci proviamo ... alla reception non c'è nessuno, così ci inoltriamo tra le casette del personale, veniamo rispediti ad aspettare alla capanna dell'accoglienza e dopo poco arriva l'unica botswana incazzata del viaggio, e probabilmente di tutto il Paese, che per tutto il tempo che passeremo qui avrà sempre l'aria di essere felice come Heidi a Francoforte (se non conoscete neanche lei, andate a rileggervi la nota più su ), soprattutto quando presiederà con aria lugubre ai nostri pasti, visto che qui siamo in pensione completa. Heidi non trova la nostra prenotazione, io vado in macchina trionfante a prendere la copia della conferma e del pagamento che ci ha consegnato Peo e ... torno con le orecchie basse: sulla conferma le date sono sbagliate, non dal 15 al 17 ma dal 16 al 18! siamo in mezzo al nulla più nullesco e il cellulare non prende, ma se piangi abbastanza il loro fisso funziona, devi solo uscire e trovare il punto preciso sotto l'albero di acacia. Chiamiamo Peo, che chiama Naomi, che chiama la sede di Kaziikini a Maun, che al mercato mio padre comprò In estrema sintesi: ha sbagliato il Kaziikini, la mail di conferma è corretta, ma ci hanno fissato le date sbagliate. E naturalmente la nostra tenda con bagno deluxe da vecchidimexxa è occupata stanotte. Quindi? Heidi, sempre più felice, ci dice che se ci adattiamo ci preparano una tenda per stanotte, e domani potremo avere il nostro prezioso alloggio, in modo da non dovercene tornare a Maun per stanotte (eh sì, la città più vicina è a 80 km). Per scusarsi ci regaleranno un secondo game drive domattina, oltre a quello già prenotato per oggi pomeriggio. Son fortunati, hannno trovato due panda: fedeli al motto "un po' di puzza non ha mai ucciso nessuno e possiamo fare a meno del bagno" invece di far polemiche accettiamo magno cum gaudio, e ci diciamo tutti contenti che poteva andare peggio. Altro spoiler: se può andar peggio, lo farà Ci accomodiamo al bar ristorante dove mangiamo le provviste che ci siamo portati da Maun, cracker, formaggini, prosciutto in busta, e ammiriamo la fauna locale e la pozza poco lontana. Visto che la partenza per il game drive pomeridiano è prevista per le 14, chiedo a Heidi se posso avvicinarmi alla pozza, dove ho visto balzellare una scimmietta. Heidi mi dice di no e mentre mastico epiteti irriferibili al suo indirizzo ... ops, forse forse ha ragione lei. Guardate chi arriva La pozza è quasi secca, ma c'è acqua sufficiente per un bagnetto rinfrescante ... e noi ce lo godiamo! (siamo talmente vicini che non mi entra tutto nell'obiettivo!) Alle 14 arriva Kwaltu (si scriverà così?) la nostra giovanissima guida, solo ventiquattro anni, che ci accompagnerà con la nostra macchina in giro per la concessione: uno dei posti più secchi e riarsi che abbia mai visto, eppure piena di vita. E poi eccolo ... LUI. Anzi, loro, l'incontro più atteso, che non ci aspettavamo di fare qui: tre maestosi leoni, uno più bello dell'altro, almeno credo visto che il terzo, strxxxo come tutti i gatti, non muove una vibrissa e non si degna di farci vedere più che il posteriore dormiente Siamo incantati ... ora ci mancherebbe il leopardo per completare l'album dei Big Five, ma chi ci pensa? restiamo assolutamente incantanti per una buona mezz'ora, mentre le Loro Maestà non ci degnano di uno sguardo ma si concedono in pose fotogeniche, pieni di regale sussiego. (sonno io!) Dopo di loro tutto impallidisce, e pian piano, dopo tre bellissime ore su strade veramente nefaste (bravo Pando!) torniamo verso il campsite. Ci accompagnano alla nostra tendina, decisamente più lussuosa delle nostre scarsissime attese, e ci dicono che la cena sarà pronta alle 18.30 (!) Cena che sarà allietata da un bellissimo tramonto e dalla presenza di un'allegra cuochina che ci illustra i piatti con dovizia di dettagli e ci passa qualche ricetta, e di Heidi che più plumbea che mai ci strappa i piatti da sotto appena raccogliamo l'ultima forchettata. Secondo me se potesse ci manderebbe a letto senza cena per punizione Ma quando ci chiede se abbiamo trovato la tenda e le rispondiamo entusiasti che è bellissima riusciamo persino a strapparle un sorriso ... e ora siete pronti per le vere, mirabolanti sfighe? Non vi deluderemo!1 punto
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14 agosto - Maun Oggi è il grande giorno, uno dei motivi che ci ha spinto a fare questo viaggio, esploriamo il delta dell'Okavango! Sveglia alle 5, colazione in camera con i biscotti che ci hanno lasciato ieri pomeriggio e alle 6 siamo pronti. Ieri sera abbiamo sentito Mpho e ci ha detto che conviene partire presto per evitare le ore più calde, ma quando siamo al cancello, ci arriva un messaggio da Open Sands Safaris che ci dice che il nostro autista è appena partito e arriverà con qualche minuto di ritardo. Poco male, restiamo in zona, ne approfittiamo per scattare un paio di foto sceme, il selfie del giorno e alle 6:15 siamo pronti per partire! Ci vogliono circa 2 ore per arrivare alla zona dell'imbarco, per una parte su asfalto, per poi proseguire su una sterrata che passa nelle vicinanze di Elephant Haven, che visiteremo domani, un paio di villaggi sparsi nel nulla, passiamo dalla città, al deserto, per arrivare in una zona molto più verde! Verso le 8 ci fermiamo in mezzo alla savana, il nostro autista scende e apparecchia una colazione da fare invidia, caffè, latte, thé, biscotti e dei muffin davvero clamorosi... mentre mangiamo, ci guardiamo intorno e... Zebre, gnu, qualche gazzella in lontananza, gli scoiattoli di terra che corrono velocissimi, qualche timida mangusta. Alle 8:30 siamo all'imbarcadero, i mokoro ci sono, solo che manca il poler che sta arrivando a piedi da uno dei villaggi che abbiamo incrociato... Nel frattempo arrivano orde di turisti in viaggio di gruppo, tanto che la nostra bush toilet, della quale abbiamo approfittato in completa solitudine, ha una fila che pare quella dei cessi dell'Olimpico nell'intervallo di Italia - Scozia di rugby. In attesa del poler camminatore, ci gustiamo lo specchio d'acqua su cui si affaccia questa parte di mondo, è uno dei mille rami dell'Okavango, il fiume che porta la vita in questo angolo di mondo. L'Okavango è un bacino endoreico, che non ha uno sbocco in mare e muore nella zona nord del deserto del Kalahari, ma prima alimenta tutto il sistema delle acque di quest'area. Anche l'acqua del Boteti River arriva da qui, partendo dall'Angola e attraversando la Namibia, in un ecosistema in grandissimo rischio sia per le attività umane, che per i rischi legati al cambiamento climatico: la siccità in Angola degli ultimi anni ha drasticamente ridotto la portata del fiume. Nell'attesa, ci gustiamo le bestioline, qualche ippopotamo proprio di fronte a noi, una stupenda aquila e i tantissimi uccelli che passano per il delta. E quando arrivano i vari poler, tutti insieme, dal villaggio, si sono fatte le 9! Beh, i botswani sono meno crucchi dei namibiani... Il mokoro è la canoa tradizionale del delta, una volta era in legno di marula o di sausage tree (si, proprio salsicce), ora sono in vetroresina, sia per la salvaguardia delle piante, sia perché un mokoro adesso dura 15 anni contro i 5 dell'originale in legno ed è enormemente più leggero. È poco più largo del mio culo e la seduta è a terra e per renderlo più "comodo" è dotato di un paio di schienali movibili ricavati da una sedia di plastica. Io che sono un cristone di 180 per 100kg, agile come un ippopotamo, cerco di atterrare più leggiadramente possibile su questo guscio di noce, quindi cerco di tenere fermo tutto per permettere alla mia signora e pandona di poggiare il suo leggiadro posteriore sulla sedia... Ok, ci siamo riusciti, quello che non sappiamo è che dovremo ripetere quest'operazione altre 2 volte!!! La navigazione è una bellissima esperienza, si naviga sui canali che si stano riempiendo lentamente, fortunatamente quest'anno sembra che il fiume sia più gonfio rispetto agli anni scorsi, c'è solo il fruscio delle foglie e lo sciabordio dell'acqua intorno al mokoro, tra oche egiziane, open bill stork, kingfisher, aironi ed egrette. In più, ippopotami, il bufalo d'acqua, i waterbucks, impala e zebre. La passeggiata su una delle isole ci porta a conoscere le cacche e le impronte degli animali della zona... quelle degli elefanti sono facili da riconoscere (quella sopra è l'impronta, le cacche sono quei mucchi sparsi che si vedono nelle foto), le antilopi la fanno come le nostre pecore, quella del facocero sembra proprio un grappolo d'uva, quella delle giraffe è incredibilmente piccola e dura. Dividiamo il nostro pranzo col poler all'ombra di un'acacia su un'altra isoletta, la porzione è decisamente abbondante e lui sembra gradire, adesso la temperatura è decisamente alta, procediamo quasi sempre controcorrente e poverino, fa una gran fatica! Incrociamo dei pescatori, qui ci sono persici e pesci gatto, delle vere prelibatezze per loro. Torniamo all'imbarcadero dove ci aspetta l'ultima sfida della giornata... Sì, perché mentre all'andata ci siamo alzati e abbiamo camminato, è circa un'ora che siamo seduti nella stessa posizione e mi si sono addormentate le gambe, bloccate le anche e alzarmi è diventata un'impresa... Barbara scende abbastanza tranquilla, io mi esibisco nella migliore prestazione "Agile come un rinoceronte, pesante come un ippopotamo", rischiando di finire lungo disteso tra acqua, fango e mokori parcheggiati! Ora ci aspettano 2 ore con Tsidi per tornare in hotel, abbiamo giusto qualche minuto per rilassarci verso l'aeroporto! Sì, perché colti da trance agonistica, durante le prenotazioni abbiamo deciso che il delta dell'Okavango va visto dal basso, ma anche dall'alto ed abbiamo prenotato il volo con l'elicottero... è il nostro battesimo sull'ala rotante, Barbara ha passato gli ultimi mesi altalenando tra "sarà bellissimo" e "sarà l'ultima cosa che faccio" e sulla strada del ritorno comincia a canticchiare "Mi sto cagando sotto, otto, otto"... Arriviamo in agenzia, ci danno la carta d'imbarco, controlli di sicurezza e infine ci chiamano, il nostro elicottero è pronto! Oddio, proprio pronto no, aspettiamo qualche minuto sulla pista perché James, il nostro pilota, deve ancora atterrare dal giro precedente, arriva, fa il pieno e... Barbara vede James e comincia a magnificare tutte le sue virtù, prima tra tutte "è un bonazzo da paura". In effetti è un bel ragazzo, molto giovane (TROPPO), simpatico e disponibile, saliamo a bordo e... https://www.youtube.com/watch?v=VRJqNvNBXD4 La torre di controllo dell'aeroporto di Maun da l'autorizzazione al decollo e via, motore al massimo e dolcemente ci stacchiamo da terra, la paura di Barbara svanisce e diventa entusiasmo, in 5 minuti arriviamo sul delta e abbiamo una visuale davvero particolare della zona. Questo è un punto di vista davvero molto particolare, gli elefanti e gli ippopotami a mollo, i gruppi di giraffe quando ad un certo punto, James apre la comunicazione, ha avvistato uno degli animali più difficili da vedere, l'african wild dog, meglio conosciuto come licaone! Sono lontani e piccoli, si vedono appena e dall'elicottero è difficile ottenere dei buoni risultati, ma almeno si vedono. Sono rari, in via di estinzione, in quasi tutti i parchi c'è l'avviso di segnarsi il punto di avvistamento e comunicarlo ai ranger, anche il pilota è stupito, li ha visti pochissime volte. Naturalmente James avverte gli altri piloti e visto che mi sono dimenticato di fotografare il nostro velivolo, faccio la foto al gemello che ci si avvicina. Lo spettacolo dall'alto nella luce calda e liquida del tramonto è davvero una magia, Barbara alza il pollice e se la spassa, la sua paura è rimasta a terra, ora c'è solo gioia ed entusiasmo. Dopo i canonici 45 minuti atterriamo e Barbara fa: - Ne facciamo un altro? Spesa, benzina, visto che ci dovrà bastare per i prossimi 4 giorni e per finire la giornata, cena da Marc Eateries, dove mangiamo lo stufato di eland, il goulasch di facocero e una strepitosa zuppa di pomodori! Ah, c'è anche James, seduto con gli altri piloti proprio al tavolo dietro di noi... Troppo, troppo giovani... 😂😂😂😂1 punto
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13 agosto 2024 (Ntwentwe Pan - Maun) Alle 3 Paolo si sveglia perché gli scappa la pipì. Ovviamente scappa anche a me, ma non sono capace di far la firma con la proboscide, io [emoji3166] Ma come, non avevate il bagno? certo che ce l'avevamo ... peccato fosse a mille miglia dalla nostra camera, indicato solo da due fiochissimi lumi di candela, come quelli che fanno da porta alla nostra stanza del resto, dentro due sacchettini di carta a proteggerli dal vento. Dopo un rapido conciliabolo ci troviamo d'accordo che fa troppo freddo per andarsene a zonzo, e che i nostri gatti definirebbero il pan intero né più né meno che un'immensa lettiera, e si sa che i gatti hanno sempre ragione: lasciamo una torcetta accesa sul letto per non perderci nel nulla, ci allontaniamo di qualche decina di metri e ... fatto il misfatto! Alle 4.40 Paolo si sveglia di nuovo - non che si dorma poi così saporitamente, qua al Polo Nord, eh - e va a fare un book fotografico ad Orione a testa in giù. Orione, non Paolo, nell'emisfero australe naturalmente funziona tutto al contrario Chi mai sarebbe così scema da seguirlo al freddo e nel buio pesto per fare due foto? Ecco, appunto Non siamo molto soddisfatti, del resto le foto in notturna per me sono le meno facili, e senza nessun riferimento a fare da punto focale, l'insieme perde molto. Di questa, che ho scattato nel 2018 in Namibia, sono per esempio decisamente più contenta: Vabbé, non si può avere sempre l'albero scenografico a disposizione, ci accontentiamo di avere questo cielo di velluto trapunto di diamanti a nostra intera disposizione e dopo aver riposto i cavalletti nella jeep, ci accorgiamo che raggiungerla è stato decisamente più facile che ritrovare i nostri lettini, visto che le candele si sono ormai del tutto consumate e che nel nero totale in cui siamo avvolti non è facile tenere una direzione ... ... in qualche modo ce la facciamo e torniamo sotto i piumini finché inizia ad albeggiare, e lì ci rendiamo conto che il non aver chiuso bene i sacchi a pelo come hanno fatto gli altri per tenerci poeticamente la manina non è essere romantici, è solo onesta e sanissima gnuccaggine Non la ricorderemo come la notte più calda del nostro matrimonio, ma è stata bellissima, e abbiamo gli occhi ancora pieni di tutte le stelle del firmamento. E di sabbia, sì Non per l'ultima volta mi ritrovo a provare un enorme senso di gratitudine per questo viaggio, che ci sta regalando così tanto. Mentre facciamo colazione, più o meno alle sei, il nostro autista e l'altro ragazzo addetto alla logistica vanno all'insediamento più vicino con la jeep (e le nostre macchine fotografiche e i nostri cavalletti, argh) perché la vetustissima macchina che porta i rifornimenti ha una gomma a terra e ci serve una pompa. Non contenta, una volta rigonfiata si rifiuta di partire e ai ragazzi tocca armeggiare un po' per convincerla ... noi ci ridiamo su, tapini inconsapevoli di cosa abbia in serbo per noi la Sphiggy per il prossimo futuro, finiamo con calma la colazione e finalmente ripartiamo per il Gweta Lodge, dove arriviamo verso le dieci, dopo aver rischiato una nuova perdita oltre alle lenti da sole: stavolta è l'accendino di Paolo che cerca di suicidarsi sepolto nella sabbia. Caffè al lodge, che quando tentiamo di pagare ci viene gentilmente offerto, constatazione che un po' di puzza non ha mai ucciso nessuno eccetera quindi possiamo rinunciare alla doccia, per il momento, e partenza per Maun, il cuore del Delta. Ma prima, anche se ci porta fuori strada di qualche chilometro, andiamo a rendere omaggio all'attrazione locale: la pittoresca buffissima statuona all'hardvak, che presento resterà l'unico del viaggio. Ebbene sì, spoiler, l'oritteropo tanto sognato da Paolo in ciccia e pelo non lo vedremo neanche stavolta: tocca tornare in Africa! Ma almeno un selfie con lui ce l'abbiamo, doh! Lungo la strada incontriamo una quantità offensiva di elefanti, sento che a breve - come già a suo tempo in Namibia per le zebre - passeremo da "ooooohhh, un elefaaaaanteeeee" a "balla il tiptap? no? allora fa niente, procediamo" ... del resto il Botswana è il Paese dove vive il maggior numero di pachidermi in assoluto, e si dà da fare per non lasciarci dubbi in proposito. Uno struzzo che ci attraversa la strada! Una delle ricchezze del Botswana, oltre i diamanti, è senz'altro il bestiame. Abbiamo incontrato un'infinità di mandrie, tutte tenute benissimo, dall'aria sana e florida nonostante la siccità che imperversa ... purtroppo ogni tanto qualche capo entra a far parte del cerchio della vita prima del tempo, come questo vitellino che ora si dedica a sfamare un gruppo di avvoltoi litigiosi come non mi sarei mai aspettata. E' uno spettacolo raccapricciante, ma non nego che ha un certo fascino macabro. Maun non è come ce la aspettavamo dopo essere stati a Palapye, altra cittadina di discrete dimensioni: c'è un sacco di traffico, e pur essendo molto moderna è decisamente più Africa, sgarrupata e caotica. Siamo nel cuore del Delta, ora si comincia a fare sul serio, molto sul serio, e mentre io cerco di non pensare all'elicottero che ci aspetta domani ci fermiamo a mangiare (benissimo) al Dusty Donkey, in allegra e copiosa compagnia. Paolo si trova finalmente l'agognato kudu nel piatto, sotto forma di hamburger, io che temo - sbagliando - penuria di verdura nei prossimi giorni prendo un delizioso piattone vegetariano che fatico a finire. Passiamo la prima parte del pomeriggio dedicandoci a un paio di tappe infruttuose alla ricerca di copriocchialidasole per Paolo e del pass per i parchi che visiteremo nei prossimi giorni, ci avevano detto che a Maun è possibile acquistarlo pagando con carta di credito (non abbiamo ancora capito, anche se siamo qui da tre giorni, che con la carta di credito ci puoi pagare davvero tutto dappertutto, anche gli ingressi ai parchi che le guide proclamano solo in contanti) ma veniamo rimbalzati fino a scoprire che oggi è giorno semifestivo e nel pomeriggio lo sportello che ci serve è chiuso. Per finire ci dedichiamo al supermercato dove compriamo ogni genere di porcherie inutili e ci dimentichiamo clamorosamente dell'acqua ... una cosa ce dovevamo ricordà, una! Finalmente andiamo al B&B, che è una favola, immerso nel giardino creato dalla nonna di Sarah, la proprietaria, 55 anni fa. Abbiamo prenotato, come ultima disponibilità, la tenda lusso a bordo fiume, Sarah ci propone senza sovrapprezzo uno dei due bungalow in muratura per cui ha avuto una disdetta ma dopo aver visto la tenda ce ne siamo innamorati e decliniamo, preferendo tenerci la vista stupenda e lo charme di questa sistemazione. La mamma di Sarah, una signora bellissima dall'eleganza innata che ha voglia di chiacchierare (e con l'occasione, di parlar male dei francesi ), ci porta il sacchetto con la colazione perché domattina usciremo alle sei, in frigo abbiamo trovato latte e succhi di frutta, c'è il bollitore con the, caffè e tisane in abbondanza e ce la caveremo egregiamente. Usciamo dal retro del giardino, che dà proprio sul fiume - finalmente sta arrivando l'acqua dall'Angola, domani sera ci renderemo conto che il livello si sta già alzando - per fare qualche foto, ma tra moscerini e allarme coccodrilli decidiamo che è più saggio rientrare velocemente. A un'ora da ospizio, certamente non adatta a noi quando siamo a Roma, andiamo a cena alla Okavango Craft Brewery, e per for onore al nome ci prendiamo un flyer di ottime birre locali, oltre al pollo (fritto) all'halloumi (fritto) e all'insalata (fritt ... ah, no). Pur se friggono con un po' troppo entusiasmo per i miei gusti anche qui, si mangia decisamente meglio che in USA, si spende un quinto e ci sono anche gli elefanti: io di dubbi su dove trasferirmi proprio non ne ho, sono anche sorda e l'inferno di concerto che tengono proprio sotto la nostra tenda tutti i rospi del Botswana non mi tange neanche un po'1 punto