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21.05.2018 Grootberg Lodge Oggi ci aspetta una delle escursione più belle del viaggio, l'elephant tracking al Grootberg Lodge. La nostra guida è Kanu, faccia da figo, sorriso da piacione, praticamente un incrocio tra Harrison Ford e Eddie Murphy... Ci farà compagnia quasi tutta la giornata, visto che sarà lui a farci compagnia anche per il giro al tramonto. E diciamo che comincia subito alla grande... vede il Mostro con una ruota a terra e subito chiede di chi fosse l'auto... Gli do le chiavi, lui le passa all'inserviente, così al mio ritorno l'avranno riparata. Partiamo alla ricerca degli elefanti... Si, ma come si fa a cercare gli elefanti? No, non con la linguaccia, è quello che faresti se cerchi qualcuno al paese... chiedi in giro! Quindi cominciamo a chiedere a 2 col carretto, ad una famigliola che aspetta una macchina, agli abitanti di una delle fattorie dei dintorni... Tra un gira e un rigira, Kanu ci presenta la bush toilet... No, non è il bagno di casa di un paio di ex presidenti USA, è qualcosa che suona come "find a bush, hide behind and use the toilet"... Ancora una volta Barbara invidia la comodità di poter firmare le rocce e la savana... In verità, ci sono 2 metodi per cercare gli elefanti e quando il primo non da frutti, allora si applica il secondo... Qual è il secondo? Ma semplice, cercare la cacca di elefante! Naturalmente Kanu è troppo figo per cercare cacche e manda il suo scagnozzo, da solo e a piedi, mentre noi in auto cominciamo a creare una strada, seguendo le info dal walkie talkie. Si, creare... si lascia il sentiero, si punta un cespuglio, poi un fiume in secca, poi una pietraia, si trova un altro sentiero. Barbara è preoccupata... Gli elefanti si muovono in linea retta, soprattutto perchè nessuno ha il coraggio di dirgli di sterzare, quindi, trovata una cacca, bisogna trovare la direzione... se la successiva cacca è più fresca, la direzione è giusta, altrimenti, sono dall'altra parte. Il battitore chiama e dice che li ha trovati e ha visto dove si stanno dirigendo... Kanu parte di fretta, recupera il povero battitore e palpatore di cacche di elefanti e via, verso la zona... Ci fermiamo, il silenzio è palpabile, siamo tutti in attesa, qualcosa si muove... Ma è una giraffa... Nessun problema, dice Kanu, gli elefanti sono dietro alla giraffa, pazienza e silenzio, arrivano! Eccoli, finalmente! Sono elefanti del deserto, adattati per camminare su sabbia e pietrisco, la loro zampa è molto più larga degli elefanti che incontreremo dopo... la famosa zampa d'elefante! Sono un branco abbastanza numeroso, formato principalmente da femmine che viaggiano in gruppo compatto a proteggere un cucciolo, e da un giovane maschio, che va vedere che è lui che comanda, sbattendo le orecchie e tirando su la proboscide. Notate la zampa dell'elefante? Dopo l'avvistamento, ci fermiamo nel bush restaurant, proprio accanto ad un'altra bush toilet, per il nostro pranzo, accompagnato dall'immancabile Savannah Dry, quindi, sazi e soddisfatti, riprendiamo la strada per il lodge. Arriviamo verso le 2, il Mostro ha la ruota riparata, allungo una mancia all'inserviente e poi in stanza! Oggi pomeriggio abbiamo tempo per riposarci un po', quindi relax sulla nostra terrazza in attesa di partire verso il sunset drive. E questa volta, esploriamo il pianoro su cui sorge il lodge, alla ricerca del punto migliore. Anche questo lodge è completamente gestito dai locali, cuochi, camerieri, inservienti, sono tutti namibiani e tutti, invariabilmente sorridenti. Cena al Lodge, verso una vallata più buia del buio, per finire con la nostra terza dipendenza del viaggio... l'Amarula...1 punto
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20 maggio 2018, the Lion Man Eccomi, solo per raccontarvi qualcosa in più sui petroglifi che abbiamo trovato! Questo qui sotto, è una specie di mappa che indica le pozze d'acqua attive con un cerchietto puntato, quelle asciutte con un cerchio e in quale zone si trovano gli animali... in basso, vicino alla pozza ci sono orici e antilopi, mentre più in alto, ci sono i leoni... Altre sono una lavagna, per insegnare che forme hanno gli animali, ma non solo quelli della zona, come antilopi e giraffe, ma anche quelli della costa, come foche e pinguini (sulla destra). E per finire, il protagonista, il Lion Man... è la raffigurazione sciamanica di un uomo che si trasfigura in leone... infatti le zampe e la coda terminano con una mano a tutti gli effetti, con 5 dita invece dei 4 artigli del leone.1 punto
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Domenica 20 maggio 2018 Maledetti letti separati! Fa freddino, anche se meno di quanto pensassi, e i due singoli anche se accostati ci complicano l’operazione “sposini che dormono avvinghiati”, ma in qualche modo e come sempre vinciamo noi. Sappiate poi che la pipì dell’una di notte sotto le stelle è un bellissimo ricordo! Mi sono innamorata di questo posto 💓 Alle sette abbiamo il village walk con la stessa guida di ieri sera (venticinque anni … sigh!). Il titolare ci ha avvertiti che molti turisti ne restano delusi perché si aspettano scene folcloristiche, balletti, costumi, insomma tutto l’armamentario che io detesto, ed è bastato questo a convincerci a prenotare il giro. Ne usciamo davvero soddisfatti, incuriositi e con i piedi zuppi: non abbiamo visto nulla di straordinario, eppure in un certo senso è stato tutto straordinario. Camminare sulla loro terra, con uno di loro, ascoltando la vita quotidiana, i problemi, scoprendo le usanze … è una di quelle cose che danno un senso al viaggio, tanto quanto incontrare un branco di elefanti o una coppia di leoni che fanno colazione con uno gnu. Ci racconta delle mucche, delle capre, della siccità, della petizione che hanno inviato al dipartimento dell’agricoltura perché mandino un rappresentante fisso ad ascoltare i loro problemi e le loro richieste, hanno anche preparato le fondamenta per la futura sede dell'ufficio. Ci racconta che il mese scorso un ghepardo ha ucciso cinque capre in un solo allevamento, ci mostra un aspetto diverso a cui non avevamo pensato, i magnifici predatori che popolano i sogni dei turisti sono anche negli incubi dei contadini e degli allevatori. Iene, sciacalli, ghepardi, elefanti, possono produrre danni enormi, e la popolazione ha bisogno di aiuto per contenerli senza far loro del male, perché comunque tutti capiscono benissimo il senso della protezione accordata alle specie più fragili e rare. Ci racconta che prima del 2012 – data di nascita del Madisa Camp – un’alluvione ha devastato il villaggio distruggendo il pozzo, poi la siccità ha completato l’opera e più di un allevatore si è trovato a dover ricominciare daccapo, con tutto il bestiame morto o svenduto. Sono partiti per la città, hanno lavorato fino a mettere abbastanza da parte per ricomprare gli animali, e sono tornati … credo sia impossibile per loro rinunciare a vivere qui, nonostante la fatica, i problemi, i frequenti disastri, il richiamo della terra madre è sempre più forte. Ce ne ripartiamo più ricchi, lasciando più ricco ed entusiasta anche il ragazzino che si occupa della cucina, che non crede ai suoi occhi quando gli lasciamo anche la mancia post colazione e ci regala uno dei sorrisi più belli del viaggio. Un altro arriva poco dopo, quando vediamo una famigliola locale – mamma papà e cinque bimbi! - alle prese con il cambio di una gomma a bordo strada e ci fermiamo per chiedere se hanno bisogno di aiuto. Non abbiamo la pompa elettrica che gli farebbe comodo, ma quando Paolo si offre di gonfiare a mano la ruota di scorta al posto della figlia maggiore che si stava impegnando allo spasimo ma è pur sempre una ragazzina, accettano con entusiasmo, come i bimbi accettano entusiasti le polaroid che gli scattiamo tra grandi risate. Ci raccontano che per fortuna abitano “vicinissimi”, a quindici chilometri da lì, e non sono nuovi a questi inconvenienti … e di nuovo, salutata la famiglia, ripartiamo più ricchi ed allegri. Prima tappa in programma oggi, Petrified Forest … sono consentite solo visite guidate e passiamo un’interessante mezz’oretta con una giovane paffutella che parla un inglese abbastanza facile perché riesca a seguirla anch’io, a cercare di immaginare cosa siano i milioni di anni che sono stati necessari per fare pietra di questi tronchi che affiorano e ci guardano, dopo aver visto chissà quali sconvolgimenti e disastri, alluvioni, frane, incendi … a conferma che sono le avversità a farti diventare roccia J Dopo la Petrified Forest tocca a Twyfelfontein – la Fonte Indecisa, a volte c’era a volte no – dove si trovano, disseminati su un’area abbastanza ampia, antichi petroglifi che immancabilmente troviamo molto somiglianti a tanti già visti, nel deserto del Marocco e in quello del New Mexico, a Mesa Verde e a Capitol Reef. Mi affascina sempre scoprire come l’evoluzione dell’umanità segua a tratti gli stessi percorsi e poi si ramifichi tra mille tradizioni e mille differenze, mi fa sentire ricca. Paolo completa tutto il percorso, io rinuncio all’ultimo pezzo, troppo esposto e scosceso per i miei gusti, così mi perdo l’Uomo Leone, scelto come simbolo del sito, ma resto comunque soddisfatta. Il ragazzo che ci fa da guida poi, oltre a essere molto preparato e simpatico, mi dimostra una particolare cortesia, saputo che sono sorda si sforza per tutto il tempo di parlare più chiaramente e lentamente possibile il suo già ottimo inglese … quanto apprezzo queste piccole gentilezze, anche se ho sempre con me il mio traduttore e interprete personale J Decidiamo di rinunciare sia all’Organ Pipe che al pranzo (per l’ottima ragione che da qui al Lodge c’è un nulla assolutamente nullissimo e nessun modo di procurarci pappa, per fortuna abbiamo le provviste e ci sfamiamo con un imponderabile misciotto di biltong, crisp di lenticchie, succo di guava, noccioline … insomma, il solito mix tutta salute di ogni OTR che si rispetti ^^) e andare direttamente al lodge: stasera ci aspetta il Grootberg, che tanta pena ci ha dato in fase di prenotazione, ma intorno alle cui date disponibili abbiamo costruito la seconda parte del viaggio … le aspettative sono altissime. Lungo il percorso abbiamo fortuna con gli avvistamenti: cacca di elefante, mucche, cacca di elefante, springbok, cacca di elefante, un kamikazoiattolo, cacca di elefante, capre, cacca di elefante. Insomma, tanto valeva andare a fare un giro al laghetto dell’EUR 😛 La salita per il Grootberg resterà nei miei ricordi. Peggiori La maggior parte degli ospiti lascia la macchina al parcheggio alla base della prima salita, stretta, impegnativa, ripidissima e piena di sassi e prende la navetta, ma a Paolo non passa neanche per la testa di sottostare a una simile infamia, e io mi fido a sufficienza da non pensare nemmeno di proporlo. Se la cava benissimo, ma il centinaio di metri praticamente in verticale che porta al placido altipiano su cui sorge il lodge mette alla prova non tanto l’illimitata fiducia che ripongo nel mio eroe quanto il mio stomaco, che si chiude come un riccio alla vista dello strapiombo alla mia sinistra … tranquilli, per cena si riaprirà, avevate dubbi? Le nostre attese non restano deluse, anzi … questo posto supera le nostre più rosee aspettative, la vista dal bungalow mozza il fiato e i miei occhi si riempiono subito di lacrime. Il benvenuto è caloroso, la stanza accogliente, il cestoneymoon che ci fanno trovare sul letto con i complimenti della direzione prontamente saccheggiato. Che c’è di meglio che sgranocchiare patatine, biltong, noccioline e bere spumante davanti all’immensità? Ovviamente mele e banane vengono lasciate con sommo sdegno. Roba sana? Scherziamo? Neanche la scoperta che abbiamo forato vale a scalfire di un pelo la nostra felicità. La cena è ottima, come sempre la carne fa la parte del leone … ma è un inatteso, graditissimo pollo, per quanto la selvaggina sia favolosa un’interruzione ogni tanto fa piacere. Scopriamo l’amarula, meravigliosa, e ci godiamo fino alla fine l’improvvisato (o più probabilmente perfettamente coordinato e studiato per sembrare improvvisato), emozionante spettacolo di canti tradizionali messo in scena a cena finita dal personale di sala e cucina.1 punto