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Veloma, Mada! 2019


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21 Agosto 2019: Antsirabe - Betafo - Miandrivazo - Morondava

 

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Oggi ci aspetta la prima delle lunghe giornate di spostamento di questo on the road... In effetti sono meno di 500 km, ma vista la situazione delle strade, per percorrerli ci vorrà tutta la giornata, circa 10 ore di viaggio.

 

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Salutiamo il Couleur Cafe, forse uno degli alberghi più belli del viaggio, partiamo, facciamo 10 minuti di strada e mi accorgo di avere le chiavi della stanza in tasca... facciamo appena in tempo a invertire la marcia che Petit riceve la chiamata dell'hotel... Niente, falsa partenza, perdiamo una mezz'oretta da fessi!

 

Come prima tappa però, abbiamo la scuola di Suor Eni, a Betafo. Suor Eni (è il diminutivo, il nome completo è infinito e secondo me, non lo sanno nemmeno i locali) ha contattato Barbara su una pagina Facebook su cui chiedevamo cosa fosse meglio portare per i bambini malgasci... lei che è salesiana e pure sveglia, si è subito proposta e visto che è anche simpatica, abbiamo deciso di passare qui a lasciare quello che avevamo portato dall'Italia, o almeno, la parte che è arrivata, visto che la nostra speranza di recuperare la valigia a Morondava è momentaneamente sfumata.

 

Doveva essere una tappa velocissima, ma non avevamo fatto i conti con Suor Nunziatina... 

 

Si, perché Suor Eni non c'è e ci ha detto di rivolgerci direttamente alla superiora, arriviamo prima delle 9, entriamo nel cortile e una suora ci accompagna da Suor Nunziatina...

 

Beh Suor Nunziatina è un concentrato di tutto... forza, fede, coraggio, sorrisi, simpatia, è una siciliana DOC, alta 2 mele o poco più, ma ci rapisce, ci racconta la storia della sua vocazione e della sua volontà ferrea di fare la missionaria.

 

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Ci fa fare un breve giro, folgorando il povero Petit che voleva ripartire subito, ci racconta cosa fanno qui. Barbara, come tutte le donne che si rispettino, decide di marcare il territorio anche in quel di Betafo e io torno alla macchina a sistemare i bagagli.
Tiro fuori il cellulare, scatto una foto e...

 

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Dal nulla appare una frotta di ragazzini, tutti a vedere il vazaha, lo straniero con uno strano apparecchio al collo!

 

Tiro fuori la polaroid e scatto qualche foto, tra gli sguardi stupiti dei bambini che vedono "nascere" la loro immagine dal nulla. Quando glie le regalo, diventano matti, hanno una cosa da raccontare e da far vedere, una specie di piccola magia.

 

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Finalmente facciamo contento Petit e ripartiamo per il nostro lungo viaggio, non prima di aver abbracciato e salutato Suor Nunziatina che non la smette più di ringraziarci!


Il resto della giornata è strada, villaggi, strada ancora, paesaggi che cambiano con una frequenza impressionante.

 

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Villaggi che sembrano usciti da un'altra epoca, con i banchetti per vendere i prodotti dei campi, trafficati di Taxi Brousse carichi oltre ogni immaginazione, ma anche i pannelli solari, per caricare le batterie dei cellulari, che in un posto come questo significa riuscire a tenersi in contatto in ogni momento, molto più che da noi.

 

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Oggi, ci dice Petit, passeremo dalla città più fredda del Madagascar, Antsirabe, dove le temperature invernali possono addirittura scendere sotto i 10°, a quella più calda, Morondava, dove qualche volta si possono superare i 40°.

 

Ma prima, una delle visioni più drammatiche del viaggio... 

 

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Un intero villaggio scava pochi grammi di oro al mese nell'alveo del fiume, spaccando le rocce di granito e sciacquando la sabbia con le scodelle... uno dei villaggi più miseri e degli spettacoli più tristi del nostro giro, non ci sono campi verdi e coltivazioni rigogliose, ma solo roccia, rumore di martelli, un battere continuo per cercare una ricchezza che probabilmente non arriverà mai.

 

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Tutti, ma proprio tutti, bambini inclusi, sporchi e impolverati. 

Come accade da queste parti, dal nulla sbucano 5 o 6 bimbi, siamo i vazaha, l'attrazione del giorno... gli regaliamo le patatine che avevamo preso per noi e corrono via felici...

 

Facciamo la sosta pranzo a Miandrivazo, in uno degli hotely sulla strada, non uno dei migliori pranzi e qui apprendiamo la nostra prima lezione...

 

Lezione di vita malgascia: i polli degli hotely sono molto probabilmente morti di vecchiaia, visto che di solito sono duri come il legno!

 

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Subito dopo pranzo, mentre procedevamo a velocità imprecisata su una strada dritta (si, imprecisata, la strumentazione della Galloper segna solo l'ora e il livello di benzina, tutto il resto è fermo sullo 0)...

 

SBAM!

 

Si spalanca il cofano, Petit frena mantenendosi il più possibile in traiettoria, si accosta, richiude il cofano e niente, non sta giù, cerca di recuperare una corda con i lacci delle sue scarpe, io mi ricordo di avere un pezzo di paracord sullo zaino, sciolgo il nodo e riusciamo a mettere la corda in modo che il cofano non si apra più... 

 

Arriviamo a Morondava col sole che sta per scendere sul mare, ci fermiamo prima dell'hotel per salutare questa lunga giornata...

 

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Il Trecicogne è molto carino, rinnovato da poco e molto ben tenuto. Il proprietario è un milanese che vive in Madagascar da 25 anni e al quale avevamo promesso guanciale e parmigiano direttamente dall'Italia... solo che guanciale e parmigiano sono nella valigia che non è arrivata, speriamo di riuscire a consegnargli tutto tra qualche giorno, quando torneremo qui.

 

Visto che la connessione è ottima, proviamo a contattare la Kenya Airways... come al solito, ci rispondono che sono "sorry" (sorry sta ceppa de minç#ia!), mentre invece il Litige Bagage di Tana ci dice che la valigia è in partenza da Roma e probabilmente arriverà in nottata in aeroporto!

 

Un po' rinfrancati ci sediamo a cena... cocktail di gamberi con frutta esotica (esotica per noi, erano ananas, papaya e mango localissimi!), polpa di granchio all'avocado e le cicale di mare, tutto accompagnato dalla THB e per finire... la caipirissima, specialità del posto... Bisogna festeggiare, la nostra valigia potrebbe essere vicina!

 

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Giovedì 22 agosto 2019

 

 

Al risveglio trovo una bella notizia, Silvia-Bibispoon ha messo in azione tutti i suoi mezzi e contatti a Fiumicino (viva gli amici di forum, grazie Silvia 💓) e ieri sera ci aveva anticipato che la valigia sarebbe stata sul Nairobi-Tana in arrivo stanotte, e i solerti ragazzi dell'aeroporto ci hanno confermato via mail il suo arrivo. 

 

Per la seconda e ultima volta in questo viaggio oggi si parte con calma, Petit verrà a prenderci solo alle dieci, e ci godiamo un risveglio tranquillo e una colazione pantagruelica, forse la migliore della vacanza, sulla veranda vista fiume, e poi ci dedichiamo a un paio d'ore di sana pigrizia in contemplazione.

 

 

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Prima di lasciare l'hotel ci accordiamo con il gentilissimo proprietario perché uno dei suoi ragazzi vada a ritirare la nostra amata lontana all'aeroporto di Morondava, che ritroveremo tornando qui fra quattro giorni, e passiamo sia nel minuscolo scalo che negli uffici della piccola compagnia aerea malgascia su uno dei cui voli ci confermano essere già in viaggio la valigia. 

 

Ci fermiamo anche ad acquistare pane, formaggio e samosa per improvvisare un picnic alla Allée des Baobab, Petit ce l'ha promessa bollente ma deserta all'ora di pranzo, e ci godiamo anche qui la vita che scorre per le strade di quella che probabilmente è la cittadina più opulenta - o meno povera - che abbiamo incontrato, insieme ad Antsirabe, il turismo c'è e si vede. 

 

Il nostro ospite però ci ha raccontato che per venire a lavorare qui molti spendono un terzo del loro stipendio in trasporti, capita che ci sia chi si fa anche tre ore di taxi brousse pur di tenersi il posto, a causa delle strade in pessime condizioni e della miopia del governo che non fa nulla per investire in questo campo, cosa che oltretutto agevolerebbe il turismo.

 

 

 

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In meno di un'ora, dopo aver lasciato l'asfalto, iniziamo a incontrare i primi bellissimi giganti, e ci fermiamo subito incantati per mettere insieme i primi scatti.

 

 

 

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Poco dopo arriviamo all'inizio della Allée più famosa del Madagascar e Petit ci libera dal guinzaglio, raccomandandoci di non prendere un'insolazione e di tornare tra una mezz'oretta al visitor center per il pranzo picnic. Il caldo è pazzesco, il sole è impietoso e ... siamo praticamente soli. Aveva ragione lui, è l'ora ideale per godersi la magia e per fare tutte le foto che vogliamo senza essere costretti a uccidere nessuno 😆

 

Partiamo subito in estatico vagabondaggio e io mi fiondo ad abbracciare il primo baobab che incontro, mi trasmette la stessa vitale e penetrante sensazione delle Sequoie, io sono cinica, scettica, materialista, ma non posso fare a meno di pensare che sia la linfa della Madre Terra che mi parla attraverso la forza di queste enormi fragili meraviglie. 

 

 

 

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Siamo ormai pressoché cotti, croccanti fuori e teneri dentro, quando torniamo al visitor center e ... sorpresa: Petit ci ha preparato e ci offre un invitantissimo pranzo a base di spiedini di zebù preparati sul momento, il cui profumo delizioso ci stordisce, e attira un tenero canuccio mendicante (inutile dire che lo faremo felice, vero?)

 

 

 

 

 

 

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Il mio schiavo devoto mi procura anche un buon espresso, chi più felice di me, oggi? 

 

 

 

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Ristorati e rifocillati, dopo aver comprato un po' di bellissimi babobabbini di legno dagli artigiani locali, giocato con i bimbi e regalato foto e saponette, riprendiamo la strada verso la Kirindy Forest, dove dormiremo stanotte, inframmezzandola con due brevi soste, la prima al Baobab des Amoureux, quanto mai appropriata dato che domani sarà il nostro quinto anniversario (e ancora non ci crediamo, che sia già passato così tanto tempo 😃).

 

Ma prima, un aiutino a colleghi turisti in panne! 😜

 

 

 

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Abbracciati stretti finché avranno vita. Come noi, ma più romantici 😎 

 

 

 

 

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Seconda rapida sosta al Baobab Sacré, a cui ci si può avvicinare solo scalzi, ancora oggi meta di pellegrinaggi e luogo di preghiera per chiedere la grazia della fertilità. Non fatico a capirlo, c'è qualcosa di possente e di magico nell'aria, la Natura qui ha compiuto un lavoro spettacolare. 

 

 

 

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Al grido di "vazaha, vazaha" accorre una torma di bambinetti ... di souvenir ne abbiamo già presi un sacco prima, ma all'alimentari di stamattina avevo fatto scorta di biscotti per questa occasione, e le manine protese e i sorrisoni che ricevo in cambio mi dicono che ho fatto bene a investire 😉

 

 

 

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Il lodge spartano e bellissimo che ci ospiterà stanotte è nel cuore della foresta, frequentata dagli inafferrabili (tsè) fossa - in malgascio si pronuncia FUSA - e da un sacco di lemuri di tutte le specie, diurne e notturne, e noi siamo qui per catturarli 😄

 

 

 

 

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Come vedete non ci manca nulla, tranne la corrente nelle ore centrali della giornata e la notte. Abbiamo anche un certo numero di coinquilini, un paio di gechi e un minuscolo ragnetto che terrorizza il Malvagio Marito senza pietà. 

 

Ci sono concesse un paio d'ore di relax, che usiamo per chiacchierare, leggere, fare merenda con pane e formaggio avanzati, pigrottare un po' in veranda, leggere gli avvisi terroristici con cui siamo invitati a chiudere tutto la sera se non vogliamo fare TROPPA amicizia con qualche fossa intraprendente. 

 

 

 

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Poco prima del tramonto ci avviamo alla receprion, dove troviamo un gruppetto di turisti e di guide: ciascuno ha la sua, e verremo accompagnati dai rispettivi autisti ancora più all'interno della foresta per una passeggiata alla ricerca dei lemuri notturni. 

 

 

 

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Mentre aspettiamo che si faccia l'ora di partire e cerchiamo di fotografare un indisponentissimo uccelli del paradiso quando mormorii e movimenti ci fanno partire spediti in direzione della strada di accesso al lodge. Eccoli, eccoli! Gli inafferrabili fossa sono qui 😉

 

Somigliano vagamente a felini di taglia media, ma sono mustelidi, e si vede benissimo dal musetto che non sono parenti dei gatti di casa. 

 

 

 

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La mandria di turisti che segue i loro spostamenti con continui oooohhh di meraviglia non sembra indisporli particolarmente, credo ci siano ampiamente abituati, è il biglietto che pagano per servirsi alla mensa dei dipendenti. Li sto osservando a distanza di sicurezza mentre sono appunto intenti al saccheggio nella struttura dove i ragazzi del resort consumano i pasti quando uno dei due decide che è ora di fare una passeggiata, esce dal capanno puntando nella mia direzione e poi ... punta decisamente me! Mi punta, mi punta, mi punta ... resto perplessa e paralizzata, che vuole da me sto gatto culone? Assaggiarmi vuole. Mi si avvicina, emette una specie di soffio-grugnito-ringhio e ... mi addenta lo scarponcino, lo screanzato!

 

Presa alla sprovvista, agito il piede e il ditino, e gli ringhio a mia volta "NO! MOLLA! GIU'" esattamente come faccio con Ciopino. Preso più alla sprovvista di me, il gatto culone ci resta malissimo, mi manda signorilmente a quel paese e si allontana indignato.

 

Maritone si preoccupa subito ... sì, si preoccupa di immortalare il fattaccio! del resto, è mica Malvagio per niente, no? 

 

 

 

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Adesso ci scherzo e sul momento non mi sono quasi resa conto di cosa stesse accadendo, ma poteva sicuramente finire in modo più antipatico ... eppure ho seguito tutte le raccomandazioni, sono stata a distanza, non mi sono mossa quando si è avvicinato, non ho cercato di attirare la sua attenzione nè l'ho provocato ... 

 

Il suo compagno continua serafico a mangiare, per fortuna non è interessato ad assaggiare me. Decisamente più simpatico!

 

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Non particolarmente scossa dall'avventura, parto con Petit, Malvagio e Ferdinand, la nostra guida, alla volta della foresta ... magica, magica davvero. 

 

 

Abbiamo fortuna e avvistiamo tutte e tre le specie notturne che vivono qui, riusciamo persino a fare qualche foto non particolarmente riuscita, e in capo a un paio d'ore torniamo alla base sazi e soddisfatti per la bellissima serata. 

 

 

 

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BUH!

 

 

 

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Ci diamo appuntamento per le 7, domattina Ferdinand ci accompagnerà alla scoperta della vita diurna. La cena, a lume tenuissimo di lampadine a basso voltaggio, è buona più di quanto mi aspettassi in un posto così lontano da tutto e così poco tecnologico. Pomodori, verdure, straccetti di zebù, bistecca di manzo con patate, ananas caldo e freddo, frutta mista, come sempre accompagnati dalla fida THB.

 

Tornando alla nostra casetta incontriamo un malvagio che fa paura a Malvagio, poi ci chiudiamo coscienziosamente dentro l'alloggio e sprofondiamo nel buio più buio in cui mi sia mai capitata di trovarmi non appena viene staccata come ogni sera la corrente. Alle nove e poco più siamo a nanna, inizia una notte buia e rumorosa (almeno per Paolo 😆) e ... domani anniversario, tanti auguri a noi!

 

 

 

 

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23 Agosto 2019: Kirindy Forest Lodge - Bekopaka

 

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I rumori della notte nella Kirindy Forest...

Versi di uccelli, movimenti tra le foglie, sulla terrazza, qualcosa passeggia sul tetto della nostra capanna, il buio fuori è assoluto (non c'è elettricità tra le 21:00 e le 6:00 del mattino), ma ad un certo punto, ai mille rumori della foresta si sente un TIC TIC TIC molto più familiare.

 

Piove? Ma non siamo nella stagione asciutta? 😱

 

Suona la sveglia, stamattina abbiamo una passeggiata nella foresta, sempre con Ferdinand, l'appuntamento è alle 7, ci fiondiamo a colazione per le 6:30, un caffè, dell'ottimo succo, pane e marmellata e siamo pronti a partire alla scoperta della Forete Seche... Talmente tanto "seche" che la pioggia di stanotte ha lasciato ben poche tracce e evita solamente che si sollevi troppa polvere.

 

La costa ovest del Madagascar è più desertica, in quanto gli alisei soffiano da est e le perturbazioni vengono fermate dalle catene montuose che tagliano il paese da nord a sud. Qui le piogge sono per la maggior parte stagionali, durante il nostro inverno.

 

Oggi la nostra passeggiata parte direttamente dal Lodge, in poche centinaia di metri siamo nel fitto della foresta, guidati da Ferdinand che ci indica le varie specie di lemuri diurni che vivono qui.

 

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Ce ne sono tantissimi, non sono spaventati dall'uomo e si lasciano avvicinare senza paura. Essendo una riserva naturale, non è possibile né toccarli, né dargli da mangiare, ma non ce n'è bisogno, non sono timidi per niente!

 

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Inizialmente vediamo 2 specie di lemuri, quelli grigi e marroni, un gufo bellissimo che si riposa dopo una notte di caccia e infine, anche loro, i Sifaka, i lemuri più grandi di quest'area, molto belli, con la loro colorazione bianca e nera e la coda lunghissima.

 

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Sono agilissimi e saltano con leggiadria da un ramo all'altro, come se non avessero peso, si lanciano con tutte e 4 le zampe da un albero, ruotano in aria come un trapezista e atterrano sempre su tutte e 4 le zampe. 

 

Alle 9:30 torniamo al lodge, soddisfatti ma sudati come in una sauna... Ci avevano consigliato di indossare una maglia a maniche lunghe, visto che la foresta "seche" è piena di rami secchi e spine, ma se anche la foresta è "seche", l'umidità è altissima!

 

Partiamo subito verso nord, su una pista sterrata, ma, dice Petit, il peggio sarà dopo!

 

Arriviamo al primo dei fiumi da attraversare... 

 

Ci sarà un ponte, direte voi... ehm, come dire... No, ponti non ce ne sono, lo Tsibirihina è un fiume dalla portata molto variabile e durante l'anno, cambia anche il punto di approdo dei pontoni che servono ad attraversare il fiume.

 

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Come dappertutto in Mada, se c'è la possibilità di radunare più di 2 persone, nasce un piccolo mercato, con cibo, bevande e dei banchetti di ortaggi o frutta... 

 

La cosa più bella è vedere come tutto, ma proprio tutto, viene trasportato su e giù dal pontone a forza di braccia, così come tutte le manovre di attracco, i ragazzi si buttano in acqua e spingono e tirano finché non allineano il pontone alla rampa.

 

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Per chi si chiede perché arrivino solo palestrati, basta guardare per 10 minuti queste scene per capire che la loro palestra è la vita di tutti i giorni.

 

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La traversata dello Tsibirihina dura circa 40 minuti, durante la stagione delle piogge è possibile vedere anche dei coccodrilli, che però in estate vivono nelle zone più interne, vediamo gente che si lava, che lava i panni, bambini che giocano sulle sue sponde, tutti quando ci vedono abbozzano un sorriso e salutano, con il fantastico spirito di questo popolo.

 

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In una delle tante versioni del nostro giro elaborate dalla MCT, c'era la crociera sul fiume da Miandrivazo ad appunto Belo... Ne abbiamo lette tante, poteva essere una cosa molto interessante, la crociera sul fiume dura quasi 3 giorni e si passano 2 notti in bivacco e in alcuni casi si sono verificati dei problemi di sicurezza, con degli attacchi ai campi da parte di locali. Nirina ci aveva tranquillizzato, dicendo che erano casi sporadici dovuti principalmente ai mancati accordi tra equipaggi e proprietari delle zone di campeggio, ma alla fine abbiamo deciso di evitare...

 

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Finalmente arriviamo a Belo, che tra le tante cittadine attraversate è quella che mi ha dato l'impressione peggiore... è l'unica dove abbiamo trovato tanti ragazzini che chiedevano qualsiasi cosa un po' troppo insistentemente, acqua, soldi... 

Ci siamo fermati a mangiare al Karibo, un ristorante per turisti (con prezzi per turisti, ma sempre economici per noi) ma con un cibo eccezionale...

Gamberi grossi come cosce di pollo, calamari fritti, tutto buonissimo... fuori però è pieno di ragazzini che chiedono qualcosa, dall'acqua, alle bottiglie...

 

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Uscendo, decidiamo di acquistare un paio di pacchetti di "cacà du pigeon", uno snack a base di noccioline molto diffuso... non faccio tempo ad uscire che un paio di ragazzini si azzuffano, mi strappano i sacchetti e ne versano la metà per terra... Ecco, nelle nostre 2 settimane di on the road, solo qui abbiamo visto scene del genere.

 

Da Belo per Bekopaka bisogna viaggiare in convoglio... non solo per motivi di sicurezza, ma anche perché sulla strada non c'è niente e qualsiasi problema può diventare serio, se la macchina si ferma, non c'è niente intorno, bisogna abbandonarla e salire in macchina con qualcun altro.

 
Per formare la carovana, ci fermiamo all'uscita di Belo e nemmeno a dirlo, ci sono banchetti, un piccolo mercato e tantissimi bambini!

 

Uno dei banchetti vende patate dolci fritte e frittelle di pane, mi avvicino alla signora (col codazzo di ragazzini pieni di speranza) e chiedo quanto costano...

"500 ciascuno"

Beh, ne prendo 10, sono 5000 ariary, poco più di un euro, do la patata più grossa al bimbo più piccolo che se ne va tutto tronfio e fiero, ma poi i bimbi diventano troppi, Petit mi fa segno, gli lancio il sacchetto con le frittelle e lui, con fare autoritario, dice che se non fanno i bravi, il sacchetto se lo porta via...

 

Ci si avvicina un malgascio, curioso per le nostre magliette e ci chiede se facciamo parte di qualche associazione no-profit; è una persona molto distinta, parla un ottimo francese e un altrettanto ottimo inglese, ci racconta un po' del suo paese, dei problemi di corruzione che come al solito, sono in alto, della mancanza di una qualsiasi forma di assistenza pubblica, sia per la sanità che per l'istruzione. Lui è la guida di un gruppo di anglofoni, credo americani, che però erano rimasti in auto.

 

Siamo quasi pronti per partire, ma i bimbetti non demordono, ci girano intorno alla ricerca delle frittelle avanzate e uno più sveglio degli altri dice a Petit che devo prendere il resto dalla signora del banchetto...
"No, ho pagato 5000Ar, le frittelle costano 500 l'una"

"Eh no, le frittelle costano 500 Franchi malgasci, la vecchia valuta, e 5000 Franchi sono solo 1000 ariary, la signora ti deve 4000 ar"

 

Ah, paracula! me volevi frega'? e invece i bimbetti sono più furbi di te!!!

😂😂😂😂😂

 

Torno al banchetto, chiedo alla signora se mi dovesse il resto, lei comincia a contare 4000Ar ma la fermo e le dico di non volere il resto, ma che deve darlo in frittelle ai bimbi!

 

Oh, un'esultanza così non l'avevo vista nemmeno ad un gol della nazionale, la signora era contenta perchè ha praticamente svoltato la giornata, i bambini erano contenti perché così avevano le loro frittelle!

 

La carovana è pronta, partiamo verso nord, ma mentre iniziamo a muoverci, ci raggiunge una bimbetta per salutarci e ci mostra tutta contenta il suo sacchetto di frittelle.

 

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Viaggiare in carovana serve a qualcosa... una delle macchine ha bucato e restiamo fermi una mezz'ora per dargli assistenza.

 

Il viaggio è lungo e per niente confortevole, polveroso e ballonzolante, la strada fa letteralmente schifo, viene cancellata ogni anno dalla stagione delle piogge e ogni anno rinasce, seguendo il percorso di minore resistenza.

 

Arriviamo a Bekopaka poco prima del tramonto e qui, dobbiamo attraversare il Manabolo, sempre con il solito pontone.

 

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Mentre aspettiamo il nostro turno, ci circonda il solito gruppo di ragazzini, questi hanno solo voglia di giocare e non mi tiro indietro!

 

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Tiro fuori anche la instax e regalo qualche foto prima che mi finisca la batteria... uno dei bimbi corre via felice ed è l'eroe del villaggio, mostrando a chiunque incontri la sua foto!

 

La bimba di queste foto invece ha solo voglia di fare la bambina... la faccio volare, le faccio vedere le foto sul display della reflex, ride, gioca... Ha un problema alle gambe, non cammina bene e non è nemmeno l'unica che vedo che ha difficoltà di movimento... qualcosa che in Italia si risolverebbe con un tutore o delle scarpe ortopediche, qui diventa qualcosa che ti segna per tutta la vita.

 

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Finalmente, arriva anche il nostro turno per il battello, attraversiamo il Manabolo e in un quarto d'ora ci troviamo nel nostro hotel, doccia gigante per tirare via la polvere del giorno, passiamo 10 minuti a commentare quanto fosse sporca l'acqua dopo la doccia (ah, noi ignari...) e poi via, a festeggiare il nostro quinto anniversario!

 

La cena prevede una soupe de poisson, calamari con patate, un dolce assolutamente dimenticabile, l'ottima THB per annaffiare tutto, una gatta paracula che fa il giro dei tavoli miagolando per farsi dare un pezzo di pesce (le patate non le mangia, la fame non è un suo problema).

 

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E per finire, un bellissimo camaleonte su un albero a bordo piscina!

 

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Buonanotte mondo!

E buon anniversario n° 5, mia Pandina!!! 

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Sabato 24 agosto 2019

 

 

Colazione con gli uccellini! è veramente una giornata magnifica, ci siamo svegliati presto e di ottimo umore e siamo pronti ben prima dell'appuntamento delle 8.30 con Petit.

 

Ma quanto sono buone ste bananine?

 

 

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Oggi ci aspettano gli Tsingy: saggiamente, consci delle mie limitate possibilità, abbiamo deciso di evitare le ferratine e il ponte tibetano dei Grandi e ci limitiamo al percorso dei Piccoli Tsingy, vicino all'hotel.

 

Mi sento un po' in colpa a limitare così anche Paolo, ma generosamente mi rassicura sul fatto che non è troppo dispiaciuto di non potermi mostrare tutta la sua verve atletica 😎

 

La prima tappa però è all'imbarcadero, per la gita in piroga sul Manambolo.

 

 

 

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Qui il perplesso è Paolo, che teme per i miei impianti: la piroga non è esattamente un transatlantico e gli dà poco affidamento. Io però ho già fatto due giri in piroga in Uganda e so che mi regge, e soprattutto non ho mai rinunciato a qualcosa perché sono sorda e non ho voglia di iniziare adesso, quindi raggiungiamo un accordo: terrò uno solo dei due impianti, il secondo va nella scatoletta impermeabile a tenuta stagna dentro lo zaino. E compro un cappello, visto che i nostri grandi sono rimasti nella Valigia Vagabonda e quello piccolo che porto sempre con me va a Paolo che non ne trova in vendita di abbastanza grandi per il suo capoccione.

 

Mi innamoro subito di quello bruttissimo identico al vecchio cappello del nonno, sette euro e passa la paura. Tutti tronfi per i rispettivi orrendi copricapi saliamo finalmente a bordo insieme a Tonga, la nostra guida per oggi, e io mi sento immediatamente al sicuro, la piroga è molto più stabile di quanto ci aspettassimo.

 

 

 

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La navigazione dura quasi un paio di bellissime ore, la piroga scivola silenziosa sulla placida corrente e io mi beo dei suoni della natura che seppure a metà riesco finalmente a sentire "puliti".

 

 

 

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Si vede poco ma c'é: un martin pescatore!

 

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Lungo il percorso ci fermiamo due volte, per entrare in altrettante grotte, ad ammirare stalattiti, stalagmiti e pipistrelli. Tonga, già gentile di suo, quando viene a sapere del mio piccolo problema tecnico diventa impagabile, mi regge per aiutarmi a mantenere l'equilibrio, mi porta lo zaino, mi dice in continuazione di stare attenta alla testa. In conclusione, mi godo la gita più di quanto avessi immaginato.

 

 

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Dolcissimi e tenerissimi: senza Tonga non li avremmo mai individuati. Unico rimpianto, quando chiedo di portarmene a casa qualcuno, Malvagio dice di no con estrema fermezza e pervicacia, confermandosi appunto orribilmente malvagio.  E il lemure no, e il geco no, e il pipistrello no, e il ragno no ... mainagioia, insomma.

 

 

 

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Impossibile resistere alle foto turistiche: cosa insolita per i nostri viaggi, dal Mada ce ne siamo riportate diverse con cotanti soggettoni  nella stessa inquadratura 😜

 

 

 

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Tonga ci piace un sacco, sempre più via via che la mattinata avanza: ci racconta un po' di sé, dice di essere un privilegiato perché la sua famiglia possiede una mandria di zebù, sono decisamente benestanti per il metro di questo Paese meraviglioso e poverissimo. Proprio dalla ricchezza dei suoi deriva il suo nome, che significa Benvenuto: non è una bocca in più da sfamare a fatica ma un regalo della vita ai suoi già fortunati genitori.

 

 

 

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Parla un ottimo francese e un po' di italiano, ha 26 anni, studia fisica all'Università di Tana e il suo progetto di vita ci piace tantissimo: durante la stagione turistica fa la guida qui, dove ha la famiglia, per mettere da parte i soldi delle mance e pagarsi gli studi, che vuole proseguire fino a diventare ingegnere. E poi? e poi voglio restare qui, lavorare per il mio Paese, farlo crescere, migliorare le condizioni di vita per tutti.

 

 

 

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A quattro zampe passiamo nel cunicolo sulla sinistra per goderci questo magnifico ambiente, chiacchierando ancora di tutto, del Mada, di politica, delle peculiarità di questa zona.

 

 

 

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Dividiamo con Tonga la nostra bottiglia d'acqua, ma quando la offriamo al taciturno barcaiolo riceviamo un cortese diniego, e quando basiti lo vediamo bere direttamente dal fiume con le mani a coppa con la massima nonchalance, Tonga ci spiega che per il loro organismo questa è praticamente acqua pura, dato che vi sono assuefatti da sempre ... ma ci sconsiglia dal tentare l'esperimento 😁

 

 

 

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Al ritorno ci mostra anche i resti degli antenati, in alto sul costone di roccia che accompagna il fiume, spiegandocene il culto con parole piene di amore e rispetto, e ci racconta un po' di storia del Madagascar, e di come le tribù bantu provenienti dall'Africa si siano mescolate con quelle asiatiche, dando vita a una commistione di caratteri fisici e tratti somatici che dal primo giorno ci sorprende, in un Paese popolato da così poco tempo e da così tante razze che potenzialmente poteva essere una polveriera ed ha invece una delle popolazioni più miti e simpatiche e tolleranti che ci sia mai capitato di incontrare.

 

 

 

 

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Non c'è guerra qui da decenni, e i pochi malgasci che lasciano il Paese nonostante l'estrema povertà non lo fanno scappando, ma legalmente e via aerea, tranne qualche sporadico tentativo di sbarcare a Reunion o a Comore e Mayotte, territorio francese. La popolazione, tristemente giovanissima, di uno dei cinque Paesi più poveri al mondo conosce solo la pace, e non sembra per fortuna aver voglia di imparare qualcosa di diverso.

 

Tonga ci racconta che la rovina del Madagascar è la corruzione ai più alti livelli della politica, che blocca lo sviluppo delle infrastrutture, della scuola, dei lavori pubblici ... ci sembra una canzone fin troppo conosciuta, ed è un vero piacere scambiare impressioni con un giovane uomo così intelligente e in gamba.

 

 

 

 

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Pecatrici di gamberi di fiume

 

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Lasciata con un po' di rammarico la nostra bellissima imbarcazione, ci avviamo, sempre insieme a Tonga, a iniziare il percorso FACILE ai Petit Tsingy, che inizia di fronte all'imbarcadero, non prima di esserci goduti un entusiasmane, strisciante, innocuo tete a tete.

 

 

 

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Ora, che si sappia: sul percorso FACILE, un americano ottimista muore. Io che ho la testa dura ce l'ho fatta, e ancora non ho capito come, e ancora meno di me l'ha capito Paolo. Seguitemi, vi parlerò delle avventure di

 

 

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Si inizia con una breve passeggiata pianeggiante, che ci introduce al primo contatto con queste rocce scabre e taglienti, nate quando il Madascar era ancora unito all'Africa in seguito agli sconvolgimenti e agli scontri tra le zolle continentali. E' un ambiente unico al mondo, ed è assolutamente magnifico per il poco che ho potuto vedere io, penso che lo spettacolo che offrono i Grand Tsingy possa veramente da solo valere il viaggio in questo Paese.

 

 

 

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Il loro nome deriva dalla lingua indigena, in cui "tsingy tsingy" significa "in punta di piedi" ... non credo ci sia bisogno di spiegare il perché, neanche a chi non ha provato ad arrampicarsi, magari senza scarponcini da trekking, per entrare in questo mondo fatato.

 

 

 

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Poco a poco il sentiero si stringe, le pareti si fanno più alte e scoscese, ancora non sono preoccupata ma inizierò ben presto a farmi delle domande ...

 

 

 

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Ancora allegri e ridanciani, porelli!

 

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Accidenti alle tettone!

 

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... ma c'è chi è messo peggio 😜

 

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Supero un primo punto difficile: due pareti si fronteggiano, tra una e l'altra il vuoto, devo scendere appoggiando i piedoni su minuscole sporgenze sospese. Non mi piace, ma mi dico: beh, è il percorso facile, sarà l'unico punto un po' così, andiamo avanti. Dietro di me Paolo aspetta che io molli subito e torni indietro, ma per fortuna non lo so e proseguo.

 

Poco dopo, piccola scalata. Sono rilassata. Sono molto rilassata. Sono molto rilassatissima. Sono moltissimo rilassatissima, ho detto!!!

 

 

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Passiamo dall'altra parte, sarà sicuramente l'ultimo punto difficile.

 

 

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Ancora un po' di sentiero, una piccola scaletta abbastanza comoda e ... ooooohhh!

 

 

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Siamo in alto sugli Tsingy, la vista toglie il fiato. Anche la strizza, ma vabbé, non stiamo troppo a sottilizzare, tanto era sicuramente l'ultimo punto difficile.

 

 

 

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Sono sempre più rilassata, e Malvagio non ride di me, mai neanche un po', nemmeno un pizzico.

 

 

 

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Da qui in poi, le trasmissioni tra i miei neuroni si interrompono, e sullo schermo lampeggia solo un cubitale, fluorescente, brillantissimo OH CAXXO, per cui altro non so dirvi 😆

 

Tonga si prodiga per me, e tra uno "tsingy tsingy", una mano tesa e un "mora mora" riesce a tenermi più tranquilla di quanto avrei creduto possibile, anche nei punti in cui guardando davanti a me mi sembra di aver toccato ormai l'impossibilità e di dovermi rassegnare a trascorrere quel che resta della mia misera esistenza tra rocce e ramarri, contanto sulla pietà dei turisti di passaggio per rimediare una tavoletta di cioccolato ogni tanto e non morir di fame.

 

 

 

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Non so ancora bene cosa sia successo, fatto si è che nelle due ore prescritte siamo incredibilmente fuori dal labirinto, io sono incredibilmente ancora viva e intatta, la mia reflex non ha subito danni, il mio orgoglio al momento è sotto anestetico per la fifa e le vertigini ma appena tornerò presente a me stessa esploderà un in grandioso peana autocelebrativo da far impallidire i campioni del mondo di qualsiasi disciplina inventata sulla Terra 😬

 

Incontriamo ancora un paio di bestiole, io mi incanto a ricambiare lo sguardo appassionato del delizioso lemuretto che mi fissa con estremo interesse, finché Tonga distrugge le mie modeste illusioni: è un lemure notturno, ha troppo caldo per restare nel suo tronco e ora sta dormendo con gli occhi sbarrati. E niente, mi devo rassegnare, la mia stagione di conquista è mestamente conclusa e sono una matura signora che ha abbondantemente passato gli anta 😜

 

 

 

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Usciti dal parco, attraversiamo il villaggio per raggiungere Petit e ci fermiamo a chiacchierare, regalare polaroid e qualche risata con due signore e un gruppetto di bimbi festanti prima di rientrare in hotel.

 

 

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Lasciamo a Tonga una meritatissima mancia, gli dico che è merito (colpa?) sua se Paolo ha ancora una moglie e ... buona fortuna ragazzo, che tu possa realizzare tutti i tuoi bellissimi sogni.

 

 

 

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Sulla strada del ritorno ci accorgiamo che Petit non è del solito umore e quando gli chiediamo se è successo qualcosa ci racconta che è appena mancato un suo amico d'infanzia, che era malato da tempo, in dialisi - che faceva due volte la settimana invece delle tre necessarie perché troppo costosa per potersela permettere - e purtroppo in costante peggioramento negli ultimi mesi. Una volta di più non possiamo non pensare a quanto siamo fortunati, io per prima che ho ritrovato la gioia di vivere e sentire grazie a un intervento costosissimo e delicatissimo per cui non ho dovuto sborsare un centesimo. Non posso fare a meno di pensare che anche se è un privilegiato, il nostro autista vive una vita così vagabonda da non permettergli di vivere i momenti dolorosi e quelli lieti insieme alle persone che ama ... anche volendo, non riuscirebbe a tornare in tempo per i funerali, da Inculonia dove siamo alla capitale sono tre giorni di viaggio.

 

Decidiamo di lasciare il pomeriggio libero a Petit, e dopo un rapido pranzo a base di patate fritte ci concediamo un pomeriggio di relax in piscina, dove per la prima volta provo l'accessorio apposito per l'impianto (anche stavoltane tengo solo uno perché qui sono terrorizzata io), e dopo trentacinque anni sento di nuovo i rumori del mondo mentre faccio il bagno. Le mie lacrime di gioia si confondono con l'acqua caldissima, ma mi sono rimaste nel cuore come un regalo meraviglioso.

 

 

 

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Anche Malvagio è molto soddisfatto! ed esterna la sua gioia rubandomi il cappello fashion.

 

 

 

 

 

 

 

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Concludiamo la giornata con un paradisiaco massaggio di mezz'ora per la principesca somma di sei euro a testa, una birretta, due chiacchiere con Elisa e Matteo, due ragazzi di Firenze che sono molto più "zaino in spalla" di noi, simpaticissimi, conosciuti ieri sera mentre aspettavamo di imbarcarci per attraversare il Manambolo e ci hanno scambiato per francesi. 

 

Tornati in stanza decido che non ho accumulato abbastanza lividi e tagli su gambe e braccia, voglio battere la me stessa che è tornata dal gorilla tracking di cinque anni fa con un elegante motivo giraffato sul 90% del corpo, e quindi metto un piede in fallo entrando in doccia e mi SCATAFROMBOLO nella medesima. Fatevi spiegare da Malvagio etimologia e significato, io vi dirò solo che fa malissimo ... dal telefono della doccia esce un'acqua dall'inquietante e polveroso colore di Eau de Manambol, per cui rinuncio a un lavaggio troppo approfondito, e ridendo con le lacrime agli occhi me ne vado a cena col mio eroe. 

 

Il micio canterino di ieri sera, ribattezzato dapprima Pavarotti e poi con un più calzante Paraculotti stasera non è qui a elemosinare, peccato, gli avrei ceduto volentieri i terrificanti scottissimi spaghetti serviti come contorno ai nostri gamberoni. Decisamente più buone le frittelle di melanzane e pesce ignoto e la torta di pane con cui la cena si conclude. 

 

E anche stasera, quando noi andiamo a letto le galline stanno ancora facendo l'aperitivo 😄

 

 

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Il 20/10/2019 at 15:20, mouette dice:

Qui il perplesso è Paolo, che teme per i miei impianti

capisco Paolo, ma io mi sarei più preoccupato dei batteri grandi come un braccio che probabilmente vivono in quell' acqua 😅

Il 20/10/2019 at 15:20, mouette dice:

dal telefono della doccia esce un'acqua dall'inquietante e polveroso

penso che Melissa in quel momento mi farebbe montare sul primo aereo,deltaplano,aeroplanino di carta...per tornare a casa😱

 

i pipistrelli sono bellissimi, ne avevo uno di quella specie( chiaramente specie simile) in terrazza, si era incastrato tra la porta della veranda e la ringhiera...poi l'ho liberato 🥰

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Domenica 25 agosto 2019

 

 

Sveglia presto, colazione veloce e qualche minuto prima delle 7 siamo pronti a lasciare l'hotel per iniziare la lunga giornata di trasferimento verso Morondava. C'è coda all'imbarcadero per attraversare il Manambolo, passiamo il tempo a chiacchierare con Elisa e Matteo, che passano con il traghetto prima di noi, e a giocare con i bambini, già appostati e felicissimi di ricevere dai viaggiatori penne, saponcini, foto e coccole.

 

Uno di loro ci mostra tutto orgoglioso un Chupa Chups, ma restiamo della nostra idea, niente dolci per mano nostra. Un paio - e qui i veri fotografi inorridiranno e mi lanceranno anatemi, ma tanto io non sono un vero fotografo 😆 - trovano la felicità quando gli lascio premere il bottone della mia reflex e gli mostro la foto che hanno scattato 😉

 

 

 

 

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Petit è concentratissimo 😄

 

 

 

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Purtroppo perdiamo la carovana ufficiale, visto che la traversata è faccenda che è andata per le lunghe, ma poco male. Ci fermiamo poco dopo la riva in attesa di un gruppo di autisti amici di Petit e partiamo tutti insieme, anche se significa perdere quasi un'ora sulla tabella di marcia. Quasi a metà degli 80 km di pista incontriamo un altro gruppo di auto fermo: una ha bollito il radiatore, un'altra ha rotto il collettore - qualunque cosa sia un collettore 😀- e non può ripartire, quindi ci dividiamo i passeggeri tra le altre vetture. Il nostro è molto simpatico, ma anche molto stanco, dopo due convenvoli si addormenta di botto e si sveglia solo una volta arrivati a Belo.

 

Pranziamo velocemente nello stesso posto dell'andata, ormai siamo aficionados, soprattutto dei fantastici gamberoni-coscia di pollo.

 

 

 

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Durante la traversata lunga della Tsiribihina, Petit infila una tutona e ci offre un saggio delle sue molteplici capacità, dedicandosi a sistemare non so cosa sotto il cofano.



 

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Il viaggio procede scomodo e piacevole come sempre, ormai ci siamo abituati a questi ritmi e la strada sconnessa culla i miei pensieri, i miei sogni e ogni tanto anche il mio sonno.

 

 

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Verso le 16.30 raggiungiamo finalmente la Allée des Baobabs, e ci rendiamo conto di che regalo ci abbia fatto Petit tre giorni fa portandoci qui all'ora di pranzo, sotto il solleone. Oggi c'è una discreta pipinara, ce la godiamo lo stesso, ma felici per le nostre foto sociopatiche di tre giorni fa.

 

 

 

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Incuriositi da un suono di percussioni ci avviciniamo alla zona del Visitor Center, e troviamo un gruppo di intraprendenti bimbette intente nell'imitazione dei fratelli maggiori che dopo il tramonto offriranno uno spettacolo di danze tradizionali.

 

 

 

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A un certo punto, a sorpresa, si unisce loro un bellissimo turista grande e grosso, che imita le loro danze scatenando grasse risate collettive del corpo di ballo e dell'orchestra 💓

 

 

 

 

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Quando poi il turista grande e grosso e la moglie cuore di burro mettono una banconota da 500 ariary (pari a cinque frittelle) nel cestino per l'obolo, si scatena una ola di felicità che ancora a ripensarci mi riempie il cuore: festeggiavano il loro successo negli affari, non la mancetta, mi hanno fatto una gran tenerezza.

 

 

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Dopo un succo di frutta e due passi per sgranchirci le gambe ci appostiamo per goderci il tramonto più incredibile del viaggio e mentre progettiamo il modo di far estinguere l'umanità che ci disturba gli obiettivi ci regaliamo anche qualche risata e tante coccole. Siamo fortunati noi due, ne siamo sempre consapevoli, ma in momenti come questo anche di più.

 

 

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Ho perso la scommessa, non sono jappe, sono cinesi. La prossima volta dovrò vestirmi così, visto che ha vinto Paolo 😎

 

 

 

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Ve l'ho già detto che lo adoro? 😆

 

 

 

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Il cielo senza nuvole ha reso un po' meno scenografiche le foto, ma siamo felici lo stesso, è stata una serata piena di magia e dolcezza.

 

Ancora un'oretta di strada e arriviamo al Trecicogne, dove il gentilissimo Gabriele ci fa trovare in camera nientemeno che ... LEI!

 

 

 

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ieri abbiamo fatto fare il bucato all'hotel, e saremmo potuti essere autonomi ancora per qualche giorno, ma la felicità è incontenibile: abbiamo altri tre sacchi di vestiti per Suor Eni, abbiamo i cappelli, un po' di mutande, abbiamo guanciale, spaghetti e parmigiano che portiamo subito a Gabriele, che ci dice tutto felice che anche se hanno girato il mondo una settimana di troppo vanno benissimo, ormai è abituato a mangiare qualsiasi cosa, ed essendo sottovuoto è ancora tutto in ottimo stato.

 

Visto che non vogliamo saperne di essere pagati (e ci mancherebbe, avremmo regalato tutto comunque, ma dopo una settimana in giro a maggior ragione), ci fa trovare a sorpresa le bevande pagate dopo cena: acqua, birra e caipirissima!

 

Scambiamo ancora quattro chiacchiere con lui, è un bel tipo ... ha fatto il militare alla Cecchignola (mezz'ora a piedi da casa nostra) nel 1978, il primo viaggio in Mada è di dieci anni dopo, quando era un mondo ancora più sconosciuto, si è trasferito qui venticinque anni fa e non rimpiange la sua Milano un solo momento.

 

Prenotiamo la colazione per le 5.30, domani sarà una giornata "culo quadro" peggio di oggi 😜

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Recuperato tutto, un viaggio davvero fantastico sotto ogni punto di vista, umano perchè di umanità ne avete davvero visto e data tantissima, naturalistico perchè mamma mia!!!! che belli sono i lemuri??? Almeno uno dovevate portarlo a Roma🤣 e paesaggistico perchè avete visto paesaggio mozzafiato ogni giorno. Fotografo o no quale migliore uso di una reflex che fare felice un bambino??

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  • 2 settimane dopo...

Lunedì 26 agosto: Morondava - Ambositra

 

 


Ci aspetta nuovamente una giornata "cul carré", questa volta sono davvero tantissimi i km che ci porteranno dall'altro lato del Mada, partendo prestissimo, poco prima del sorgere del sole.

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La colazione al Tre Cicogne si conferma ottima, anche se, vista l'ora, mancano le crepes... poco male, frutta e croissant mantengono le promesse e sono davvero eccezionali. 

 

Riceviamo un messaggio da Matteo ed Elisa, che non siamo riusciti a vedere ieri sera e ai quali avevamo lasciato un messaggio in portineria... li aspettiamo a Roma per una birra!

 

Partiamo alle 6, finalmente con le 2 valigie in auto, immersi in una nebbiolina sottile, col sole che sorge sulle risaie.

 

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Petit ci dice che non tutti quelli che viaggiano con lui accettano i suoi programmi... spesso gli dicono "siamo in vacanza, non possiamo alzarci alle 5", non sono d'accordo con la sua programmazione... Ma allora, se volete dormire e magari non avete la minima idea della strada che dovrete percorrere, perché non andate in un Club Med? Se il tuo autista dice che oggi dovrà guidare per 10 ore, andare incontro alle sue esigenze ci sembra il minimo!

 

Col sole già alto ci fermiamo per una rapida sosta pipì, proprio dove un gruppo di ragazzi sta caricando sacchi di carbone su un camion. Petit ci dice che quando viaggia scarico, spesso compra i sacchi di carbone in questa zona e li porta a Tana, dove costano più del doppio!

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Lungo la strada, vediamo uno dei lavori più pericolosi al mondo... il trasporto degli zebù! Si, perché gli animali vengono caricati su un camion e alcune persone si occupano di tenerli fermi e di evitare che sbattano tra di loro, il tutto...

 

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SENZA FERMARE IL CAMION!!!

 

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La prima vera sosta la facciamo dopo circa 3 ore, Petit si ferma per la colazione, noi, dopo una pausa pipì in un bagno che arriva direttamente dal 17° secolo, ci facciamo travolgere dai bambini del villaggio e tra foto, instax e biscottini li rendiamo contenti... 

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Non solo, ci propongono dei bellissimi cestini di foglie di palma intrecciati a mano a 1000 ar ciascuno e della frutta... uno dei bambini vorrebbe vendermi tutto il cestino di giuggiole, sempre a 1000 ar, ma saranno 2 kg, ne prendo una manciata, prendo un po' di bananine e gli lascio una cifra scandalosa... i soliti 1000 ar, da dividersi in 2.

 

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Altra pausa pipì a Miandrivazo, in una pompa di benzina che non sfigurerebbe nemmeno dalle nostre parti... Pulitissima, con un negozio fornito di tutto nel quale compriamo un po' di schifezzine da viaggio (patatine, banane fritte, salatini) e il caffè più buono di tutto il Madagascar! Naturalmente i prezzi sono commisurati...

 

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Più avanti ci fermiamo in un hotely per il pranzo, non male, ma Petit ci sconsiglia di aggiungere le salsette o di bere il rananopango "sono vecchie o sono fatte con l'acqua, non vanno bene per voi", però faraona e anatra sono davvero ottime.


Ma la vera attrazione dell'hotely è lei... la gatta paracula!

 

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Salta in braccio, miagola, aspetta un pezzettino di carne, miagola ancora più forte e se non le dai retta, niente, cambia tavolo come se nulla fosse!

È piccolissima, sarà meno della metà dei nostri ciopini, ma almeno oggi è bella sazia!


Ah, dimenticavo... ecco i Jackfruit, quasi maturi, proprio dentro al parcheggio dell'hotely:

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Ripercorriamo la strada fatta pochi giorni fa, tra villaggi, dietro agli immancabili taxi-brousse, fino ad arrivare nuovamente a Betafo.

 

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Eh, si, nella valigia appena arrivata c'erano altri sacchi di roba per suor Eni... purtroppo lei sta rientrando da Antsirabe e non ce la facciamo ad incontrarla, è ancora ad un'ora da qui e aspettarla significherebbe percorrere la parte finale del nostro viaggio col buio, cosa da non fare.

 

C'è di nuovo Suor Nunziatina, che ci vede, ci abbraccia forte e prende subito possesso della borsa da PC che avevamo portato per Suor Eni... niente da fare, lei è il Boss!

 

Stavolta dobbiamo andare via, ma devo tornare indieto ad abbracciare Suor Nunziatina... Non mi era mai capitato di sentire una forza così potente da scuoterci dentro, quella Fede, vera, che fa cose oltre a pregare.

 

Ce ne andiamo con le lacrime agli occhi e ancora oggi a ripensarci, mi vengono i lucciconi.

 

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Passiamo Antsirabe, puntiamo verso sud verso Ambositra e ci fermiamo vicino a questo ponte...

Petit ci racconta una storia particolare: il vecchio presidente corrotto e malvoluto dai più, giunto alla fine del suo mandato e non rieleggibile aveva deciso di dividere il paese in 6 diverse province proprio per essere il capo di una di queste.
Per farlo ha distrutto i ponti in muratura, bloccato con dei container i ponti in ferro e isolato la capitale, dove per qualche mese non sono arrivati rifornimenti e carbone e benzina costavano un capitale.

 

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Fortunatamente, la situazione si è risolta in poco tempo, il governo di riconciliazione nazionale ha superato le divisioni (ma non la corruzione e il malaffare) e il Mada è come lo conosciamo ora, un paese tranquillo, senza grosse tensioni sociali.


E a valle del vecchio ponte è stato eretto il ponte della riconciliazione.

 

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 Ma guardando bene sul ponte...

 

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NOOOOOO!!! Anche qui!!!

 

Finalmente alle 18 arriviamo ad Ambositra e prendiamo possesso della nostra stanza, un piccolo bungalow costruito come una capanna zafimaniri, con le pareti di legno intagliato e con delle fantastiche decorazioni.

 

A cena ci pippiamo 2 musicisti, uno con la chitarra e l'altro con uno strumento malgascio ricavato da un bambù, la valiha, che suona più o meno come un'arpa molesta....

 

La cena non è delle più memorabili...

 

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Escluse le pizze (perché non mi fido di chi non sa scrivere mozzarella e ci mette sopra pollo e ananas) il cibo non è cattivo, ma abbastanza dimenticabile.

 

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È tutto piuttosto unticcio, dalle frittelle di zucchine ai gamberi all'aglio e alla creola che anche stanotte ci proteggeranno dai temibili vampiri del Madagascar!


Invece il dolce è buono, ananas e banane flambé!


Buonanottehhhhhhh

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  • 2 settimane dopo...

Martedì 27 Agosto: Ambositra - Antoetra - Ambositra

 

Stamattina partiamo carichi, ci aspetta la passeggiata per raggiungere Ifasina, uno dei villaggi della tribù degli Zafimaniri.

 

La strada per Antoetra è breve, ma il tragitto è quasi tutto su una pista pietosa e pietrosa... 2 ore per fare meno di 40 km!

 

Arriviamo davanti alla mairie di Antoetra e conosciamo il presidente della cooperativa delle guide, che ci presenta la guida per la nostra passeggiata, Hyacinte, uno zafimaniri piccolissimo e vecchissimo e tutti i ragazzi del villaggio che ci danno appuntamento per il ritorno, per visitare i loro laboratori di ebanisteria.

 

Hyacinte ci descrive la strada che percorreremo, circa 12 km... Noi siamo carichi ma allenati più o meno come una mozzarella di bufala e sentirci dire che non sono in piano, ma che ci sono 2 colline da scalare, pure ripide, da un colpo alla nostra determinazione (e al ginocchio che si è gonfiato da qualche giorno).

Oltretutto c'è la festa per l'esumazione dei morti e partecipano tutti, visto che è praticamente l'occasione mondana del mese a Antoetra.

 

Vabbé, proviamo, magari arriviamo alla prima collina, dove c'è una "Stele dei morti" e poi decidiamo se proseguire.

 

Partiamo uscendo dal paese e puntando verso le colline...

 

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Il primo tratto è in discesa, perfetto per noi... ma attraversata la prima valle vediamo subito che sarà difficile per noi... 

 

La salita è ripida, il sentiero (quale sentiero?) non c'è e praticamente si cammina nei solchi lasciati dall'acqua sulla costa scoscesa della collina...

 

A metà della salita, Hyacinte si volta e mi fa:

"Elle ne vais pas a arriver au village..." 

 Ma non solo "elle", anche "moi" sono stanco e il ginocchio gonfio si fa sentire...

 

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Sfruttiamo le soste per rifiatare e arriviamo a circa metà della collina, dove è stato impiantato un vivaio di alberi pregiati... mogano, ebano, palissandro, bois de rose.

Si, perchè gli zafimaniri sono ebanisti provetti, ma l'esportazione ha praticamente distrutto la loro fonte di sostentamento con l'abbattimento delle foreste ed un progetto francese sta cercando di insegnare loro a reimpiantare gli alberi, per fare in modo che le generazioni future possano godere di questi risultati. Si, le generazioni future, visto che un albero di palissandro ci mette quasi 100 anni per crescere abbastanza.

 

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Arrivati alla stele, ci racconta la tradizione del posto, la morte vissuta da tutto il villaggio. 2 notti di veglia, il funerale e poi la cerimonia alla stele, una per ogni famiglia.

La cerimonia però si fa solo se la famiglia può permettersi uno zebù, miele, rum e tabacco, visto che per aggiungere la pietra del defunto alla stele, il capo del villaggio deve versare grasso e sangue di zebù sul monumento per ricevere la benedizione degli antenati.

 

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Questa è la stele della sua famiglia, le 2 rocce più grandi simboleggiano gli antenati e ci fa vedere la pietra di suo suocero, morto alcuni anni fa.

 

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Ci racconta della sua vita, dura e difficile, di un figlio perso per una malattia poco prima del diploma, delle 2 figlie e dei nipotini e scopriamo che ha 46 anni...  

 

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Dall'alto ci mostra i suoi appezzamenti, dove coltiva mais e fagioli che sono praticamente la sua dieta... non mangia quasi mai carne, ci dice, se non durante le feste nel villaggio... ci credo che volesse tornare presto!

 

Soddisfatti da questa esperienza e desiderosi di riportare a valle i nostri culi pesi, decidiamo di tornare a Antoetra, ripercorrendo la pista scoscesa.

 

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"VAHAZA, VAHAZA!!!"

 

Niente da fare, siamo proprio un'attrazione! Passando in mezzo alla risaia veniamo circondati dal solito gruppo di ragazzini sbucati da chissà dove, questa volta siamo pronti, abbiamo biscotti e soprattutto... la instax è carica!

 

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Lascio un po' di istantanee ai bambini, ma c'è anche una signora che vuole farsi fotografare!

 

Risaliamo verso il villaggio per raggiungere le case tradizionali e passiamo tra le abitazioni più recenti; Hyacinte ci racconta che gli zafimaniri abitano in case fatte in legno e bambù perché sono materiali viventi, non sono come la pietra, fredda e morta, un vero zafimaniri non dormirebbe mai in una casa di mattoni.

 

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Il parroco della loro chiesa è un missionario italiano che gestisce anche la piccola scuola... ora ci sono le vacanze ed è tutto chiuso.

 

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Ma il centro del villaggio è il loro totem, la piazza principale dove si svolgono le assemblee pubbliche, rappresenta lo zebù, vera ricchezza per queste popolazioni.

 

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Ma è ora di andare a conoscere il capo del villaggio, il più anziano di tutta Antoetra. Ha 80 anni, ci dice Hyacinte, è molto vecchio, visto che qui la vita è breve, 60, 70 anni, non di più.

 

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La tradizione dice di scambiare 4 chiacchiere con gli anziani, fare alcune domande e soprattutto, lasciare un'offerta, che verrà utilizzata per le necessità della comunità: è lui che gestisce la cassa del villaggio, per gli orfani, per il medico e anche per i funerali dei più poveri.

 

Il capo villaggio ci guarda con uno sguardo di mille anni, con accanto il suo vice (che mi è sembrato più malmesso di lui) e circondato dai nipotini che ci guardano incuriositi e sogghignano in un angolo della casa.

 

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Eccola la casa, con le arnie attaccate fuori dalla finestra... la casa meriterebbe una storia a se. Ogni angolo ha la sua funzione... l'ingresso è a sud est, dove c'è il pollaio, il focolare a sud, il posto del capo famiglia è a nord ovest, gli ospiti siedono a nord est.

 

Si dorme a terra e se ci sono dei bambini, possono dormire sul soppalco, dove c'è più caldo, soprattutto in inverno.

 

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C'è la festa dell'esumazione, quasi tutto il villaggio è riunito intorno ad un altoparlante alimentato da un pannello solare.

Si fa festa, si balla, si ascolta musica e si mangia. La morte è qualcosa che si incontra tutti i giorni.

 

I tanti bambini ci chiedono bon bon, saponi, bottiglie... noi gli diamo quello che ci resta e andiamo verso i laboratori, dove tutti parlano un po' di italiano e tra Luca, Alfredo, Giovanni e mille altri, compriamo un po' di regali da riportare in Italia, spendendo sicuramente troppo anche dopo delle trattative feroci!

 

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Ci congediamo da Hyacinte, che ci lascia il suo indirizzo per spedirgli le foto e torniamo a Ambositra che è la capitale dell'artigianato... entriamo in uno dei negozi e assistiamo alla lavorazione del legno.

 

Qui tutto, ma proprio tutto, è fatto con materiali di recupero. La sega a traforo è costruita con una balestra di automobile, la lama è fatta con il cavo d'acciaio degli pneumatici opportunamente intaccato... il legno è colorato semplicemente immergendolo in una risaia e l'artigiano ci prepara un ciondolo a forma di cuore direttamente davanti ai nostri occhi.

 

Torniamo in hotel per riprenderci dalle fatiche e dalle emozioni, Barbara ha un po' di febbre e si prende una tachipirina, per fortuna niente di serio!

 

Cena nuovamente funestata dalla coppia di musicisti, ma anche il cibo non è che sia proprio memorabile!

 

Per chi se lo chiedesse, si, i malgasci sono piccoli, ma piccoli davvero!

 

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  • 2 settimane dopo...

 

Mercoledì 28 agosto 2019

 

 

Altra lunga giornata di trasferimento, l'ultima nelle nostre speranze 😄

 

Devo ammettere però che anche se fisicamente è un po' pesante il viaggio lungo svuota la mente e mi rilassa in modo incredibile. Non c'è passato, non c'è futuro, solo questa lunghissima strada, i paesaggi mutevoli, i sorrisi dei bimbi, la curiosità della gente, le soste, la pipì che scappa ogni cinque minuti 😁, il cielo blu fastidio, l'oro liquido del sole al tramonto. 

 

 

 

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Partiamo alle sette immersi in una nebbiolina leggera, che man mano si alterna con il sole, le nuove, di nuovo il sole e finalmente un cielo tersissimo. 

 

 

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Facciamo una rapida sosta ad Antsirabe, dove siamo ormai di casa e riconosciamo luoghi e strade: Petit non si è dimenticato che gli abbiamo chiesto dove acquistare i francobolli per spedire le cartoline ai nipoti naturali e adottati, facciamo bancomat alla Societé Generale (siamo riusciti a spendere un sacco di soldi, sì! 💗), una sosta pipì alla fornitissima stazione di servizio dove ci sono anche le Pringles, e poi si riparte. 

 

 

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E' in atto una vera transumanza, Petit ci spiega che è il periodo dei mercati di bestiame, e chi vuole vendere parte a piedi con la mandria, macinando decine e a volte anche centinaia di chilometri, perché più ci si avvicina a Tana e più alto è il prezzo che si spunta. Non per la prima volta penso a quanto poco ci metteremmo a soccombere a una vita simile, noi occidentali fortunati nati nel cotone profumato.

 

 

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Poco dopo mezzogiorno commentiamo, ovviamente in italiano, un cartello che pubblicizza il foie gras locale. Petit, sempre attento, ci chiede se ci piaccia e ci propone di anticipare un po' la prevista pausa pranzo fermandoci al paese successivo, ben noto per la produzione locale di questa prelibatezza, avvisandoci che è un po' cara ma ne vale la pena. Paolo è entusiasta e ordina i "cinque assaggi", io prudentemente vado sul pollo con i funghi. Assaggio e tutto sommato non mi schifa come pensavo, ma ... stranamente, il foie gras sa di fegato, diciamo che per me l'entusiasmo è un'altra cosa 😜 

 

 

 

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Alla fine, per il nostro costosissimo pranzo spenderemo dieci euro in due, di cui sette per il solo piatto di Paolo: Petit ha preferito mettersi a tavola con i colleghi, che sembra conoscere tutti. 

 

 

 

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Mentre aspettiamo Petit accanto alla macchina per rimetterci in viaggio, notiamo una bimbetta seria seria che ci studia tutta intenta, e non cambia espressione né ai nostri saluti né alle foto che le mostriamo, ma ci regala un sorrisone che scalda il cuore quando le regalo un sacchetto di patatine, con cui si allontana felice saltellando.

 

 

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Avvicinandoci a Tana incontriamo più volte distese di panni coloratissimi messi ad asciugare al sole, Petit ci racconta che quando qualcuno muore la famiglia fa una specie di festa lavando tutti gli indumenti e la biancheria di casa, godendosi un picnic e una giornata insieme per salutare il defunto, come a fagli sapere che anche se non è più qui è sempre con loro. 

 

 

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Le ultime quattro ore di viaggio, passato il traffico infernale della circonvallazione di Tana, scorrono lente. La RN2 è messa malissimo, sembra bombardata, l'asfalto è un colabrodo - giusto per non farci sentire la nostalgia di Roma 😁 - probabilmente a causa dei tanti camion che transitano ogni giorno da e per il porto di Tomasina, raggiungibile solo passando di qui. 

 

 

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Una sola breve pausa in cima a un'altura, dove ci si spalanca una bellissima vista sulla vallata, per comprare un po' di quelle buonissime bananine mignon che mi piacciono tanto e regalare un paio di polaroid alle bimbe della bancarella, che si incantano come sempre. 

 

 

 

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Ci avviciniamo alla foresta pluviale e alla nostra meta, che raggiungiamo giusti giusti per il tramonto. L'hotel è bellissimo e per cena ci viene servito il migliore zebù del viaggio. 

 

 

 

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Tra una chiacchiera e l'altra Petit ci ha confermato che il giro come lo abbiamo concepito è buono, non troppo tirato ma neanche troppo scarico, e a nostra richiesta ce ne confeziona un quattro e quattr'otto uno per il sud ... andiamo a letto dicendoci che sì, lo abbiamo capito da tanto e adesso ce lo possiamo dire, in Mada ci si torna, a riprendere il pezzo di cuore che stiamo lasciando qui.

 

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Giovedì 29 agosto 2019



Il giorno più turistico del viaggio! 😄

E nonostante il mio innato snobismo, devo dire che almeno in questo caso turistico non equivale affatto a scontato o deludente. Con somma gioia abbiamo concordato di partire per le nove, una pigrizia incredibile ma in fin dei conti gradita.


La prima tappa, a una manciata di chilometri dall'hotel, è al Parco gestito dall'Associazione dei villaggi della zona, una cooperativa nata sia per la salvaguardia della foresta pluviale che per lo sviluppo sostenibile dell'economia locale.


Anche stavolta Petit mette il veto alle frittelle del chioschetto all'entrata, peccato.



 

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Uno degli incontri più belli del viaggio: Claude, la nostra guida di oggi, che ha una bellissima storia da raccontare, mentre ci accompagna alla scoperta di questo meraviglioso angolo di mondo.



 

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Claude ha 49 anni, ha lavorato per una vita strappando alla foresta un pezzetto di terra alla volta, finché gli alberi da tagliare e bruciare per coltivare sono finiti. A questo punto con la moglie e i tre figli è stato costretto a spostarsi nel più grande villaggio vicino.  Per parecchio tempo ha fatto tutti i lavori più umili e pesanti, sempre saltuari, per mantenere la famiglia, fino a quando il presidente della cooperativa gli ha proposto di collaborare alla gestione del Parco facendo la guida. Alla sua sensatissima obiezione sulla non conoscenza delle lingue, il presidente ha risposto affidandogli le visite scolastiche e i turisti locali (sembra incredibile, ma ce ne sono), e facendogli studiare il francese. Nel giro di un paio d'anni Claude ha cominciato ad accompagnare i turisti francofoni, e si è messo a studiare l'inglese. Oggi è indeciso se passare al tedesco o allo spagnolo, ma propende per il tedesco perché nessun altro lo parla in zona. Mette tutto il suo impegno per far conoscere ai bimbi delle scuole la meravigliosa natura del loro splendido Paese, per far capire loro come sia importante preservarla e salvaguardarla, per essere i tutori di questo fragile meraviglioso pianeta, per far sì che non commettano gli stessi errori suoi e della sua generazione. Spesso paga le visite di tasca sua.


Tl francese di Claude è magnifico, e io che sono sorda e faccio fatica e blablabla non ho perso una parola per tutto il tempo che ho passato con lui. Cosa c'è di tanto speciale in questa storia? presto detto: Claude è analfabeta, non ha mai imparato a leggere e a scrivere. Ha imparato perfettamente due lingue con le lezioni su cd, quelle che tanti di noi hanno probabilmente ammassate da qualche parte e "prima o poi mi ci metto di sicuro".



 

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Tiene tantissimo a che i suoi figli studino, perché vorrebbe che avessero più possibilità di quante ne abbia avute lui, che si ritiene comunque fortunatissimo, e se hanno preso dal padre non ho dubbi che quelle possibilità sapranno guadagnarsele e spremerle per bene.



 

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La sua storia mi ha affascinata e commossa, tanto quanto la camminata nella foresta con gli incontri magici che non sono mancati, e ho lasciato il parco con la sensazione di aver avuto l'onore di conoscere una persona davvero speciale.


 

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 Un formicaio! la terra è troppo umida? e noi si sale 😄



 

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L'albero del viaggiatore. C'è bisogno di dire che è il nostro preferito?



Senza che ce ne rendessimo conto si è fatta l'ora di pranzo e facciamo sosta in un ristorante per turisti, dove ci dividiamo un ottimo soufflé al formaggio e funghi e una bistecca di zebù, lasciamo il nostro adesivo sulla porta a vetri facendo ridere, con il raccondo della nostra Pandità disseminata per il mondo, tutto il personale che ha con ogni evidenza un pluriennale rapporto di amicizia con Petit.


Ci spostiamo poi al Vakona Park, immancabile nel giro di ogni vazaha che si rispetti, e iniziamo la visita con un giro in canoa sul placido e poco profondo corso d'acqua che separa gli isolotti artificiali su cui vivono varie comunità di lemuri, che vengono quasi tutti tenuti separati per specie: l'obiettivo è la salvaguardia e la conservazione di queste bestiole così tonte e così tenere, e i figli nati dall'accoppiamento tra specie diverse sono sterili ... quindi quella che può sembrare una forzatura e una crudeltà è alla fine una scelta sensata.



 

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La canoa scivola silenziosa nel sole, e il nostro taciturno nocchiero di tanto in tanto accosta a riva e dona pezzetti di banane che vengono accolti ovunque con molto entusiasmo.

 

 

 

 

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Ci avviciniamo abbastanza da poter rubare questi ritratti di straordinaria intensità emotiva e vigore intellettuale 😄



 

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Mai fatto il "Safari africano" a Gardaland, su quelle traballanti canoe in vetroresina che percorrevano un avventuroso fiume infestato come la foresta che lo circondava da feroci animatroni? 😆



 

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La sosta più lunga la facciamo da Re Julien, che viene ad accoglierci in tutta la sua maestà. Ben presto ci troviamo circondati e sovrastati - letteralmente! - da una mezza dozzina di ghiottissimi sovrani, che si disputano i pezzetti di banana menandosi con entusiasmo direttamente sulla mia testa e sullo zaino che ho sempre sulle spalle.


Prudentemente avevo fissato il cappello con cappio per evitare incursioni e curiosità eccessive verso gli impianti, e se Paolo posta le foto vedrete che ho fatto bene 😜


 

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Il perdente se ne va scornato, non prima di aver depositato una regale caccona sulla canoa giusto davanti a me 😆


 

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Solo sull'ultima isola ci viene dato il permesso di scendere, e qui l'interazione con la società pelosa si fa intensa e divertente. La mia parte saggia dice che non va bene, che queste bestiole non dovrebbero essere così addomesticate, che non è giusto comprare degli animali selvatici con una buccia di banana anche se il fine è lodevole e forse in questo modo non li perderemo, visto che sono tra le specie più minacciate.


La mia parte bambina però non riesce a fare a meno di godersela da matti e zittisce l'altra metà di me in meno di un minuto. Del resto come fai a non ridere, con sti cosi sulle spalle?

 

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Riusciamo a non uccidere un'orribile bambina russa, la bestia più selvaggia vista in tutto il Madagascar, che corre ovunque strillando come un'invasata, beatamente ignorata dalla tribù di familiari adulti che l'accompagnano e non si sognano nemmeno di richiamarla all'ordine, neanche quando mi urta mentre sto scattando una foto. E con questo ho completato la raccolta di punti-paradiso, fine della discussione, anzi se qualcuno ne avesse bisogno mi chieda pure che mi avanzano 😛

 

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Ci spostiamo poi nella zona del parco che si percorre a piedi, con la guida di un ragazzo simpatico ma poco loquace, che ci porta a conoscere i coccodrilli del Nilo - che non sono endemici di questa zona, vivono nei fiumi più a nord, ma si sono ambientati benissimo - e il loro gran senso dell'umorismo :D


 

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Trovate la bestiola nelle prossime due foto!

 

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C'è poi un assortimento di animaletti più o meno esotici, più o meno salvati, sempre belli da vedere, ma la parte interessante della giornata è ormai alle spalle.



 

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Tornando all'hotel, lo stesso di ieri sera, chiediamo un paio di soste a Petit, non smettiamo di riempirci gli occhi di questa luce incredibile. E come ogni sera ci guardiamo negli occhi felici ... che viaggio, Pa! Che viaggio, Babi.



 

 

 

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Venerdì 30 agosto 2018: Andasibe - Manambato - Palmarium

 

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Siamo agli sgoccioli del viaggio, ormai mancano gli ultimi giorni, ma il meglio ce lo siamo lasciato alla fine.

 

Ieri sera la signora dell'hotel ci ha avvisato che saremmo partiti per le nove, Petit ci ha lasciato qualche minuto di riposo in più!

 

Dopo l'ottima colazione, siamo pronti ad affrontare la lunga strada di oggi... si parte da Andasibe, si prosegue sulla RN 2 fin dopo Brickaville, poi 2 ore di pista orrenda per arrivare Manambato e da qui... 2 ore di battello sul canale di Panagalanes per arrivare alla Palmarium Reserve.

 

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Ma procediamo per gradi...

Partiamo attraversando un paesaggio pazzesco, verde, rigoglioso, tropicale.

La Route National 2 parte da Tana e arriva in uno dei porti più importanti del Madagascar, ma come tutte le altre strade, è ridotta veramente male, con l'aggravante che è anche trafficatissima, camion e taxi brousse su tutto.

 

Riusciamo anche ad aiutare un altro driver che ha forato una gomma in una delle innumerevoli buche.

 

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E noi ne approfittiamo per scattare un po' di foto intorno, a questo verde e a questa ricchezza.

 

Approfittiamo di una breve sosta per fare un giro in un mercato locale...

 

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Bello, variopinto e profumato, sui banchi compriamo le nostre classiche banane, un frutto stranissimo, la Sugar Apple, konykoni in malgascio, che mangeremo per merenda.

 

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Ci divertiamo un mondo a scattare e chiacchierare, a farci un po' prendere in giro con un sorriso, in fondo siamo i vahaza, c'è la cannella quasi ovunque, il frutto del cacao, le canne da zucchero, il tamarindo, i jack fruit... potendo, avremmo assaggiato tutto...

 

O meglio... quasi tutto!

 

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Si, sui banchi ci sono queste strane cose scure, lunghe all'incirca mezzo metro. Guardo meglio e capisco che non è frutta, ma anguille affumicate!

 

Si, ci spiega Petit, in questa zona le anguille abbondano e se non vengono mangiate fresche, vengono affumicate per conservarle!

L'aspetto non è dei migliori, però...

 

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Mentre attraversiamo Brickaville, una visione davanti a noi...

 

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Si, è proprio uno scuolabus, di quelli americani! L'impressione è quasi come vedere un'astronave aliena!!!

 

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Purtroppo in Madagascar le linee ferroviarie sono praticamente abbandonate... quando va bene ci passa un treno al giorno, quando va male, invece sono completamente abbandonate, affogate tra la vegetazione. In un paese che avrebbe bisogno di una maggiore velocità di spostamento, è veramente una iattura.

 

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Lasciamo la RN2 e ci tuffiamo su una pista che è davvero un incubo... 7 km percorsi in un'ora, tra sabbia, buche e sballottamenti, per arrivare sulla riva del Lac Rasorabe, da dove partiremo per l'ultimo tratto in barca.

 

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Ne approfittiamo per pranzare, i gamberoni grigliati sono davvero ottimi (e con tanto aglio), le verdure saporite, la birra è fredda e piacevole... ma il servizio è di un lento, ma di un lento che credo che i gamberoni li abbiano pescati al momento dell'ordine!

 

Finalmente alle 2 siamo pronti per imbarcarci, saliamo a bordo della nostra barchetta e via, sul canale di Pangalanes!


Con noi c'è una coppia di francesi, piuttosto taciturni che si guardano intorno e osservano sghignazzando le nostre magliette.

 

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Il comandante sfreccia sul canale con questa specie di grossa piroga motorizzata, quando ad un certo punto...

 

SPUT SPUT SPUT...

 

Il motore si ferma.

 

Silenzio... siamo praticamente a metà strada con la barca in panne!

Il comandante apre la calotta del fuoribordo, Petit si attiva per cercare di capire l'entità del danno, il nostro battello va alla deriva, appoggiandosi su un tronco... 

Il problema è che si è rotto il tubo della benzina e quando il comandante accelera, il carburante spruzza ovunque tranne che nel motore.


No problem!

E che non vai in giro con un pezzo di tubo qualsiasi? Certo, ce n'è uno proprio nel gavone, quello, un coltello (lo stesso della frutta), un po' di nastro adesivo e in pochi minuti siamo di nuovo in moto!

 

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Il canale pullula di vita, piccoli villaggi sorgono tra il canale e l'oceano, qui si vive di pesca e di agricoltura.

 

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Con solo una mezz'oretta di ritardo arriviamo al Palmarium... che dire...


WOW!


Il posto è fantastico, la reception è una grande capanna dove ci accolgono con un drink di benvenuto e le raccomandazioni del caso, come comportarsi con i lemuri che qui vivono indisturbati e con gli altri animali. 

I bungalow con terrazza e amaca si susseguono ai bordi della laguna di Ampitabe in mezzo alla vegetazione lussureggiante, lemuri e camaleonti sono davvero dappertutto.

 

 

Naturalmente, niente internet, niente segnale telefonico, niente macchine, solo tranquillità e silenzio.

 

 


Si potrebbe fare subito il tour per vedere gli Aye Aye, ma decidiamo che ora abbiamo bisogno di un po' di relax, tanto abbiamo 2 notti, lo faremo domani, oggi abbiamo l'amaca e la nostra konykoni!

 

L'apro a metà, la polpa è morbida, dolce e profumata, sembra di mangiare un dolcetto alla crema, ci sono un sacco di semi grandissimi, ma è davvero ottima.

 

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Ma vi pare che noi siamo capaci di restare fermi?

Assolutamente no! Ci facciamo un giro per la riserva, fotografiamo un po' di lemuri per niente spaventati, scendiamo al pontile per un po' di foto al tramonto...

 

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Appena scende il sole, torniamo al bar, ci prendiamo una Tequila Sunrise che di sunrise ha molto poco, visto che è monocromatica, una pinacolada fatta sul momento, questa davvero spettacolare, quindi la meritata doccia prima di cena.

 

Ah, per farvi capire, qui i lemuri sono proprio di casa!

 

 

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E non solo i lemuri... anche i gechi... questo abita nella nostra camera, nascosto dietro un armadio!

 

Cena ottima, a base di pesce, l'immancabile THB di accompagnamento e via, tutti a nanna, domani ci aspetta una lunga giornata!

 

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Beh, ma tu chi sei? appena apro la zanzariera attorno al letto, mi accorgo che c'è un ospite indesiderato... un bruco enorme!

 

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Con un po' di carta lo accompagno fuori dalla porta e lo lascio libero tra gli alberi... Buonanotte mondo!

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Sabato 31 agosto 2019: Palmarium


Quale modo migliore per iniziare la giornata se non una bella colazione?

 

Ci sediamo al tavolo, ci portano un bel piatto di frutta mista, ananas, papaya e banana, Barbara avvista un piccolo lemure sulla balaustra della capanna ristorante... Faccio appena in tempo a girarmi, che il lemuretto scatta come un trapezista del circo... salta su un tavolo dietro di me, rimbalza sul montante della capanna, poi sulla mia gamba e da qui sul nostro tavolo, veloce come solo un lemure paraculo riesce ad essere, agguanta la banana dal piatto e scappa via, sotto lo sguardo attonito e desolato del cameriere che cercava di tenerlo lontano e le nostre risate per la visita inattesa! 😂😂😂😂😂

 

Terminata la colazione con una nuova banana partiamo per il tour della riserva... 

 

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Beh, all'inizio "tour" è una parola grossa, camminiamo tra i bungalow, perché qui lemuri, camaleonti e tartarughe la fanno da padroni, è praticamente casa loro.

La riserva del Palmarium è attualmente gestita da francesi, che si occupano attivamente della conservazione del patrimonio naturale, ma fino a qualche anno fa, era gestita da un tedesco, che ne aveva fatto un allevamento per rettili da esportazione... camaleonti, serpenti, anche insetti, strappati alla loro terra e venduti ai collezionisti.

Quando finalmente questa pratica è diventata illegale, il tedesco ha abbandonato la zona, fino alla creazione della riserva.

 

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Qui tra i bungalow ci sono lemuri grigi, lemuri con la corona e i varecia (che noi abbiamo soprannominato Lemuri Panda, per ovvi motivi). 

Nella riserva i lemuri prosperano e si riproducono, a volta si incrociano tra di loro, ma gli ibridi non sono fertili... comunque abbiamo trovato parecchi cuccioli sotto i 3 mesi.

 

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Lasciamo la zona dei bungalow per addentrarci su un sentiero che attraversa la jungla, fittissima e rigogliosa, alla ricerca degli Indri, i più grandi tra i lemuri della zona.

 

Però il primo incontro è terrificante...

 

Guardo in alto e vedo il filo di una ragnatela... faccio mezzo passo di lato e sento la guida che fa "eccolo lì"... mi giro verso l'alto e a pochi cm da me c'è un ragno enorme...

 

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ARGH! PAURISSIMA!!!

Ho il terrore dei ragni e sono quasi passato attraverso la sua ragnatela!

 

Camminando nel fitto della jungla, troviamo gli indri, 2 diverse coppie...

 

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Si, in effetti l'espressione non è poi intelligentissima, ma sono degli animali dolci e per niente aggressivi... il primo che troviamo è una mamma con piccolo in grembo.

 

Come fa la guida a sapere che ha meno di 3 mesi? Semplice!

Sopra i 3 mesi i lemuri si attaccano alla schiena di mamma lemura, mentre questo cucciolo è ben nascosto dalla folta pelliccia sulla pancia.

 

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La nostra guida ha delle banane in tasca e ne da un pezzettino a me e a Barbara per darlo ai lemuri... mamma lemura si allunga, ci prende la mano con dolcezza, prende la banana più delicatamente delle 2 bestie di satana che vivono a casa nostra e la trattiene... 

La sensazione del contatto con la zampa del lemure è incredibile... il palmo è morbido, fresco e asciutto, non hanno praticamente unghie e quella leggera stretta sembra quasi un ringraziamento.

 

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Dopo l'incontro con i lemuri, scendiamo verso la spiaggia, lontani dal lodge, in una zona umida, dove incontriamo iguana, camaleonti e loro... le piante carnivore:

 

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Rientrati al lodge, ordiniamo un paio di panini per pranzo e ci mettiamo sulla nostra veranda per mangiare...

Appena Barbara tira fuori le banane, eccolo qui, il nostro amico Varecia si presenta con la faccia da ciopino che vede il fondo della ciotola...

 

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"Guarda che belle banane, non le mangerai mica tutte..."

😂


Torno con i panini da camionista affamato e spacciamo una banana al nostro nuovo amico che ringrazia soddisfatto!


E per digerire il pranzetto...

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Per il primo pomeriggio abbiamo prenotato la gita al villaggio dei pescatori, ci presentiamo all'orario stabilito all'imbarco e non c'è nessuno... aspettiamo un po' e niente... siamo in Africa, a volte gli appuntamenti sono un po' "naif"...


Vado alla reception, gli dico che avevamo prenotato e loro cascano un po' dalle nuvole, ma nessun problema, chiamano il motoscafo veloce e ancora ce la facciamo a fare sia il villaggio che la visita notturna alla Aye Aye island.


Scendiamo all'imbarcadero, eccolo qui, il motoscafo è quasi pronto, 10 minuti di traversata e arriviamo a Andranokoditra, piccolo villaggio di quasi 400 anime, dove veniamo accolti come celebrità!


Quasi tutto il villaggio vive di pesca, le donne pescano nella laguna, gli uomini nell'oceano, il resto del turismo che gli porta la riserva vicina... La nostra guida è un pescatore piccolo come tutti i malgasci e con un bel sorriso... ci dice che al ritorno sarebbe carino acquistare qualcosa dalle ragazze sulla spiaggia, prendendo oggettini da tutte... hanno collane di semi e di sassi, colorate, semplici.

 

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Puntiamo subito la spiaggia e ci facciamo baciare dalle onde dell'Oceano Indiano... si, perché vorremmo toccarlo, ma è lui a toccare noi per primo!


E finalmente capiamo l'origine del rombo lontano che si sente alla riserva... nonostante sia a 2 km in linea d'aria, quel rombo lontano sono le onde che si frangono sulla riva...

 

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Una lunga e incessante teoria di onde altissime, che i pescatori locali affrontano con delle piroghe di balsa, leggerissime, si sollevano con una mano e senza nemmeno troppa fatica.


Ognuno di loro porta 800 metri di rete, alta 2 metri e a forza di braccia deve uscire al largo... la piccola piroga appare e scompare nell'oceano. Lo fanno 2 volte al giorno, sera e mattina, e il pescato pregiato viene prima lavorato sul posto e poi spedito via treno, una volta al giorno, verso l'interno.

 

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Una ragazza (probabilmente la sorella della guida 😆) ci chiede se vogliamo della noce di cocco... inizialmente ci chiede 5000 ar, poi la signora più anziana le dice qualcosa in malgascio e magicamente il prezzo sale a 5000 a testa! Sorrido, capisco di essere stato fregato, ma vabbè, sono comunque meno di 3€ in 2!

 

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Ma la noce di cocco non si beve e basta... si mangia anche la polpa fresca, prelevata dall'interno direttamente con una scheggia di guscio! 

Buonissima!

 

Proseguiamo verso il villaggio e la guida prima ci porta alla scuola dove i 120 bambini del villaggio (si, 120 su 450) passano le loro giornate... adesso è chiusa, visto che è vacanza anche laggiù!

 

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Ci porta a visitare la sede dell'associazione del villaggio, gestita dalla moglie e compriamo pepe e cestini intrecciati, poi, passeggiando, ci porta in un altro negozietto, dove la signora (probabilmente la cognata della guida 😂) ci chiede il quadruplo rispetto a quello che ci ha chiesto la moglie della guida!


Aho, so vazah, nun so mica cojone!!! 😂😂😂😂😂

Alla fine spuntiamo il mio prezzo per una piroga in balsa e per altri cestini, durante la durissima trattativa Barbara gioca con un bimbo che le elargisce dei bellissimi sorrisi!

 

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Un paio di sigarette ai ragazzi che aggiustano le reti e siamo pronti per tornare sulla spiaggia, la guida ci racconta ancora la rava e la fava di tutto quello di cui ha bisogno il villaggio e ad un certo punto, gli dico in italiano:

Tu sei un gran paraculo, mi sa!

Oui, oui!

😂😂😂😂😂 

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Torniamo al lodge ed è quasi ora di partire per la Aye Aye Island!

Gli Aye Aye sono lemuri notturni, ad altissimo rischio di estinzione... per preservarli, 7 di questi lemuri vivono su un isola artificiale sul canale di Pangalanes, sorvegliata dai volontari e aperta solo a visite accompagnate.


Si parte al tramonto e quando arriviamo all'isola è buio pesto, con una sottilissima falce di luna nel cielo.


Non è possibile usare il flash, né altre fonti di luce se non quella fornita dagli accompagnatori.

 

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Cominciamo a camminare nel buio più assoluto, mentre la guida ci dice che ogni sera preparano delle esche per far avvicinare questi animali così schivi.

 

L'esca non è altro che una noce di cocco incastrata tra 2 alberi, che gli ayeaye scavano con la loro zampa così strana.

 

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Si, perché l'ayeaye non sembra solo un lemure mannaro, ma è anche dotato di una zampa particolare, 4 dita robustissime e un dito lungo e sottile che viene usato per scavare la noce di cocco e i nidi di formiche e termiti, che rappresentano la sua dieta principale.

 

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Sono animali strani, con quella pelliccia ispida e spettinata, come diceva Barbara, pensare che sono praticamente prigionieri su un isola fa un po' male, ma qui non ci sono i predatori che potrebbero sterminare una popolazione già in pericolo, non ci sono uomini che sono interessati a catturarli e soprattutto, si riproducono, abbiamo visto anche un lemure molto giovane, poco più di un anno.

 

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E il ragno gigante non manca mai!!!

 

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Soddisfatti dagli avvistamenti e dai racconti delle guide, è ora di tornare in hotel, dove ci aspetta la nostra cena...


Ѐ strano pensare che i prossimi giorni saranno gli ultimi da passare qui, ma qualche sorpresa questo viaggio ce la riserverà ancora!

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