Vai al contenuto

Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019


claudiaa

Messaggi raccomandati

Lunedì 02/07

 

Oggi ci svegliamo presto senza aver puntato la sveglia. Il sole è già alto ma la temperatura del mattino ci impone comunque pantaloni lunghi, felpa e giacca. Decidiamo di fare che caricare la macchina con gli zaini e i bagagli in modo tale da non dover tornare in casetta dopo colazione. Il check-in dai Rest Camp al Kruger è comodissimo: basta lasciare la chiave dentro una cassettina posta poco prima del cancello di uscita. Facciamo colazione al Cattle & Baron Restaurant Take Away con il solito muffin di dimensioni esagerate e due tazze di caffè americano. Per i più affamati, al ristorante vero e proprio, viene anche allestita una sontuosa colazione a buffet. Per il pranzo, compriamo due belle insalate greche confezionate al momento, che è possibile condire direttamente al bancone. Consumiamo la colazione sedute su dei tavolini di ferro battuto mentre l’attentissimo personale del campo raccoglie dalle vicine aiuole tutte le foglioline cadute nella notte. Ci tratteniamo ancora qualche momento nei pressi della bella terrazza che affaccia sul Sabie River dalla quale, non di rado, si avvistano gli elefanti. Oggi però non c’è anima viva (né animali) ma assistiamo al concerto di una miriade di uccellini sedute su di una panchina. Dopo aver scattato qualche foto anche al vecchio ponte ferroviario ormai in disuso, torniamo alla macchina nel vicino parcheggio dove un gruppo di dispettosissime scimmie vervet monkey ha rubato a qualche malcapitato una confezione di mele e se la sta spartendo a bordo delle camionette per i safari.

 

IMG_1335.jpg

 

Immagine1.png

 

Saliamo in macchina e usciamo dai confini di Skukuza imboccando la H1-2 verso nord dirette al Tshokwane Picnic Site situato più o meno a metà strada rispetto al Satara Rest Camp. Dopo avere superato il fiume Sand, più o meno dove avevamo osservato gli elefanti due giorni prima, vediamo due macchine che procedono a passo d’uomo e davanti a loro una iena maculata che trotterella proprio sulla carreggiata! 

 

Immagine2.png

 

La seguiamo per un centinaio di metri fino a quando non scompare nel bush. A quel punto, superiamo il tratto dove l’abbiamo persa di vista ma pochi istanti dopo la vediamo nuovamente nello specchietto retrovisore! A quel punto fermiamo la macchina e la fotografiamo mentre si avvicina e, come se nulla fosse, sfila proprio sotto la nostra fiancata: avremmo potuto accarezzarla tanto era vicina! Bellissimi e sinuosi animali che dal vivo fanno anche una certa simpatia e nulla hanno a vedere con la nomea di “mangiacarogne” che la letteratura gli ha affibbiato.

 

Proseguiamo dietro di lei a passo d’uomo e a distanza fino a quando si ferma per odorare qualche traccia e scompare definitivamente lungo lo scoscesa riva che porta al fiume Sand che stiamo costeggiando. Chissà se i due bufali solitari che scorgiamo tra gli alberi si saranno dovuti preoccupare della sua presenza.

 

IMG_1371.jpg

 

IMG_1373.jpg

 

IMG_1378.jpg

 

 IMG_1409.jpg

 

IMG_1412.jpg

 

IMG_1394.jpg

 

 

Qualche km più avanti siamo di nuovo ferme, e ci rimaniamo per almeno mezz’ora, perché ci imbattiamo in un altro bel branco di elefanti che sta attraversando la strada con estrema calma. Aspettiamo pazientemente che siano passati tutti vedendo sfilare la matriarca, i giovani maschi e le mamme con i cuccioli.

 

IMG_1420.jpg

 

IMG_1433.jpg

 

IMG_1436.jpg

 

IMG_1442.jpg

 

IMG_1444.jpg

 

IMG_1445.jpg

 

Più avanti avvistiamo una giraffa con gli onnipresenti uccellini Bufaga beccorosso (che vivono in simbiosi con l'erbivoro che li porta a spasso, cibandosi di quello che trovano proprio sul suo mantello) e altri elefanti a distanza piuttosto ravvicinata, intendi a mangiare a lati della strada in un boschetto di arbusti.

 

IMG_1454.jpg

 

IMG_1460.jpg

 

IMG_1422.jpg

 

IMG_1425.jpg

 

Arrivati al bivio con la H12 proseguiamo verso nord e arriviamo nei pressi di una zona punteggiata di massi e piccole montagnole tra cui l’Orpen Boulder. Appena qualche km prima del Tshokwane Picnic Site avvistiamo, davvero vicinissimi e proprio sulla strada, quattro o cinque esemplari di bufalo africano. Alcuni hanno delle espressioni veramente truci e minacciose e le corna, che formano un tutt’uno con la fronte, risultano impressionanti da così vicino.

 

IMG_1495.jpg

 

IMG_1498.jpg

 

IMG_1504.jpg

 

IMG_1474.jpg

 

IMG_1489.jpg

 

IMG_1506.jpg

 

Arriviamo all’area pic nic, una delle più frequentate e apprezzate del Kruger verso le 10:30, parcheggiamo e facciamo una breve sosta bagno. Consultiamo la mappa degli avvistamenti e mettiamo il segnalino giallo dove abbiamo visto i bufali. Notiamo che qualcuno ha messo un paio di puntine rosse, che corrispondono al leone, in un’area poco distante, lungo la sterrata Lindanda Road che forma un anello nell’aperta savana, ricongiungendosi poi sulla H1-3, prosecuzione della strada asfaltata che abbiamo percorso sinora. Decidiamo di provare a percorrere questo loop, tornando all’area pic nic per pranzo: la deviazione ci porta via più di un’ora e mezza ma, sfortunatamente, di leoni neanche l’ombra: eppure sembra proprio il loro habitat ideale! Avvistiamo però un Becco a sella africano, della famiglia delle cicogne, con due piccoli. Grazie alle belle illustrazioni riportate sulla mappa che abbiamo acquistato ieri ci divertiamo ad improvvisarci ornitologhe. Vediamo anche uno sciacallo lontanissimo che dà al caccia, senza successo, ad un malcapitato gnu e una bella famigliola di waterbuck, caratterizzati da un cerchio bianco sul posteriore.

 

IMG_1524.jpg

 

IMG_1526.jpg

 

IMG_1520.jpg

 

IMG_1536.jpg

 

IMG_1538.jpg

 

IMG_1539.jpg

 

IMG_1564.jpg

 

IMG_1570.jpg

 

IMG_1573.jpg

 

Dopo un ultimo tratto rettilineo nel bel mezzo della savana, che percorriamo a velocità più sostenuta del consentito dal momento che il fondo è eccellente, un po’ deluse/in ansia da avvistamento torniamo all’area picnic dove mangiamo al fresco in macchina le ottime insalate greche. Ordiniamo anche due accettabilissimi caffè espressi al bar all’aperto che è letteralmente invaso da babbuini, addirittura ne vediamo due lanciarsi dal tetto in paglia sopra un tavolo per rubare un piatto di patatine lasciato incustodito: non il posto più tranquillo (e igienico) dove pranzare!

 

Facciamo un giro anche nel piccolo negozio di souvenir e torniamo alla macchina per proseguire sulla H1-3 direzione Satara. Senza ulteriori avvistamenti degni di nota (ormai zebre, gnu, impala, etc. non contano!) arriviamo al bel punto di avvistamento sul Kumana Waterhole, una grande pozza a bordo strada dove c’è anche una costruzione con un mulino a vento che sembra essere in disuso. Qui ci fermiamo a fotografare un gigantesco maschio di elefante con zanne talmente grandi da assomigliare a quelle dei mammut preistorici! 

 

IMG_1577.jpg

 

IMG_1595.jpg

 

IMG_1601.jpg

 

  IMG_1586.jpg

 

Poco più avanti, sempre nei pressi della pozza che è piuttosto estesa, stiamo una buona mezz’ora in attesa per vedere una bella giraffa abbeverarsi. Ci sentiamo quasi in colpa dal momento che sicuramente è consapevole della nostra presenza sulla strada e ne sembra intimidita. Sicuramente la posizione “scomoda” che deve assumere per piegare il lungo collo e poter bere la rende piuttosto vulnerabile in caso di predatori.

 

IMG_1614.jpg

 

IMG_1616.jpg

 

IMG_1627.jpg

 

IMG_1628.jpg

 

IMG_1619.jpg

 

Proseguendo, sempre a bordo strada, arriviamo alla Marheya Pan dove ci imbattiamo in uno spettacolo, almeno per noi, davvero insolito: una iena che … fa il bagno! Non crediamo ai nostri occhi: la simpaticona si sta facendo proprio un bel bagno rilassante, girandosi appena nella nostra direzione. Stiamo per un po’ ad osservarla e sembra proprio che si stia godendo il refrigerio. 

IMG_1640.jpg

 

IMG_1642.jpg

 

  IMG_1651.jpg

 

Decidiamo quindi di non disturbarla oltre e ripartiamo ma le sorprese non sono ancora finite: dopo qualche altro chilometro, in un piccolo fossato proprio ai lati della strada vediamo mamma iena con due cuccioli! Oggi è proprio la giornata delle iene e questo avvistamento è sicuramente il più bello della giornata e uno dei più emozionanti del viaggio! I cuccioli di iena sono semplicemente spettacolari: mentre la mamma si riposa (leggi sbava) appoggiata ad un tronco loro giocano e si rincorrono. Al momento non ci sono altre macchine e spegniamo il motore per non disturbarli e li fotografiamo e riprendiamo a lungo. È una visione davvero emozionante e mi sento una privilegiata a poter assistere ad un tale spettacolo. Stiamo con loro almeno quaranta minuti, forse un’ora. Per fortuna sopraggiungono pochissime macchine e nulla spezza la magia del momento.

 

IMG_1678.jpg

 

IMG_1780.jpg

 

IMG_1788.jpg

 

IMG_1789.jpg

 

IMG_1796.jpg

 

IMG_1747.jpg

 

IMG_1748.jpg

 

IMG_1749.jpg

 

IMG_1750.jpg

 

IMG_1751.jpg

 

IMG_1753.jpg

 

IMG_1756.jpg

 

IMG_1762.jpg

 

IMG_1772.jpg

 

IMG_1773.jpg

 

IMG_1774.jpg

 

IMG_1783.jpg

 

IMG_1784.jpg

 

IMG_1785.jpg

 

IMG_1802.jpg

 

IMG_1805.jpg

 

Ormai la giornata volge al termine e sono quasi le 16:00 quando ci decidiamo a ripartire e percorrere gli ultimi chilometri che ci separano da Satara. Lungo il tragitto di avvicinamento facciamo ancora due avi-avvistamenti: un rapace "contorsionista" che identifichiamo essere un Brown Snake Eagle (biancone bruno in italiano) e un albero carico di grifoni bianchi che purtroppo sono un po' lontani.

IMG_1809.jpg

 

IMG_1811.jpg

 

IMG_1815.jpg

 

IMG_1635.jpg

 

IMG_1630.jpg

 

Nei pressi del campo ci imbattiamo, però, in un ingorgo di macchine molto più grande rispetto a quello di ieri per i ghepardi a Lower Sabie. Acceleriamo perché sicuramente si tratta di qualcosa di interessante. Guadagniamo un punto di osservazione anche noi sul lato destro della strada e chiediamo informazioni: stanno tutti guardando sul ramo di un albero di Marula da cui penzolano i resti di un impala! La presenza di una preda su di un albero vuol dire solo una cosa: leopardo, il quinto “big five” e quello più difficile da avvistare! Tutti i presenti stanno aspettando proprio lui e ci dicono di guardare un punto in mezzo all’erba alta poco sotto l’albero dove si intravede a malapena una sagoma. Aguzziamo la vista e pazientiamo sperando di scorgere qualcosa. Qualche decina di minuti dopo, tra la delusione mista ad ilarità generale, si decide a spuntare il musetto di una iena che ha sicuramente adocchiato la preda. Dal fuggi fuggi di macchine a cui assistiamo capiamo che se una iena ha osato avvicinarsi alla sua preda significa che il leopardo è al momento lontano e rimettiamo in moto anche noi dopo aver fotografato la scena.

 

IMG_1821.jpg

 

IMG_1819.jpg

 

IMG_1828.jpg

 

IMG_1832.jpg

 

Siamo davvero vicinissime a Satara ormai e la delusione per non essere riuscite a vedere il leopardo viene un po’ dimenticata quando avvistiamo, questa volta da vicino, dei bellissimi esemplari di sciacallo appena prima di svoltare a sinistra verso il campo. Anche questa terza giornata al Kruger è ormai finita, all'appello manca sempre il leone e, anche se di poco, il leopardo ma almeno sappiamo che lui è in zona!

 

IMG_1853.jpg

 

IMG_1858.jpg

 

IMG_1862.jpg

 

IMG_1865.jpg

 

Arrivate a Satara verso le 17:00, parcheggiamo e andiamo in reception per il check-in e per prenotare, come deciso, il safari all'alba del mattino con ritrovo all'orario inumano delle 04:45! Ci assegnano la rondavel perimetrale che avevamo riservato da casa: a parità di prezzo la casetta si trova in posizione, appunto, perimetrale e quindi con affaccio verso la alta rete elettrificata che corre tutto attorno al campo, con una bella vista sulla savana. Raggiungere la nostra sistemazione si rivela abbastanza complicato dal momento che tutte le casette sono organizzate a gruppi disposte in cerchio e la viabilità a senso unico diventa in alcuni momenti davvero labirintica. Per andare e venire ci toccherà impostare il navigatore sull’App Maps.Me! La rondavel di Satara è decisamente più confortevole di quella di Skukuza e ha un aspetto meno polveroso. Il bagno è sempre molto sacrificato ma i letti sono tutto sommato comodi e le lenzuola pulite e noi ci sistemiamo e rinfreschiamo un po’. 

 

Dal momento che il ristorante chiude presto e che domani ci attende un’alzataccia decidiamo di andare subito a mangiare. Le opzioni di ristorazione a Satara sono il Tindlovu Restaurant, un franchising della tipologia steakhouse e l’omonimo take away, che però chiude alle 18:00, essendo più che altro una caffetteria.

 

Ci accomodiamo quindi all’interno del ristorante perché all’aperto per noi fa già freddo e ordiniamo due cheese burger con una porzione di insalata e una di patatine fritte. Dal momento che non le hanno alla spina, ci consigliano delle birre in bottiglia prodotte da un’azienda del Capo, la Karoo Craft Breweries. Le birre sono ottime e portano i nomi di alcuni animali iconici del Sudafrica: Impala, Kudu, Jackal e Oryx. Prendiamo una Oryx e una Impala: domani avremo modo di provare le altre! I cheese burger sono buoni ma esageratamente conditi, in particolare il pane sembra marinato nel burro fuso: ci vorrebbero non pochi giri di corsa lungo il perimetro del campo per smaltirli! Inutile dire che rimpiangiamo il Cattle & Baron di Skukuza! In ogni caso, come consuetudine, spazzoliamo tutto e piene da scoppiare rientriamo in casetta. 

 

Lungo il vialetto ci imbattiamo in un gigantesco “coso” di colore bianco e nero che passa come un razzo davanti alla macchina e che non riusciamo a fotografare neanche con il cellulare. Illustrazioni alla mano, appuriamo che non si tratta di una puzzola, come inizialmente avevamo pensato, bensì del ben più grande tasso del miele! Non avrei mai detto che dal vivo potessero avere quelle dimensioni, leggendo una breve descrizione su internet scopriamo che può essere anche parecchio aggressivo se minacciato! Meglio quindi lasciarlo in pace e rincasare.

 

Andiamo a dormire non più tardi delle 21:30 e puntiamo la sveglia alle 04:20 per il safari all’alba: cosa non si fa per questi (benedetti) leoni!

 

  • Mi piace 2
Link al commento
Condividi su altri siti

Rileggendo il diario mi sono accorta che di avere fatto confusione con i giorni della settimana che riporto insieme alle date quindi, facendo ordine, oggi è …

Mercoledì 03/07

 

La sveglia suona prestissimo, ora capisco perché l’ottimale conclusione, dopo due settimane di safari, sarebbe stata una terza settimana di relax al mare in Mozambico! Invece questo è praticamente il nostro terzultimo giorno in Africa e l’ultimo pieno al Kruger. E non siamo ancora riuscite a vedere i leoni anche se abbiamo dedicato gli ultimi due giorni a percorrere le strade e le aree più papabili, adocchiando con una certa invidia le puntine rosse apposte dagli altri visitatori sulle mappe dei Rest Camp.

 

Ci proviamo con il safari all’alba che parte davanti alla reception di Satara alle 4:45. Noi ci svegliamo alle 4:20 circa, giusto il tempo per indossare quanto di più pesante abbiamo, compresi cappelli, scaldacollo e guanti di lana ma dimenticandoci scioccamente di portare qualcosa da mangiare: i safari guidati durano la bellezza di tre ore quindi è sempre buona norma portarsi qualcosa con sé. Raggiungiamo in due minuti il ritrovo e parcheggiamo la macchina, troviamo già un piccolo gruppo di persone: metà di loro parteciperà al safari con noi (una famiglia di californiani ed un ragazzo di New York) mentre l’altra metà si avventurerà in una bush walk guidata. In meno di cinque minuti arriva la nostra camionetta e le guide che procedono a fare l’appello e a ritirare i moduli che abbiamo nel frattempo compilato. La nostra guida è un ranger enorme che indossa pantaloni corti, camicia e cappello da pescatore in cotone, nonostante a quest’ora faccia un freddo glaciale. Si presenta e ci fornisce qualche breve indicazione a proposito delle norme di sicurezza durante il safari e poi ci fa salire sulla camionetta che, in confronto a quella utilizzata a Mkhaya, è altissima. Mentre ci dirigiamo verso il cancello in uscita non manca di ricordarci che durante i safari vige quella che lui chiama “la legge del bush” ovvero che alcuni fortunati riescono a vedere tutto anche solo in occasione di una sola uscita mentre altri non vedono niente. Cerchiamo di non farci scoraggiare da questi oscuri presagi sperando che questa sia davvero la volta buona. 

 

Appena usciti dal campo, la guida accende due poderosi fari laterali posti in alto, circa a metà del mezzo, che fanno una discreta luce a bordo strada. Parallelamente chi siede nei sedili in fondo è dotato di due torce, alimentate direttamente dalla camionetta, in grado di proiettare un discreto raggio di luce anche a distanze elevate. Ed è così che imbocchiamo una stradina sterrata riservata solo ai mezzi autorizzati prima della svolta sulla H7 che collega Satara a Orpen: semi avvolte da una delle coperte di pile in dotazione, macchine fotografiche in pugno e attentissime ad eventuali bagliori di occhi o movimenti.

 

Vediamo dopo pochissimo tempo uno sciacallo e una bella giraffa: avvistare gli animali con il buio dà completamente un’altra sensazione rispetto a quando si guida in pieno giorno. Forse per il fatto che non ci troviamo propriamente dentro un veicolo, che sentiamo il freddo, il vento, gli odori della notte appena trascorsa e che l’alba è ancora lontana almeno mezzora, ma le sagome di quello che si scorge oltre i confini della camionetta hanno un aspetto subito più misterioso e ignoto. Ad esempio individuare la forma altissima di una giraffa di notte, ferma in mezzo alla strada, e riconoscere il muso solo con la luce di una torcia è decisamente più sconcertante che di giorno, quando si possono indovinarne i movimenti e le intenzioni più chiaramente.

IMG_1871.CR2

 

IMG_1883.CR2

 

IMG_1882.CR2

 

Proseguiamo perdendoci in una pista che si addentra nella savana: è buio pesto e non scorgiamo quasi nulla a parte altri erbivori. Raggiungiamo, quando inizia ad albeggiare, la Girivana Waterhole, una pozza che avevo letto essere piuttosto frequentata dai felini, ci sono infatti già qualche macchina in appostamento ma non c’è traccia dei grandi gattoni. Vediamo in compenso un bellissimo esemplare di elefante maschio adulto che fotografiamo in mezzo all'erba alta con una luce incantevole. 

 

IMG_2828.JPG

 

IMG_2834.JPG

 

  IMG_1901.CR2

 

Torniamo verso Satara e raggiungiamo quello che dovrebbe essere il letto del fiume N’wanentsi. Qui la guida esita più di una volta, vediamo chiaramente che sta guardando le tracce e, in effetti, le vediamo anche noi sporgendoci dal mezzo: orme di leoni ma non sappiamo assolutamente dire se sono fresche oppure no e non sembra sicura neanche la nostra guida. Guadiamo il fiume in un punto davvero dissestato (African Massage!) e lo costeggiamo fino a ritornare nei pressi della asfaltata H1-3 dove ci imbattiamo in un gruppo di impala a bordo strada che si comportano in modo strano guardando tutti nella stessa direzione. È questione di un momento: vediamo gli impala scappare tutti verso la nostra sinistra mentre sulla destra arriva sparato qualcosa al galoppo: è un ghepardo! È da solo, e quando arriva nei pressi del mezzo si ferma di scatto, forse deluso della preda mancata, ma poi riprende a trotterellare in mezzo all'erba a meno di 10 metri da noi. È bellissimo e sinuoso e sembra abbastanza a suo agio mentre lo seguiamo a distanza di sicurezza. In questa occasione dobbiamo ammettere che il ranger è stato piuttosto bravo ad individuare la situazione e a non perderlo mai di vista. Siamo tutti in piedi dentro la camionetta per fotografare, lo accompagnammo per un tratto così lungo che ho anche tutto il tempo di posare la macchina fotografica e godermi lo spettacolo “dal vivo”. Non sarà il Re, ma è sicuramente un animale molto attraente. Ad un certo punto lo vediamo distintamente fiutare qualcosa di suo interesse ed ecco che si allontana fino a sparire in mezzo alla savana. Magnifico!

 

IMG_2869.JPG

 

IMG_2859.JPG

 

IMG_2889.JPG

 

IMG_2061.CR2

 

IMG_1991.CR2

 

IMG_2065.CR2

 

IMG_2069.CR2

 

IMG_1909.CR2

 

IMG_1986.CR2

 

  IMG_2005.CR2

 

IMG_2029.CR2

 

IMG_2055.CR2

 

IMG_2057.CR2

 

IMG_2041.CR2

 

IMG_2082.CR2

 

IMG_2088.CR2

 

Nel frattempo, arriviamo nei pressi dell’albero sul quale ieri sera abbiamo avvistato l’impala ucciso dal leopardo. Questa mattina la preda è sparita, probabilmente consumata durante la notte. C’è una macchina appostata che ci dice che c’è qualcosa in mezzo all'erba ed in effetti si intravede una schiena che si muove ma è talmente fugace e l’erba talmente alta in quel punto che distinguiamo soltanto un’ombra per qualche secondo. La nostra guida è sicura si tratti del leopardo ma ci spiega che è un predatore estremamente timido e li accucciato nell'erba è praticamente impossibile individuarlo. Ci troviamo nei pressi della N’wanetsi Road, il sole è ormai alto e proviamo a percorrerne un breve tratto ma non avvistiamo nulla ad eccezione di gnu e una (inutile) mangusta. 😒

 

IMG_2839.JPG

 

IMG_2100.CR2

 

Torniamo a Satara con ancora negli occhi la magnificenza del ghepardo a caccia ma ancora all'asciutto per quanto riguarda i leoni. Non è accettabile essere arrivate fino a qui senza averli visti e quindi, appena scese dalla camionetta, decidiamo di partecipare anche al safari del tramonto che parte intorno alle 16.00. I safari guidati al Kruger costano a testa l’equivalente di 24€, cifra che li rende assolutamente abbordabili, quindi facciamo la spesa a cuor leggero e con tante aspettative. Una volta pagato il safari e ricevute le informazioni circa l’orario (occorrerà essere davanti alla reception alle 15:45) andiamo, con ancora indosso i cappelli di lana, a fare colazione al Tindlovu Restaurant dove ordiniamo due belle tazze di caffè, un piatto con yogurt e granola e un muffin gigante, che dobbiamo difendere da uno “Zazu” piuttosto battagliero e, da vicino, dotato di un becco affilato di tutto rispetto.

 

Ci rilassiamo e ne approfittiamo per riscaldarci al sole: il safari del mattino si rivelerà indubbiamente più freddo di quello del tramonto probabilmente per il fatto che l’ambiente si è raffreddato durante la lunga notte mentre al tramonto la terra è calda della giornata appena trascorsa.

Compriamo al fornitissimo negozio del campo degli snack e della frutta per pranzo e torniamo alla nostra rondavel dove ci cambiamo e rilassiamo ancora per un po’. Siamo effettivamente un po’ deluse perché speravamo tanto di avere l’opportunità di vedere i leoni all’alba: domani sarà la nostra ultima giornata al Kruger e passeremo la notte già fuori dal parco senza possibilità di altri safari al tramonto quindi ci giochiamo tutto tra oggi e domani.

 

Riposate e di nuovo determinate ci mettiamo in macchina verso le 10:00: seguiamo il consiglio del ranger di questa mattina e proviamo a percorrere nuovamente la N’wanetsi Road dal momento che, alla nostra domanda su quale fosse la strada con la più alta possibilità di vedere leoni, ci ha risposto che era proprio quella. Il percorso in effetti ha tutte le caratteristiche per essere il loro habitat ideale poiché si perde letteralmente nella savana senza mai allontanarsi troppo dai corsi del fiume Sweni e N’wanetsi. Vediamo molti erbivori, due bufali che brucano vicinissimi alla macchina, un raro waterbuck e alcuni uccelli particolari: l’Otarda Kori e il Bucorvo Cafro (Ground hornbill) caratterizzato da un sotto becco rosso accesso. Vediamo anche impronte e non ci sono dubbi a chi appartengano ma purtroppo restano solo orme sulla sabbia.

 

IMG_2113.CR2

 

IMG_2121.CR2

 

IMG_2123.CR2

 

IMG_2109.CR2

 

IMG_2138.CR2

Otarda Kori

IMG_2148.CR2

Bucorvo Cafro

La strada è comunque molto bella perché si avvicina anche alle scure e rocciose Lebombo Mountains che segnano il confine con il Mozambico e l’inizio del Parco Nazionale del Limpopo, formando un unico gigantesco ecosistema con il Kruger.

 

IMG_2128.CR2

 

IMG_2127.CR2

 

Rientrate sulla strada asfaltata, continuiamo a fare numerosi incontri di erbivori ma ormai nulla che attira davvero la nostra attenzione. Dal momento che siamo vicinissime al campo e già affamate, decidiamo di rientrare a Satara per pranzo e approfittare del bagno della nostra casetta. Superata l’ora più calda della giornata, intorno alle 13:30 e con due ore scarse davanti prima del safari guidato ci rimettiamo in macchina decidendo di provare l’asfaltata H7 che collega Satara a Orpen. Ci mettiamo in marcia con l’idea di percorrerla “alla cieca” per circa un’oretta e poi tornare indietro in tempo per le 16:00.

 

Mi metto alla guida mentre Chiara si riposa: la strada è molto bella perché il paesaggio qui è un po’ più verdeggiante grazie alla presenza del vicino Timbavati River, anche se in questa stagione lo troviamo praticamente in secca. Avvistiamo per lo più erbivori, in particolare un grosso elefante che decide di coprire, con una bella quanto improvvisa rincorsa, l’altezza che separa la carreggiata dal fosso sottostante, a pochi metri da noi. La particolarità di questo tratto, guidando in direzione Orpen, è proprio il fatto che la strada scorre particolarmente “sopraelevata” rispetto al fiume, i cui argini ripidissimi scendono bruscamente verso il letto, offrendo sempre una discreta visibilità. Arrivate nei pressi del Timbavati Viewpoint, vediamo proprio in un punto del letto del fiume una incredibile aggregazione di animali, probabilmente attirati dalla vegetazione che in questo tratto è davvero lussureggiante: ci sono molte zebre, gnu e gli onnipresenti impala. Ci fermiamo e scattiamo solo qualche fotografia più che altro per la scena insolita di trovare così tante specie le une vicine alle altre.

 

È purtroppo ora di rientrare e percorriamo qualche centinaio di metri fino al punto panoramico vero e proprio dove facciamo inversione per rientrare a Satara. Ritornando in corrispondenza del tratto dove eravamo poco prima, vedo una camionetta di un lodge privato ferma con le persone tutte in piedi. Il guidatore, un giovane ragazzo sudafricano, si fa passare il binocolo da un turista e guarda con insistenza. Ci avviciniamo abbassando il finestrino e gli chiedo cosa stiano guardando e lui, con nonchalance, mi risponde “There is a male lion. Un leone maschio.” COOOOSA? Per tutta risposta ripeto la sua frase all’interrogativo e lui mi risponde di sì: c’è un leone maschio ma si è nascosto nel bush dall’altra sponda del fiume e non sa quanto tempo dovremo aspettare prima di, eventualmente, riuscire a vederlo. Ci augura buona fortuna e rimette in moto, noi lo ringraziamo e prendiamo il suo punto di osservazione. Siamo determinate ad aspettare a costo di andare a tavoletta all’appuntamento con il safari del tramonto!

Il leone maschio, effettivamente, non riusciamo a vederlo ma nel giro di pochi minuti, praticamente a sorpresa, compare sul letto del fiume una leonessa!

 

IMG_2167.CR2

 

IMG_2170.CR2

 

IMG_2174.CR2

 

È a caccia! Nel frattempo, infatti, tutti gli erbivori che avevamo avvistato qualche minuto prima sono spariti: resta solo qualche esemplare di impala mentre ci rendiamo conto che le leonesse sono tre: una che cammina sul letto del fiume e due più in alto in mezzo alla vegetazione, sull'argine opposto a dove ci troviamo noi. Disteranno meno di cinquanta metri. La scena si fa davvero interessante quando compare un piccolo impala che si dirige pericolosamente verso la leonessa sul letto del fiume che, dopo avere avanzato quasi pancia a terra, si è acquattata nell’erba sopravento rispetto a lui.

 

IMG_2171.CR2

 

IMG_2177.CR2

 

IMG_2182.CR2

 

IMG_2183.CR2

 

L’impala le si avvicina, senza notarla, a meno di un metro e a quel punto vediamo la leonessa fare un balzo verso di lui che, però, si mette a correre piuttosto velocemente. Tutta la scena dura qualche secondo e, incredibilmente, riusciamo ad immortalarla. L’impala è salvo e non riusciamo più a vederlo mentre la leonessa resta a bocca asciutta e si avvicina alle altre due che nel frattempo si sono appostate più in basso.

 

IMG_2186.CR2

 

IMG_2187.CR2

 

IMG_2189.CR2

 

  IMG_2191.CR2

 

IMG_2190.CR2

 

IMG_2193.CR2

 

IMG_2204.CR2

 

IMG_2197.CR2

 

Non crediamo i nostri occhi, a quello che abbiamo appena visto: tutta la frustrazione di questi giorni si è improvvisamente dissolta davanti a questa meravigliosa scena che avevamo visto solo nei documentari! Siamo davvero entusiaste e incredule!

Stiamo ancora a lungo a fotografare e osservare il terzetto che si è radunato per una pausa dalla caccia: l’impala sembrava così vicino eppure è riuscito lo stesso a mettersi in salvo e questo ci fa riflettere su quanto sia davvero incerto il fragile equilibrio tra prede e predatori.

 

IMG_2216.CR2

 

IMG_2227.CR2

 

IMG_2232.CR2

 

IMG_2236.CR2

 

IMG_2238.CR2

 

IMG_2241.CR2

 

IMG_2244.CR2

 

IMG_2251.CR2

 

IMG_2259.CR2

 

  IMG_2253.CR2

 

Le leonesse sono calme ora ma noi non verremmo più via però il tempo stringe e, esaltate da questo insperato avvistamento, rientriamo verso Satara per tentare nuovamente la fortuna al tramonto durante il safari. Per arrivare in tempo superiamo ampiamente i limiti di velocità dei 50 km/h, fortunatamente senza conseguenze, e alle 15:45 spaccate siamo al parcheggio dove molliamo l’auto e ci fiondiamo sulla camionetta. Il safari del tramonto è, rispetto a quello della mattina, decisamente più “commerciale”: ad eccezione di qualche coppia più o meno giovane sono tutte famiglie con bambini, alcuni con i classici frigo da spiaggia.

 

L’avvistamento fortunato di prima ci ha fatto scendere drasticamente l’adrenalina e ci permette di goderci con maggiore serenità e spensieratezza questo bel giro. Apprezziamo in particolar modo la bravura della guida che, forse per il fatto di avere così tanti ragazzini a bordo, si dilunga in spiegazioni sugli animali e le loro caratteristiche. Apprendiamo, ad esempio, che gli elefanti sono dotati di eccezionale intelligenza: durante l’inverno, stagione secca nella quale tutti gli erbivori entrano in crisi alimentare, spezzano volutamente i tronchi degli alberi per cibarsi delle radici. Durante la stagione delle piogge, invece, tornano nel punto esatto dove avevano spezzato gli alberi e, essendo gli unici con una mole tale da spostare nuovamente il tronco, si possono nutrire con l’erba più tenera che nel frattempo è cresciuta sotto.

 

Durante il safari percorriamo più o meno le strade già battute questa mattina. Vediamo quasi tutti i piccoli erbivori, tra cui un gruppo particolarmente fotogenico di impala femmine con un unico maschio che bada a loro e l’Afrikaans steenbok (una minuscola antilope con due cornetti che non avevamo ancora visto).

 

IMG_2274.CR2

 

IMG_2272.CR2

 

IMG_2271.CR2

 

IMG_2305.CR2

 

La guida ci indica anche un'aquila, appollaiata su un alto ramo di acacia, e, poco distante, posato sulla rete di confine di un recinto ormai in disuso un pappagallo verde. Più avanti, con la luce rosata del tramonto, fotografiamo anche un albero carico di nidi di grifoni e da uno di essi vediamo chiaramente spuntare la silhouette di un piccolo con il minuscolo becco. Fotografiamo E' davvero stupefacente l'incredibile diversità che offre questo parco per gli appassionati di avi-fauna.

 

IMG_2294.CR2

 

IMG_2284.CR2

 

Immagine1.png

 

IMG_2298.CR2

 

IMG_2295.CR2

 

Ad un certo punto, una signora provvista di un potentissimo binocolo riesce a scorgere, purtroppo lontanissimi, altri due leoni sdraiati al fresco sul letto del fiume! Secondo la guida uno dei due è un giovane maschio, che non ha ancora il collare completamente formato. Non saremo però mai certe dal momento che, sfortunatamente, non vi era alcuna strada percorribile che ci potesse far avvicinare alla coppia. Peccato!

 

IMG_2321.CR2

 

IMG_2318.CR2

 

Proseguendo incrociamo una timidissima giraffa che non sa se scappare o rincorrerci e un bel gruppo di elefanti intenti ad abbeverarsi nei pressi di una cisterna artificiale.

 

IMG_2328.CR2

 

IMG_2325.CR2

 

IMG_2334.CR2

 

IMG_2300.CR2

 

IMG_2897.JPG

 

IMG_2901.JPG

 

Il sole è ormai tramontato e istantaneamente inizia a fare piuttosto freddo, obbligandoci ad indossare felpe, giacca e cappelli. Oggi tocca a noi utilizzare una delle due torce della camionetta e ci divertiamo a puntare il raggio sulle alte chiome degli alberi e spazzare i tratti di savana che vediamo dal lato in cui siamo sedute. Avvistiamo altri due sciacalli, che ci ricordano tanto i coyote della Death Valley, e, grazie ad un'altra signora particolarmente attenta, su di un albero riusciamo a distinguere il manto ma non il muso di una genetta, un piccolo quanto timido carnivoro.

 

IMG_2342.CR2

 

IMG_2354.CR2

 

Ormai è buio pesto e capiamo che ci stiamo dirigendo verso Satara per la conclusione del nostro safari, non sappiamo però che la fortuna ci riserva la sorpresa più grande della giornata. Tornati sulla asfaltata che porta al campo ci troviamo nuovamente nei pressi dell’albero del leopardo e, grazie ad un tempismo incredibilmente favorevole ma soprattutto grazie alla nostra attentissima guida che lo individua per prima e ce lo indica, lo vediamo! La guida è molto capace e cerca di seguirlo procedendo in retromarcia: il leopardo cammina parallelamente alla strada, si sposta piuttosto lentamente ma compare e scompare in continuazione nella vegetazione ed è difficile tenerne traccia illuminandolo con la torcia. Siamo però fortunate perché per qualche secondo attraversa una piccola radura libera di vegetazione e riusciamo a immortalarne il profilo, nonostante la poca luce.

 

IMG_2372.CR2

 

IMG_2368.CR2

 

Quando sparisce definitivamente dalla nostra vista riprendiamo tutti a respirare! È stato a dir poco incredibile e totalmente inaspettato! Eravamo già pienamente soddisfatte per le leonesse di oggi pomeriggio e sul leopardo non nutrivamo grandi speranze invece... possiamo considerarci tra le fortunate che sono riuscite ad avvistare tutti e cinque i big five!

Di lì a poco rientriamo tutti al campo e, ringraziata la guida, andiamo affamatissime al Tindlovu Restaurant dove festeggiamo con un piatto di costine di maiale e un burger con pollo e morogo, gli spinaci africani che ci dividiamo. Accompagniamo il cibo con altre due ottime birre della Karoo Craft Breweries, una Impala e una Jackal: naturalmente stasera brindiamo ai leoni e ai leopardi!

 

Andiamo a dormire veramente soddisfatte della giornata, la lunga attesa di questi giorni è stata ampiamente ripagata dalle nostre tre meravigliose leonesse e con l’avvistamento del leopardo non possiamo più davvero lamentarci. Senza contare il magnifico ghepardo all’alba! Satara è stata certamente all’altezza della sua reputazione!

Questa è l’ultima notte che passeremo all’interno del parco e ciò significa che il nostro bellissimo viaggio in terra africana volge al termine. Domani sera usciremo, infatti, dal gate Phalaborwa e dormiremo in una guest house nell’omonima cittadina. La giornata sarà comunque ancora dedicata ad esplorare il Kruger, in particolare la panoramicissima zona di Olifants. 

Buonanotte Satara e lunga vita ai tuoi meravigliosi felini!

  • Mi piace 2
Link al commento
Condividi su altri siti

Giovedì 04/07

 

Oggi ci svegliamo leggere: la nostra “missione” di avvistare i “big five” si è felicemente conclusa ieri con una giornata molto intensa ma altrettanto ricca di soddisfazioni, dal safari all'alba delle 5 a quello del tramonto fino alle 18, dal ghepardo, ai leoni, al leopardo… A pensarci bene, ieri abbiamo avvistato ben 4 su 5 “big five” in un unico giorno: il solo rinoceronte del Kruger resta infatti quello gigantesco che abbiamo visto in zona Malelane.

Questo bellissimo parco ha ampiamente ripagato tutte le nostre aspettative anche se ci sono voluti quattro giorni pieni di esplorazione per tentare la fortuna con gli animali più difficili da avvistare e oggi sarà il nostro ultimo safari: da Satara percorreremo infatti la asfaltata H1-4 fino a Olifants, considerato una delle sistemazioni più belle e panoramiche, dove vorremmo fermarci per pranzo. Nel pomeriggio non ci resterà che imboccare la H1-5 prima e la H-9 poi fino all'uscita del Phalaborwa Gate.

 

Alle 07, dopo avere radunato i bagagli e fatto un po’ di ordine in macchina, andiamo a fare colazione alla caffetteria take away del Tindolovu Restaurant dove beviamo due buoni caffè americani e dividiamo il solito muffin. Torniamo alla nostra rondavel, dopo aver fatto un veloce passaggio al negozio del campo, e alle 08 siamo in macchina.

Troviamo la zona immediatamente dopo Satara, verso nord, molto densa di animali e la vegetazione pressoché inesistente consente di spaziare da un lato all’altro della strada anche a lunga distanza. Vediamo un gruppo di gnu e zebre nei pressi di una pozza e riusciamo a fotografare una bellissima otarda Kori da distanza piuttosto ravvicinata che, ad un certo punto, gonfia pure le piume del collo e della testa.

 

IMG_2374.CR2

 

IMG_2387.CR2

 

IMG_2414.CR2

 

IMG_2420.CR2

 

IMG_2417.CR2

 

Poco prima del Ntomeni Waterhole Viewpoint scorgiamo una enorme mandria di bufali, tutti acquattati nell’erba gialla: sono tantissimi e per noi è davvero insolito dal momento che li abbiamo sempre individuati a piccoli gruppi. Il contrasto delle loro schiene scure e massicce con l’erba gialla e il profilo appuntito delle corna è un’immagine che ho ancora oggi impressa nella memoria.

 

IMG_2430.CR2

 

IMG_2432.CR2

 

IMG_2434.CR2

 

IMG_2435.CR2

 

IMG_2436.CR2

 

 

IMG_2443.CR2

 

IMG_2449.CR2

 

Poco dopo, nei pressi della S127, la Ntomeni Road, ci attraversa la strada per poi proseguire in fila indiana sulla nostra sinistra, una bellissima mandria di elefanti con i piccoli, probabilmente diretti alla pozza per abbeverarsi. Li avvistiamo già dalla lunga distanza e ci uniamo ad altre due macchine che sono sopraggiunte prima di noi. Vederli camminare così vicini, un tutt'uno di schiene, zampe e proboscidi, mi emoziona profondamente anche perché sono con ogni probabilità gli ultimi elefanti che avvisteremo in questo viaggio.

 

IMG_2479.CR2

 

IMG_2486.CR2

 

IMG_2493.CR2

 

IMG_2496.CR2

 

IMG_2500.CR2

 

  IMG_2510.CR2

 

IMG_2511.CR2

 

IMG_2529.CR2

 

IMG_2539.CR2

 

IMG_2541.CR2

 

IMG_2555.CR2

 

IMG_2548.CR2

 

Proseguendo, arriviamo alla Ngotso Dam dove assistiamo ad un altro assembramento di diverse specie: zebre con i cuccioli, gnu, uno struzzo e un enorme elefante che, dopo essersi fatto fotografare di profilo da distanza molto ravvicinata, decide di seguirci per qualche decina di metri proprio in mezzo alla strada ma, per fortuna, con fare assolutamente pacifico.

 

IMG_2477.CR2

 

IMG_2579.CR2

 

IMG_2566.CR2

 

IMG_2576.CR2

 

IMG_2574.CR2

 

IMG_2588.CR2

 

IMG_2591.CR2

 

IMG_2593.CR2

 

IMG_2608.CR2

 

IMG_2607.CR2

 

IMG_2614.CR2

 

Arriviamo infine nei pressi del ponte sull’Olifants River che si rivela davvero spettacolare: è molto più grande rispetto agli altri fiumi che abbiamo attraversato in questi giorni di Kruger ed è completamente ricoperto di isolette di vegetazione più o meno sommerse sulle quali avvistiamo qualche impala e nyala. È un paesaggio da cartolina e ci chiediamo che meraviglia deve essere il celeberrimo Delta dell’Okavango, regione fluviale africana per antonomasia. Rincuorate dalla presenza di una camionetta di un safari privato, approfittiamo del traffico quasi totalmente assente, per sostare anche noi nel bel mezzo del ponte e scattare qualche fotografia. Questa occasione è stata, in assoluto, l’unico momento in cui siamo scese dalla macchina in aree non autorizzate.

 

IMG_2914.JPG

 

IMG_2911.JPG

 

IMG_2912.JPG

 

IMG_2621.CR2

 

IMG_2632.CR2

 

Dopo questa breve sosta raggiungiamo la deviazione con la S91, una strada sterrata che corre lungo un’ansa del fiume Olifants, avvicinandosi al Rest Camp. Qui avvistiamo delle schiene di elefanti piuttosto distanti: al contrario di quello che avevo immaginato la strada è sì vicina al fiume ma si trova anche piuttosto in alto rispetto alla riva e la fitta vegetazione rende parecchio difficoltoso avvistare eventuali animali più in basso. Rispetto alle recensioni entusiaste di questa deviazione restiamo in effetti un po’ deluse.

 

Non ci resta che dirigerci all’Olifants Rest Camp per una pausa: sostiamo nell’area parcheggio, decisamente più piccola e curata rispetto a Skukuza, Lower Sabie e Satara, e lasciamo la macchina all’ombra. Dopo pochi passi siamo all’interno della costruzione principale che ospita il negozio, la reception, caffetteria e il ristorante della Tindlovu, la medesima catena che abbiamo sperimentato a Satara.

 

Una volta uscite sulla terrazza restiamo a bocca aperta: siamo davvero in alto! Sotto di noi, si estendono le anse sinuose del fiume Olifants e savana a perdita d’occhio: con un buon binocolo a disposizione si potrebbe tranquillamente piazzarsi qui tutto il giorno e godersi lo spettacolo dall’alto. 

 

IMG_2916.JPG

 

IMG_2917.JPG

 

Noi, visto che non è ancora ora di pranzo, ci limitiamo a due caffè espressi che beviamo sedute ad un tavolino all’aperto. Questa giornata è improntata su ritmi decisamente più lenti e, dopo tutti questi giorni di safari, compresi quelli in Swaziland e nella regione del Kwazulu Natal, ci fa davvero piacere sentirci un po’ in vacanza.

 

Dopo esserci rilassate un po’ e data una veloce occhiata all’orologio, decidiamo di percorrere il vicino anello composto da due sterrate, la S44 e la S93, per poi tornare qui per pranzo. Lungo il tragitto incontriamo unicamente piccoli erbivori qualche bufalo e una giraffa ma in compenso raggiungiamo un bellissimo punto panoramico dove i fiumi Olifants e Letaba si incontrano. Scendiamo dalla macchina in una minuscola area segnalata e ci godiamo ancora un po’ questi preziosi momenti di assoluto silenzio rotto solo dai suoni del vento e dagli sbuffi di un ippopotamo lungo il fiume. Terminiamo il loop senza altri avvistamenti notevoli e un po’ deluse: anche questo tratto era segnalato come interessante ma la fitta vegetazione e l’andamento tutt’altro che pianeggiante del terreno hanno praticamente azzerato ogni possibilità.

 

Torniamo quindi all’Olifants Rest Camp dove pranziamo al Tindlovu Restaurant con due ottimi club sandwich, una coca e una birra Kudu, sempre della Karoo Craft Breweries. Prendiamo anche due espressi e ci rilassiamo approfittando dell’aria condizionata del locale dal momento che oggi è nuovamente molto caldo all'esterno. Ci sentiamo un po’ stanche e anche molto appagate dalle giornate precedenti, decidiamo quindi di rimetterci in macchina verso le 14:30 senza tentare ulteriori sterrate nei pressi di Letaba che avrebbero portato via troppo tempo.

 

Percorrere la strada che collega Olifants a Phalaborwa è stato stranissimo: dopo giorni in cui i paesaggi prevalenti erano quelli aridi e secchi della savana sterminata, ci troviamo ad attraversare tratti collinari più o meno ondulati. Ai fianchi della strada scorre, inoltre, una vegetazione di alberi bassi ed arbusti molto fitti le cui foglie hanno dei meravigliosi colori autunnali che vanno dal giallo all’arancione al rosso. In alcuni momenti sembra quasi di trovarsi nelle nostre Langhe, a dir poco stupefacente.

 

IMG_2933.JPG

 

Percorriamo la H9 in circa un’ora, man mano che ci avviciniamo al gate di Phalaborwa vediamo all’orizzonte le impietose ciminiere della omonima cittadina. Sono i primi segnali di vera e propria civiltà che incontriamo dopo quattro giorni di immersione totale nella natura e mi provocano un po’ di tristezza. Mentre guido verso l’uscita di questo meraviglioso Kruger ripenso a tutti gli avvistamenti dei giorni scorsi, alla grandissima emozione di trovarsi al cospetto delle leonesse a caccia, al leopardo ma anche agli elefanti incrociati all’alba, alle scimmie dispettose, gli elegantissimi ghepardi e le dolci giraffe.

 

Qualche curva prima del cancello, ci fermiamo ad osservare a lungo quello che sarà il nostro ultimo elefante, un maschio solitario un po’ magrino intento ad abbeverarsi con movenze buffe ad una pozza artificiale mentre il sole inizia a calare. È una bella immagine che ci portiamo dietro a rappresentazione dell’equilibrio e della convivenza tra noi e loro, gli animali selvaggi.

 

IMG_2639.CR2

 

IMG_2653.CR2

 

IMG_2655.CR2

 

IMG_2658.CR2

 

IMG_2638.CR2

 

Arriviamo, infine, al cancello di Phalaborwa dove mostriamo la ricevuta di ingresso (che risale ormai a quattro giorni fa) al ranger. Lui ci ricorda sorridendo che dal Kruger è possibile portare via solo foto, alludendo al fatto che è severamente vietato rimuovere qualsiasi tipo di fiore, pianta o peggio animale. Noi rispondiamo che in effetti abbiamo solo tanti ed incredibili ricordi.

Usciamo e non mi sembra possibile tornare alla civiltà: vediamo supermercati, banche, benzinai, case. Siamo stanche e io mi sento un po’ attonita da questo improvviso cambio di contesto: è come se dietro di noi si fossero chiuse le porte di un mondo incantato, sospeso nel tempo, e ci trovassimo ora nuovamente nell'era moderna, alle prese con gli impegni terreni e quotidiani. Rimpiango sin da subito la sensazione del sentirmi “dentro la natura” che ho provato fino a qualche attimo prima.

 

In una quindicina di minuti siamo alla guest house A Traveler’s Palm, prenotata su Booking in base alle ottime recensioni di Tripadvisor che riportavano un buon rapporto qualità prezzo. La guest house si trova in una zona residenziale, distante una decina di minuti dalla via principale di Phalaborwa, che è la medesima che porta al Kruger. Ci accoglie la simpatica coppia di proprietari, i loro due cani Jack Russel e una gatta, che non manca di farsi un bel giretto nella nostra camera.

La casa è molto carina, con un grande e comodo parcheggio sotto palme altissime, le poche camere hanno tutte ingresso privato e la cosa ci fa sentire totalmente indipendenti. L’aspetto positivo di essere tornate nella civiltà è la stanza fresca, confortevole e immacolata che la proprietaria ci assegna. Restiamo quasi commosse dall'enorme bagno e ci facciamo subito una lunghissima doccia che ci toglie tutta la stanchezza (e la polvere!) delle giornate precedenti. Ci rilassiamo sul letto usufruendo del WI-FI e annunciamo il nostro ritorno nel mondo contemporaneo ad amici e famiglia a casa.

 

Per cena decidiamo di festeggiare il Kruger al migliore ristorante della città: il Bushveld Terrace Restaurant che fa parte di un hotel a quattro stelle situato appena prima il cancello di ingresso al parco. Ci arriviamo in una decina di minuti di auto intorno alle 20:00. Parcheggiamo e percorriamo il sentiero per arrivare alla terrazza dove si cena alla luce del fuoco di bracieri. Ci accoglie un cameriere gentilissimo e la responsabile di sala, purtroppo sono al completo e ci chiedono di pazientare sui divani del patio esterno. Fortunatamente il fatto che sia tardi rispetto agli standard sudafricani è dalla nostra e, dopo neanche dieci minuti di attesa, ci fanno accomodare nella terrazza protetta da una veranda semi aperta.

Come antipasto ordiniamo dei gamberi in tempura che vengono serviti accompagnati da una salsa al limone eccellente e poi non possiamo esimerci dallo scegliere il filetto alla griglia con verdure e l’immancabile purea di zucca. Non è all'altezza di quello di Skukuza, più che altro per il livello di esecuzione del piatto, ma la carne è come sempre eccellente. Ci facciamo anche consigliare una spettacolare bottiglia di Pinot Nero Three Peaks del Capo che finiamo, in due, con il dolce: una panna cotta “scomposta” a cui diamo la sufficienza per il tentativo e per la presentazione.

Il conto alla fine è leggermente più alto della media (circa 42 € in due comprensive di mancia) ma il servizio e contesto, oltre alla bottiglia di vino, sono stati decisamente superiori. 

Torniamo in guest house alle 22 circa, stasera abbiamo fatto le ore piccole e ci addormentiamo subito (complice anche l’ottimo Pinot Nero!).

  • Mi piace 1
Link al commento
Condividi su altri siti

  • 2 settimane dopo...

Venerdì 05/07

 

Ci svegliamo nella guest house di Phalaborwa con estrema calma e anche con un po’ di magone: oggi è il nostro ultimo giorno on the road prima del volo del rientro. Scioccamente ieri sera ci siamo completamente dimenticate di chiedere l’orario della colazione e infatti siamo in ritardo. Con grande disponibilità però i padroni di casa ci danno la possibilità di farla comunque “fredda” e in un quarto d’ora l’attentissima cuoca sudafricana ci apparecchia di tutto punto il tavolo in giardino. È talmente gentile che ci sentiamo quasi in imbarazzo e la ringraziamo almeno un centinaio di volte. Mangiamo frutta freschissima e pane e marmellata fatta in casa. 

 

Saldiamo il conto e, caricati i bagagli, saliamo in macchina dirette prima in banca, per prelevare qualche centinaio di rand dal momento che siamo rimaste completamente senza contanti, e poi dal benzinaio per il pieno alla macchina. Qui un gentilissimo ragazzo con lunghe treccine ci lava praticamente l’auto mentre la pompa di benzina è in funzione e addirittura si scusa per il rumore dovuto agli operai che stanno lavorando ad un ampliamento del distributore. Ci spiega, con un gran sorriso, che la prossima volta che passeremo da queste parti ci sarà una caffetteria: lo prendiamo come un bellissimo augurio e gli allunghiamo 40 rand di mancia con sua grande gioia.

 

In poche curve ci allontaniamo dal centro abitato di Phalaborwa e ci lasciamo definitivamente alle spalle il Kruger e le sue meraviglie. Siamo dirette a Graskop, nel cuore della regione del Mpumalanga e cittadina avamposto per l’esplorazione del Blyde River Canyon e la Panorama Route, perla della regione. I primi 100 km della R40 sono piuttosto monotoni, la strada è dritta e da entrambi i lati si susseguono gli ingressi elegantissimi di una serie di riserve private. Fa di nuovo capolino il rimpianto di non avere sperimentato questo tipo sistemazione in Sudafrica ma subito il pensiero va alla stupenda esperienza della Mkhaya Game Reserve in Swaziland e non possiamo che sentirci comunque appagate.

 

IMG_1630.HEIC

 

Arriviamo alla deviazione con la R36 e la strada e il paesaggio cambia repentinamente, dopo una serie di tornanti saliamo in alto e sbuchiamo sull’altopiano che affaccia direttamente sul fiume Blyde. Se non fosse per l’alta erba gialla ai lati della carreggiata non sembrerebbe neanche di essere in Africa, quando incontriamo poi alcune ampie foreste di abeti, la strada mi ricorda tantissimo quella per arrivare al Grand Canyon North Rim. Percorrere la Panorama Route durante l’estate australe con il paesaggio totalmente verdeggiante deve essere un incanto. 

 

IMG_1638.HEIC

 

IMG_1682.HEIC

 

IMG_1677.HEIC

 

Arriviamo al primo punto panoramico, il più iconico, delle Three Rondavels, ovvero le Tre Capanne. Dopo un brevissimo tratto a piedi si raggiunge un meraviglioso affaccio a strapiombo sul fiume da cui ammirare, dall'altra parte del canyon, le tre immense formazioni rocciose che hanno appunto la forma di una capanna. Il fiume è quasi in secca ma riusciamo comunque a scorgere la potenza dell’acqua che ha scavato nei millenni. Il paesaggio è immenso e si fa davvero fatica a coglierne le proporzioni: sembra quasi il fondale di una gigantesca scenografia. Come ci aspettavamo, in questa stagione, la vista è leggermente opaca a causa di una diffusa foschia e le fotografie non rendono giustizia.

 

IMG_2940.JPG

 

IMG_2938.JPG

 

Facciamo un giro tra le bancarelle di artigianato locale dove acquistiamo, tra le tante, una maschera tribale dall’espressione minacciosa, intagliata in un legno scuro che la dolcissima venditrice non ci spaccia per mogano, aumentando la fiducia che sia davvero originale. Ci chiede 250 rand e, intenerite, non stiamo più di tanto a contrattare concludendo a 200 rand. Contente della spesa, proseguiamo sulla bella Panorama Route fino alla successiva attrazione: le Bourke’s Luck Photoles, profonde cavità cilindriche scavate dalla potenza incessante dell’acqua e dei sedimenti.

 

È ora di pranzo e siamo affamate, decidiamo quindi di fermarci nel bar/chiosco e ordiniamo due insalate greche e una porzione di patatine. L’area delle Bourke’s Luck Photoles è indubbiamente la più attrezzata e frequentata di tutta la strada panoramica, con caffetteria, bagni, negozi e un ampio parcheggio. Rifocillante (anche se io non mi sento troppo in forma e mi trangugio pure qualche fermento lattico) partiamo con l’esplorazione di queste caratteristiche formazioni geologiche: un bel percorso di passerelle permette di addentrarsi sopra le marmitte per ammirarle dall’alto.

 

IMG_2962.JPG

 

Immagine1.png

 

IMG_2951.JPG

 

Tornate in auto proseguiamo fino alla deviazione delle Berlin Falls, molto scenografiche con la luce calda del pomeriggio e concludiamo la visita al punto panoramico di The Pinnacle, un gigantesco sperone roccioso incastonato in una gola verdeggiante del canyon. Questo ultimo tratto di Panorama Route ci è piaciuto particolarmente, sembra davvero di trovarsi in un’altra regione, in mezzo alle foreste. Anche la temperatura è sensibilmente diversa rispetto a quella incontrata sinora in Sudafrica è alle 16:00 abbiamo già indossato felpa e giacca a vento. 

 

IMG_2971.JPG

 

IMG_2984.JPG

 

IMG_2977.JPG

 

Dopo quest’ultima deviazione, saliamo in auto e, in poche curve, entriamo nella cittadina di Graskop dove svoltiamo subito in una strada privata che porta alla nostra ultima guest house The Rustique. Scendendo dall’auto per suonare il citofono e farci aprire il portone, vedo nel curatissimo giardino razzolare una miriade di conigli domestici delle dimensioni di cani di taglia media! Ci accoglie la proprietaria Lucinda con un gran sorriso e ci dà istruzioni per parcheggiare sul vialetto proprio di fronte alla nostra sistemazione: una dependance ricavata da un garage. Ci mostra la camera, davvero carina arredata in stile country, spiegandoci che la notte può fare molto freddo e che quindi i letti sono riscaldati elettricamente. Se non bastasse, c’è anche una stufetta: ne avremo bisogno tanto che la mattina dopo, al risveglio, scopriremo la macchina completamente ricoperta di uno strato di brina!

 

Lucinda ci informa che, se lo gradiamo, si è permessa di prenotare per noi un tavolo presso il delizioso ristorante The Glass House. Rimango di stucco perché era esattamente il ristorante che avrei voluto provare, individuato grazie alle ottime recensioni su TripAdvisor. La ringraziamo e confermiamo la prenotazione per le 19:30. È stata una graditissima attenzione nonché indispensabile perché il posto si è rivelato minuscolo ed era già tutto prenotato.

Scarichiamo l’auto e ci rilassiamo in stanza con una doccia calda e il WI-FI gratuito. Siamo stanche e io ancora leggermente disturbata di stomaco quindi rimandiamo il rifacimento bagagli per il volo all'indomani mattina. 

 

Andiamo a cena accettando il consiglio di Lucinda di percorrere i 200 m che separano la guest house dal ristorante a piedi: è buio pesto e fa freddo ma siamo contente di aver abbandonato la macchina almeno stasera. Il posto è davvero carino, arredato in stile africano ma con gran gusto, i tavoli sono pochissimi e l’atmosfera davvero accogliente: una chicca. Ordiniamo il curry di pollo, servito con il riso basmati e una serie di contorni di accompagnamento tra cui banane e l’immancabile barbabietola, e un bobotie, la versione sudafricana del pasticcio di carne, che arriva accompagnato da ogni genere di deliziosi intrugli tra cui banane, mango, uova e marmellata di albicocche, tutto in mini-porzioni. Scegliamo una bottiglia di Pinot Nero del Capo che finiamo con il dolce tipico del Sudafrica: un Malva pudding con gelato alla vaniglia. Non potevamo chiedere di meglio per la nostra ultima cenetta in questa meravigliosa Terra. Il conto si aggira nuovamente intorno ai 40€ in due, comprensive di bottiglia, che cuba sui 10-12€, e mancia. Davvero un ottimo rapporto qualità prezzo.

 

È ora di rientrare in guest house, dove arriviamo in una decina di minuti, utili per smaltire un po’ la sensazione di pienezza, e ci fiondiamo sotto il piumone accendendo lo scalda letto e pure la stufetta. Finalmente sperimentiamo l’inverno australe!

 

Domani sarà una giornata, ahimè, di puro trasferimento: abbiamo il volo in serata da Johannesburg ma dobbiamo percorrere circa 400 km per arrivare all'aeroporto OR Tambo e faremo le cose con calma. Ancora una volta, l'ultima di questo meraviglioso viaggio, buona notte Africa.

 

Link al commento
Condividi su altri siti

Sabato 06/07 e Domenica 07/07

 

Ci svegliamo nel tepore (leggi condensa) della nostra stanza verso le 7:30, ieri abbiamo concordato con Lucinda di fare colazione alle 8. La servono nella veranda che fa già parte della casa dove vivono i proprietari: troviamo la stufa a legna accesa e una bella atmosfera casalinga. La colazione è davvero ben allestita, ancora una volta apprezziamo l’infinita cura delle guest house sudafricane che coccolano l’ospite dall'inizio alla fine, indipendentemente dallo standard più o meno alto della struttura. Beviamo un buon caffè americano e mangiamo yogurt con frutta, frutta fresca tra cui kiwi, fragole e ciliegie. Nel piatto che ci servono ci sono addirittura affettati, formaggi e uova sode.

 

Pienamente soddisfatte torniamo in camera dove sistemiamo i borsoni e gli zaini. I sacchetti a tenuta sottovuoto si sono rivelati utilissimi per non ritrovarsi con i vestiti raddoppiati di volume alla fine del viaggio. Svuotiamo anche le varie cianfrusaglie che avevamo in macchina facendo attenzione a non dimenticare nulla in qualche vano porta oggetti.

Saldiamo il conto e approfittiamo della gentilezza del proprietario per stampare anche le carte di imbarco. Ieri sera infatti, rientrate da cena, abbiamo fatto subito il check in online per assicurarci i posti vicini. Come all’andata, nessun problema di assegnazione: ci siamo limitate a spostarci sul ponte superiore dell’enorme A380! È la prima volta che voliamo su questo gigante e non potevamo esimerci dal tentare di accaparrarci due posti in alto!

 

Ci mettiamo in auto alle 10:00 con tutta calma e percorriamo la bella strada che collega Graskop a Sabie, la R37, per poi prendere la R539 fino alla N2, autostrada a tre corsie dove però troviamo non pochi lavori stradali che ci costringono a velocità ridotte e continui cambi di carreggiata. A circa 250 km dall’aeroporto ci fermiamo a sgranchirci le gambe e a pranzare da Milly’s, un’area di sosta super attrezzata con ristorante, caffetteria, negozio di souvenir, benzinaio. Per essere praticamente l’unico stop lungo la N2, insieme alla Alzu Petrol Station (quest’ultima famosa per i bufali, struzzi e gazzelle tenuti in semi in cattività nei pressi del distributore) non è affatto male. Ci sediamo alla caffetteria perché siamo ancora piuttosto sazie dalla cena della sera prima e dalla colazione di questa mattina. Ordiniamo le solite insalate greche che, oltre a essere tra le nostre preferite, sono davvero ben fatte qui in Sudafrica: probabilmente merito di una loro versione di Feta molto meno pesante di quella originale.

 

Dopo un caffè espresso ci rimettiamo in macchina, io sono ancora un po’ disturbata da una lievissima ma persistente sensazione di mal di stomaco che, fortunatamente, svanirà poi nella notte. Percorriamo gli ultimi km della N2 che ci separano dall’aeroporto OR Tambo tra un lavoro stradale e l’altro. Facciamo anche la figura delle turiste da agenzia quando, all'ultimo casello, non riusciamo ad arrivare alla cifra richiesta per il pedaggio dal momento che abbiamo completamente esaurito i contanti. Nessuna delle nostre carte sembra essere accettata ma per fortuna il casellante, impietosito, ci lascia passare facendoci uno sconto di 20 Rand, l’equivalente di 1,2 € circa.

 

Arriviamo all’aeroporto senza ulteriori ritardi, dopo un assaggio del traffico di Johannesburg a quest’ora piuttosto congestionato. L’aeroporto è ben segnalato ma siamo costrette a fare un giro dell’oca per raggiungere l’unico benzinaio del complesso dove rabbocchiamo il serbatoio del nostro (orma ancora per poco) SUV di qualche centinaio di rand.

Giungiamo infine al parcheggio P2 dove troviamo subito le indicazioni per il drop off Hertz, un addetto ci indica dove parcheggiare e, mentre noi scarichiamo i bagagli assicurandoci per l’ennesima volta di non dimenticare, nulla, controlla per filo e per segno la vettura. Ieri il ragazzo al distributore di Phalaborwa è stato davvero bravo e l’auto sembra (quasi) appena lavata! Ci fanno cenno che va tutto bene e non ci rilasciano alcun tipo di ricevuta, nonostante la nostra richiesta. Speriamo! Fortunatamente, dopo una settimana circa dal nostro rientro, arriverà via mail la fattura che confermerà che la differenza dovuta per il noleggio è pari a zero, senza spiacevoli sorprese.

 

Prendiamo l’ascensore fino al terminal delle partenze. Sono le 16:00 e siamo in perfetto orario: il decollo del nostro volo è previsto alle 19:20 con procedure di imbarco che iniziano quasi un’ora prima. Ci colleghiamo al WI-FI dell’aeroporto e avvisiamo casa che il nostro on the road in terra africana si è concluso nel migliore dei modi. Non avendo bagagli da stiva e con le carte di imbarco già stampate ci dirigiamo direttamente ai controlli di sicurezza e in un attimo siamo nel terminal A delle partenze internazionali.

 

Gironzoliamo per una mezz’oretta da Out Of Africa, un bel negozio di artigianato tipico (più o meno autentico) dove facciamo gli ultimi acquisti e poi facciamo anche un veloce passaggio al duty free dove vorremmo razziare tutte le bottiglie di Amarula che hanno, limitandoci però ad acquistarne due! Non ci resta che andare al nostro gate, che è già stato chiamato, dove troviamo pronto ad attenderci il gigantesco A380 che brilla sotto gli ultimissimi raggi di sole. Assistiamo alle buffe manovre del personale di terra British Airways che, poco prima dell’imbarco, si mette a spostare tutte le panche e sedili del gate per ricreare una sorta di recinto/percorso in modo da incanalare i passeggeri del ponte superiore, dividendoli da quelli del ponte inferiore. 

 

Dopo un’ulteriore verifica passaporto/biglietto ci imbarchiamo dalla porta giusta che ci porta direttamente in cabina: come siamo in alto! I posti sul ponte superiore sono ottimi, decisamente più larghi: le file laterali ne ospitano solo due quindi saremo completamente autonome nel muoverci. Lato finestrino c’è anche un comodo vano porta oggetti dove riusciamo a far stare tranquillamente uno zaino. 

Partiamo in perfetto orario senza vedere alcunché dal momento che a quest’ora, come abbiamo bene imparato, è buio pesto. Ci servono la cena appena dopo il decollo (cibo dimenticabile e quindi dimenticato) e facciamo un po’ di “zapping” con l’intrattenimento di bordo. Memori dell’effetto soporifero dell’andata verso le 21:30 ci sintonizziamo sul canale musica classica e ci addormentiamo felicemente.

 

Ci svegliamo alle 4:30 del mattino circa, abbiamo incredibilmente dormito 7 ore e la soluzione volo notturno ci sembra sempre più vincente. La quasi totale mancanza di fuso orario tra Sudafrica e Londra (appena 1 ora) ci fa sentire tutto sommato riposate e ci pappiamo la colazione, questa volta “uova e prosciutto” invece che “omelette e fagioli”!

Atterriamo a Londra in orario e sbarchiamo ritrovandoci nel medesimo terminal gigantesco dell’andata. Passiamo i rigorosissimi controlli di sicurezza dove le bottiglie di Amarula vengono lungamente scandagliate dal personale ma alla fine restituite! Facciamo poi una seconda colazione da Starbucks con cappuccino e muffin in attesa del nostro ultimo volo per Milano.

 

Partiamo in orario alle 7:50 e durante il volo per lo più sonnecchiamo. Ci avevano avvisato di possibili turbolenze dovute a passaggi temporaleschi sulle Alpi ma per fortuna non avvertiamo nulla e atterriamo puntuali dopo due ore esatte. A Malpensa ci accoglie una calura indicibile e pare sia nulla in confronto al caldo da Valle della Morte che hanno affrontato i torinesi l’ultima settimana di giugno! Non dobbiamo recuperare i bagagli e ci avviamo leggere uscendo in corrispondenza dell’uscita 6 da cui chiamiamo il servizio navetta del parcheggio a pagamento e torniamo alla nostra macchina. Passiamo il viaggio sulla Torino – Milano al telefono con amici e parenti a raccontare, esaltate, queste incredibili due settimane e arriviamo a casa nel primo pomeriggio. Attacchiamo una gigantesca lavatrice e la sera guardiamo La Mia Africa su Netflix mangiando la pizza! E ora...?

 

Nei giorni successivi inizio a covare, come una malattia, quella sottile ma inesorabile sensazione di mancanza, di privazione e di assenza a cui hanno dato il nome di mal d’Africa che si traduce nel cercare oltre il finestrino quegli uomini e quelle donne che camminano sorridendo, nel sognare ad occhi aperti un branco di elefanti che ti attraversa la strada, nel desiderare di ammirare di nuovo un sole gigantesco che affonda in uno specchio d’acqua, mosso solo dagli ippopotami che lo abitano.

 

L’Africa è stata per me vera essenza: della natura, della terra e del viaggio. Nonostante sia stata, immagino, un’Africa “facile” e “comoda”, probabilmente diversa da quella più autentica e disagiata, per me ha rappresentato davvero la fonte delle emozioni. Durante il viaggio abbiamo maturato una considerazione che, almeno per noi, è veritiera: gli USA, che probabilmente offrono tra i paesaggi più incredibili e sorprendenti del mondo, si lasciano sì ammirare e vivere ma per lo più come da una cartolina. L’Africa, invece, a noi ha dato la sensazione di essere completamente inglobante verso il viaggiatore che glie lo permette. Ti fa vivere dentro di sé, in mezzo a sé, ti circonda completamente ed è stata una sensazione meravigliosa mai provata prima.

 

L’Africa mi si è insinuata dentro già dopo i primi giorni, ha smosso quello che Pascoli definiva il “fanciullino”, una dimensione dimenticata che grida al sogno, alla meraviglia, alla scoperta, alla curiosità. Tutte le volte che mi accorgo che quel “fanciullino” tace, per colpa delle centinaia di cose inutili a cui ostinatamente diamo importanza nel nostro quotidiano, rileggo questo diario e scorro le fotografie degli elefanti, delle giraffe, dei ghepardi, delle tre leonesse tanto attese e di quel leopardo sfuggente, padrone della notte. Per adesso, a distanza ormai di qualche mese dal rientro, l’effetto benefico che tutto questo ha avuto su di me ancora persiste e quando la voglia di tornare sarà più forte dei ricordi, allora torneremo, torneremo sempre. Syiabonga Africa!

Modificato da claudiaa
  • Mi piace 4
Link al commento
Condividi su altri siti

@luisa53 grazie, è stato veramente un piacere condividerle qui sul Forum!!! :Thumbup:

 

@valen83 felice di essere riuscita a dare "voce" alle mille emozioni vissute in terra Sudafricana! La voglia di tornare è già tantissima! Tra Namibia, Tanzania, Kenya, Zimbabwe, Botswana, lo stesso Sudafrica...  c'è solo l'imbarazzo della scelta... tempo e budget permettendo! :oops:

La prossima estate saremo con ogni probabilità sulle Dolomiti che, per quanto a corto raggio, è un viaggio che sogno da tempo però non si sa mai ...chissà!!! 

Link al commento
Condividi su altri siti

5 ore fa, claudiaa dice:

dove vorremmo razziare tutte le bottiglie di Amarula che hanno

è una forma di dipendenza gravissima, quando abbiamo visto l'amarula al duty free di Nairobi, siamo impazziti! 2 bottiglie e un fantastico portabottiglia!

Ci siamo portati dietro la scimmia per il Savannah Dry e per il biltong, ma per quelli rimedieremo.

 

5 ore fa, claudiaa dice:

L’Africa è stata per me vera essenza: della natura, della terra e del viaggio. Nonostante sia stata, immagino, un’Africa “facile” e “comoda”, probabilmente diversa da quella più autentica e disagiata, per me ha rappresentato davvero la fonte delle emozioni. Durante il viaggio abbiamo maturato una considerazione che, almeno per noi, è veritiera: gli USA, che probabilmente offrono tra i paesaggi più incredibili e sorprendenti del mondo, si lasciano sì ammirare e vivere ma per lo più come da una cartolina. L’Africa, invece, a noi ha dato la sensazione di essere completamente inglobante verso il viaggiatore che glie lo permette. Ti fa vivere dentro di sé, in mezzo a sé, ti circonda completamente ed è stata una sensazione meravigliosa mai provata prima.

Descrizione azzeccatissima, @mouette mi prende in giro (e lo farà per sempre), perché in tempi non sospetti le dissi "Africa? bah, mi ispira poco" e adesso appena vedo una foto o parte un documentario, sto lì con la lacrimuccia, chiedendomi dove e quando tornerò... Il vostro giro mi è piaciuto tantissimo, conosciamo una persona con cui andare a capodanno in Senegal, Barbara vuole farmi vedere l'Uganda...

A me va bene tutto!

Link al commento
Condividi su altri siti

6 ore fa, claudiaa dice:

L’Africa è stata per me vera essenza: della natura, della terra e del viaggio. Nonostante sia stata, immagino, un’Africa “facile” e “comoda”, probabilmente diversa da quella più autentica e disagiata, per me ha rappresentato davvero la fonte delle emozioni. Durante il viaggio abbiamo maturato una considerazione che, almeno per noi, è veritiera: gli USA, che probabilmente offrono tra i paesaggi più incredibili e sorprendenti del mondo, si lasciano sì ammirare e vivere ma per lo più come da una cartolina. L’Africa, invece, a noi ha dato la sensazione di essere completamente inglobante verso il viaggiatore che glie lo permette. Ti fa vivere dentro di sé, in mezzo a sé, ti circonda completamente ed è stata una sensazione meravigliosa mai provata prima.

 

❤️

  • Mi piace 1
Link al commento
Condividi su altri siti

  • 3 mesi dopo...
Il 11/7/2019 at 16:11, claudiaa dice:

Alla fine, acquistiamo i biglietti direttamente sul sito della compagnia aerea nel mese di febbraio per 475€

Io sto guardando da Novembre circa (Malpensa-Cape Town + Johannesburg-Malpensa) e siamo lontanissimi come prezzi: sempre sopra i 1.000 €

Tu avevi cercato un multitratta Malpensa-Durban + Johannesburg-Malpensa giusto? Perchè anche inserendo quella combinazione i prezzi che mi escono sono sempre sopra i 1.000 €

Link al commento
Condividi su altri siti

Temo che sia dovuto al periodo. Ho provato adesso a inserire su skyscanner la tua tratta nel periodo in cui ho viaggiato io l'anno scorso (ultima settimana di giugno, prima settimana di luglio) e siamo sui 600 €. Indubbiamente riuscire a viaggiare prima o dopo agosto aiuta molto.

Link al commento
Condividi su altri siti

Partecipa alla conversazione

Puoi pubblicare ora e registrarti più tardi. Se hai un account, accedi ora per pubblicarlo con il tuo account.

Ospite
Rispondi a questa discussione...

×   Hai incollato il contenuto con la formattazione.   Rimuovere la formattazione

  Sono consentiti solo 75 emoticon max.

×   Il tuo collegamento è stato incorporato automaticamente.   Mostra come un collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato.   Pulisci editor

×   Non puoi incollare le immagini direttamente. Carica o inserisci immagini dall'URL.

×
×
  • Crea Nuovo...