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Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019


claudiaa

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L’idea del Sudafrica, quale viaggio 2019, nasce come possibile alternativa a quella, ben più collaudata, di ripercorrere il tour dei parchi del Sudovest USA, approfondendo quelli già conosciuti e visitando finalmente quelli che erano stati tagliati fuori nei viaggi precedenti (Yosemite, Canyonlands, Valley of the Gods e qualche altro). Complice la pregressa conoscenza dei luoghi e l’assidua frequentazione del Forum USAOTR, l’itinerario era praticamente già pronto e avevo addirittura aperto un topic sul Forum chiedendo agli esperti i consigli di rifinitura, per perfezionare qui e là le tappe.

Grazie però a Chiara, che accarezzava il sogno dell’Africa praticamente da sempre, e alla mia passione per l’organizzazione di itinerari nuovi, l’interesse si rivolge per la prima volta anche al continente africano ed in particolare al suo stato più meridionale. A dire il vero, qualche anno fa avevo iniziato a “studiare” la Namibia che però, forse principalmente a causa delle grandi distanze, i pochi servizi e soprattutto la necessità di avere buone conoscenze di guida su sterrati per periodi prolungati, non si era mai concretizzata. Documentandomi invece qui sul Forum, su Tripadvisor e leggendo svariati diari di viaggio sparsi sul web, mi convinco che il Sudafrica potrebbe fare davvero al caso nostro: la condizione buona delle strade, la presenza comunque diffusa di servizi, la possibilità di visitare agevolmente la maggior parte delle aree in totale autonomia ci permetteva di ripetere ancora una volta la formula dell’ontheroad totalmente self-made che tanto amiamo.

 

Ordino quindi la guida Lonely Planet e inizio parallelamente a documentarmi su internet: fonti preziose sono state tutti i siti, più o meno ufficiali, dei parchi che si trovano molto agevolmente in rete e dove è possibile recuperare anche mappe ed immagini più o meno dettagliate delle strade interne, punti panoramici e loop sterrati, il sito Sanparks.org (sul quale abbiamo effettuato le prenotazioni per i Rest Camp del Kruger), il sito Siyabona.com, che offre un focus molto approfondito proprio sul Kruger comprese informazioni sulla fauna, avifauna, percorsi consigliati, ecc, oltre a svariati blog di turisti italiani e stranieri che ci avevano preceduto in quest’avventura.

L’idea iniziale era quella di fare tre settimane, dedicando la prima a Cape Town, Penisola del Capo, Garden Route per poi prendere un volo interno da Port Elizabeth e ripartire da Durban, da qui visitare la regione del Kwazulu-Natal, passare in Swaziland e chiudere in bellezza al Kruger, ripartendo con un volo da Johannesburg. Alla fine però, un po’ per una questione puramente di tempistiche legate alle ferie, un po’ per la stagione invernale australe che vede le condizioni meteorologiche più favorevoli nel nord del Paese piuttosto che al Capo, decidiamo di saltare completamente quest’ultimo (ma è un arrivederci al prossimo viaggio!) e concentrarci con più calma sulle regioni nord-est. In conclusione visiteremo tre province sudafricane (Kwazulu-Natal, Mpumalanga e Limpopo) con un meraviglioso intermezzo nello stato indipendente dello Swaziland/Eswatini.

 

Da novembre 2018 iniziamo a monitorare i voli: fanno subito capolino quelli di British Airways via Londra Heathrow con partenza da Milano Malpensa (ci siamo ormai rassegnate alla scarsità di collegamenti partendo dalla nostra Torino) e arrivo a Durban e ritorno da Johannesburg, sempre con scalo a Heathrow. Sia su Skyscanner sia sul sito della British il programma di volo ha un competitivissimo prezzo di 440-460€ A/R a persona. Alla fine, acquistiamo i biglietti direttamente sul sito della compagnia aerea nel mese di febbraio per 475€ a persona: rispetto a certi salassi sborsati per gli States ci sembra un affarone!

 

Tra febbraio e marzo fissiamo da casa anche tutti gli alloggi: dormiremo in Guest House quando faremo tappa nelle cittadine turistiche mentre preferiamo l’esperienza dei Rest Camp per vivere a 360 gradi le emozioni dell’immersione nella natura incontaminata quanto saremo nei parchi.

 

Affrontiamo nel mese di aprile anche il capitolo macchina a noleggio: dopo aver confrontato un po’ di broker (Enoleggioauto, Rentalcars, Drivesouthafrica, etc) la scelta ricade sul Discovercarhire. Scegliamo un SUV di categoria intermediate (tipologia Toyota RAV4 o similare) con cambio automatico, chilometraggio illimitato, guidatore aggiuntivo. Stipuliamo con Discovercarhire la protezione totale (pneumatici, finestrini, sottoscocca) che si aggiunge all'assicurazione standard offerta da Hertz. Per il passaggio di frontiera dello Swaziland, paghiamo circa 96,00€ e completiamo online e via e-mail le procedure che ci permetteranno il rilascio delle carte necessarie trasmettendo preventivamente copia dei documenti richiesti (passaporto, patente e patente internazionale). Il noleggio ci costerà complessivamente circa 650,00 €.

Nota: noleggiando una “semplice” berlina e optando per il cambio manuale si riescono a risparmiare agevolmente anche 150-200€ tuttavia siamo state felicissime della scelta del SUV unita a quella del cambio automatico. Le dimensioni del SUV garantiscono un viaggiare molto più confortevole sulle strade sterrate secondarie dei parchi, anche se tutte eccezionalmente ben tenute, e si è avvantaggiati nell'avvistamento degli animali. Il cambio automatico, oltre a semplificare molto la vita nei primi approcci con la guida a sinistra, è anche molto comodo quando ci si deve fermare/ripartire piuttosto repentinamente per seguire gli avvistamenti. È una scelta che, personalmente, sicuramente rifarei!

 

Concluso il noleggio dell’auto, completiamo le spese pre-partenza stipulando l’assicurazione medica Gold con Viaggi Sicuri (127,00 € in due) la quale, fortunatamente anche quest’anno, rimarrà inutilizzata tra i documenti di viaggio.

 

Infine, ecco il nostro itinerario completo di link al fondamentale Myscenicdrives.com: https://www.myscenicdrives.com/road-trip-planner?i=afa3a4f2-f2be-40c3-a708-c716efbaa59e

 

22/06 – VOLO MILANO – DURBAN (VIA LONDRA)

23/06 – DURBAN – ST. LUCIA,

24/05 – ST. LUCIA (ISIMANGALISO WETLAND PARK)

25/06 – ST. LUCIA (WHALE WATCHING, ST. LUCIA ESTUARY)

26/06 – ST. LUCIA – HLUHLUWE IMFOLOZI GAME RESERVE

27/06 – HLUHLUWE IMFOLOZI GAME RESERVE – MKHAYA GAME RESERVE (SWAZILAND)

28/06 – MKHAYA GAME RESERVE – MLILWANE WILDLIFE SANCTUARY (SWAZILAND)

29/06 – MLILWANE WILDLIFE SANCTURARY – MALELANE

30/06 – MALELANE – KRUGER NATIONAL PARK (SKUKUZA)

01/07 – KRUGER NATIONAL PARK (SKUKUZA)

02/07 -  KRUGER NATIONAL PARK (SATARA)

03/07 – KRUGER NATIONAL PARK (SATARA)

04/07 – KRUGER NATIONAL PARK – PHALABORWA

05/07 – PHALABORWA – BLYDE RIVER CANYON – GRASKOP

06/07 – GRASKOP – JOHANNESBURG (VOLO IN SERATA)

07/07 – ARRIVO A MILANO IN MATTINATA

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Grazie a tutti per l'interessamento! Inizierò presto a condividere il diario (le prime tre giornate sono già pronte) il problema è venire a capo di tutte le fotografie scattate in modo tale da aggiungerle di pari passo. Conto di riuscire a partire domani!

 

Di seguito vi anticipo un breve e spero utile riassunto delle sistemazioni scelte e i loro relativi contesti.

The Sand Piper Guest House, St. Lucia. 67,00 € a notte compresa la colazione continentale e parcheggio privato, WI-FI gratuito. La Guest House è davvero molto ben tenuta, la proprietaria Ivonne è simpatica e disponibilissima. La colazione viene servita in una deliziosa veranda all’aperto che affaccia su un giardino privato lussureggiante. A sua volta il giardino è lambito dalla vegetazione facente già parte dell’Isimangaliso Wetland Park, perla della regione, e non di rado gli ippopotami vengono a brucare l’erba a pochi metri dalla casa. Di notte si sentono distintamente le onde fragorose dell’Oceano Indiano a qualche centinaio di metri di distanza. St. Lucia è un piacevole villaggio strategicamente posizionato sulle propaggini dell’omonimo estuario e dell’Isimangaliso Wetland Park, famoso per gli ippopotami che lo popolano e per essere zona di osservazione privilegiata per osservare la migrazione delle megattere. Non mancano tour operator specializzati in escursioni e safari, negozi e ottimi ristorantini. Voto complessivo 9/10

Hilltop Camp, Hluhluwe Imfolozi Game Reserve. 170,00 € a notte compresa la cena e la colazione per due persone. Unica sistemazione all’interno della zona nord della game reserve (Hluhluwe Section), l’Hilltop Camp vanta una posizione davvero favolosa, “arroccato” come suggerisce il nome stesso su di una collina. Il camp è composto da bungalow con il tetto in paglia, immersi nel bush oppure con affaccio sulle colline circostanti. Al momento della prenotazione via e-mail abbiamo chiesto, e ottenuto, di essere assegnate ad un bungalow con vista e che fosse vicino al ristorante/reception in modo tale da poterci muoverci a piedi la sera, serve una pila! Anche se la nostra rondavel, la numero 28, era relativamente in ordine e pulita, con acqua calda e bagno tutto sommato ok, purtroppo confermiamo le recenti recensioni lette su Tripadvisor: tutto il posto avrebbe bisogno di un serio riammodernamento, compresi i vialetti e le aree comuni lasciate, in confronto al potenziale del luogo, troppo trasandate. Cena al ristorante del lodge senza infamia e senza lode (pollo e rump steak con verdure), colazione a buffet del giorno dopo invece abbondante e pienamene soddisfacente! Wi-Fi gratuito disponibile solo nei pressi della reception/ristorante. Voto complessivo (purtroppo solo) 5/10

Nota: Sono stata a lungo in forse se dormire all’interno della Game Reserve oppure fare avanti e indietro in giornata da St. Lucia, dalla quale il parco dista solo 50km, o addirittura affidarmi ad un safari organizzato di 8 ore con partenza sempre da St. Lucia. Alla fine, però, nonostante l’Hilltop Camp si presenti decisamente trascurato, non posso che confermare che valga sempre e comunque la pena di dormire all’interno dei parchi, sia per gli avvistamenti meravigliosi che si fanno al tramonto sia per godersi l’alba del giorno dopo.

Stone Camp, Mkhaya Game Reserve, Swaziland. 288,00 € in due con la formula Dinner, Bed & Breakfast, comprensiva anche di Safari guidato al tramonto e all’alba. Lo Stone Camp a Mkhaya è un’autentica magia africana, un gioiello assoluto e puro nel cuore dello Swaziland. Si accede esclusivamente ad orari prestabiliti (le 10:00 oppure le 16:00), accompagnati dalle guide si varcano i cancelli della riserva che è un vero e proprio santuario per i rinoceronti bianchi. Si lascia la macchina presso l’abitazione dei ranger presidiata 24/24h e si parte con loro su jeep scoperte alla volta del remoto Stone Camp. Un posto magico, illuminato la notte dalle sole lampade a petrolio, le sistemazioni sono rondavel con altissimi tetti in paglia e protette unicamente da muri bassi in pietra ma dotate di comodi letti e bagni privati con vista…sul bush! L’esperienza è totalmente immersiva nella natura: dopo il safari all’arrivo, si cena (divinamente, con la carne cucinata al momento) al lume delle candele a petrolio e si assiste a canti e balli tradizionali swazi e sudafricani davanti al fuoco. Non ci sono parole per descrivere l’atmosfera di autenticità che si crea tra i (pochi) ospiti del camp e l’emozione dei rumori e suoni della notte africana così come del suo silenzio assoluto appena prima che il sole sorga. All’alba si viene svegliati con caffè e the bollenti e si parte per il safari mattutino a “caccia” di rinoceronti, comprensivo di adrenalinica bush walk, poi si torna al campo per la colazione ed i saluti. Esperienza unica, difficile da descrivere, impossibile da dimenticare e assolutamente imprescindibile. Voto complessivo 10/10

Mlilwane Rest Camp, Mlilwane Wildlife Sancturary, Swaziland. 73,88 € in due, cena e colazione a pagamento presso l’Hount Hippo Restaurant a prezzi risibili. Wi-Fi a pagamento solo nei pressi della reception. Il rest camp è immerso nella Mlilwane Wildlife Reserve, unico parco totalmente privo di predatori e per questo facilmente visitabile a piedi, a cavallo o in bici. La sistemazione è in rondavel con il tetto in paglia, ben tenute, con ampi letti in legno e grandi zanzariere, ciascuna con bagno, cucina e utensili e un delizioso piccolo patio con sedie in legno e tavolino affacciato sulla valle sottostante dove brucano indisturbate zebre, gnu, kudu e nyala. Questi ultimi, insieme a una nutrita famiglia di facoceri per nulla spaventati da noi ospiti, passeggiano indisturbati tra le rondavel, vicino alla reception e al ristorante. Attenzione a non confondere i facoceri appisolati attorno alle braci del fuoco la sera per ceppi di legno su cui appoggiare il piede! Non c’è la stessa magia e senso di wilderness che si respira allo Stone Camp ma è assolutamente una tappa autentica e davvero piacevolmente rilassante. Voto complessivo 9/10

Hhusha Hhusha Guest House, Malelane. 56,88 € in due, colazione a pagamento, parcheggio privato, WI-FI gratuito. Guest House scelta sulla base delle recensioni di Tripadvisor e Booking che promettevano un ottimo rapporto qualità-prezzo che possiamo pienamente confermare. Malelane è la classica gateway town alle porte del Malelane Gate, uno dei due accessi sud del Kruger National Park, con benzinai, supermercati e ristoranti anche se, per quello che abbiamo visto noi, un po’ anonima. Stanza “king” immaccolata e fresca, con affaccio sul giardino curatissimo con piscina. Piacevolissima sorpresa è stata la presenza dell’honesty bar: un vero e proprio bar in stile hawaiano in giardino con tanto di bancone e frigo super rifornito di birre, spirits e alcolici: si poteva prendere quello che si voleva dichiarandolo e pagandolo al check-out. Voto complessivo 7/10

Skukuza Rest Camp, Kruger National Park. 170,00 € per due notti, esclusa la conservatory fee. Skukuza è il Rest Camp più attrezzato del Kruger con ristorante, caffetteria, lavanderia, atm, benzinaio ecc., abbiamo soggiornato per due notti in una piccola rondavel non perimetrale. La zona degli alloggi non è particolarmente fascinosa, ho trovato le rondavel piuttosto vicine tra loro, cosa che lascia relativamente poca privacy. Condizioni interne dell’alloggio e pulizia appena sufficienti anche se le lenzuola erano pulite. Anche qui la sensazione è che sia tutto piuttosto vecchiotto e trasandato. Molto comodo invece il negozio aperto fino alle 19:00 dove è possibile rifornirsi di cibo, bevande, gelati, utensili e gadget a prezzi competitivi. Menzione d’onore all’eccezionale Cattle & Baron Restaurant dove per ben due sere di seguito abbiamo mangiato 200g di filetto al pepe del Madagascar assolutamente divino a prezzi ridicoli rispetto agli standard a cui siamo abituati (8-10€). WI-FI gratuito presso il ristorante. Per chi ha tempo/voglia/capacità tutte le rondavel sono dotate di braai esterno per cucinare la carne (in vendita anche nello store del campo) perché… BBQ is for boys but BRAAI is for men! Voto complessivo 6/10

Satara Rest Camp, Kruger National Park. 190,00 € per due notti, esclusa la conservatory fee. Satara è sicuramente da consigliare per la sua posizione strategia nella zona del Kruger più frequentata dai grandi felini: gli avvistamenti più entusiasmanti li abbiamo fatti proprio qui (leonesse a caccia, leopardo e ghepardo). Il camp è più piccolo e raccolto rispetto a Skukuza e le rondavel sono organizzate in gruppi disposte a cerchio (le più ambite sono quelle perimetrali per la possibilità di avvistare animali all’esterno, oltre la fence elettrificata). A mio avviso il campo si presenta meglio di Skukuza, le rondavel pur essendo sempre vicine le une alle altre sono tenute meglio e più ariose. Unico neo è stato la quasi mancanza di acqua calda che ci ha impedito di farci una vera e propria doccia ristoratrice il secondo giorno di permanenza ma presumo sia un caso sfortunato. Presenti caffetteria, ristorante e negozio sempre ben fornito. Voto complessivo 7/10

A Traveler's Palm, Phalaborwa. 31,00 € con colazione a pagamento, parcheggio privato, WI-FI gratuito. Guest House con ottimo rapporto qualità prezzo. Stanza “king” con ingresso privato e ampio bagno molto pulito. La colazione è a pagamento ma servita da personale gentilissimo sotto una piccola hut nel giardino sul retro. A disposizione degli ospiti ci sono ping-pong, giochi da tavolo e una scacchiera gigante. Phalaborwa è, alla stregua di Malelane, una gateway town nei pressi dell’omonimo gate di accesso al Kruger. Menzione speciale al Bushveld Terrace Grill & Bistro, il ristorante appena prima del gate di accesso al Kruger dove abbiamo cenato la sera con ambienti e servizi al di sopra degli standard sudafricani trovati sino a quel momento. Vini e carni ottime, anche se non paragonabili al filetto di Skukuza, che ancora ci sogniamo! Voto complessivo 8/10

Rustique, Graskop. 44,51 € con colazione a pagamento, parcheggio privato, WI-FI gratuito. La Guest House con il miglior rapporto qualità prezzo del viaggio. Stanza “king” confortevole e arredata con gusto, seppur ricavata da un ex garage/capanno adiacente alla casa dove vivono i proprietari. All’arrivo ci accoglie la disponibilissima Lucinda che con un gran sorriso di benvenuto ci illustra brevemente il funzionamento della camera. Dopo averci messo a disposizione una stufetta elettrica (oltre a spiegarci che il materasso è riscaldato elettricamente!) ci informa che si è permessa di prenotare per noi un tavolo presso il delizioso ristorante The Glass House, raggiungibile a piedi, che propone cucina sudafricana (da provare il bobotie e i curry!). È stata una graditissima attenzione perché il ristorante è minuscolo ed era già tutto prenotato. Quando parcheggiate la macchina nel vialetto fate attenzione a non schiacciare i molti coniglietti domestici che abitano il giardino! Voto complessivo 8/10

 

 

 

 

 

 

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Sabato 22/06

La sveglia suona alle 6:30 in casa a Torino, le valige e gli zaini sono già pronti all'ingresso da ieri sera. Siamo state bravissime e abbiamo fatto stare tutto in due trolley morbidi da portare con noi come bagaglio a mano e due zaini, di cui uno che contiene unicamente l’attrezzatura fotografica. Grazie alla politica molto permissiva sui bagagli di British Airways possiamo portare con noi in cabina sia il trolley standard sia uno zaino a testa.

Ci vestiamo comode e alle 07:00 siamo già in macchina, Chiara alla guida arriviamo con circa mezzora di anticipo al parcheggio della “ridente” Case Nuove/Somma Lombardo, paese-parcheggio alle porte di Milano Malpensa che ormai utilizziamo con assiduità. Lasciamo la macchina, consegniamo le chiavi e saltiamo sulla prima navetta disponibile che ci porta al Terminal 1. Abbiamo già le carte di imbarco stampate da casa e non dovendo effettuare il check-in per la consegna dei bagagli ci dirigiamo direttamente verso i controlli. Sono le 08:30, c’è poca gente e in un attimo siamo nell'area dei Gate.

 

Nota: British Airways permette di effettuare il check-in online 24h esatte prima della partenza per cui il giorno prima alle ore 11:40, come un falchetto (quasi interrompendo una riunione in ufficio!) mi sono collegata al loro sito per la corsa ad accaparrarsi i posti. Nel prezzo del biglietto, infatti, non era compresa la scelta che rimane a pagamento, per assurde cifre dai 30 ai 60 € a persona a tratta, fino appunto al momento del check-in. In realtà scopro che il sistema ci aveva automaticamente già assegnato posti vicini e in posizioni discrete (ci siamo tenute i due posti laterali per la tratta Milano – Londra e ci siamo limitate a spostarci qualche fila centrale più lontane rispetto al blocco bagni/bambini nel volo long-haul Londra – Durban). Non so se si è trattata di fortuna ma questa politica “attenzione che rischi di non volare vicino al tuo compagno di viaggio quindi caccia subito un centinaio di euro per la scelta dei posti” mi è parsa uno specchietto per le allodole in pieno stile Ryanair.

 

Tornando al diario, in aeroporto ricevo una notifica da British Airways che mi avvisa che il nostro volo per Londra è posticipato a causa di un ritardo già accumulato dall'aereo in arrivo. Il ritardo inizia con 10 minuti, poi passa a 20, poi torna a 10 e poi a 30 minuti. Non ci preoccupiamo più di tanto perché la coincidenza a Londra è piuttosto ampia con circa tre ore di attesa. Alla fine, ci imbarchiamo con 30-40 minuti di ritardo, l’aereo è stra pieno e c’è una gran quantità di turisti americani che già teme di perdere la coincidenza Londra – Phoenix. Ci preoccupiamo un po’ quando, già sedute a bordo, il capitano ci informa che c’è una lunga coda in partenza sulla pista e che avendo ormai perso la priorità non abbiamo ancora l’ok per partire. Parla di un’ora di attesa e l’informazione è accompagnato dall'ululato di disapprovazione di tutti i presenti. Fortunatamente, dopo poco ci comunicano che ci sono buone possibilità di partire tra una ventina di minuti. E così è: lasciamo Milano Malpensa con un ritardo di un’ora. Il volo scorre veloce anche se non ci servono neanche un bicchiere d’acqua! Su questo volo tutto rigorosamente a pagamento. All'arrivo ce la prendiamo relativamente comoda, abbiamo davanti a noi due ore di attesa per la coincidenza per a Durban e non dobbiamo neanche cambiare Terminal perché siamo arrivate e ripartiremo dal 5.

Ricevo una seconda notifica da British Airways che mi avvisa che anche il volo per Durban è posticipato sempre a causa di precedente ritardo accumulato dell’aereo che arriva da qualche altra parte di mondo. Ci scocciamo un po’ ma anche qui, di fatto, poco male: il volo è notturno e arrivare a Durban la mattina dopo con un’ora in più o in meno tutto sommato cambia poco.

Superiamo i severissimi controlli dell’aeroporto di Londra e, una volta arrivate nel gigantesco salone delle partenze, andiamo a placare la fame da Starbucks. Mangiamo due wrap al pesto e beviamo dei succhi green, provando a rimandare il più possibile il momento junk food da vacanza. Dopo aver pranzato ci dirigiamo al Gate semi-deserto da cui partiremo di lì a poco. Ci rilassiamo sedute al sole e guardiamo i giganteschi aerei decollare dalla pista proprio di fronte a noi. Vediamo anche quello lussuosissimo  a doppio ponte della Ethiad. Finalmente arriva il nostro aereo al Gate, attracca e scarica una lunga fila di passeggeri. Il personale della British è piuttosto veloce e in poco tempo riforniscono l’aereo, effettuano i controlli e siamo pronte per imbarcarci.

L’aereo è abbastanza grande ma forse meno comodo e un po’ più vecchiotto di quelli che abbiamo preso negli ultimi viaggi in terra americana. Anche qui il ritardo accumulato sfiora ormai l’ora e invece di partire alle 16:40, sarà solo alle 17:30 che stacchiamo la pista di Londra. Il volo scorre molto tranquillo, dopo appena un’oretta il personale ci serve la “cena” (chicken or pasta? in coro: chicken, please!), guardiamo un film e sono “già” le 21. Iniziamo a dare segni di stanchezza, ci mettiamo comode e proviamo a rilassarci con la musica classica. Incredibilmente funziona e sia Chiara sia io ci addormentiamo.

 

Domenica 23/06

Quando ci svegliamo stiamo sorvolando l’Africa! Non vediamo nulla perché fuori non ha nemmeno iniziato ad albeggiare, le notti africane scopriremo in seguito essere buissime e silenziose. Ci servono la colazione, un improponibile omelette con funghi e fagioli con caffè! L’aereo è incredibilmente in orario: i venti favorevoli ci hanno fatto recuperare il ritardo di un’ora alla partenza e, di fatto, il volo è durato un’ora in meno: solo 10 ore invece che 11!!!

Atterriamo puntuali a Durban alle 05:30, è ancora buio, l’aeroporto è uno scalo internazionale ma siamo l’unico volo in arrivo in quel momento. Ci dirigiamo spedite e relativamente riposate verso i controlli di ingresso dove, dopo averci misurato la temperatura con un termometro laser (per scongiurare l’ingresso nel Paese di passeggeri affetti da febbre gialla) otteniamo il nostro visto sul passaporto. Non ci vengono poste alcune domande se non la conferma del fatto che siamo lì in vacanza.

Usciamo nell’area degli arrivi, l’aeroporto è piccolo e molto ordinato. C’è poca gente in giro ma i negozi sono già tutti aperti: ne approfittiamo per acquistare una SIM Sudafricana nel negozio Vodacom da inserire in un vecchio telefono che abbiamo recuperato a casa: ci servirà per le prime comunicazioni e in caso di “emergenza” semmai i nostri rispettivi cellulari non prendessero nelle aree più remote.

Prendiamo due caffè americani bollenti da Mugg&Bean, una catena di caffetterie molto diffusa in tutto il Sudafrica. Non ci sentiamo eccessivamente stanche e mentre sorseggiamo i caffè, avvisiamo casa del fatto che siamo atterrate e preleviamo l’equivalente di circa 100€ in rand sudafricani (ricevendo in cambio una mazzetta di banconote colorate che riportano le effigi di Nelson Mandela da un lato e dei “big five” dall'altro). Ad eccezione delle mance, qualche acquisto di artigianato locale e i (pochi) pedaggi autostradali utilizzeremo esclusivamente la carta, accettata davvero ovunque. Aspettiamo le 7 per poter recarci ai banchi di noleggio della Hertz, appena fuori dall'edificio principale. La temperatura esterna è fresca ma gradevole, Durban è affacciata sull'immenso Oceano Indiano e fuori si distingue chiaramente la tipica nebbia mattutina in pieno stile “Pacific Highway”.

Alla Hertz ci accolgono un ragazzo e una ragazza sudafricani, l’impressione che abbiamo corrisponde esattamente a quanto abbiamo letto su internet nei mesi di pianificazione e scelta della compagnia di noleggio: sono piuttosto indolenti, svogliati e ci presentano il primo “problema” della vacanza.

Al momento della prenotazione, infatti, avevamo specificato la necessità di passare la frontiera in Swaziland: alla modica cifra di un centinaio di euro, Hertz Sudafrica rilascia un’estensione dell’assicurazione in cui autorizza a varcare il confine. Tutto ciò previa trasmissione di copia di passaporto, patente, patente internazionale e addirittura autocertificazione di residenza! Ebbene il ragazzo del banco ci dice che i documenti non sono pronti, che servono almeno 48 ore e che forse (forse!) avrebbero potuto mandarceli via mail nei giorni successivi e che noi, una volta a St. Lucia, prima tappa del viaggio, li avremmo dovuti stampare, firmare e rimandare indietro.

Manifestiamo educatamente tutto il nostro disappunto, facciamo gentile resistenza e tutto si risolve grazie alla mia maniacalità (leggi previdenza): avevo provvidenzialmente stampato e portato con me tutto lo scambio e-mail con il quale l’ufficio preposto mi confermava, due mesi prima, che tutto era pronto e che avremmo avuto tutte le carte in regola al nostro arrivo nell'ufficio di Durban. Il ragazzotto della Hertz incassa il colpo, prova ad addurre il fatto che avremmo dovuto mandare i documenti direttamente a loro, ma alla mia risposta che sul loro sito ufficiale è invece scritto diversamente (accompagnato dal sorriso "ho ragione, ora vai e risolvi il problema") sparisce nell'altra stanza. Lo sentiamo parlottare al telefono mentre la sua collega sbriga le altre formalità. Torna e ci borbotta che ci avrebbero fatto i documenti sul momento, anche se ci sarebbe voluto un po’ tempo. Evvai! Hertz 0 Claudia 1!

Nell'indolenza più totale, in cinque minuti di orologio, il ragazzo senza chiederci assolutamente nient’altro ci stampa due fogli di numero che ci autorizzano a passare la frontiera. Fogli che tra l’altro nessuno pretenderà mai. Ci chiederemo per qualche giorno cosa sarebbe stato se non avessi avuto l’accortezza di portarmi la mail di conferma stampata da casa con le quali avevo stalkerizzato Hertz Sudafrica nei mesi precedenti!

 

Finalmente ci consegnano le chiavi, mi assicuro ancora che tutto sia in ordine sul contratto e le cedo a Chiara che si avvia a razzo verso il parcheggio. La macchina che ci è stata assegnata ci soddisfa tantissimo! È una Opel Grandland X, un SUV intermedio dotato di ogni comfort: navigatore, schermo touch screen, bluetooth, ampio bagagliaio, ha pochissimi km e profuma ancora di macchina nuova!

Facciamo un bel giro ispettivo attorno alla macchina, fotografiamo piccoli graffietti e macchioline che non erano segnate sul foglio dei danni preesistenti che ci hanno consegnato e mandiamo il tutto per memoria al fratello di Chiara via WhatsApp, entusiaste della nostra super macchina!

Caricati i bagagli siamo finalmente pronte per partire. Chiara ovviamente alla guida… a sinistra! La scelta del cambio automatico si rivela tra le più felici di tutto il viaggio: l’impatto con il lato sbagliato della strada è molto più semplice: ci si dimentica delle marce, fa tutto la macchina e bisogna unicamente pensare ad imboccare la corsia giusta!

Imposto la destinazione sulla mia fidata App MapsMe (forse non si era capito ma io adoro le mappe!) e Chiara ingrana la prima, anzi la D1! L’aeroporto King Shaka di Durban è vicinissimo all'autostrada e si trova nella direzione che dobbiamo prendere per andare a St. Lucia: evitiamo quindi di attraversarci la città e in 5 minuti netti siamo sulla N2. Nel frattempo, il sole si è ormai alzato sopra l’orizzonte e anche la nebbiolina mattutina sembra scomparsa. Già dopo i primi km si aprono ai lati della N2 gli ampi spazi sudafricani: campi e colline coltivate, piccole casette, i caratteristici alberi di acacia con le chiome piatte e canne da zucchero. Non ci sembra vero di essere finalmente qui. L’autostrada scorre veloce, il traffico è poco mentre iniziamo a renderci conto delle decine e decine di persone che camminano lungo le strade, più o meno cariche, avanzano, si spostano, a volte attraversano, sorridono e salutano. È proprio questa una delle cose più pericolose del Sudafrica: rischiare di investire persone/animali che transitano lungo le strade, motivo per il quale è assolutamente sconsigliabile guidare con il buio. Cosa che abbiamo sempre scrupolosamente evitato, facendo in modo di essere presso la guest-house o il campo almeno mezzora prima del tramonto.

 

Con la colonna sonora del Re Leone, arriviamo a St. Lucia verso le 10 del mattino e man mano che ci avviciniamo all'estuario dell’Isimagaliso Wetland Park, notiamo il paesaggio cambiare: le colline verdi lasciano il posto alle terre basse tipiche di questa zona, la vegetazione si infittisce, diventa tropicale e lussureggiante, superiamo il ponticello sul fiume che collega la cittadina alla terraferma ed entriamo in paese. St. Lucia è costituita da una via principale dove ci sono negozi, ristoranti e le sedi dei principali tour operator di zona per le escursioni e i safari. Le vie secondarie, splendidamente tenute, sono occupate da abitazioni residenziali, la maggior parte delle quali destinate a guest house per i turisti. Arriviamo al nostro primo alloggio del viaggio, il The SandPiper Guest House, e veniamo accolte dalla simpatica proprietaria Ivonne che ci informa che la nostra stanza non è ancora pronta ma si offre di tenerci i bagagli, ci mostra gli ambienti comuni e ci dà qualche consiglio sull'area (nulla che non conoscessimo dopo attenti studi della zona!). Nell'attesa della camera decidiamo di andare a pranzare lungo la via principale da Kauai, una catena che propone cibo bio e frullati sani e naturali (prosegue il tentativo di limitare il junk food). Mangiamo due insalatone nei tavolini all'aperto in un piccolo patio ma non ci fidiamo a consumare i due concentrati di frutta che scioccamente ordiniamo con ghiaccio.

 

Chiara è in forma, io invece mi sento molto stanca, sento il bisogno di una doccia e di cambiarmi dopo il lungo viaggio in aereo (leggi: sono isterica). Facciamo arrivare le 14:00, orario prestabilito per il check in, facendo un veloce giro in macchina per le vie laterali intravedendo scorci del fiume e delle dune dell’immensa spiaggia affacciata sull'Oceano Indiano. Finalmente possiamo prendere possesso della nostra stanza il cui pezzo forte è il carinissimo patio privato con affaccio sul giardino con piscina che confina direttamente con l’Isimangaliso Wetland Park. Ivonne ci spiega che non di rado gli ippopotami, veri padroni dell’estuario, vengono fino in giardino per brucare l’erba di notte. Sfortunatamente ci informa che negli ultimi giorni, forse per il caldo, nessuno dei suoi ospiti li ha avvistati fuori dall'acqua. Si raccomanda invece di fare molta attenzione alle scimmie che sono solite sgattaiolare nelle camere e metterle a soqquadro nella speranza di rubacchiare del cibo! Finalmente, con una stanza tutta per noi a disposizione, ci rilassiamo per qualche decina di minuti e ne approfittiamo per fare una rapida doccia (leggi: torno ad essere una persona normale). Alle 15:00 siamo però pronte per andare a conoscere più da vicino gli abitanti per cui St. Lucia è famosa in tutto il Sudafrica: abbiamo infatti prenotato la crociera di 2 ore al tramonto lungo il fiume ed estuario per avvistare ippopotami e coccodrilli.

Arriviamo puntuali e ci imbarchiamo sulla piccola chiatta a motore della Heritage Tour & Safari che abbiamo preferito ai “concorrenti” di Advantage perché le loro barche sono più piccole e possono avvicinarsi meglio e più agevolmente agli animali. Iniziamo la navigazione e avvistiamo subito, ma solo perché abilmente indirizzati dal “capitano” che governa la piccola imbarcazione, un cucciolo di coccodrillo che se ne sta beatamente a prendere il sole semi immobile su un ramo a pelo d’acqua.

 

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Risaliamo il corso del fiume e raggiungiamo il primo gruppo di ippopotami, sommersi e sonnacchiosi che galleggiano in gruppi più o meno numerosi. Sono davvero enormi, i loro occhi si aprono e chiudono appena sopra il pelo dell’acqua, ci guardano a metà tra il sospettoso e l’annoiato, emergono brevemente e poi spariscono sotto la superficie salvo poi farsi nuovamente vedere dopo aver sbuffato dalle narici grosse e rosa. Ci divertiamo a riprenderli e fotografarli, io inizio a prendere confidenza con il teleobbiettivo che mi regala scatti davvero ravvicinati sui dettagli degli occhi, orecchie e musi. Bellissimo.

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Proseguiamo la navigazione avvistando due enormi coccodrilli semi mimetizzati nella vegetazione, aironi bianchi che volano a pelo d’acqua, aquile pescatrici che scrutano attente la zona, appollaiate sui rami più alti e spogli degli alberi che si affacciano sul fiume. Il contesto è incantevole: mangrovie, papiri e canne da zucchero. Il sole, che qui sembra grande almeno il doppio, nel frattempo cala lento all'orizzonte tingendo il cielo di tinte morbide che vanno dal rosa al giallo, all'arancio, all'azzurro e al blu. Ammiriamo il nostro primo tramonto africano in un calmo specchio d’acqua di un’ansa del fiume con la compagnia di un ippopotamo solitario, che ritmicamente appare e scompare sotto l’acqua. L’ Africa mi ha già rubato il cuore.

 

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E’ trascorsa ormai un’ora e mezza e dobbiamo rientrare, sentiamo subito il freddo pungente che contraddistingue gli orari in Africa in cui il sole è già tramontato, ci stringiamo nelle giacche che nel frattempo abbiamo indossato e facciamo ancora in tempo a fermarci presso un nutrito gruppo di ippopotami: Riusciamo ad immortalare il poderoso sbadiglio di uno di loro.

 

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La crociera volge al termine, rientriamo ormai stanchissime della giornata appena trascorsa. Sono le 17:00 e siamo in piedi dalle 5:00 di stamattina senza contare il viaggio del giorno precedente. Rientriamo in guest house e ci rilassiamo per un paio di ore. Dopo una doccia calda e un “cambio d’abito” siamo pronte per andare a cena… alle 19:00 in punto! Scegliamo il conosciutissimo Ocean Basket, una deliziosa catena che cucina solo pesce: optiamo per un piatto per due con calamari alla grigia e fritti, gamberi al burro e limone e filetto di pesce. Accompagniamo il tutto con due Castle Lager alla spina, ottime birre bionde locali. Spazzoliamo tutto alla velocità della luce e più che soddisfatte torniamo in Guest House. Facciamo in tempo a rivedere qualche foto della giornata sedute al nostro tavolino del patio e ci godiamo un po’ il rumore delle onde dell’Oceano che si infrangono sulla spiaggia oltre la macchia di vegetazione che lambisce i confini del giardino e poi crolliamo. Buonanotte Africa …

 

 

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A parte l'argomento, che mi ruba il cuore a prescindere ... complimenti, scrivi davvero benissimo!

Il Sudafrica resta saldamente in cima alla classifica dei desiderata, e sono ragionevolmente sicura che@pandathegreat si lascerà concupire dalla mia concupiscenza senza neanche far finta di resistere

Inviato da Hogwarts

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@mouette grazie infinite! E' un piacere condividere con voi questi ricordi ancora così incredibilmente vivi! @pandathegreat Dopo la spedizione in Namibia, il Sudafrica è la logica conseguenza! :wink2:

 

@luisa53 girare in autonomia è totalmente fattibile! Non posso esprimermi su Johannesburg, che è l'unica località ad avere la nomea di "pericolosa", ma ti posso assicurare che nei parchi, game reserve e lungo gli itinerari turistici, con gli stessi livelli di attenzione che adotteresti in un qualsiasi viaggio negli States non vi è alcun rischio se non quello di innamorarsi follemente dell'Africa! :inlove2:

Modificato da claudiaa
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Io spero di riuscire a convincere mio marito che il Sudafrica si può girare in autonomia.


Assolutamente si, strade ben tenute, tanti centri abitati molto carini e nessun problema di lingua. Anche a Johannesburg io ho girato tranquillamente durante il giorno. La sera un po’ di attenzione, mantenersi in zona turistica e prendere il taxi per tornare in albergo.
Vale decisamente la pena ed è facile da girare e tutto sommato anche da organizzare.


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Lunedì 24/06

Siwabona Africa! Ovvero, buongiorno Africa! Ci svegliamo riposate dopo una notte silenziosa e tranquilla. Oggi visiteremo in totale autonomia e slegate da orari prestabiliti l’Isimangaliso Wetland Park, un grande parco naturale che inizia alle porte del villaggio di St. Lucia e si estende, prevalentemente in lunghezza, verso nord fino a Cape Vidal, rinomata spiaggia incontaminata di dune vegetate. Prima però ci attende la colazione, servita nella veranda dalla quale ammiriamo finalmente alla luce del mattino il giardino, o dovremmo dire parco, sul retro. Ci limitiamo alla colazione “fredda” e non azzardiamo quella “english” con uova e bacon: mangiamo frutta fresca, yogurt, pane e marmellata e beviamo succhi e caffè.

Dopo aver organizzato gli zaini e caricato l’auto con bibite, acqua, snack e barrette acquistate il giorno prima al supermercato in paese, partiamo dirette al cancello di ingresso dell’Isimangaliso: il Bhangazi Gate. In una delle vie secondarie dove svoltiamo avvistiamo già le prime scimmiette e una nutrita colonia di manguste, minuti mammiferi africani, intente a stanare piccoli insetti tra l’erba delle aiuole. È incredibile per noi imbattersi con così tanta facilità negli animali seppur largamente diffusi in tutto il territorio africano.

 

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In pochi minuti raggiungiamo l’ingresso del parco, Chiara parcheggia la macchina e io mi avvio verso la piccola costruzione che ospita la reception dove pago l’ingresso giornaliero e acquisto per 60 centesimi di € la mappa del parco. Sono quasi le 10 quando ci aprono i cancelli della nostra prima giornata di safari: dovremo essere di ritorno alle 18 per non incappare in una multa salata.

Guidiamo lungo la strada asfaltata che risale verso nord e avvistiamo subito altre colonie di scimmie tra i rami e a bordo strada e, in lontananza, seminascosta dalla vegetazione intercettiamo la nostra prima zebra! Fermiamo la macchina e scattiamo tantissime fotografie, gli altri turisti rallentano curiosi del nostro avvistamento e un po’ si stupiscono del fatto che sia “solo” per una zebra. Ma a noi non importa! È pazzesco avvistare questi animali finalmente in libertà. Ripartiamo e facciamo subito una piccola deviazione lungo un percorso sterrato ma ottimamente tenuto. All'interno dei parchi sudafricani tutte le strade, anche le sterrate, sono in buone condizioni e non è quasi mai necessario avere un 4x4: vedremo anche molti turisti percorrerle con semplici berline o addirittura utilitarie.

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Il primo sterrato ci ripaga con l’avvistamento di kudu, grandi antilopi grigie striate di bianco i cui esemplari maschi hanno delle meravigliose corna alte e ricurve. Torniamo sulla strada asfaltata salvo addentrarci in una sterrata più lunga poco dopo, il Vlei Loop: un piccolo van davanti a noi si ferma facendoci segno di avvicinarci, sulla sinistra ci sono tre rinoceronti intenti a brucare: la loro pelle è scurissima e stranamente non restiamo impressionate dalle dimensioni, notiamo anche che non hanno il caratteristico corno: in alcuni parchi è infatti pratica purtroppo ormai diffusa tagliarlo preventivamente per difendere queste enormi creature dall'essere uccise dai bracconieri. Anche se questi rinoceronti non sono paragonabili a quelli che vedremo qualche giorno dopo al parco di Hluhluwe Imfolozi né a quelli che ci troveremo a pochi passi nella riserva di Mkhaya in Swaziland, abbiamo comunque avvistato il nostro primo “big five” e siamo felicissime!

 

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Proseguiamo vedendo ancora antilopi, nyala e i kudu dalle grandi corna. Più avanti lungo la strada principale avvistiamo, grazie al colore scuro che stacca deciso rispetto al giallo/verde dell’erba, un solitario esemplare di bufalo africano che viene verso di noi con l’intenzione di attraversare la strada. Per metà è completamente sporco del fango in cui si deve essere rotolato fino a qualche momento prima. Lo lasciamo passare rispettose seguendolo con lo sguardo fino a quando non si perde tra l’erba più alta. Abbiamo quindi avvistato il nostro secondo "big five"! Apprenderemo più avanti che i bufali africani formano mandrie anche molto numerose ma molti esemplari non più giovanissimi, soprattutto maschi, scelgono di vivere in solitudine. Con loro bisogna essere piuttosto cauti perché pare siano piuttosto diffidenti ma fortunatamente la loro presenza vicino alle strade che percorreremo sarà sempre annunciata da grandi torte di cacca larghe e piatte, impossibili da non riconoscere!

 

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Arriviamo alla deviazione per Mission Rocks, dopo uno sterrato arriviamo alla piccola area parcheggio dotata di bagni. Pochi passi ci separano dall'oceano e ci ritroviamo a camminare sulle rocce, scattiamo qualche foto e contempliamo il fragore delle onde e la bruma di spruzzi anche se ci aspettavamo un punto più scenografico. Tornate alla macchina, Chiara si diverte ad “ammaestrare” una scimmietta che le si avvicina curiosa in cambio di qualche nocciolina. Sappiamo che è severamente vietato dare da mangiare agli animali ma questa sembra essere una frequentatrice fissa della vicina area picnic e facciamo l’unica eccezione alla regola. Ripercorriamo a ritroso la strada e ci fermiamo per fare un veloce tratto a piedi che porta ad un bellissimo punto di osservazione sopraelevato. Sotto di noi si estende, immenso, tutto l’isimangaliso, avvistiamo anche un coloratissimo picchio africano intento a martellare il tronco di un albero e riusciamo con soddisfazione a fotografarlo.

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Siamo circa a metà giornata e decidiamo di proseguire fino all’estremo nord del parco, a Cape Vidal. Decido di provare l’ebrezza della guida a sinistra e sotto l’attenta supervisione di Chiara, non senza qualche difficoltà, percorro i pochi chilometri che ci separano dal capo. Una volta arrivate al parcheggio notiamo la gran quantità di scimmie che letteralmente infestano la zona, camminando indisturbate tra le macchine e saltando da un tettuccio all’altro. È assolutamente raccomandabile tenere il cibo ben nascosto e distante da loro, poco dopo lo scopriremo in prima persona!

Ci incamminiamo lungo l'immensa spiaggia ci sono molte famiglie organizzate con tende che mangiano, pescano e fanno il pic nic. Qualcuno lancia piccoli motoscafi direttamente dal bagnasciuga e qualcuno fa il bagno a riva. Ci togliamo le scarpe e facciamo una breve passeggiata. L’acqua dell’Oceano Indiano è incredibilmente calda, forse avremmo dovuto portarci nello zaino il costume! Ci fermiamo un po’ ad ammirare il paesaggio, la spiaggia si estende verso nord a perdita d’occhio, alte dune completamente ricoperte di vegetazione si confondono con l’orizzonte. Immaginando di camminare in quella direzione si arriverebbe direttamente in Mozambico, dal quale non siamo affatto distanti in linea d’aria.

Rientrate al parcheggio, ci dirigiamo verso la nostra macchina: prima notiamo una scimmietta sul ramo di un albero proprio di fronte a dove avevamo parcheggiato intenta a leccare la carta di un gelato Magnum, tenendola bella spiegata con le zampe, e poi ne osserviamo una seconda, tranquillamente seduta sul tettuccio della nostra auto che si sta pappando il gelato vero e proprio, probabilmente rubato a qualche turista distratto. Lasciamo che finisca per non disturbarla ma non dà segni di volersi muovere, anzi, ce ne troviamo un’altra sul cofano assolutamente indifferente alla nostra presenza. Mentre io le controllo (e per poco non me ne trovo una attaccata al polpaccio!) Chiara entra velocemente in macchina e accende il motore. È solo a quel punto che le simpaticone decidono di abbandonare il nostro mezzo per quello parcheggiato immediatamente accanto. Ridendo ci rimettiamo in marcia: è tempo di ritornare verso l’ingresso del Parco dal quale siamo entrate questa mattina ma prima abbiamo ancora due interessanti deviazioni davanti a noi.

Decidiamo infatti di percorrere lo sterrato a senso unico di circa 18km, il Grassland Loop, che si addentra verso ovest verso i tranquilli specchi d’acqua dolce del Lake St. Lucia. Facciamo un primo stop presso un punto panoramico dove, per la prima volta, in lontananza scorgiamo un nutrito gruppo di ippopotami fuori dall’acqua. Nonostante la grande distanza che ci separa da loro distinguiamo chiaramente i loro corpi massicci, c'è persino qualche cucciolo! Sono veramente enormi a figura intera!

 

Proseguiamo lo sterrato senza altri avvistamenti, le tracce del passaggio degli ippopotami sono però ovunque: pozze di fango, innumerevoli impronte, rami e cespugli spezzati qua e là. Ad un certo punto ci troviamo letteralmente in mezzo alle grasslands, ci fermiamo per sgranchirci le gambe e ci godiamo la luce calda delle tre del pomeriggio ammirando le dune rosa che fanno capolino in mezzo ad ampi tratti erbosi. Ci ricolleghiamo alla strada principale poco più avanti e ci dirigiamo verso l’ultima sosta. La scelta di fermarsi qui al tramonto è assolutamente azzeccata: arriviamo a Catalina Bay proprio qualche decina di minuti prima che il sole sparisca all’orizzonte. Siamo solo noi e un gruppo di ippopotami semi spiaggiato poco più avanti a distanza di sicurezza: ci stiamo infatti godendo il panorama da una “hide” una piccola costruzione in legno, poco più che una terrazza, che permette di osservare gli animali da posizione privilegiata.

 

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Il sole è ormai tramontato e l’orario di chiusura del parco ci obbliga a rimetterci in auto e a dirigerci verso l’uscita. Il parco ci regala però l’ultimo avvistamento: una coppia di zebre che condivide l’area attorno ad una grande acacia con un enorme rinoceronte. Facciamo foto a più non posso, questa visione da sola per me vale il prezzo del viaggio.

 

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Stanche per la lunga giornata appena trascorsa non ci resta che uscire dall’Isimangaliso, che in lingua zulu, non a caso, significa “meraviglia” e rientrare in Guest House.

 

Ci rilassiamo con una doccia, mettiamo le macchine fotografiche in carica, ci cambiamo e andiamo a cena più tardi del solito: alle 20:00 siamo sedute da Braza, specializzata in carne. Scegliamo filetto e spiedino di carne e verdure,  bissando le due Castle Lager della sera prima.

Dopo cena ci godiamo ancora per una mezzora la pace del giardino immerso nei rumori e profumi della notte africana. Sentiamo anche stasera distintamente il fragore continuo delle onde in lontananza. Fissiamo infine la sveglia alle 6 della mattina dopo: abbiamo infatti appuntamento con il tour di Advantage Cruise per tentare di avvistare le megattere, che da Giugno a Novembre migrano dalle gelide acque dell’Antartide a quelle tiepide del Madagascar per riprodursi, transitando proprio di fronte alla lunga costa sudafricana. 

 

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  • 2 settimane dopo...

Eccomi pronta a riprendere il diario dopo qualche giorno utile a mettere insieme qualche foto. Eravamo rimasti a ...

 

Martedì 25/06

 

La sveglia suona presto questa mattina: dobbiamo essere all’appuntamento con il team di Advantage alle 06:30. Ci vestiamo velocemente indossando gli indumenti più caldi che abbiamo portato e aggiungiamo nello zaino anche guanti e cappelli di lana. Prima di uscire, lascio un veloce appunto alla padrona di casa, informandola del nostro tour per vedere le balene e chiedendole di tenerci da parte qualcosa della ricca colazione del giorno prima per il nostro rientro, di lì ad un paio d’ore.

Raggiungiamo in cinque minuti McKenzie Street, la strada principale di St. Lucia, e parcheggiamo davanti alla sede Advantage. Siamo le ultime ad arrivare, con noi ci sono altri 7 turisti: 3 sudafricani e una famiglia di 4 francesi. Nell’ufficio ci fanno firmare i moduli dell’accettazione e ci riforniscono con bottigliette d’acqua e biscotti. Noi siamo rigorosamente a stomaco vuoto per cercare di far fronte alle onde dell’oceano Indiano.

Davanti all’ufficio è pronto ad aspettarci un trattore che traina un rimorchio coperto dotato di panche, saltiamo sopra insieme agli altri passeggeri e notiamo che sono tutti a piedi nudi! La signora francese ci fa notare le nostre indistruttibili scarpe da trekking e ci dice che a loro hanno fatto lasciare le scarpe in ufficio dal momento che, a detta della titolare, il fondo della barca si riempirà di circa 20 cm d’acqua! La guardiamo scettiche e facciamo spallucce, alla peggio infileremo le scarpe dentro lo zaino semivuoto che abbiamo con noi. 

Dopo pochi km raggiungiamo, trainati dal trattore, l’imbocco della spiaggia di St. Lucia. Qui qualcuno scende per l’ultima pausa pipì consentita e noi ne approfittiamo per toglierci le scarpe e assicurarle dentro lo zaino. Proseguiamo per qualche km lungo la spiaggia di dune di sabbia, le luci dell’alba oggi sono mitigate da un cielo grigio e molto coperto, in lontananza al largo ci sono anche nuvole temporalesche e fa piuttosto fresco: sembra davvero l’ambientazione di Moby Dick! Sbarchiamo nei pressi dell’imbarcazione che ci porterà al largo: è decisamente più piccola di quello che immaginavo ma i due motori da 250CV l’uno promettono di farci superare le prime onde che si infrangono sulla spiaggia. Da qui il mare sembra assolutamente calmo e privo di correnti: ingenue! 

 

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Saliti in barca il pirata (leggi capitano Skip) e il suo nostromo, un ragazzo di colore con un sorriso smagliante che calza un improbabile cappello di lana con due pon pon buffissimi, ci fanno indossare le cerate e i giubbotti di salvataggio. Siamo pronti a partire, il trattore che nel frattempo si è agganciato alla poppa della barca e, tramite un palo metallico, ci spinge appena il necessario affinché i due potenti fuoribordo possano essere messi in acqua. Il capitano aspetta il momento giusto per fendere le onde che arrivano sempre a gruppi di tre e poi dà gas. In un attimo, senza grandi scossoni siamo in mare aperto. Non imbarchiamo nemmeno 1 cm di acqua ma gli spruzzi arrivano senza tanti complimenti. Ci dirigiamo verso un punto in cui Skip aveva avvistato da riva i caratteristici spruzzi delle balene. Non passa molto prima che scorgiamo la prima a distanza ravvicinata, nuota appena sotto la superficie dell’acqua e ne scorgiamo solo la schiena e la pinna dorsale. Non è particolarmente interessata a noi e non sembra intenzionata a compiere alcuna evoluzione. Nel frattempo, il moto ondoso si fa particolarmente sentire, nonostante siamo entrambe a stomaco vuoto e nonostante gli sforzi del capitano di navigare a favore di corrente, cercare di avvistare le balene e soprattutto guardare dentro il mirino della macchina fotografica per cercare di portare a casa qualche scatto decente si rivela assolutamente arduo. 

Le balene si sentono e si intravedono ma purtroppo oggi non sono particolarmente interessate a lanciarsi in grandi evoluzioni e le onde rendono anche difficile scattare fotografie. Dal punto di vista fotografico l’escursione si rivelerà infatti piuttosto deludente. 

 

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Non molto tempo dopo è già ora di tornare, il comandante punta la prua verso riva e il solo fatto di trovarci in movimento migliora la situazione di tutti i presenti. L’attracco è forse il momento più divertente di tutta l’escursione: con aria sorniona ci dice “Prima ho lanciato la barca dalla spiaggia ma ora devo farcela tornare!”. Ci intima di tenerci saldamente e di prepararci all’ "impatto", compie con il timone un mezzo giro e poi punta convinto verso il bagnasciuga: semplicemente “approda” in spiaggia e siamo poi tirati definitivamente in secca aiutati dal trattore di prima.

Siamo infreddolite, impregnate di spruzzi di acqua salata e, tutto sommato, le balene non si sono rese così spettacolari con noi, ma l’esperienza è assolutamente consigliabile: non capita tutti i giorni di trovarsi sulla rotta migratoria di questi incredibili mammiferi e merita sfidare il mal di mare e tentare la fortuna per assistere alle loro evoluzioni più spettacolari.

Una volta sbarcate, aspettiamo l’arrivo di un secondo trattore con il carico di turisti delle ore 9:00. Risalendo ci dilunghiamo qualche minuto a filmare dalla spiaggia la manovra di lancio che abbiamo sperimentato noi in prima persona qualche ora prima. Sulla strada del ritorno ci sgoliamo le bottiglie di acqua e mangiamo un pacchetto di biscotti intero!

 

Rientriamo in Guest House dove ci cambiamo: i nostri pantaloni sono completamente salati e abbiamo preso parecchia umidità. Cerchiamo di asciugarli alla bell’è meglio utilizzando anche i phon che abbiamo ma non si riprenderenno mai del tutto fino alla lavatrice di casa, due settimane dopo! Quando ci accomodiamo in veranda apprendiamo con piacere che il biglietto che avevo lasciato ha sortito l’effetto desiderato: ci hanno lasciato del pane, marmellata, succhi e yogurt. Mangiamo come lupi e io mi riprometto di fare una bella colazione americana non appena possibile. Rifocillate e dopo una bella tazza di caffè, ci rilassiamo in giardino e rivediamo i piani della giornata. Oggi abbiamo in programma un’altra escursione in zona estuario, questa volta a cavallo, della durata di un’ora che abbiamo programmato direttamente da casa con il solo operatore di zona: la Bhangazi Horse & Safari. Abbiamo comunque tutto il tempo per rilassarci con una doccia calda e metterci dei vestiti asciutti. Lasciamo la guest house e poco dopo siamo al parcheggio della Main Beach

 

La spiaggia è immensa ma a causa delle correnti non è assolutamente balneabile, ci sono invece numerosi pescatori che punteggiano la riva. Aspettiamo l’arrivo degli accompagnatori insieme ad una famiglia sudafricana. Dopo i saluti e le presentazioni con i due ragazzi nel frattempo sopraggiunti con i cavalli, ci vengono assegnati i prodi destrieri. Ora, la premessa è che io sono andata a cavallo tre volte nella mia vita (questa era la terza) ed unicamente con cavalli che definisco “teleguidati”, Chiara invece si è appassionata da qualche tempo e prende regolari lezioni. Memori comunque della bellissima esperienza al Grand Teton di qualche anno fa dove percorrendo a cavallo la zona di Colter Bay Bridge abbiamo avvistato una mamma moose con il suo cucciolo, abbiamo deciso di ripetere l’esperienza anche qui in Sudafrica.

 

La Bhangazi, in particolare, è un piccolo maneggio che ha ottime recensioni e che offre safari a cavallo di un’ora lungo la magnifica spiaggia di St. Lucia o addentrandosi nel bush dell’Isimangaliso. Vista la ricchezza della fauna locale e l’alta probabilità di incappare in animali, abbiamo preferito scegliere la più tranquilla passeggiata sulla spiaggia, già soddisfatte degli avvistamenti del giorno prima. Con il senno di poi, la scelta si è rivelata abbastanza azzeccata principalmente per il fatto che questi cavalli non sono affatto teleguidati, anzi fanno egregiamente di testa loro salvo poi incolonnarsi metodicamente l’uno dietro l’altro ai fischi, suoni e richiami dei nostri due accompagnatori (secondo Chiara, un po’ troppo vicini per essere in sicurezza). In conclusione, complice il tempo nuvoloso e la sensazione di non propria rilassatezza che ci trasmettono i cavalli non riusciamo a goderci appieno l’esperienza. Mentre raggiungiamo il tratto di spiaggia da dove ci siamo lanciati con la barca di Advantage questa mattina notiamo, però, un bellissimo tratto con piccole dune coperte di vegetazione e, più in là, uno stagno di acqua bassissima dove scorgiamo tantissimi fenicotteri e anche qualche pellicano. Decidiamo immediatamente di tornare più tardi con la macchina fotografica per immortalare questo bellissimo scorcio. Dopo poco è tempo di tornare, facciamo girare i cavalli e questa volta, forse per il fatto che sanno che stanno per tornare al maneggio, li sentiamo molto più rilassati e riusciamo a goderci più serenamente la passeggiata. Nel frattempo, i nuvoloni grigi sembrano allontanarsi al largo lasciando intravedere qualche scampolo di sole qua e là che ci fa ben sperare per il tramonto. Smontiamo, riconsegniamo i cavalli e salutiamo i nostri accompagnatori. L’esperienza è nel complesso positiva e ci ha permesso di ammirare la spiaggia da una prospettiva completamente diversa, rispetto però alle passeggiate a cavallo "turistiche" che sono soliti offrire in Italia o negli stessi USA, qui abbiamo sperimentato un approccio un po' troppo leggero in relazione alla sicurezza e al comfort, ma probabilmente di base quei cavalli sarebbero stati adatti a cavalieri un po’ più esperti di noi.

 

Tornando al diario, una volta rientrate in macchina ne approfittiamo per rifocillarci con succhi e barrette e poi ci dirigiamo verso la Guest House per recuperare le macchine foto, puntando poi al parcheggio del St. Lucia Estuary Beach, sulla punta più meridionale della cittadina. Dal parcheggio ci incamminiamo lungo il trail che porta alla spiaggia lungo una passerella sopraelevata in legno, adatta per superare la fitta zona di boscaglia. Facendo sempre attenzione all’eventuale presenza di bestioline sotto di noi (preannunciate da innumerevoli cartelli di pericolo “hike at your own risk”) raggiungiamo la spiaggia senza incontri ravvicinati, a parte una coppia di ragazzi italiani con due bambini con i quali scambiamo qualche chiacchiera: loro stanno facendo il giro opposto al nostro, arrivano da Kruger e proseguiranno fino a Durban per poi visitare Cape Town. Ci fanno un po’ di terrorismo psicologico dicendoci che al Kruger hanno visto molti animali al nord e pochissimi al sud (ma come?! Non era il sud la zona più densa di avvistamenti?! Scopriremo in seguito che con nord loro intendevano la zona di Satara-Olifants piuttosto che Skukuza-Lower Sabie, non di certo la remota zona nord attorno al Punda Maria Rest Camp che non avremo avuto comunque il tempo di visitare).

 

Arrivate in spiaggia ci accorgiamo che sabbia sotto i nostri piedi è incredibilmente dura e compatta, e ciò rende la passeggiata la pozza dei fenicotteri molto agile e rapida. Siamo noi a rallentare per goderci la strana luce che c'è oggi. Raggiungiamo una duna più alta delle altre e, sempre facendo attenzione ad eventuali ippopotami a spasso, ci godiamo lo spettacolo dei fenicotteri e pellicani intenti a mangiare poco più in basso di noi. I fenicotteri sono stupendi, si muovono all’unisono incredibilmente aggraziati sulle lunghe zampe. Ci colpiscono non solo i colori accessi di quando spiccano il volo ma, in questo contesto di luce un po’ plumbea, anche il riflesso dell’acqua grigia sulle piume. È davvero uno spettacolo incantevole, la cartolina della giornata. Scattiamo tantissime fotografie e ci godiamo un momento di pura pace. 

 

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Ripercorriamo a ritroso il tratto di spiaggia, riprendiamo la macchina e torniamo in Guest House. Anche se la giornata è stata tutto sommato meno densa di avvistamenti di quella di ieri alla scoperta dell’Isimangaliso siamo stanchissime. Ci rilassiamo prima di cena riguardando le fotografie e sistemando i borsoni per domani, questa sera è infatti l’ultima che passeremo a St. Lucia. 

Ceniamo nuovamente da Ocean Basket, scegliamo un mix di calamari e gamberi alla griglia e un piatto un po’ più pasticciato con polpettine di pesce e salsine (tra cui una all’aglio buonissima e terrificante al tempo stesso). Spazzolato come sempre tutto e finite le nostre Castle Lager medie, paghiamo il conto lasciando una buona mancia alla gentilissima ragazza che ci ha servito anche stasera. Rientrate in Guest House, ci rilassiamo ancora nel piccolo patio bevendo shottini di Amarula, una crema di liquore che ricorda il Baileys e che crea assoluta dipendenza, che abbiamo acquistato al Liquor Store vicino al ristornate e poi crolliamo. 

 

Domani inizia l’on the road vero e proprio con la prima game reserve che ospita tutti e cinque i big five: l’Hluhluwe Imfolozi, a detta di molti, un Kruger in miniatura!

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Mercoledì 26/06

 

Oggi ci alziamo poco prima del suono della sveglia, fissata per le 7:30: stiamo iniziando a prendere i ritmi biologici africani che seguono il sorgere e il calare del sole. Ci vestiamo e andiamo subito a mangiare in veranda dove ripetiamo la colazione “fredda” dei giorni scorsi, la meravigliosa vista che si gode da qui già ci mancherà. Carichiamo la macchina con i bagagli e gli zaini, salutiamo la nostra padrona di casa e partiamo. Sfortunatamente non vediamo il giovane e timidissimo giardiniere che tutte le mattine ci faceva trovare l’auto sciacquata dalla polvere degli sterrati: gli avremmo lasciato volentieri la mancia.  

 

Dopo poche svolte siamo a fare il nostro primo pieno alla macchina nella via principale di St. Lucia. In Sudafrica i benzinai sono gentilissimi e letteralmente si sbracciano per farti accostare, si prodigano sempre per pulirti parabrezza e lunotto in cambio di qualche rand di mancia. Con una decina di rand, l’equivalente di 60 centesimi, li farete sempre contenti. Sbrigata anche questa formalità siamo pronte per partire: lasciamo St. Lucia e percorriamo a ritroso la strada provinciale che ci ha portati fin qui domenica e, dopo avere passato l'autostrada N2, rimaniamo sulla medesima provinciale direzione Hluhluwe – Imfolozi Game Reserve. Il percorso è punteggiato di piccoli villaggi, composti per lo più di casupole basse con il tetto piatto, alcune in muratura, alcune purtroppo fatte di lamiera. Incontriamo tantissima gente che cammina lungo i bordi delle strade e iniziamo a notare anche piccoli van stracarichi che ogni tot chilometri si fermano, praticamente nel mezzo del nulla, per caricare altre persone alla fermata indicata. Non manchiamo di incrociare anche molte caprette, galline che attraversano la strada e mucche che brucano indisturbate sul ciglio. 

Proseguiamo rispettando diligentemente i limiti di velocità: in fase di programmazione avevo letto della guida spericolata dei sudafricani ma non posso che dire il contrario. Sono tutti molto rispettosi, non abbiamo sentito un solo colpo di clacson in tutto il viaggio né sfanalate ossessive all'italiana, basta limitarsi a guidare secondo la propria andatura, tenendosi eventualmente più a sinistra e loro, dopo averti sorpassata, ti ringraziano attivando brevemente le quattro frecce. 

Tornando al diario, i 50 km che separano St. Lucia dall’ingresso della Hluhluwe Imfolozi Game Reserve trascorrono veloci e in nemmeno un’ora, poco prima delle 10, siamo all’ingresso del parco, il Nyalazi Gate.

L’Hluhluwe-Imfolozi è una magnifica riserva che ospita tutti e cinque i “big five” anche se l’avvistamento dei big cats è piuttosto difficile essendo l'area prevalentemente collinare. Il parco prende il nome dai due omonimi fiumi e sostanzialmente si divide in una sezione sud (Imfolozi) a detta di molti più ricca di avvistamenti perché pianeggiante e prossima al fiume, e una sezione nord (Hluhluwe), collinare e con una vegetazione più fitta. Gli unici rest camp del parco sono Mpila, a sud, e Hilltop, a nord, quest’ultimo meno remoto del primo e più attrezzato con ristorante, caffetteria, benzinaio ecc, dove alloggeremo. Oggi dedicheremo quindi la giornata alla zona Imfolozi: arrivate al  Nyalazi Gate, che in questo periodo rispetta gli orari 06 – 18, come consuetudine parcheggio e mi dirigo verso la costruzione della reception lasciando Chiara con il compito di testare le toilette.

 

Negli uffici del parco impiego un po’ di tempo perché davanti a me ci sono due turisti inglesi che si dilungano in domande e richieste di informazioni. Arriva finalmente il mio turno e completo il check-in mostrando la prenotazione stampata da casa, i documenti e comunicando i dettagli della macchina. In tutti i parchi al momento dell’ingresso viene rilasciata una ricevuta/scontrino che servirà anche per l’uscita ed è quindi da conservare. In particolare, la prenotazione per stanotte è già pagata e il gentilissimo ranger mi informa che pagheremo la conservation fee (26€ in due) direttamente al check-in all’Hilltop Camp stasera. Chiedo qualche informazione sui tempi di percorrenza dal momento che anche il rest camp segue i medesimi orari del gate del parco, acquisto, più che altro per ricordo, la mappa del parco e torno verso la macchina. Notoo subito che Chiara non è ancora tornata: mi guardo intorno e la vedo, qualche decina di metri lungo il retro dell’edificio che ospita la reception, è in piedi al limitare della stradina sterrata che sta filmando qualcosa. Quando mi vede mi indica una direzione, muovendo lo sguardo mi accorgo che a circa 15 metri da lei ci sono due elefanti seminascosti nella vegetazione. Da dove sono io vedo solo le grandi orecchie sventolare e il movimento degli arbusti che spostano camminando. Non devo attendere molto perché si rivelino in tutta la loro mole. Bellissimo: sono i nostri primi elefanti, avvistati direttamente dalla reception del parco! Questo Hluhluwe-Imfolozi già ci piace! Chiara mi racconta esaltatissima che si era avvicinata così tanto a loro convinta che ci fosse la protezione elettrificata, in realtà la barriera si interrompeva molto molto prima rispetto a dove si trovava lei: mi mostra il video girato con l’Iphone ed era davvero vicinissima!

 

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Non vediamo l’ora di esplorare il parco e ci rimettiamo in macchina, superiamo la sbarra di accesso mostrando la ricevuta e ci facciamo anche ispezionare il bagagliaio dell’auto. All’incrocio svoltiamo a sinistra verso sud, guidiamo rispettando i limiti dei 50km/h spesso rallentando anche a 30km/h per goderci il panorama e scrutare nel bush. Una delle regole fondamentali durante il safari è infatti: guarda DENTRO il bush non IL bush!

Proseguendo lungo la strada asfaltata che collega il Nyalazi Gate all'Mpila Camp avvistiamo nyala e un bellissimo gruppo di zebre vicino ad un bellissimo punto panoramico sulle rive del fiume, in questa stagione praticamente in secca. Adoro i fiumi africani, così sinuosi e così diversi dai nostri europei.

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Avvicinandosi all’Mpila Camp la strada sale e dopo qualche tornante sotto di noi si aprono gli infiniti spazi della riserva. Scolliniamo e la strada diventa sterrata: noi abbiamo intenzione di raggiungere il Sontuli Loop, un percorso ad anello a detta di tutti molto appagante per gli avvistamenti e assolutamente imprescindibile se si visita l'Imfolozi. Lo sterrato si rivelerà abbastanza in buone condizioni anche se nel tratto iniziale il fondo è un po’ accidentato e obbliga Chiara a procedere con più accortezza. Con il senno di poi sarà il “peggior” sterrato che affronteremo in self-drive di tutto il viaggio, nel Kruger saranno davvero tutti davvero ottimi. Proseguendo raggiungiamo in breve tempo l’imbocco del Sontuli Loop che è a doppio senso di marcia fino alla prima area pic nic per poi diventare ad un solo senso di percorrenza. Dopo poche curve e un tratto relativamente denso di vegetazione e di bush, si apre, a sinistra rispetto alla strada, un ampio spazio aperto, quasi del tutto privo di vegetazione ad eccezione di acacie dai rami irti di spine lunghissime. E poi finalmente li vediamo: uno, due, tre, quattro, cinque rinoceronti! Enormi, stessi a terra, chi al sole chi all’ombra, con il loro meraviglioso corno in bella vista. Ci emozioniamo, sono creature meravigliose, ci sembrano quasi dinosauri preistorici, con quella corazza  e quell’aspetto fiero. Ci fermiamo proprio a lato del gruppo a distanza di sicurezza e rimaniamo una buona mezz’ora a contemplarli e scattare fotografie mentre loro fanno pochi impercettibili movimenti. Individuiamo anche posata tra i rami spinosi un coloratissimo uccello che identifichiamo essere un’upupa africana. 

 

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Elettrizzate ma anche affamate lasciamo i nostri meravigliosi rinoceronti dirette verso la prima area pic nic del Sontuli Loop dove approfittiamo delle toilette, ci sgranchiamo le gambe e mangiamo avocado e cracker. Dopo esserci riposate all’ombra per un’oretta scarsa, saltando così le ore più calde della giornata dalle 12 alle 13 dove anche gli animali sono notoriamente meno attivi, Chiara si rimette alla guida per proseguire sul Loop che si addentra in un ambiente più aperto e brullo. Avvistiamo un nutrito gruppo di impala proprio in mezzo alla strada e i primi gnu, che sono davvero bellissimi con il loro manto striato, il muso lungo e una criniera che assomiglia più ad una frangia. Proseguendo ci imbattiamo anche in alcune zebre con piccoli e una grosso babbuino seduto all'ombra di un cespuglio che mangia assorto assolutamente indifferente alla nostra presenza. E' molto più grande e …umano rispetto alle Vervet Monkeys che abbiamo incontrato numerose a Cape Vidal!

 

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Proseguendo il Sontuli Loop si avvolge su sé stesso e torna ad immettersi nel più lungo tratto sterrato che abbiamo percorso all’andata. Qui il destino ci regala un bellissimo imprevisto: sbagliamo strada e invece di imboccare subito il tratto che ci avrebbe portato all’Mpila Camp ci teniamo su uno sterrato che si addentra più a fondo nelle wilderness dell’Imfolozi. Prima che ce ne accorgiamo facciamo però un avvistamento stupefacente: vediamo una macchina che si avvicina e ci fa cenno di abbassare il finestrino, chiediamo cosa hanno visto e ci dicono che ci sono due wild dogs! I licaoni sono una specie a rischio e sono anche piuttosto rari da avvistare: pur essendo predatori attivi principalmente di giorno e nonostante si muovano in branchi numerosi, il loro numero esiguo li rende difficili da incrociare nell’enormità delle Game Reserve africane. Forse per questo motivo e per la loro salvaguardia i movimenti di molti esemplari sono tracciati tramite collari localizzatori.

Ci avviciniamo con cautela al punto indicato e li vediamo: sono una coppia tranquillamente accucciata proprio a bordo strada. Ci accostiamo poco prima per non disturbali troppo e spegniamo il motore. Stiamo anche qui una buona mezz’ora ad ammirarli e scattare fotografie, alla luce più calda delle tre del pomeriggio. 

 

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Ancora incredule per questo avvistamento, ci rimettiamo in marcia controvoglia e solo perché tra il punto dove siamo ora (circa 5 km rispetto alla deviazione che avremmo dovuto prendere) e l’Hilltop Camp ci sono almeno due ore di macchina, non tanto per i km quanto per il tempo che ci si impiega a coprirli a queste velocità ridotte. Ritorniamo quindi sulla strada asfaltata ma non prima di esserci imbattute in una graziosa famigliola di pelossisimi facoceri con cuccioli che trotterellano tutt’intorno alla macchina. 

 

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A questo punto ci dirigiamo spedite e senza altri avvistamenti sensazionali al Nyalazi Gate da cui siamo entrati questa mattina. Dopo una sosta “tecnica” proseguiamo sulla strada asfaltata che, senza uscire dal parco, si addentra nella sezione collinare dell'Hluhluwe. Il sole è ormai basso sull’orizzonte e non resta che un’ora scarsa di luce. Pensavamo di essere ormai paghe di avvistamenti, dopo i rinoceronti, gli gnu, i babbuini, i licaoni e le zebre ma ecco che, invece, il mantra che ci ripetevamo da qualche tempo “certo che adesso ci starebbe bene una bella giraffa” ci ripaga! A pochi km dall’Hilltop Camp, in una zona tutta curve, ci imbattiamo nel nostro primo gruppo di giraffe. Le aspettavamo ormai da giorni! Sono tante, almeno 8-9 esemplari e, da che ce le siamo trovate sulla sinistra, tempo di rallentare e fermare la macchina, che si dirigono calme ed elegantissime proprio in mezzo per attraversare. Sono magnifiche con il loro incedere elegante e calmo. Scattiamo tantissime fotografie mentre si muovono, occupando praticamente tutta la strada. Improvvisamente una di loro letteralmente irrompe da un cespuglio laterale scuotendo via una miriade di uccellini che subito dopo le si posano nuovamente sul lungo collo: ne è completamente ricoperta! Le ammiriamo in estasi fino a quando l’orario ce lo concede. Questo parco ci ha regalato una giornata esaltante e una sorpresa dopo ogni curva.

 

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Entusiasmate da tutta questa Bellezza raggiungiamo i cancelli dell’Hilltop Camp: tempo di entrare in reception, fare il check-in e ricevere le chiavi della nostra rondavel ed è buio pesto. Fortunatamente ce ne hanno assegnata una proprio accanto alla zona reception/ristorante: dal parcheggio principale ci basta svoltare subito a destra e dopo qualche metro troviamo, non senza fatica vista la totale mancanza di illuminazione, il nostro alloggio. Come anticipato nel riassunto sulle sistemazioni in premessa, la rondavel è ampia e tutto sommato ok a livello di pulizia ma l’intera location avrebbe bisogno di un serio intervento di riammodernamento per rendere giustizia alla posizione e contesto eccezionale in cui il camp si trova. In ogni caso, senza fare troppo le sofisticate, scarichiamo i bagagli, mettiamo in carica le macchina fotografiche e, dopo una veloce rinfrescata, armate di pila andiamo a piedi al vicino ristorante. Ci accomodiamo in uno dei tavolini vicini alla grande vetrata ma il buio più nero oltre il vetro ci impedisce di vedere alcunchè se non i nostri riflessi. Al contrario di quello che ci aspettavamo, la cena stasera è alla carta invece che a buffet. Il menù tuttavia non è particolarmente invitante: ci limitiamo ad una steak e ad un filetto di pollo, entrambi con verdure e accompagnati dalle immancabili Castle Lager. Il personale seppur gentile e sorridente è lentissimo e i piatti, non esaltanti, ci verranno serviti dopo quasi un’ora di attesa. Tornate in camera, approfittiamo della minuscola terrazza per goderci una stellata spaziale sorseggiando Amarula. Controllando con la pila, ci accorgiamo di essere in compagnia di un paio di occhi, a circa una ventina di metri da noi, che non scopriremo mai con certezza a chi appartenessero…probabilmente alla scimmia che ci molesterà la mattina seguente!

 

Buonanotte Africa, non vediamo l’ora di vedere quale alba ci regalerai domani!

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