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alberto tao

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Tutti i contenuti di alberto tao

  1. Fantastico. Nostalgia enorme. Certo che come avvistamenti siete stati fortunati......ma la fortuna bisogna sapersela cercare. Noi 4 ore prima di vedere i gorilla e non siamo riusciti a vedere gli scimpanzé......ma che posti. Hai ragione è un posto meraviglioso che non può durare, anche le Murchinson e il Kazingacsonondestinati quasi a sparire se finirà il progetto diga appena a monte. Ho voglia di raccontarcela dal vivo.....la cantina è sempre piena un abbraccio
  2. letto ora perché ci sto pensando....... bravissimo, anche se devo chiederti un po' di cose. foto e video superbi!!!!!!! grandi
  3. sono ancora io, scusa, so che mi stai odiando. oltre a cancellare per favore i precedenti topic "sognando ad occhi aperti ecc" puoi sistemarmi il titolo , ovviamente non BoliCia, ma BoliVia.

    grazie

  4. ciao ti scrivo visto che sei il riferimento di questa sezione.

    Io sto scrivendo un topic sul Sud America e mi è stata completamente cancellata la terza pagina del diario e anche provando a ripostare nuove cose non vengono salvate e si discollega. Come fosse tutto oscurato

     Vorrei capire il motivo e se credi di poter sistemare. Mi faceva piacere completare il diario che credo possa essere di aiuto a più di qualcuno.

    grazie e ciao 

  5. bravi, sistema, lavora, organizza e poi racconta........ vado via 3 gg in Eestonia. Quando torno desidero cominciare a leggere .......................con tanta nostalgia
  6. Mich e Letizia farete un viaggio da sogno...... Veramente cercate di non fermarvi alla vista delle cascate dalla barca alle murchinson, ma fare la salita a piedi lungo la cascata e farsi venire a prendere con la jeep. Vedo che non riuscite a dormire al Lago Bunyonyi, ma almeno non fatelo di corsa e cercate di andare un po' in alto dove c'è il resort arcadia (mi sembra) e magari farsi una birra.... mi auguro che riusciate a fare il safari notturno al lago mburo che non ho fatto , ma che deve essere splendido per la quantità di animali che ho visto con il mio piccolo giro in barchetta. insomma, vi invidio un casino e metti in fresco una bottiglia per quando rientrate....
  7. che tipo di formattazione devo fare??' scusa ma  se mi aiuti continuo volentieri, altrimenti se creo problemi lascio tranquillamente senza alcuna polemica, ma vi capisco, grazie

  8. alberto tao

    South + Real

    personalmente dopo che mi era andata male la estrazione mi sono lanciato a girare tra i meravigliosi Toodolls lì vicino per oltre 1 ora e poi sono andato alla antelope lower dove mi sono prenotato il tour delle 14....mangiato nel frattempo un boccone , aspettato che tutti mi sfilassero davanti e fatto da ultimissimo e da solo un tour personalizzato fotografico fantastico...senza correre...anzi se c'e' da sapettare troppo prima che del turno alla antelope puoi sempre farti un....salto all'Horse Shoe bend...che proprio proprio non è male!!!!
  9. mi inserisco, confermo togli appunto 1 giorno a Seattle e fai la Quinalt rain Forest, me l'avevano consigliata ed è stata la manna. Bellissima, Altra cosa...molto attento al traffico da Seattle verso la Olympic...rischi di perdere una vita al traghetto e quindi organnizzati bene le tappe verso Forks e le spiagge. Infine Astoria, merita la cena nella birreria con le otarie sotto...splendida. (vedi mio post in diario qui sotto) ciao
  10. Giorno 15 – 22 agosto Il Lago Bunyonyi – Parco Nazionale del Lago Mburo Oggi ci svegliamo con calma, non abbiamo fretta. Il cielo e’ grigio, purtroppo la visibilità e’ quella che e’ fa freschetto: faccio un po’ di riprese comunque, poi colazione con la felpa e poi ci troviamo insieme Seguiamo a piedi la guida locale, un giovane dell’Arcadia, lungo un sentiero. Da in alto, sulla parte alta della colina dove siamo in questo momento, scendiamo fin giù,al lago, dove saliamo su un barchino a motore, piccolo ma stabile, comodo quanto basta. Per 2 ore andiamo “ a spasso “ tra le isole. Credo che il giro che stiamo facendo sarebbe impagabile in altre condizioni di visibilità e di contrasti. Ci fermiamo anche per una pausa e per un drink in un bar-lodge su una piccola isola: sorprendo tutti, cameriere compreso, ordinando un “mango suc”, mi vengono cosi’ a volte le traduzioni….. ma poi mi converto in un piu’precisino, ma banale, passion fruit juice!!! Il cielo rimane coperto ed i riflessi di acqua e delle isole sono quello che sono. Anche l’umore non e’ dei migliori. A terra ci mostrano i famosi gamberi di fiume del lago….bello il gioco di parole…sono piccoli scampetti che chiediamo di mangiare a pranzo. No, non e’ possibile, ne hanno pescati troppo pochi, non se ne fa niente. Ed allora al lodge, a pranzo, in terrazzo qualcuno chiede la pizza , io mi lancio con un’insalata francese non male, ma mi spazzolo anche 2 pezzi della pizza di Cele. La digeriremo a sera … ed in parte. E’ cemento nell’intestino… in effetti credo abbia una lievitazione proporzionata ai tempi della loro cucina….eterna!!!!! Alle 13.30, fatti e caricati i bagagli per l’ennesima volta, imbocchiamo la strada, diretti al Lago Mburo, penultima tappa del nostro tour. L’Otelma Kasule, ne avesse presa una come tempi di percorrenza, ci comunica che in circa 3 ore saremo a destinazione, in tempo per fare un game drive serale. Sara’ che ci sono i lavori in corso (da 2 anni sono in corso grossi lavori, per la costruzione di una grande strada asfaltata di collegamento tra Kampala ed il Rwanda ed il Congo) sara’ in quanto la macchina di Billy ha un guasto (poca cosa peraltro e per fortuna) e dobbiamo attendere in una stazione di servizio, ma il tempo necessario per arrivare a destinazione quasi magicamente e sorprendentemente raddoppia!!! Ma va?????!!!!!!!!!!! Durante l’attesa nella stazione di servizio Total a Mbarara, grande citta’ del Sud, (dove si fermano solo macchinoni, di gente che anche qui ha dei bei soldini) nella piazzola due ragazzi camminano tra le auto con una cesta ciascuno di uva nera, in piccoli grappoli di una ventina di acini: ci lanciamo e ne acquistiamo dieci….il ragazzo non ci crede a tanta grazia e li conta con gusto, con la mano in un sacchetto per non avere contatto e quindi ci spara 10.000 cocuzze ugandesi….Per poco non ci rabaltiamo….prezzo pazzesco. Ormai stiamo ballando e ne prendiamo 5 per 5000 cocuzze. In effetti sono 2 euro, ma in tutto non sono neanche mezzo grappolo di quelli che si comprano in piazza. Sono come l’uva fragola e vendono il raccolto dell’unica azienda che li produce, in tutta l’Uganda. Adesso si capisce il perche’ del prezzo ed il perche’ cercano di venderlo solo qui. Kasule ci dice che e’ una prelibatezza, una cosa esclusiva. Gliene regaliamo un grappolino e si mangia 2 acini e poi se lo mette via per dopo!!!!! Altri 2 grappoli li diamo alle ragazze, nell’altra auto, le quali, in cambio, ci danno mezzo sacchetto di bagigi rancidi…..scambio sicuramente alla pari. La strada ora e’ bella, ma la velocità rimane inferiore ai 90 km/h; ci mettiamo una vita e quando imbocchiamo lo sterrato per la deviazione per il lodge e’ tramonto avanzato: Rinunciamo ad “alzare” il tettuccio” della Toyota, ma dopo un po’ incontriamo due immense mandrie di mucche e buoi dalle corna lunghe. Scendiamo e le affianchiamo per vedere da vicino-vicino, speranzosi di non beccarsi un’incornata. Le mandrie bloccano la strada. Il tutto e’ molto piacevole e folkloristico, ma il procedere e’ lentissimo, a passo di mucca. Arriviamo al Rakobo Rock Lodge alle 19 in punto. Anche questo e’ un posto bellissimo. La struttura e’ nuova, ha meno di 1 anno, situata tra grosse rocce, in posizione alta rispetto a tutta la savana che scorre sotto di noi: E’ gestito da una coppia di giovanissimi ragazzi inglesi, simpatici, gentilissimi, che hanno una bimba bionda di 2 anni. Breve check in, solita consegna delle ordinazioni per la cena e andiamo al cottage. Anche questo magnifico. Isolato dagli altri quanto basta, grande e pulitissimo all’interno, con bagno molto caratteristico, ampie finestre zanzarierate con piccole tende, ma, come sempre, direttamente in contatto con l’aria esterna. Vista da capottamento, e davanti alla porta un piccolo divano ed un’amaca-altalena per dondolarsi.Gli ampi finestroni ci fanno intuire la posizione panoramica della location….beh del tutto inaspettato. Doccia e veloci preparativi per la cena. Ora e’ buio e non si vede nulla. Non ci sono luci e mi salvo con pila. Cele si guarda intorno con un po’ di timore. Gia’ il sentiero si capisce solo in parte e ci si rischia di perdere ma c’e’ una quantità di sibili, scricchiolii, fruscii, pigolii e rumori strani in un buio che più buio non esiste. Cele mi si attacca che era dal 1984 che non la sentivo cosi’ vicina (anno del matrimonio) e non esagero!!! A cena ci sono altri piccoli gruppi di ospiti. Il posto e’ per tutti probabilmente l’ultima tappa prima del rientro. Noto e faccio notare che il nostro tavolo e’ apparecchiato per 10; in tutti gli altri tavoli gli autisti sono al tavolo con i turisti: non mi sembra che ci sia l’intenzione di coinvolgere Kasule e Billy i quali, forse per varie ragioni, non si fanno vedere e cenano separatamente forse al loro cottage. Comunque peccato, anche il feeling con Kasule in particolare si e’ un po’ irrigidito. A cena il clima e’ freddino e i brontolii prevalgono; l’unico che mi sembra giustificato e’ quello di Rubi che anche questa sera si e’ trovata senza acqua calda nel suo cottage o senza acqua addirittura. Con Cele ci soffermiamo a cercare di vedere intono, ascoltiamo i rumori e alle 9.10 rientriamo presto. Siamo molto stanchi, in tutti i sensi; distesi a letto ascoltiamo ancora quasi in silenzio e ci viene gia’ la nostalgia del viaggio che sta per finire…ci vengono in mente tanti ricordi che mescoliamo con la brezza che entra dalle finestre e con muggiti e non solo che ci raggiungono. Ci stringiamo, ci capiamo, ci sentiamo cosi’ vicini e cosi’ felici di essere cosi’! Notte fantastica, degna conclusione di questa nostra esperienza! Si e’ deciso (la decisione e’ stata poi comune) di rinunciare al game drive domani mattina. E forse e’ un bene cosi’. Sinceramente mi spiace, ma svegliarsi alle 6 non e’ la decisione piu’ logica, visto che domani notte non dormiremo!!!! Giorno 16 – 23 agosto Lago Mburo - Entebbe Ci svegliamo e fuori c’e’ nebbia, un caigo di quelli da Polesine novembrino. Cele mi racconta delle mucche, quelle con le grandi corna, che questa notte sono passate attaccate al cottage, sbattendo gli zoccoli sulla roccia e facendo un baccano infernale. Si e’ svegliata e guardando fuori dalla finestra ha praticamente incrociato gli occhi con gli amici ruminanti. Io non ho sentito nulla….ho fatto una piomba come non mi capitava da anni e non mi dispiace neanche troppo essermi perso il passaggio delle Ancholi cow. Mentre ridiamo sulla incredibile situazione….sono io quello che dorme per la prima volta!! Organizziamo la valigia per l’ultima volta e cerchiamo di mettere sopra quello che probabilmente andremo ad indossare questa sera, ad Entebbe. Colazione, partenza alle 8.30, proprio mentre si intravede il sole tra la nebbia. La situazione migliora ancora e quando arriviamo al gate del Lago Mburo c’è sole al punto che scoperchiamo la Toyota. Mentre Kasule sbriga le pratiche facciamo un salto nello shop, lì attaccato e mi compro un cappello fatto strano, forse di corteccia, marrone, con al falda tipo cowboy per ben 4 euro. Mi piace, oggi lo uso, in futuro non lo so. Entriamo nel Lake Mburo National Park e facciamo un breve game drive, l’ultimo, di circa 30 minuti. Riusciamo ancora a vedere facoceri con cuccioli al seguito, zebre, tantissime, anche queste con vari mignon, impala, gazzelle con i vari nomi che mai imparerò. Arriviamo sulla costa del Lago, dove c’e’ un piccolo lodge, con bar o simile ed alcune panchine . Ale parte in solitaria, a piedi, gli altri sono intenzionati a leggere sulle panche (eccetto Claudio che cerca di farsi caricare da alcuni facoceri che grufolano nel grande piazzale). Cele ed io siamo un po’ indecisi, ma e’ l’ultimo giorno, non vorrei poi già domani rimpiangere qualche cosa. Chiediamo ad un ranger e prendiamo a noleggio una mini imbarcazione. Il battellino ha una guida e con noi viene anche una coppia di inglesi con due bambini. Navighiamo per circa un’ora lungo la costa e salutiamo, per l’ultima volta, tanti ippo, qualche cocco, martin pescatori, fish eagle, altri oseeti vari dai colori incredibili di cui non so il nome. La guida del battello ce li indica, ce li spiega, mi entrano per un’orecchia e mi escono piu’ veloci del martin pescatore di prima. Che bello, che bene che stiamo, ci piacerebbe durasse ancora per tanto tempo. Che pace, che silenzi e che natura. Ciao Uganda….. sigh. Completata anche questa. Risaliamo in auto, rifacciamo il percorso di prima, ripassiamo per il lodge, cerchiamo di acquistare un batik appeso, ma non e’ in vendita, peccato, proprio bello e particolare. Ferida e Rubi provano a fare il check in aereo con il computer della signora inglese, ma internet e’ lentissimo e non si riesce. Rimandiamo a questa sera. Mangiamo sempre al lodge una soup ed un piatto freddo. Alle 13.20 si parte per Entebbe. La strada e’ asfaltata, ma trafficatissima e anche questa con diversi lavori in corso. Ogni tanto un mercato, sempre con i vari prodotti esposti con un ordine quasi maniacale, dappertutto. Il tempo previsto e’ di circa 5 ore….lo sara’ davvero Mago Kasule??? Dobbiamo anche tenere conto della fermata prevista all’Equatore. La strada e’ bella, ma si va molto lenti. Superiamo camion carichi di tutto, di banane. Di banane e uomini, di mucche, mucche, banane e uomini a strati e poi pulman che corrono all’impazzata Ci fermiamo poi a lato e facciamo segno ad una giovane donna di avvicinarsi. Le diamo le scarpe adidas dorate di Cele ( un po’ alla fine della loro esistenza) una mia felpa champion, un cappello e le ultime cose….mentre gli altri hanno prima di noi vestito giovani e vecchi e ancora adesso regalano gli ultimi vestiti che non abbiamo intenzione di riportare. Saltano letteralmente di gioia e vorrebbero abbracciarci tutti. Poco dopo siamo all’Equatore, ma e’ un punto diverso di quello attraversato qualche giorno fa. Allora stavamo scendendo, ora invece risaliamo da sud. Questa zona e’ piena di negozi. A gruppi e da soli giriamo per gli ultimi acquisti, a volte raggruppandoci di nuovo per comprare insieme, contrattare meglio, provare a spuntare il prezzo. La controparte e’ decisamente scafata. Compro due maschere del Congo, una moneta di legno, poi qualche strafanto da portare a casa …orecchini, portasale e apribottiglie in osso. Tanto per spendere le ultime petacee locali. Cerchiamo qualche batik, ma nulla ci ispira o hanno prezzi altini per i nostri gusti. L’ora a disposizione per lo shopping passa velocemente. Riprendiamo il tragitto, ma poi deviamo per un nuovo sterrato. E’ una scorciatoia, ci dicono. Ne sentivamo proprio la mancanza. La scorciatoia e’ di circa un’ora abbondante ed è ovviamente sterrata e piena di polvere con poche buche. Improvvisamente usciamo dallo sterrato immettendosi nella principale. Dal nulla o quasi ci troviamo nella periferia di Entebbe. Non siamo più abituati. Il casino e’ totale, forse in quanto e’ anche ora o zona di mercato; se qualcuno vuole capire che cosa si intende per traffico caotico (non sono stato mai in India lo ripeto) puo’ provare a fare un giretto alle 18/19 di sera per questa zona. E’ il Kaos totale con un flusso piu’ o meno ordinato di unita’, persone ed animali, che si muovono in modo spesso casuale, poco logico, ma soprattutto imprevedibile cercando solo di occupare il minimo spazio libero davanti. Il tempo di percorrenza lievita a dismisura, solo per attraversare un quartiere. Improvvisamente poi la situazione si normalizza, nel senso che si procede meglio e arriviamo all’hotel. Scendiamo dalle macchine, scarichiamo definitivamente i bagagli. Non capiamo ancora chi ci portera’ in aeroporto e come e dobbiamo ancora fare il check in. Riesco a comunicare in qualche modo con Costantino; sta arrivando a piedi ed a breve dovrebbe raggiungerci.. Ci danno le camere, ma la priorita’ e’ sistemare le cose per l’imbarco. Rubi e Ferida riescono a fare tutto con il computer della reception, poi ci prova e riesce anche Ale; nel frattempo arriva il vate Tessarin (Costantino). Do le buste con le meritate mance a Billy e Kasule. I saluti sono un po’ tiepidi o cosi’ mi sembrano. Loro si defilano in tempi troppo rapidi. Con Costantino andiamo a cena insieme, poco distante dall’albergo, al Goretti Grill e Pizza, posto che e’ indicato come in assoluto il migliore ed il meglio frequentato tra Entebbe e Kampala…..a benon!!!!!! La cosa pazzesca non e’ il posto, quanto le cose che troviamo lungo la strada e’ li’ sulla spiaggia. Probabilmente e’ l’ora. Miliardi di farfalline volano intorno ai pochi lampioni ma anche intorno a noi, si procede a fatica evitando di parlare, anche se potrebbe essere un aperitivo interessante, al quale un po’ tutti facciamo volentieri a meno. 200 metri e arriviamo al Goretti. C’e’ gia’ molta gente, il posto sembra veramente un cult ed e’ venerdì sera. Proviamo a vedere se troviamo posto all’esterno; la sabbia e’ tutto un brulicare di farfalline che volano e muoiono in pochi minuti…. E’ una cosa terribile. Non proviamo neppure a pensare di stare fuori e ci rifugiamo all’interno. Qui ordiniamo in tanti tilapia ai ferri. E’ l’unico posto dove la fanno ai ferri e non fritta e probabilmente e’ anche l’unico posto dove la sanno fare. Intanto birra, in quanto l’attesa e’ la solita…. Fuori le farfalline agonizzano e sembra che la loro presenza diminuisca. Un gruppo tribale del Burundi inscena una serie di danze, coinvolgenti, bellissime anche se un po’ fracassone per i nostri orecchi che vengono da 15 giorni di pace assoluta, solo inframezzati da qualche ipporutto e quaqquareqquii di anatre ed ucceloni vari. Ballano e suonano senza pausa, nei loro costumi, con i loro addominali ebanizzati e le spalle belle toste. Con loro si mettono a ballare, suonare, saltare anche alcuni “bianchi”, come noi, forse solo appena piu’ giovani e si divertono come dei matti, immedesimati nella danza e nel ritmo- afro incalzante, senza sosta, senza possibilità di rifiatare Assistiamo un po’ tutti allo spettacolo; guardo un po’ con nostalgia e con tanta invidia. Mi sento anche un po’ preso, trasportato, anche Ferida e Michela guardano con entusiasmo e Claudio riprende, anche lui, forse anche lui un po’ invidioso. Il fatto e’ che non smettono, mai, continuano e il fragore delle percussioni alla fine scassa un po’ gli zebedei, anche perché, rientrati, spesso facciamo fatica a parlare tra noi e Costantino. Mangiamo piuttosto bene. Usciamo stanchi con la musica e le danze che proseguono. Io dopo 10 minuti sono di solito in un coma di stanchezza e questi saltano e ballano da ore come fosse nulla. Mah, fare meta’ a ciascuno, no eh????? Torniamo al vicino hotel e le farfalline sono completamente sparite, neanche mezza. Arriviamo nella hall e salutiamo il vate di Kampala, il quale, con sacchetto avanzi pesce per i suoi nove gatti (o giu’ di li’) è pronto a prendere i camioncini taxi (quelli che partono solo quando sono pieni zeppi) per rientrare da Entebbe verso casa.. Non so se lo farei, ma lui si e’ perfettamente integrato in questo modo di vivere. Saluti, arrivederci, grazie, qualche suggerimento. Per l’aeroporto ci portera’ il guardiano dell’hotel. Bene. Fissiamo l’appuntamento con l’autista alle 12.50. L’aereo e’ alle 3.50, ma dovremmo fare almeno due viaggi. Il pulmino è da 7 persone ma ci sono i bagagli,gli zaini e gli strumenti e quanto comprato e che occupa comunque spazio. Ok, ora doccia e poi il burraco di addio. Ci sono diversi tavoli nella hall e non c’e’ nessuno. Ale e Michela vanno su nella camera che condividiamo per la doccia; gli altri si alternano in una camera al piano terra. Quando finiscono e’ il nostro turno. Faccio una doccia micro, manca l’acqua o quasi e Cele si lava velocemente sul lavandino in camera. Faremo meglio a casa fra qualche ora Arrivano le 12.40, di notte prendiamo le valigie e aspettiamo…..e qui una nuova prova dei miracoli africani……L’autista controlla la montagna di bagagli e comincia a caricarne un po’. Fa sedere le ragazze neanche troppo schiacciate dietro. Poi altri bagagli. Fa salire su un posto Claudio con Ale praticamente in braccio e Maurizio accucciato tra le borse. Io sono davanti con quattro zaini….il piu’ comodo sicuramente. Speriamo che l’aereoporto sia vicino. Stipati all’ugandese partiamo ed in effetti raggiungiamo l’entrata. Qui la polizia ci ferma.Ah….ben messi…siamo in 9 in un furgone da 7 con bagagli ecc dappertutto. Fa scendere Maurizio, controlla un po’, chiede i documenti all’ autista, arriva un altro e ci fa cenno di andare. Roba da matti. Ho un sonno da capotamento, non ho chiuso occhio fino ad ora. In aereoporto cerco una sedia, sto per imbarcarmi in un altro aereo e per fortuna il gate mi chiude davanti (chissa’ per dove partivo???) , mi siedo in coma da qualche parte con il mio cappello in corteccia in testa ….niente non riesco a dormire. Finalmente chiamano il volo, entro per il gate giusto, solo perche’ seguo gli altri….. salgo per le scalette e trovo la poltrona, tra Cele e Claudio. In rapida successione : cappuccio felpa in testa, mascherina in faccia, tappi nelle orecchie, via le scarpe (mi sono fatto la doccia e sono vestito di nuovo, quindi evitiamo facili valutazioni), 3 gocce di depas….parto…io parto, l’aereo non so. Non ho piu’ sentito niente, ne’ decollo, ne’ colazione a bordo….zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz ciao Ughi, grande, grande, grande!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Qualche personale considerazione Se mi chiedessero “che cosa ti ricordi, che cosa ti e’ rimasto veramente impresso” dell’Uganda, cadrei nell’ovvio, nello scontato, ma non potrei che non rispondere: i bambini. I bambini, a migliaia, pronti a correre al passaggio della nostra auto come fosse un’astronave, sempre, ma veramente sempre con il sorriso sulle loro labbra, sottili o spesse, ma tali da invitarti a rispondere , sempre a fare “ciao” con la loro manina o con tutte e due le mani, sperando solo in un accomodante gesto di saluto, di ricambio, quasi fosse un dono. Quei bambini che, se per caso fermi l’auto, crescono in modo esponenziale in pochi minuti e ti circondano; quei bambini che , se solo ti provi ad avvicinare, magari per dare acqua o qualche caramella o qualsiasi cosa, beh si ritraggono impauriti o che si inginocchiano, commoventi, imbarazzandomi; quei bambini che mi si avvicinano piano piano per toccarmi, quasi fossi un essere dai poteri paranormali; quei bambini dagli occhi sempre spalancati, pieni di speranza, spesso con la tanica gialla per l’acqua in mano o sulla testa, in equilibrio, o con un fratellino da proteggere sulle spalle, o con la zappa per aiutare la mamma nei campi o a cercare di pedalare o magari solo spingere una bicicletta più grande almeno 3 volte di loro e spesso utilizzata come mezzo per caricare legna, carbone, banane; quei bambini con una dignità che non può non sorprendermi e che camminano lungo le strade rosse e piene di polvere e che invece di voltarsi, nascondere il viso o coprirsi, si affacciano dalle loro capanne, ti vengono a cercare, a vedere nel tuo passaggio, o continuano a camminare, magari nel fango, nelle pozze d’acqua se ha piovuto o piove; quei bambini non possono non ritornarmi in mente e non e’ una considerazione scontata; e’ quello che ancora mi succede a distanza di giorni e tutto questo non può non farmi pensare. E’ in effetti solo un pensiero, ma a volte anche ossessivo, perchè mi sento ovviamente impotente di fronte al bisogno, con la frenesia che la vita, nella sua quotidianità , mi porta ad opacizzare tutto ed a probabilmente poi dimenticare presto o progressivamente, troppo presto. Ma per ora e’ il ricordo, bellissimo, che supera ricordi altrettanto belli di cose vissute in 17 giorni fantastici, almeno per Cele e per me; un ricordo che mi sta dando molto, ogni giorno e che, chi vuole, può credo comprendere nel ricordo di questo viaggio, molto intenso, stancante o comunque faticoso, a volte con ritmi frenetici, a volte con trasferimenti imbarazzanti nella loro lunghezza, lentezza, un viaggio per me spesso romantico, decisamente coinvolgente, dalle tinte forti, dalle forti sensazioni, dagli spettacolari panorami, con il susseguirsi di safari, game drive, in piena area equatoriale. Lo ritengo un grande privilegio. E la “fame d’acqua”, nonostante cascate imponenti, laghi immensi. Ovunque, da nord a sud, nelle comunità, nei piccoli villaggi, nel niente mai comunque drammatico, anzi, la fame di acqua o comunque la grande esigenza si vede nella continua presenza di taniche gialle, in ogni angolo, davanti ad ogni casa: grandi, medie, piccole, utilizzate per raccogliere l’acqua dai pozzi, dai fiumi spesso fangosi e spesso solo rigagnoli alimentati dalle piogge, dalle pozze . Abbiamo incontrato a volte file di bambini, donne, ragazzi e anche uomini a piedi o in bicicletta, sempre lungo le strade, con pesi a volte proibitivi,per distanze che a volte mi hanno sorpreso, a volte cuccioli che faticano a stare addirittura in piedi ma che contribuiscono, anche nella loro giornaliera fatica, alla vita familiare, troppo diversa, troppo distante dalla mia e che sono contento non di avere scoperto, ovvio, ma di avere visto da vicino ed a cui non ci avevo mai badato più di tanto, per “assuefazione”, per evidente comodità e che a volte, anche durante questa esperienza, abbiamo trascurato nella loro bellezza ed importanza, dando peso maggiore a maniacali paranoie o comunque personali esigenze, che mi sono apparse quantomeno poco opportune nella loro reale superficialità.
  11. l'andrenalina della escursione ci ha sostenuti....ma ti assicuro che è stato mooolto faticoso, in quanto non ti fermi mai, continui a cercarli e se ha piovuto ogni salita è fango e sei a 2000 metri e non fai mai o quasi sentiero.... pero'........quando ripartiamo???????? IMPORTANTE....quando raggiungi il lago ti passa tutta la stanchezza è un paesaggio tra i più belli mai visti da sogno con i bungalow appollaiati sopra, una birra in mano e in sottofondo i canti africani di qualche gruppo in un'isoletta.. p a r a d i s i a c o...il lago Bunyonyi.....guardate solo su Google che cosa è...e rende nulla, perché l'atmosfera è impossibile sentirla noi eravamo qua http://www.arcadialodges.com/lake-bunyonyi.html
  12. Giorno 14 - 21 agosto Il trekking dei gorilla di montagna …e poi il Lago Bunyoni Oggi e’ il gran giorno….. attesissimo…. Non deve piovere, dobbiamo arrivare per tempo , dobbiamo stare tutti bene, dobbiamo farcela fisicamente, dobbiamo vedere i gorilla, dobbiamo resistere e riuscire anche a rientrare…..mamma quanti dobbiamo…speriamo in bene. Quest’attività comincia alle 8 del mattino dal quartier generale dell’UWA (Uganda Wildlife Authority), dove dovremmo incontrare gli altri membri delle spedizioni nonché le guide e i portatori. Il tempo impiegato e il terreno percorso per incontrare i gorilla variano a seconda dei movimenti di questi primati e preghiamo che non si nascondano troppo e che non ci facciano tirare sarachi e altro. Ieri Ale e gli altri, la sera, mentre noi stavamo rientrando, hanno incontrato in un locale un gruppo di Avventure nel Mondo, stravolti, distrutti, che hanno raccontato di una fatica incredibile per riuscire a trovarli…..risperiamo ancora più bene….benissimo Vogliamo il brivido provocato dall’incontro con i gorilla, rara, movimentata ed eccitante avventura . Cosi’ viene descritto il trekking di oggi. Sveglia alle 5.10. Puntuali con le valigie chiuse e poi colazione e pocket lunch. Poco prima delle 6 partiamo; la strada e’ la solita…non mi dilungo. Siamo vestiti a super-cipolla in quanto non abbiamo idea se farà caldo o freddo. L’importante e’ che non piova, anche se la super-foresta Bwindi, e’ sempre coperta di nuvole nere. Oggi invece sembra di no. Il tempo e’ buono e c’e’ sole. Se ci becca un temporale o un diluvio come quello di ieri, mentre siamo in mezzo alla foresta e’ un suicidio. Alle 7.50 puntuali arriviamo al parcheggio e ci spostiamo per il briefing. In attesa compriamo qualche t-shirt ricordo. Armati di gorilla permits, Kasule e Billy vanno con gli altri autisti in un grande capanno. Noi ci sediamo con altre 40 persone circa in un cottage: ci hanno assegnato la famiglia Mishaja con un Silver Back, 2 cuccioli di cui uno di tre mesi e ¾ femmine. Il nostro gruppo e’ peraltro in una zona diversa e dobbiamo riprendere l’auto e partire da un altro punto della foresta. Ci vengono date tutte le indicazione del caso, le regole cui rigorosamente attenersi, i comportamenti da adottare.Altra mezzora di strada ora con il ranger a bordo. Finalmente il nuovo posteggio; attrezzati come meglio non si puo’ partiamo con due militari armati di fucile, uno all’inizio della fila ed uno alla fine, per chiudere e anche tre portatori, utilizzati da Ale, Ferida e Claudio per portare i loro zaini ( e’ anche un modo per far lavorare queste persone e remunerarle per bene). All’inizio del gruppo anche il nostro ranger con tanto di machete e di walkie talkie, in contatto con altri 2 ranger, avvistatori, che cercano di individuare il nostro gruppo in mezzo alla foresta e indicarci dunque quale percorso fare. Per il momento non hanno ancora avvistato nulla e noi avanziamo incrociando le dita. Iniziamo a girare per la foresta o giungla che sia seguendo le indicazioni via radio; ogni tanto tutti fermi in attesa degli aggiornamenti, sempre mefitici!!!. Contatto quasi positivo (come quasi???) A camminare fa caldino, ma appena ti fermi l’aria e’ fresca. Tra formiche e ortiche malefiche e’ obbligatorio avere pantaloni e maniche lunghe. In questo caso siamo un po’ negligenti e sudiamo comunque. Proseguiamo tra salite e discese, scavallando alcune colline, a volte nel pantano o con salite nel fango, che riusciamo a superare attaccandoci a liane o ai tronchi . Che bello, camel trophy a piedi, ma sto sudando che meta’ basta e siamo solo all’inizio, in piena foresta pluviale, altezza equatore, a piu’ di 2000 metri di altitudine! Ora il ranger si stoppa, comunica, dialoga e solita risposta: i gorilla si stanno spostando velocemente, non sono stati ancora di preciso individuati, dobbiamo accelerare per cercare di incrociarli o di raggiungerli…..e che…chi siamo ????? La guida indica la via:una parete di felci, alberi, rovi, ortiche, vegetazione varia ed eventuale. Saliamo come degli automi. Falso allarme, erano stati quasi individuati, non bene. Grrrrrrr, come Hulk sto diventando io un gorilla!!!! Provare a fermarsi, anche per bisogni e bisognini non e’ possibile. Il ranger davanti si ferma di continuo per ricompattare il gruppo. In fondo alla fila il militare si ferma pure lui e non ti lascia da solo. Figurarsi fare pipi’ davanti ad un negrone grande e grosso che, vedendomi, si metterebbe a ridere e avrebbe ad raccontare ai posteri di come i bianchi, o almeno il bianco in questione, e’ miseramente attrezzato!!!!!!. Dopo 2 ore e passa di fatica mostruosa, inaudita, con la preoccupazione di non riuscire a trovarli che inizia a serpeggiare tra noi arriva l’annuncio……”i gorilla sono stati avvistati, davvero questa volta, hanno visto dove hanno dormito questa notte, hanno seguito le tracce e non sono lontani, ma dobbiamo ancora accelerare perche’ continuano a spostarsi”!!! E stare un po’ fermi a cazzeggiare, no!!! Cari gorillini riposatevi e aspettate che stiamo per morire…daiiii!!!!!! Con nuova e necessaria adrenalina aumentiamo ancora il passo. Da tempo siamo fuori da qualsiasi sentiero ed e’ il ranger che, come avesse un tom tom nella zucca, con il machete taglia tutto per permetterci di passare e di continuare a salire….ma quanto cavolo e’ alto questo monte!!!! Improvvisamente incrociamo gli altri 2 ranger avvistatori, che ci dicono come e dove seguirli. Praticamente comparso dal nulla intravvediamo il faccione del Silver-back in mezzo alla vegetazione, fittissima, mentre altri, uno dei piccoli in particolare, sbucano e scompaiono ed ogni tanto si arrampicano e poi piovono dall’alto!!! Il Silver sembra veramente grosso, ma gli altri no, anzi, me li aspettavo un po’ tutti enormi, Ma visto come stanno piegando piante e come spezzano rami e tronchi credo sia meglio non litigarci e sorridere. Noi siamo li’ a guardare, uno sopra l’altro, a rubarci ogni spazio ed attimo, mentre improvvisamente si spostano da un posto ad un altro….e noi cautamente, questa volta si, li seguiamo e riprendiamo le posizioni nella speranza di una sosta in uno spazio un po’ piu’ ampio in modo da vedere meglio. Non assecondano le nostre speranze, ma comunque il Silver ed il cucciolo ci permettono scatti e filmati da brividi. Caspita lo sto riprendendo mentre si sta grattando.. e ora mentre si lecca le dita e adesso con lo zoom gli riprendo denti e gengive, mentre si ciuccia foglie e ripulisce i rami…mamma mia!!!!! Dedichiamo il tempo a guardare, scattare, riprenderli, sospirare, emettendo (noi) mugolii di piacere e di soddisfazione e ce ne andiamo solo dopo lo scadere della ora abbondante concessa. Finito lo spettacolo, pazzesco, incredibile…. L’emozione non e’ proprio possibile da descrivere. Ringraziamo in modo particolare i rangers; passano mesi e una parte della loro vita ad avvicinarsi per “abituare” i gorilla alla presenza umana, a volte dormendo e vivendo con loro, al punto da considerare la famiglia dei gorilla come la loro famiglia. C’e’ da dire a questo proposito che sono disposti a difendere i “loro” gorilla anche a costo della vita. In Congo, ad esempio….in Uganda no per fortuna, sono numerose le vittime del bracconaggio o della guerriglia e si contano una ventina di rangers uccisi ogni anno!!! Il rientro e’ peggio dell’andata. Il percorso e’ lo stesso, a ritroso. Non pensavo di avere fatto tutta questa discesa. Manca l’aspettativa dei gorilla dell’andata, la stanchezza della giornata e’ tanta, il caldo umido e’ bestiale ed il fiato ….non so più che cosa sia. Il ranger rompe anche il machete e alcuni passaggi, all’inizio del ritorno, si fanno ancora più problematici…..ma noi siamo giovani (???) marmotte. Nonostante una buona pausa per mangiare quanto caricato nello zaino arriviamo tutti, io in testa, (non nel senso di primo arrivato, ma di essere super-cotto) al prato vicino al punto di partenza dove ci distendiamo esausti. Ci consegnano gli attestati: siamo maestri di Gorilla Trekking… non so se mi spiego!!!! Meglio soprassedere anche in questo caso. Arriviamo alla macchina. Su questo trekking mi sono gia’ dilungato e sulle varie esperienze in rete si può leggere di tutto e di più. Aggiungo che il costo del gorilla permits e’ proibitivo, ma ne vale la pena. Sono soldi spesi bene anche per la quantità di persone che ci lavora, per la opportunità’ di vedere questo mondo unico, quasi toccare queste creature e per sperare che permettano di proteggere, negli anni, la specie e l’ambiente. Ripartiamo contando di arrivare presto al nuovo lodge. Sono le15.50 e siamo desiderosi di un po’ di dolce far niente! Invece arriviamo dopo 2 ore ancora di saliscendi e in rapida successione paesaggi rurali, patchwork di campi, terrazzamenti e poi un lungo correre sulla sponda del Lago Bunyoni. Kasule non mi fila; non si ferma mai per uno scatto, nonostante le richieste, rinviando sempre il view point, salvo una breve sosta. Ma forse anche in questo caso ha ragione lui. Quando arriviamo all’Arcadia Lodge capiamo il perche’. La location e’ unica, la vista spettacolare, anche se non c’e’ una luce perfetta e c’è parecchia foschia. Il tramonto e’ comunque di quelli che mi portero’ a casa e lo metterò bene in fondo al cassetto del comodino….perchè non esca mai!!!! Siamo a quasi 2000 metri di altitudine anche adesso e tira aria. Tutto il malessere che avevo fino a questa mattina e’ sparito. Prendiamo possesso dei cottage; anche questi sono bellissimi, confortevoli, con una vista mozzafiato sul lago e sulle isole e tutto prato verde intorno e qui il nulla, mentre arrivano nell’etere i suoni di un gospel che qualche gruppo sta cantando in una chiesa, sotto, in un’isola la’ in fondo.Magia che si aggiunge ad un momento già magico! La temperatura scende ancora e accendiamo la stufetta in camera. E’ l’unico posto dove lì’abbiamo vista e mi sembra sia necessaria per stemperare il freddo, che forse e’ anche conseguenza della stanchezza della giornata. Ma un momento simile non si puo’ perdere. Ci troviamo con le ultime luci in terrazza, tutti insieme, per un nuovo gin-tonic, sempre in “autogestione”. Ma e’ questione di pochi minuti,; entriamo all’interno, nonostante scialli e felpe. Incontriamo due signore italiane, con le quali abbiamo a tratti incrociato il viaggio negli ultimi giorni. Ci raccontano sfinite la loro esperienza. Sono partite vicino a noi con un altro gruppo-gorilla, che hanno individuato solo dopo 4 ore e sono arrivate all’Arcadia solo adesso, distrutte. Beh, allora possiamo ritenerci very lucky!!! La cena, ma dai, che strano, anche se avevamo data le consegne quasi 2 ore fa , anche questa sera si fa attendere…. E per mangiare le solite cose. Intratteniamo l’attesa con ciacoe, burraco e ricordi flash di oggi. Birre Nile e Club: cena da dimenticare quanto prima possibile. Fa decisamente freddo anche qui dentro; ci rintaniamo nei cottage….ah, adesso mi rendo conto, sono gli unici che hanno i serramenti come da noi, con finestre che si chiudono. La temperatura che c’e’ li richiede . Non ci sono strani rumori provenienti da fuori, la notte fila via che e’ un piacere. pernottamento al Arcadia Cottages Il Lago Bunyonyi è forse uno dei posti più incantevoli e rilassanti dell'Uganda. Situato nel sud-est dell'Uganda a più di 1800 metri di altitudine è da molti ritenuto essere il secondo lago più profondo di tutta l'Africa, anche se questa notizia sarebbe ancora da provare. Formatosi circa 8000 anni orsono ha una superficie di 60 kmq ed è il centro di un ecosistema più ampio che comprende le zone paludose circostanti. Il suo nome, Bunyonyi, significa: "il posto dei piccoli uccelli" ed è sicuramente uno dei posti ideali per osservare molte tra le 200 specie registrate come,lo Sparviero serpentario africano (Polyboroides typus), il Cuculo di Levaillant (Clamator levaillantii), il Picchio cardinale (Dendropicos fuscescens), il Torcicollo africano (Jynx ruficollis), la Gru coronata grigia (Balearica regulorum) e varie specie di Tessitori e Aironi. Con la sua acqua dolce, nessuna traccia di bilarzia e paesaggi da sogno è un paradiso non solo per i viaggiatori in cerca di relax ma anche per la Lontra dal collo macchiato che qui vive tranquillamente senza la minaccia di coccodrilli o altri predatori e per questo motivo facilmente avvistabile come in nessun altro luogo in Africa. Nel lago ci sono 29 isole tra cui ricordiamo Bushara, Bwama, Itambira e due isole legate ad antiche leggende: Akampene e Akabucuranuka. Un'escursione in canoa sotto la luna piena resterà sicuramente nella vostra memoria. Racconto di viaggio: Questo lago e' un posto davvero spettacolare perche' contiene all'interno un mini arcipelago di decine di isolette verdi. Una di queste isolette era occupata interamente dalla guest house dove sono stato per una settimana, una vista straordinaria e una pace totale, davvero uno dei posti piu' tranquilli dove sono mai stato. Si sentivano e vedevano una miriade di uccelli, da quelli piccolissimi a quelli grandicelli tipo falchetti, ibis e aironi. In piu' aveva una piccola biblioteca, in particolare c'erano libri di storia africana, cosi' mi sono schiarito le idee su alcuni punti. C'era anche una saletta dove la sera proiettavano i film, pero' a parte la prima sera siamo rimasti sempre senza corrente, al lume di candela. Un giorno ho fatto un tour per il lago con la canoa insieme a una guida. Si e' rivelato abbastanza impegnativo, io pensavo che a remare sarebbe stata solo la guida ma appena partiti mi ha appioppato un remo e siamo arrivati sulla terra ferma dopo ben due ore. Li' eravamo proprio al confine con il Ruanda, abbiamo camminato per un'oretta attraverso verdi campi fino ad un villaggio di pigmei, che pero' a dire il vero non erano poi cosi' bassi. Ovviamente quando hanno saputo la mia nazionalita' mi hanno fatto grandi feste per il fatto che un membro della loro tribu' e' ora il nostro primo ministro. Come mi aveva suggerito la guida ho dato al capo tribu', un solare vecchietto, qualcosina di soldi, l'equivalente di 3 euro e forse per questo si sono sentiti in dovere di fare un ballo per me. A me gia' normalmente non piace guardare le danze ma questa era davvero assurda. Non stava ne' in cielo ne' in terra. Cioe' alcuni si sono messi a cantare e altri a ballare, ma si vedeva che non era nulla di una danza tradizionale, semplicemente ognuno ballava alla meno peggio (e togliamo pure quel meno) con uno stile proprio. Chi saltava, chi correva avanti e indietro con le mani alzate, chi si buttava a terra. A parte i bambini che ballavano divertiti e contenti, il resto mi appariva una stronzata pazzesca. Alcuni degli uomini mi sembravano anche un po' ubriachi. Poi finalmente il ballo e' finito e ognuno e' ritornato a fare quello che stava facendo prima del mio arrivo, lavorare la terra, tagliare i rami, preparare il cibo ecc... Dopo, ritornando con la canoa, e' venuta prima una pioggerellina e poi all'improvviso il diluvio universale. Non si puo' descrivere quanta acqua cadeva, ci siamo affrettati a raggiungere la riva e li' ci siamo riparati, per quanto possibile, sotto delle piante di banane. L'acquazzone non finiva piu', a un certo punto ho iniziato a tremare di freddo e dopo mi e' toccata anche un'altra ora e mezza di remate fino alla guest house. Li' in seguito mi e' venuto uno strano dubbio: ma non e' che la tempesta e' stata scatenata dalla danza dei pigmei?? :-)) Lago Bunyonyi - che significa "luogo di uccellini" è un luogo rigenerante, un luogo di conforto, di riposo, di quiete, di riflessione. Dopo giorni di essere in safari, attraversando le colline e le valli di Bwindi - Foresta Impenetrabile alla ricerca del gorilla di montagna - Lago Bunyonyi è il luogo perfetto per mettere tutto in prospettiva, per godere della bellezza del Lago Bunyonyi e di riposare semplicemente
  13. Giorno 13 – 20 agosto Il Parco Nazionale Queen Elizabeth – Kisoro Oggi macchine separate; per Isasha partiamo in cinque. Ho quattro splendide compagne di viaggio, che mi devo “leccare” e che inizialmente mi coccolano, ma che presto, troppo presto tacano a rompere!!! Sveglia presto, come concordato ed in auto prima delle 7. Colazione con il primo sole, Cele carica i 5 pocket lunch e poco dopo la partenza prendiamo la deviazione e lo sterrato, gia’ brutto di suo, , diventa imprevedibile, quasi un circo on ice. La notte ha piovuto (ma io devo avere russato alla grande e non ho sentito nulla); la strade e’ molto scivolosa e Kasule fa ripetuti zig zag ben controllati. Kasule e’ oggi la nostra guida ed autista (Billy e la guida di Ale , Claudio e Mau, con l’altra auto che va direttamente a Kisoro), ma ha anche la fortuna di vedere quello che non si vede ed e’ un gusto, per me, diversamente vedente, averlo vicino. Gli sono seduto vicino, davanti; mentre con due occhi guarda la strada molto difficile, con altri due occhi guarda vicino a destra e a sinistra e con altri quattro occhi scruta in profondita’ ed in lontananza. Vede (queste forse le avremmo viste anche noi) prima alcuni babbuini, poi altre scimmie, quindi, questo e’ pazzesco un lucertolone di oltre 2 metri avvinghiato su un albero lontano a 12 metri almeno di altezza e perfettamente mimetizzato nella vegetazione. Nonostante me lo indichi più volte io non riesco a vederlo. A poco a poco colgo qualche particolare, ma e’ solo grazie allo zoom che capisco come e’ fatto. Bellissimo. Ci stiamo gasando molto, anche perche’ il sole sta salendo e c’è una bella visibilità. La giornata sta girando per il verso giusto…edddaiiii!!!!! Dai leoncini dove siete????? Oggi vogliamo, dobbiamo, bisogna assolutamente riuscire a trovare ed a vedere, anche da lontanissimo i Lions Climbing, quei leoni che passano parte del loro tempo “appollaiati” sui rami di grandi alberi di ficus. Non ci illudiamo; la percentuale di riuscire a vederli e’ minima e …….. aspetta, Kasule, che cosa sono tutti quei rapaci che volano in forma circolare la’, su nel cielo? Ora io domando questo al mio “vate” e lui, per tutta risposta, si volge dalla parte opposta. Se gli uccelli sono li’ significa che c’e’ una carcassa di animale da tutt’altra parte……non so la logica, ma funziona evidentemente cosi’…e funziona. Gli occhi di Kasule diventano binocoli nelle sue orbite e riesce a vedere un leone lontanissimo. Tutti a voltarci ed a cercare di capire su quale albero e su quale ramo. A turno le ragazze gioiscono perche’ riescono a vederlo. Io scendo, mi armo di binocolo vero, seguo le indicazioni da battaglia navale: tre alberi a destra, poi 10 frasche piu’ a sud, ora altri due cespugli indietro e alla quarta acacia vai all’albero dietro (mai visto un ficus fatto cosi’) sul terzo ramo a destra, dai, non puoi non vedere la coda che penzola!!!!!!! Fate voi…..ma grazie a questi preziosi consigli lo vedo anche io, evviva. Riesco anche a riprenderlo, in piccola parte, in quanto poi, non vedendo nulla ad occhio nudo, riprendo il ramo sbagliato e dunque un po’ di foglie …pensa te….che cameraman!!!! Con la Toyota proviamo ad avvicinarci. Kasule entra nel bush tra buche e voragini, ma quando siamo a 20 metri dall’albero il leone scende, ma non e’ solo; scendono anche due cuccioli che subito si confondono e spariscono nella savana tra l’erba altissima. Che rogna, avevo gia’ idea di fare uno scoop bestiale, pazienza. Riprendiamo la strada e da lontano ne “intuiamo” un altro! Kasule si confronta con un amico in un’altra macchina, confabulano un po’; “si torna indietro”, ci dice. Il leone e’ tornato al suo posto, sopra l’albero. E’ vero!!!!! Andiamo piano con la macchina fino a sotto, ma proprio sotto. Questa volta il leone non ci considera proprio e per noi e’ un momento, unico, incredibile, pazzesco, non so, in silenzio religioso e di piu’; filmiamo, zoomiamo fino a riprendere la bocca, i denti, le gengive, le sopracciglie, tutto il possibile. Ahhhhhhh. Sono e siamo super-appagati, adesso non smettiamo di parlare complimentandoci con la nostra superguida e riguardando decine di volte le immagini appena scattate!!! Riprendiamo la strada. Ora saro’ terribilmente breve. Facciamo da questo momento (sono quasi le 9) altre 10 ore di auto, inframmezzate da due soste, una per mangiare in un piccolo locale dove lascio una mancia esagerata per birra e caffe’ e dove chiedo per sicurezza alla cameriera se l’acqua e’ stata ben bollita. (boiler very well?). Lo chiedo evidentemente in un modo un po’ personale, perche’ le mie compagne e Ferida in particolare cominciano a sghignazzare ed a prendermi per i fondelli . Un’altra mini pausa per un pipistop, al gate di uscita del Queen Elizabeth, dove rimaniamo per 5 minuti ad ammirare un uccellino imbecille che sbatte la testa a piu’ non posso sullo specchietto della Toyota, innamorato della sua immagine riflessa. La cosa piu’ pazzesca e’ che, finito con questo specchietto, si sposta di una decina di metri per fare lo stesso con quello della moto di un ranger, li’ parcheggiata. Mica tanto normale secondo me!!! Ma siamo in Africa!!!! La strada si inerpica su montagne terrazzate e con condizioni di terreno molto peggio di quanto di terribile gia’ fatto. Kasule comincia ad essere al limite, le nostre schiene quel limite lo hanno gia’ superato da un pezzo . Sfioriamo i confini di Congo e di Rwanda e finalmente arriviamo a Kisoro. Sulla citta’ si e’ appena scatenato un nubifragio. Appena prima dell’albergo incrociamo gli altri tre, arrivati da tempo e che hanno fatto massaggi e pennica e che ora vanno a fare shopping. Noi, distrutti, ma con le immagini ancora negli occhi, andiamo direttamente al Travellers Rest, l’albergo dove in passato, quando e’ stata in Uganda, ha risieduto Diane Fossey. Gli altri hanno pertanto gia’ preso possesso delle camere. Cele ed io siamo quindi gli unici a fare il check in e la signora, quasi con occhi supplichevoli, ci domanda:”volete fare la doccia calda????” Mah anche si, rispondo!!!. Beh se proprio volete quando siete in camera avvisateci che ve la portiamo!!!!! Come ve la portiamo???!!! Entriamo e provo ad aprire l’acqua della doccia, viene giù il solito righignolo, ma devo togliermi in qualche modo i due centimetri di polvere che mi coprono. Ho preso ferddo oggi e non mi sento bene….brrr ho brividi dappertutto. Cele chiede allora l’acqua calda e tempo 5 minuti arriva un ragazzo con secchio pieno e mestolo. Ah ecco che cosa intendeva!!!!! Per fortuna poi un refolino di acqua calda scende anche dalla doccia, ma …soprassediamo!!!! Cerco piu’ che altro di scaldarmi le ossa. Mi riempio di tachipirina, tamiflu e vari strafanti. Non posso permettermi di stare male!!!! Domani c’e’ il gran giorno dei gorilla!!!! La cena e’ molto suggestiva, tipicamente locale, a lume di candela; anche in cucina ci sono 6 candele per illuminare. Chissa’ che cosa vedono ed infatti Rubi si trova pezzi di vetro nella zuppa. Ottimo modo per festeggiare 30 anni di matrimonio con Maurizio. Auguri!!! Dopo cena tiriamo le somme della giornata, mentre Billy ci raggiunge e ci da le ultime dritte per l’indomani. Il problema e’ che l’albergo, per quanto caratteristico e molto suggestivo, e’ situato a un’ora e mezza dal punto di ritrovo per il briefing di domani. L’hotel e’ tutto tappezzato di maschere, anche molto belle e poi di oggetti anche old, disseminati sulle pareti, sul caminetto, sui tavoli. Qualcuno fa acquisti, altri bevono da soli una grappa locale, con Cele valutiamo se comprare qualche cosa, ma i prezzi piuttosto alti ci fanno riflettere, mah. Stiamo facendo bene??? Rimpiangeremo quella stoffa??? Un po’ indecisi e perplessi anche per un clima un po’ troppo freddo….in tutti i sensi… andiamo a nanna. Mi copro con tutte le coperte possibile e spero solo di stare meglio domani mattina.
  14. Giorno 12 – 19 agosto Il Parco Nazionale Queen Elizabeth … Il clima oggi e’ un po’ stemperato, intendo quello tra noi. Il tempo invece e’ bruttino; partiamo alle 8.15 per un safari nel Queen Elizabeth Nat. Park. Nonostante la foschia, passiamo in mezzo alle ormai solite, immancabili, bellissime gazzelle e antilopi di molte specie ed in branchi enormi; ci attraversano la strada, si fermano impavide a sfidarci con grandi occhi neri e piccole o grandi corna….e poi via, scattano e con grandi balzi scappano nell’erba. Vediamo ancora elefanti che giocano, bufali che sono sempre seduti o quasi e che non gliene puo’ fregare di meno di quello che c’e’ intorno e qualche ippo, anche uno ferito, povero, che incrociamo proprio sulla strada davanti a noi e che rapidamente si defila tra gli alberi. Andiamo poi in un altro villaggio di pescatori, ma questo vero, bellissimo, forse anche perche’ e’ un orario molto più congeniale; ci sono diverse piccole imbarcazioni, kontiki, con alcuni pescioni all’interno e tanta gente intorno; chi fa trattative, chi aspetta che i prezzi scendano, chi guarda incuriosito, chi aspetta che altri pescatori rientrino dal loro giro. Sembra un’asta e forse lo e’ davvero….quanto dicono però e’ incomprensibile . Un ippo e’ a mollo a 10 metri dalle barche, immerso in pace. Altri sono in mezzo all’acqua e con le loro emersioni improvvise fanno ribaltare una barchetta, mentre altre si muovono con cautela in questo labirinto animale in movimento, cercando di evitarli. Raggiungiamo per pranzo il Kazinga Channel e pranziamo al Nweya, altro bellissimo lodge direttamente posizionato sopra il Canale. Dal terrazzo vediamo due gruppi di elefanti, lontani, proprio sotto di noi: due elefanti sguazzano tra acqua e terra da una parte, poche centinaia di metri più in la’, invece, almeno una dozzina di elefanti, di cui alcuni piccoli, giocano in mezzo all’acqua in tutti i modi. E’ uno spettacolo che chi puo’ vede con i propri occhi, mentre io mi devo accontentare del binocolo e per fortuna me lo sono portato dietro anche nel locale. Alle 14.30 con le auto scendiamo giù direttamente sulla sponda del fiume e saliamo sulla boat per il mitico giro, super atteso del Kazinga. Il giro non delude, anzi. Forse perche’ siamo a credito degli scimpanze’ o perche’ e’ pieno zeppo di animali… La fama del Kazinga Channel è del tutto meritata. E’ un braccio d’acqua dolce lungo 32 km e che unisce il Lago gorge al lago Edward. E’ proprio un tripudio di vita ed osservare gli anomali dalla parte dell’acqua offre una prospettiva diversa, meno selvaggia forse, ma molto curiosa ed appagante. Gli elefanti ed i bufali la fanno da padrone e gia’ i primi che vediamo valgono il giro. Infatti cominciamo costeggiare e cominciamo con un grande elefante mezzo in acqua con un grande bigolo e altri compari forse meno attrezzati appena piu’ su, sulla terra ferma e poi una serie di martin pescatori che ci volano intorno. Poi vediamo ippopotami in tutte le salse, anche mignon, da soli ed in gruppo ed anche uno che con particolare nonchallance, si insinua tra una mandria di bufali, camminandoci sopra ed in mezzo e cercando forse di mimetizzarsi. E poi ancora, e’ come navigare tra gli ippo, i quali saltano anche sbuffando, infastiditi dal nostro passaggio o si limitano a guardarci a pelo d’acqua con gli occhi grandi. Mah, bellissimo!!! Ci sono cocco e tante aquile ed altri uccelli colorati. Incontriamo anche dei piccoli insediamenti di pescatori o altro ed un gruppo di ragazzi che fa il bagno, convivendo più o meno tranquillamente con la fauna tranquilla e meno tranquilla, direi cosi’ a vederla Passiamo 2 ore belle piene e con gusto e soddisfazione….. Rientriamo e sulla strada in auto, per tornare al Katara, vediamo ancora molti elefanti, grandi, piccoli e piccolissimi Poi al lodge glissiamo l’idea di dormire all’aperto. Fa freddo. La cena neanche a dire qui e’ fantastica. Preparano una grigliata e ci do dentro. Buonissima con carne-burro e dai sapori gustosissimi. Dopo cena studiamo il da farsi e poi decidiamo di dividerci per domani. Ale, Claudio e Mau preferiscono andare direttamente a Kisoro per una strada asfaltata e svegliarsi domani mattina con calma. Noi decidiamo di provare a vedere i leoni sugli alberi…… e’ difficilissimo riuscire a trovarli, ma contiamo di essere ancora a credito e boh, proveremo, ma dobbiamo tenere conto che la strada che a questo punto faremo sarà eterna e molto brutta. E’ una scommessa!!! La vinceremo??? Lo sapremo domani. Per adesso a nanna con il freschetto intenso e….sorpresa…. i camerieri del lodge hanno messo una boule calda nel letto. Dopo un attimo di panico credendo di avere in sorse tra le lenzuola, mi riesco a rilassare. Cele non se ne fa niente; io, invece, freddoloso, me la coccolo tutta (la boule) e mi faccio una dormita mitica….. Leoni…arrivooooo!!!!!!! pernottamento al Katara Lodge ©
  15. Giorno 10 – 17 agosto Hoima –Crater lake e Fort Portal Oggi sveglia alle 7 in punto. Dormito molto bene. Prepariamo subito le valigie e subito le portiamo all’entrata del lodge. Solita colazione…si assomigliano praticamente tutte e la differenza deriva dal pane tostato. Dipende da quante fette, da quanto e’ bruciacchiato e soprattutto da quando te lo portano. Oggi sono abbastanza tempestivi, si riescono ad imburrare. Altre volte e’ capitato che ti arrivano quando hai finito tutto, anche l’ovetto e mangiarlo cosi’ secco non e’ proprio il massimo….ma quanto siamo viziati!!!!!!!! Oggi c’e’ una formula self service, ma c’e’ un problema…..e’ pazzesco. Forse per stare in linea con la oscurita’ della cena di ieri e delle camere, le varie pietanze della colazione sono state preparate in una sala BUIA!!!! Non esistono luci, ci sono camerieri neri, che riconosciamo a stento. Mi spiegano quello che c’e’, io non capisco, non vedo, non ho idea di quello che prendo e che mi preparo a mangiare….o no. Ecco, rispetto agli altri giorni, oggi c’e’e questa formula di “caccia al tesoro che mangi “.Ho preso delle mini omelette che in se’ non sono male, ma non riconosco nessun gusto o sapore. Speriamo bene. Partiamo un po’ in ritardo…. Kasule forse deve salutare meglio moglie e sorella che sono riuscito a fotografare davanti al cottage per una immagine di gruppo anche con Billy. Destinazione Fort Portal. La strada e’ la solita, bella, rossa , saliscendi, piena di buche e, dove si potrebbe correre, ti sparano una serie interminabile di dossi in cemento che sono una goduria per ammortizzatori e schiena…..frenata, prima, accelerata , seconda, frenata, prima e via di seguito: libidine per chi ama il tagada’, una palla per la nostra resistenza. E poi fossati, forse piu’ del solito, almeno come profondita’, sia in mezzo, sia lateralmente. Pero’ non posso dimenticare due bellissimi momenti, in particolare quando, fermi o quasi per le buche, ci troviamo di fronte ad una mamma, giovanissima, con un bambino in braccio, due piccoli intorno a lei ed una bambina appena piu’ grande, davanti, che le cammina con una canna da zucchero in mano. Scendo e cerco con calma di darle alcune caramelle.. la bambina si ferma, impaurita, retrocede verso la madre; poi, spinta dolcemente mi si avvicina e si inchina davanti a me porgendo la mano. Sono sorpreso, la invito subito ad alzarsi, cerco di tranquillizzarla sorridendo e do anche alla mamma altri dolcetti. Dalla macchina prendo anche una bottiglietta di acqua e gliela do. La bambina allora mi si avvicina, prende la sua canna da zucchero, che teneva stretta stretta e me la porge in regalo. Al momento sono spiazzato, commosso, non posso deluderla. Prendo la canna che misura almeno 2 metri. In qualche modo la infilo in auto sotto il brontolio degli altri occupanti che in effetti si trovano tra i piedi un simile ingombro, ma non intendo buttarla, guai, ma dovro’ per forza trovare una soluzione. La voglio tenere, almeno un pezzo, come ricordo di questo momento. Poi, poco dopo, ci fermiamo; vediamo un ragazzo che vende jackfruit. E’ un frutto tipico, mai visto in altri Paesi ne’ assaggiato, ma che abbiamo gia’ notato in questi giorni e siamo curiosi di provarlo. Ci fermiamo: c’era solo il ragazzo, ma nell’arco di un niente ecco finferli e porcini, prataioli e mazze di tamburo. Come funghi sbucano decine di persone. La curiosita’ nostra nei confronti del jackfruit e’ di gran lunga inferiore a quella di questi bambini verso di noi.. Con un machete il frutto viene diviso in due, per terra e da terra ne strappiamo pezzi per assaggiarlo. Dall’esterno assomiglia ad un’anguria, un po’ piu’ allungata e rugosa sulla superficie; l’interno e’ color giallo intenso. Si mangia con le mani, proprio strappando le lamelle molto “slimegose” e si butta via il seme, un osso, racchiuso e protetto dalle lamelle. Il gusto e’ tipico di quello dei frutti tropicali o equatoriali. Ci si insozza per bene. La specialita’ di questo frutto e’ che e’ onto, nel senso che ti impegola le mani e ne’ acqua , ne ‘ fazzoletti ti permettono di evitare di restare appiccicato a tutto. I fazzoletti sono ora una cosa sola con la mia mano e Kasule guidando ha reso il volante una cosa terrificante. Ne’ possiamo usare l’acqua delle bottigliette a nastro per cercare di pulirci….davanti a quelle persone….sarebbe un bel segnale di spreco e non e’ proprio il caso..Ripartiamo e poco dopo comunque ci fermiamo: proviamo a lavarci anche con la amuchina…niente…. E’ peggio del bostik…. C’e’ da brevettarlo con la Mapei!!!! Le mani sono giallognole e appiccicose. Mamma mia che roba… e lo stomaco in che condizioni sara’????? Raggiungiamo Fort Portal, altra’ citta di una certa dimensione, perfettamente uguale o quasi alle citta’ che abbiamo attraversato in questi due ultimi giorni. Ci sono pero’ anche alcune case eleganti, forse sedi diplomatiche, ma ce ne sono diverse, anche di persone dunque di un certo peso, abbienti. Notiamo in effetti persone locali o comunque di colore vestite molto bene, all’europea, donne anche in tailleur, uomini in giacca e cravatta.. Li incrociamo in particolare in un ristorante, dove ci fermiamo per il pranzo. E’ un locale che si rivolge a turisti di passaggio (sono parecchie le auto parcheggiate di tour operator locali) e ad operatori o lavoratori locali di target elevato. Pranzo a buffet buono, dove assaggio e riassaggio il matoke, provandolo con due sughi diversi. E’ una via di mezzo tra la polenta ed il purea , ma lo trovo gustoso. Mi piace, anzi. Non sempre mi piace provare il piatto tipico del posto, sono spesso troppo scettico e difficile. Questa volta la pietanza non era troppo strana e mi sono lanciato, con soddisfazione. Ripartiamo con il sole, ma il cielo si sta coprendo. Ci stiamo spostando verso sud e verso la zona dei crateri, alcuni diventati dei laghetti. Dalle foto viste sembrano bellissimi, tipo quelli montani. Certo e’ che sarebbe importante vederli con la giusta luce, anche per le foto. Purtroppo Giove non mi sembra d’accordo. Quando raggiungiamo il primo di questi siamo al limite. Mentre stiamo arrivando una dozzina di manguste brucano sul prato come fossero conigli. Scappano improvvisamente, per poi ricomparire appena passiamo.Ci fermiamo poco dopo in un ampio piazzale. C’e’ anche una tenda ed una struttura ricettiva. Ci sono diversi colobi (scimmie) che giocano su un albero davanti. Uno di questi scende e ad un metro da me prende da terra qualche strano frutto secco e lo comincia a sgranocchiare. Un altro invece salta tra i rami. Alcuni di noi preferiscono non aspettare la guida e scendono al lago. Con Cele siamo impegnati in queste riprese e siamo pronti proprio quando arriva il ragazzo. Facciamo la discesa ammirando il lago tra le fronde, scendendo sulla sponda e tra gli alberi; su quella opposta si vedono tanti colobi red e black, saltare e lanciarsi tra i rami con balzi pazzeschi. Cele decide di imitarli e, cercando la foto del secolo inquadrando qualche bestia sopra di lei, si inverigola e cade come un pero gnocco. Grazie a qualche spirito ugandese non si fa male, ma non credo le serva di lezione. Quando torniamo al punto di partenza ci sono di nuovo tutte le manguste ed un gruppo di ragazzi suona bonghi e tamburi. Claudio si fa coinvolgere; e fa bella figura. Siamo pronti per fare il trekking e pronti via…con una tempestivita’ che ha dell’incredibile, con i primi passi comincia a piovere, anche se debolmente. Ci armiamo di k.w., cerate , ponci e di scarpe adeguate. Dopo pochi metri, sopra di noi, ci fermiamo ad ammirare una scimmia bellissima, con una lunga coda con alla fine un grande pennacchio bianco. Quando riprendiamo, su un tratto in salita, scoperto, piove un po’ di piu’, ovvio. Attraversiamo vari terrazzamenti e piantagioni. Scopriamo da vicino piante di ananas, di mango, di avocado, tutte con i frutti attaccati, oltre ai soliti grandi bananeti, in particolare di banane matoke. Saliamo ancora e raggiungiamo il Top of the World. Si chiama proprio cosi’. E’ il punto piu’ alto del territorio, attrezzato con alcuni cottage, con camminamenti attorno per poter vedere il Ruwenzori e tutta la catena montuosa, i diversi crater lakes e le bellissime colline sottostanti. Cielo nero, pioggia, mezza nebbiolina, Peccato, mannaggia, Si intuisce anche il lodge di questa notte, che sembra, per forza, sembra bello proprio su un lago. Con il tempo giusto il programma prevedeva di andare a piedi direttamente al lodge dove Kasule avrebbe portato le auto. Con la pioggia e la schiena di Claudio desistono invece tutti; Ale ed io armati di palandrana per l’acqua, scegliamo comunque di scendere a piedi, con la guida verso il lodge. Gli altri montano invece in auto. L’inizio della discesa a piedi ci vede scivolare nel fango e nella melma. E’ una pendenza bestiale e si scivola che e’ un piacere, ma quasi subito smette di piovere. La giovane guida ci mostra un po’ di alberi, un po’ di uccelli e passiamo in mezzo a piccoli villaggi, dove bruciano mattoni e bruciano gli scarti dei bananeti. Gia’ si vede poco, con tutti questi falo’, con poco fuoco e tanto fumo, e’ un gusto guardarsi attorno. Raggiungiamo gli altri nell’arco di un’oretta di tranquilla camminata. Dopo la partenza shock, il sentiero e’ migliorato. Il posto e’ carinissimo, all’apparenza. Ci sono solo 5 cottage dei quali 1 per mangiare e gli altri 4 occupati da noi. Siamo solo noi. Non c’e’ nessuno, ma non c’e’ neanche la luce e neanche l’acqua. Nel frattempo cresce il vento e la temperatura scende di brutto. Ci sediamo su sedie sotto il portico per vedere qualche cosa. Dentro le camere e’ buio pesto, per ora. Cele si avventura a cercare di fotografare un’orchidea: scende e non riesce a risalire…..non le e’ bastato quello che le e’ successo prima. Si aggrappa ad alcuni arbusti e scivola, mi viene voglia di lasciarla la’. La vista, dove siamo noi e’ bellissima e sogno soltanto quello che sarebbe in diverse condizioni climatiche, con colori e riflessi tra il verde degli alberi ed il blu…probabile, del lago solo a dieci metri da noi. Nel frattempo siamo sopraffatti dallo starnazzare di un numero impressionante di anatre e simili che svolazzano davanti e che probabilmente hanno il nido vicino. Si fatica anche a parlare. Solo alle 18.30 arriva la luce….che anche in questo caso e’ un lusso chiamarla cosi’, poi ci raggiunge anche sorella acqua e possiamo lavarci. Fuori si alza un vento freddo e la temperatura precipita, un po’ come Cele oggi pomeriggio. Alle 19 un ragazzo ci invita ad andare a cena. Siamo solo noi, anche a cenare. Il lodge non ha cucina o altro. Le pietanze sono appoggiate sui tavoli con il coperchio tipo catering. Alziamo i coperchi ….e li chiudiamo per paura…..di quello che abbiamo visto. Pasta probabilmente cucinata in mattinata, riso che ha ben poco di cereale, pollo in una salsa strana, verdure cotte, anche queste viste di migliori…ma soprattutto quando assaggiamo …non sanno da niente….beh piuttosto che cattive…diciamo che sono insulse, mangiamo comunque perche’ abbiamo fame e fa freddo anche se il vento e’ un po’ calato. Abbiamo il tetto sopra, ma siamo all’aperto!!! La luce anche in questo caso e’ ai minimi termini. Solo con una pila la crocerossina Ferida mi toglie una scheggia dalla mano. Facciamo a fatica un mezzo burraco, anche questa sera intuendo le carte con sistemi tipo Braile. Durante la notte si aprono le cateratte, viene giu’ di tutto, ma i rumori sono attenuati…….dallo starnazzare che non smette mai, mai e che ci fa da sottofondo fino all’alba. Ma che bello!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Giorno 11 – 18 agosto Parco Nazionale Queen Elizabeth Oggi sveglia con molta calma; il cielo e’ coperto. Caspita, mi sono sempre svegliato col sole o con la nebbia. La giornata e’ uggiosa (grande Lucio) ed e’ bagnato dappertutto. Il programma prevede di andare a veder le montagne ed i laghi craterici per bene, ma in queste condizioni…..Kasule spiega ad Ale il suo programma: Con questo tempo e’ meglio andare a visitare le piantagioni del territorio di Fort Portal, che e’ il principale di tutta l’Uganda per le coltivazioni. Prendiamo l’auto, ma per pochi km; ci inoltriamo in un percorso tra alberi giganteschi e subito poi scopriamo le piante di cacao rosso, giallo e verde, altri banani, poi le piante di tapioca, vaniglia, banane matoke, avocado e mango. Kasule ci spiega per bene, ci toglie dubbi e curiosita’. Ci divertiamo e siamo tutti molto interessati. Il tempo non cambia. Con tanta calma, forse troppa, riprendiamo la strada e ci fermiamo, senza saperlo, a Kasese. Ora fa caldo, ma e’ un cielo molto velato con un tasso di umidita’ “asiatico”; Billy ci porta dentro il mercato: compriamo caramelle, specchietti e palloni da calcio piccoli. Cincischiamo senza meta e senza grandi interessi; i mercati visti frettolosamente da soli in altre cittadine erano molto piu’ carini secondo me!. Per il pranzo ora ci trasferiamo all’hotel Margherita; si dovrebbe vedere tutta la catena del Ruwenzori, la Montagna della Luna….ma neanche a pagare…purtroppo non si vede nulla. C’e’ un pallido sole, ma con tanta foschia. Nella solita eterna attesa che arrivino i piatti e la pizza in particolare (buona clamorosamente), Claudio ed io sfidiamo Billy in una partita a biliardo. Uganda 1- Italia 0!!! Perdiamo di poco, ma perdiamo, speriamo in una rivincita. Kasule fa un lungo briefing con Ale e gli indica il dettagliato programma del pomeriggio, davanti ad una mappa grande, applicata sulla parete del locale. Intende muoversi con calma, perche’ spera che la foschia si alzi e si possa vedere bene il panorama che ha intenzione di mostrarci nella zona dei crateri. Ripartiamo pertanto con molta calma, anche ora, con un bel po’ di birra in corpo; passiamo l’Equatore, ci facciamo tutte le possibili foto di rito e poi raggiungiamo il Queen Elizabeth National Park, dove viene alzato il tetto delle Toyota : entriamo nella savana piu’ caratteristica. Il paesaggio si presenta pieno di acacie grandi e scolliniamo, affiancando crateri, uno pieno di acqua dolce, un altro con acqua salata, uno con acqua calda, altri invece pieni di piante, con pareti ripidissime. Incontriamo anche qui diversi animali, soprattutto branchi di antilopi e gazzelle e gruppi e famigliole di facoceri ed elefanti Alla fine al vertice di una collina ci fermiamo. Scendiamo dalle macchine e siamo in un posto mitico; si vede tutto e veramente a 360° ; e’ un incredibile posto panoramico, in mezzo al niente. Non c’e’ nessuno, come al solito, ne’ abbiamo incontrato auto o persone! Tutti siamo incantati dal posto e da quello che riusciamo a vedere, con il sole ancora forse troppo alto, con il cielo non terso, ma comunque migliorato di molto. Foto di gruppo e foto a coppie. Ok, che bello ed adesso andiamo al Katara lodge; e’ bellissimo e ci facciamo una bella siesta anche se la giornata e’ stata un po’ stiracchiata per via del clima. E invece NO!!! Kasule scende solo in parte dalle colline ed imbocca una stradina; si ferma e ci fa scendere. Boh, siamo perplessi. Ritorna dopo pochi minuti e ci dice :”Walk”! Nonostante tutto credo di aver capito anche io. Sono gia’ le 17.30 ed il sole fra un’ora comincia a scendere e manca ancora un casino di strada. Scopriamo dove siamo: al Katwe Salt Lake, che poi scopriremo ancora meglio e’ la patria della mosca tse tse. Kasule si e’ forse rifatto a quanto avevo detto il primo giorno, ancora a Kampala, quando, dopo aver confabulato con Michela e Ale, avevo chiesto alle nostre guide se, valutando bene di volta in volta, durante il viaggio valesse la pena di vedere alcune cose, che in rete venivano consigliate, quali la Elefant Road (solo sfiorata), la strada delle farfalle (mai vista) e le saline. Ora e’ possibile che abbia deciso un po’ all’ultimo di farci vedere le saline, ma l’organizzazione della giornata nel suo complesso mi sembra da migliorare. Kasule e’ accompagnato da un signore strano, piuttosto giovane, mi sembra, con un libro in mano che mai poi aprirà e che fa tanto da figo… Parla un inglese incomprensibile e mi viene in mente la barzelletta della rana dalla bocca larga!!! Ma c’è ben poco da ridere. Ci invita a seguirlo e a due domande dirette: quanto dura e dove andiamo? Risponde : villaggio pescatori, lago salato e due ore e mezza!!!!!! Lo capiamo anche in quella lingua strana che sbiascica. E qui sbagliamo, tutti, da stupidi. Invece di fermarci e valutare bene se e che cosa eventualmente fare e vedere, partiamo, seguendolo, brontolando. Andiamo alla depressione famosa per le mosche ed andiamo anche noi in depressione…camminando tra una mandria immensa di mucche e le loro ..... che ricoprono la valle come un puzzle al quale mancano solo poche tesserine.. Perdiamo e poi ritroviamo Ale che se ne e’ andato un po’ per i suoi…, evitiamo di scendere alle saline, che vediamo solo dall’alto, sulla cresta del cratere che da una parte ha appunto il Lago salato e dall’altro la depressione con le mucche al pascolo e dei marabù.. Ritorniamo per la stessa strada, in silenzio, con musi lunghi, evitando di semplificare la situazione e cercando invece il colpevole di tutto: il signore in bianco, che avrebbe tanto voluto fare la sua bella figura, ma che invece si e’ trovato davanti un gruppo di persone stanche, oggi anche un po’ annoiate, con la voglia di scaricare in qualche modo delle evidenti tensioni. In qualche modo arriviamo a questo benedetto villaggio, che e’ ovviamente dalla parte completamente opposta rispetto al Salt Lake, e si spera sia fantastico per alleviare le tensioni e dare una giustificazione al tutto. E invece camminiamo in mezzo alla sporcizia. Ho trovato l’Uganda molto pulita, salvo alcune piccole eccezioni, ma questo villaggio e’ uno schifo!1! Molte persone sono ubriache, il cielo si e’ ormai oscurato e si vede ben poco, di pescatori si intuisce qualche cosa solo per la presenza di poche barche sul lago. Claudio riesce comunque a donare un palloncino da calcio ad un nugolo di bambini che cominciano subito a giocare. Rientriamo passando per una comunita’ che dovrebbe essere caratteristica. La caratteristica di questa e’ la puzza per la quantita’ di cacche che ci sono sui viottoli, davanti alle case e con mucche, capre e pecore dovunque, a pascolare tra rifiuti, sacchetti e bottiglie di plastica vuote. Non abbiamo mai visto bottiglie e qui ce ne sono a bizzeffe per terra e poi cartacce e plastica. Una cosa indecente, a pensare in particolare all’ordine , alla pulizia, alla dignita’ di vita delle altre comunita’, povere o poverissime visitate in questi giorni. Questa situazione forse deriva dalla presenza, decisamente singolare, di altissime e numerose antenne installate proprio nel villaggio e che generano un evidente bestiale inquinamento elettromagnetico. E’ possibile o molto probabile che le aziende per garantirsi l’installazione abbiano dato un bel po’ di soldi, con conseguente alcool, beni di consumo, menefreghismo sulla qualita’ della vita . La spazzatura, ovunque, dà luogo ad una immensa nube di moscerini, che ci attaccano e poi perseguitano verso la fuga verso le auto. Ci entrano negli occhi e nella bocca.. Sono le 19.30, e ci mancavano anche i moscerini!!! Arriviamo al Lodge alle 20.30 in condizioni, beh, meglio non dirle. Siamo stanchi Per fortuna il Katara Lodge ci salva. Accoglienza con salviette , piccolo rinfresco, cottage da favola e di piu’. Cena alle 21. Mi spazzolo uno chatobriand fenomenale, da urlo e prima una zuppa di melanzane, pane caldo con burro e dolce. Birre a nastro. Di umore diverso andiamo a letto; la vista dal lodge e’ direttamente sulla savana sottostante, noi ora siamo in collina e c’e’ la possibilita’ anche di dormire all’aperto: una soluzione prevede un secondo letto, sempre matrimoniale e con le ruote, trasportabile in una piccola terrazza a disposizione di ogni cottage, aprendo solo una piccola porta esclusiva, con zanzariera e con vista sul bush sotto e con il cielo di sopra. Ci pensiamo ma fa freschetto. Magari domani sera!! E finalmente il cuscino e’ serio o normale….finalm….rrssrrssss appoggio al testa a parto!!!!!! In sottofondo i rumori che provengono dalla….natura!!! Dormo o sogno????
  16. Giorno 9 16 agosto Masindi – Ziwa-- Hoima In barba alle previsioni meteo questa mattina il tempo e’ proprio bello. C’e’ ancora un po’o’ di nebbia, ma il sole sta spuntando. Oggi si va dai RINO!!!. Dopo il flop degli scimpanzé siamo tutti un poco scettici e scaramantici, ma comunque speranzosi, dai, si vedono sempre!!!!! O almeno cosi’ dicono… Colazione molto buna ed abbondante all’aperto ed ancora ci chiedono se la cena di ieri sera era andata bene. Se ci ha soddisfatto e si scusano ripetutamente ancora. Cele compra una collana cui faceva la fila da ieri sera e Feri ci indica delle cartine. Sono le migliori road-map che abbiamo visto fino ad ora. Le compriamo un po’ tutti, facendo una bella confusione con i prezzi. Alle 8.45 partiamo per il Rino Sanctuary; lo raggiungiamo dopo un’ora percorrendo la strada incredibilmente tutta asfaltata, eccetto l’ultimo tratto che porta alla riserva. L’area e’ molto curata, tutta attrezzata e votata alla salvaguardia degli animali ed alla loro cura. All’entrata ci passa davanti un branco di mucche dalle lunghe corna e mi metto a guardare alcune oche che sguazzano e bevono in una pozzanghera. Conosciamo Fred, il ranger che ci guidera’ alla ricerca dei rino; a noi si uniscono tre ragazze scozzesi, laureande in medicina e che stanno finendo un mese di volontariato. Quanta gente che e’ qui per dare una mano, ma manca di tutto!!!! Ci raccontano che non hanno nulla, ne’ siringhe, ne’ attrezzature , ne’ materiale e pochissime medicine. Lungo la camminata di trasferimento Fred ci racconta la storia del Sanctuary e ci spiega bene le lezioni di comportamento. Cosa fare e cosa non fare, ma non sempre mi attengo in modo stretto e mi prendo ogni tanto “le mie”!!! Dopo una ventina di minuti cominciamo a vedere tra il fogliame qualche macchia marrone in lontananza. E’ una famiglia di 4 rinoceronti. Stupendi, brucano!!!! Ci avviciniamo fino a 10/15 metri. Camminano e brucano, brucano e camminano…che vita stressante. Raramente alzano il testone, spostandosi lentamente tra gli alberi e la vegetazione. Li seguiamo a debita distanza, cercando in qualche modo di “bruciare gli spazi” e ci sono dei momenti che ci passano veramente vicini. Ci spostiamo cercando le migliori inquadrature, all’inizio spesso sovrapponendoci uno con l’altro. Mamma che bello. Pazzesco. Sono grandi ed e’ incredibile . Siamo terribilmente vicini, in silenzio; si sentono solo gli scatti delle macchine e qualche passo nell’erba. Siamo tutti senza fiato. Dopo diversi “inseguimenti” rientriamo super-soddisfatti; pranziamo seduti ad alcuni tavolini all’ombra. Mangiamo un agnello che sa di maiale o maiale che sa di agnello; Rubi prova a stanare una montagna di zanzare con il risultato di farci spostare per evitare di essere punti, mangiamo anche i soliti pollo, patate e riso. La varieta’ e’ ancora un optional.. Poi riprendiamo la strada per Hoima; Kasule consiglia di saltare la visita al villaggio di pescatori, come da programma, in quanto fuori mano e invece suggerisce di fare un percorso all’interno della foresta di Bunjoro. Attraversiamo intere zone coltivate a canna da zucchero ed incontriamo camion stipati all’inverosimile di canne, ma anche vediamo tante persone che lavorano: uomini, donne, bambini, ciascuno con una zappa e con fascine in testa , sempre a piedi o in bicicletta, a lato della strada. Dopo un’ora e mezza di un percorso incantevole per colori e luci, entriamo, sorprendentemente, in una piazzola. C’e’ un piccolo capannone per uso scuola che e’ chiuso, un piccolo gazebo in cemento con una serie di panche, un pozzo con una donna impegnata a pompare l’acqua. Kasule ci dice che dovrebbe esserci anche la guida e prova a cercarla, chiamando con il cell. Non c’e’ nessuno e siamo tutti tra lo sorpreso e il dubbioso. Aspettiamo un po’ poi Kasule prende in mano la situazione e si mette direttamente alla guida del nostro plotoncino, in mezzo alla foresta e con l’aiuto di una persona di eta’ non meglio definita (non la guida che aspettavamo)che, armato di machete, inizia a menare l’arma , anche quando non serve, molto per scena e poco per reale necessità. Ci inoltriamo nella foresta, non molto dissimile da quella di Budongo. Mi piace comunque camminare; il clima e’ abbastanza fresco, ci sono piante grandi e altissime, scure e bianche, incave e con liane intorno e guardo verso l’alto tutte le chiome, altissime; fanno filtrare solo pochi raggi. Puo’ sembrare ed anzi e’ quasi una ripetizione di quella gia’ fatta per cercare gli scimpanzè, ma che importa….vuoi mettere quante volte ci sogneremo di camminare in questo paradiso, magari quando faremo in autunno, con il freddo ''''???Ogni tanto il gruppo si ferma improvvisamente: rumori improvvisi bloccano la guida-machete che scruta le frasche e le fronde degli alberi per vedere qualche animale; anche qui dovrebbero esserci scimmie e uccelli. Beh, l’uomo-machete, il nome e’ tanto per identificarlo, scopriamo ora avere 82 anni, o meglio dice di averne tanti; dal 1948 ha lavorato nella fabbrica di canna da zucchero, ha 29 figli di cui uno di soli 3 mesi (povera donna) ed ha 4 mogli. Ha anche 4 denti in bocca, pochi ma lunghi quasi come zanne e che mette in mostra sorridendoci orgoglioso della sua vita. Complimenti!!!! Alla faccia nostra!!!! In Uganda l’eta’ media e’ di soli 14 anni, ma senza di lui sarebbe anche piu’ bassa….Ma questo dice molto su quella che e’ la vita qui e come si puo’ vivere e invecchiare…… tra le mille difficolta’. La strada ora si snoda tra colline disseminate di piantagioni ed alla faccia della maternita’ e della occupazione giovanile, scorgo tantissime donne piegate sui campi o col pancione o con bimbi mignon fasciati sulla schiena; come nulla fosse, per avere le mani libere, con vanghe o altri attrezzi in mano. E tutti, questo e’ veramente pazzesco, fatica o non fatica, polvere o non polvere tutti ci guardano e ci cercano, con un sorriso,. Anche qui, come dappertutto, i bambini che sono davanti alle capanne o case, appena sentono il rumore corrono sulla strada e salutano, fanno ciao e sorridono. Poi appena ti fermi, scappano via. Anche adesso ci fermiamo, Rubi scende con caramelle e altro, loro scappano poi a poco a poco si riavvicinano e, capita la situazione, si fanno furbi e cercano di prenderne un po’ di piu’. Tutto il mondo e’ paese. Anche qui un numero imprecisato di biciclette, spesso o sempre trainate con sopra pesi enormi.. Ma sono soprattutto donne e bambini a festeggiarci, mi sembra vogliano come darci il loro benvenuto. Sempre…La strada e lunga ma le figure che la vivono hanno dovunque lo stesso modo di accoglierci. Non ho parole. Saluto ora dal finestrino anche io, come spesso i miei compagni di viaggio. Non si puo’ almeno non rispondere a questi ciao!!! Rimango impotente alla imparagonabile situazione e al tempo stesso appagato da tanta tenerezza! Raggiungiamo ed attraversiamo Hoima, altra citta’ grande, caotica, rumorosa dove negozi, tanto per dire e piccoli mercati si alternano in un’unica soluzione. Superiamo per fortuna la citta’, deviamo dalla strada principale e dopo uno sterrato mica male di 2/3 km raggiungiamo il lodge. Di fronte all’entrata, in un piccolo prato verde, alcuni ragazzi giocano a pallavolo. Fino ad ora ho visto giocare sempre e solo a calcio. Calcio a piedi nudi, su campi o terreni sconnessi, in piano o in pendenza, anche campi da calcio appositamente attrezzati con una squadra impegnata in salita e l’altra dalla parte opposta. Si spera sempre poi che il pallone non cada troppo a lato, dove speso ci sono avvallamenti che ti raccomando. Giocano con porte belle e fatiscenti, con due legni buttati o con soluzioni inventate, giocano maschi e femmine, solo raramente ho visto però squadre miste:giocano con palloni piu’ o meno rotondi, troppe volte, pezze arrotolate. No, nei campi di scuola tutto e’ piu’ bello. C’e’ il verde, il piano, il pallone buono, ma tra le case e le capanne ci si arrangia…lo facevamo anche noi d’altra parte quando eravamo piccoli. Appena c’e’ uno spazio si gioca, se si puo’!!! Se non si deve andare a raccogliere l’acqua ai pozzi o al fiume. O se non devi accudire il fratellino ancora piu’ piccolo di te e devi tenerlo dietro, sulla schiena, perche’ mamma ne ha un altro, come minimo. E li si incontra con le solite taniche gialle. So che mi sto ripetendo, ma davvero sono immagini difficili da non scordare. Ma col senno di poi mi sembra giusto fare alcune considerazioni sui business locali. Il business delle taniche gialle e’ il piu’ incredibile. Le hanno praticamente tutti e piu’ taniche per famiglia. Uno puo’ pensare che il mercato sia saturo; e invece no’, con la crescita esponenziale della popolazione e con l’impossibilta’ strutturale e finanziaria di costruire reti idriche, credo che il mercato sia ancora fiorente per un bel pezzo, per la fortuna di pochi e per la necessita’ di quasi tutti Ma il business piu’ incredibile e’ quello delle biciclette!!! In Italia basta andare un po’ sui sampietrini o sulle riviere e si rompono raggi, si storgono i cerchioni. A mio figlio Enrico si e’ rotto il manubrio perche’ e’ entrato in una buca e stava per coparsi. In Uganda no. Le strade sono solo buche, la pavimentazione e’ tamburellante, sembra che siano passati solo carriarmato, ma non ne vedi di rotte. C’e’ qualche meccanico ,ma per forza. Noi buchiamo sull’asfalto liscio o appena pizzichi il copertone. Qui non bucano mai, ciotoli o sassi, arbusti o rami, niente. Secondo me i produttori di biciclette hanno fatto il distinguo: in Europa hanno i soldi. Produciamo bici belle, ma marse, che si rompono, cosi’ comprano i ricambi o bici nuove In Uganda non hanno i soldi. Meglio farle dure, cosi’ le comprano e con il passaparola si vendono. Se si rompessero con il passaparola con il picchio che ne vendono . Qui e’ un investimento e deve essere durevole e non c’e’ ammortamento. E poi c’e’ da ammirare la tecnica di carico di queste biciclette. Non si scherza. E spesso, quando si riesce, e’ un lavoro di equipe. Il carico deve essere bilanciato e lo e’ in modo incredibile. Uno tiene la bici e un altro o anche due persone cominciano a posizionare banane, materassi, legni o altro con cura maniacale, ma da esperti. Credo che la loro esperienza in questo ci farebbe comodo. Se penso che solo un sacchetto di frutta , in moto, mi scombussola nelle curve e se lo porto in bicicletta e’ garantito che mi si infila nei raggi e scapuso per terra. Qui e’ scienza, cultura, abilita’, che viene tramandata evidentemente. Non ce ne e’ uno che rischia qualche cosa; tutti sono in equilibrio, neanche dovessero attraversare il Gran Canyon su un filo….ma in questo modo si stancano meno e riescono a percorrere distanze che per noi, in quelle condizioni, le faceva solo Longo quando vinceva il mondiale di ciclocross. Torniamo a noi. Il Kontiki Lodge e’ una sorpresa, una piacevole sorpresa, almeno per me. Mi aspettavo una struttura mediocre, invece il giardino e’ molto curato, pieno di piante e di fiori, con siepi perfette e una bella piscina. Appena scendiamo dalle macchine ci danno i menu’ e ci chiedono di scegliere i piatti per la cena. Facciamo un bel casino, ordiniamo con autolesionismo anche due pizze che, ovvio, si riveleranno endemicamente terribili. I capanni-cottage sono abbastanza ampi, ma la luce e’ “battisesole”, praticamente nulla, fioca fioca e devo usare la pila per capire quello che ho in valigia. Bisogna anche tenere conto che e’ una valigia che viene rovistata quotidianamente e, anche se al Parah ho fatto un po’ di ordine, mi sembra di imitare Eta Beta quando prova a trovare quello che cerca dentro il suo sacco. Tira fuori e guarda che cosa e’. Se serve ok, altrimenti ciccia e rimane in valigia….dove???? dove capita cercando di piegare il capo (non la testa, il capo di abbigliamento), in modo da cercare di sperare di riuscire a chiudere le cerniere, montando sopra la valigia, e’ ovvio, e sgretolandosi le unghie nel cercare di evitare che qualche pezzo di stoffa non rimanga fuori e si ingarbugli, con conseguenti ulteriori smoccolamenti!!!!! Ma la cosa piu’ incredibile, anche qui, e’ il cuscino. Un “quadrello” di Xillo Laterizi. Anche se ben sagomato a parallelepipedo. Ci si guarda intorno. Il posto e’ bellissimo e va bene cosi’. Ci penseremo dopo quando provero’ ad appoggiare la testa. Andiamo a cena, all’aperto, sotto le stelle, a lume di candela. Molto romantico, non si vede pero’ un granche’; si mangia tutto , eccetto la pizza, ed il resto non e’ male, anzi. Si ride. Finito di cenare ci trasferiamo sotto il portico vicino, dove la luce e’ quella solita , della serie c’e’-non c’è, ma almeno qualche carta si intuisce. Giochiamo qualche mano di burraco, con in sottofondo la televisione locale con il volume sparato e con un caos incomprensibile!!! Gioco con Ale e gioco male e non me ne va bene una che sia una! Perdiamo. Amen. Prima di rientrare nei cottage conosciamo moglie e sorella di Kasule. Per motivi a noi non chiari (lavoro??) sono venute a trovarlo da Kampala e dormono (tutti insieme??) in un capanno vicino al nostro. Le donne sono avvolte da veli e scopriamo solo ora che Kasule e’ mussulmano.
  17. Giorno 8 – 15 agosto Trekking degli scimpanzè a Budongo – Masindi Oggi la sveglia è alle 6.15. Gran lusso per i panettieri, ma noi non siamo neppure pasticcieri o fanghini. Ci faranno mai dormire!!!!??? Alle 6.50 dobbiamo essere in auto con le valigie pronte. La colazione in terrazza e’ di quelle che lasciano il segno, in senso buono e sono di ottimo umore. Decido anche di lanciarmi un po’ di piu’ nel mio english e testare con più impegno se capisco quello che mi dicono, ma soprattutto se riusciro’ a farmi capire. Un bel problema,….vedremo. Puntuali raggiungiamo ancora la riva del lago sotto il lodge per traghettare. Ci imbarchiamo al volo; passano 8 auto alla volta e la chiatta fa il tragitto di 10 minuti 5/6 volte al giorno….pertanto e’ meglio essere tra quelle 8 auto per evitare attese anche snervanti. Il sole sta sorgendo bello rosso proprio in questo momento e si riflette sull’acqua. Altro momento suggestivo. Che bello!!! Mi sento un poeta, o sono solo un po’ romantico! La strada che adesso percorriamo e’ in parte quella fatta ieri sera dalla cima delle cascate verso il Lago. Era terribile ieri e non e’ migliorata durante la notte. Solito problema per equilibrio, schiena, ossa ed a questo punto anche per la colazione…ma per fortuna si tratta di un attimo, poi rientra, si, rientra in tutti i sensi! Lungo la strada incontriamo famiglie di babbuini, che scappano non appena stiamo per passare, per poi riposizionarsi in mezzo alla strada non appena abbiamo “girato l’angolo”. La prossima meta e’ la Foresta di Budongo, presso Kaniyo – Pabidi, per il trekking nella foresta tropicale. Questo è l’ambiente naturale degli scimpanzè e di altri primati come le scimmie colobo bianco e nero, dalla coda rossa, scimmie blu, vervet e babbuini. L’attività è resa possibile da anni di lavoro preparatorio sul campo da parte dell’Istituto Internazionale Jane Goodal per la protezione degli scimpanzè. Il programma e’ ispiroso, speriamo bene perche’ il trovare e il vedere le scimmie non e’ assolutamente garantito. Budongo e’ sempre all’interno del Parco Murchinson Il meteo per ora e’ ancora ottimo: c’e’ un bel sole: Per ora siamo stati molto fortunati. Entriamo dentro un piccolo cottage, dove incontriamo la guida-ranger, Sam, che fa il briefing. Il cottage e’ tutto arredato in legno con molte foto e depliant illustrativi. Ci viene confermato che non e’ assicurato l’incontro con gli scimpanze’ , ma dovremmo comunque vedere diversi primati; da quanto letto in rete poi, Budongo e’ il paradiso del birdwatching. Prima di partire ci elasticizziamo, cioe’ indossiamo gli elastici, stretti stretti alle caviglie, perche’ le formiche morsicano e risalgono le gambe in un batter s’occhio e la foresta e’ il loro habitat. Poco prima di partire da Padova avevo letto di questa particolarita’ ed ho comprato elastici per tutti, che adesso stanno tornando decisamente utili, se non indispensabili. Si parte con i pantaloni “zuavati” e con tanto entusiasmo. Ci addentriamo nella foresta equatoriale e non e’ cosa da tutti i giorni. Alla prima pausa “illustrativo-informativa” di Sam tra piante, alberi che camminano, altre piante gigantesche , mogani bellissimi, iron tree dalle radici straordinarie, ora in questo posto fantastico ci sono anche le maledette formiche. Cominciano a morsicare le caviglie di alcuni. Pertanto da una preparazione un po’ trascurata o sommaria da parte di qualcuno, forse deliberatamente scettico del problema, segue una cautelativa rianalisi della copertura di caviglie e altro con nuovi accorgimenti. Sentiamo tanti rumori, percepiamo tanti cinguettii, ma le formiche sembrano l’unico essere vivente, se non qualche farfalla ed un verme gigante. Ogni tanto Sam sparisce, dicendoci di aspettare, ricompare poi, ci fa fare giri e percorsi, ma desistiamo dopo quasi 4 ore. Camminata bella, ossigeno puro, ambiente con un suo fascino, colori e profumi intensi, ma di scimpanze’, colobi o altre scimmie solo poche tracce: un nido e diverse cacche. Un po’ poco per le nostre aspettative. La delusione si percepisce tuttavia forte in alcuni di noi, forse anche per colpa del tempo che sta velocemente cambiando. Sopra di noi grandi nubi nere ci consigliano di rientrare verso il cottage di partenza e di rinunciare a proseguire nella ricerca . Simo salvi dall’acqua, ma c’e’ delusione e mangiamo velocemente sotto il portico il pack-lunch (sempre il solito) con birra , caffè e the. Arrivano altre persone che ci raccontano del loro incontro invece con gli scimpanzè. Pensiamo a Sam ed a come darlo in pasto alle formiche!!!! Ripartiamo alle 14 proprio quando comincia a gocciolare. Ci dirigiamo verso una vicina comunita’ . Si tratta della associazione Boomu Women Group. Il programma prevede la possibilità di provare la cucina locale tipica dell’Uganda e fare una visita guidata , come esperienza di “ecoturismo” . La pioggia si e’ trasformata in un diluvio. Quasi al buio, nella stanza di questa associazione con Cele compriamo un cestino che mi sembra costi una fortuna. Ok, i soldi vanno al sostegno di questa struttura, ma mi sembra una esagerazione. Poco male; la pioggia continua e non si intravvedono squarci di cielo, la terra e’ tutto fango e di camminate in giro per il villaggio, sotto quest’acqua, non e’ proprio il caso di parlare, ne’ tanto meno di vedere i loro mestieri. Non tanto a malincuore, in realta’ risaliamo in auto. Continua a piovere e con le strade in condizioni anche peggiori del solito ci dirigiamo verso Masindi. Di asfalto neanche a parlarne!!! Gli incontri sono sempre importanti, toccanti. Possono apparire monotoni, ma non lo possono essere nella loro naturalezza, nella loro realta’ e nella loro, a volte drammaticita’ o che mi pare tale, come quando vedo, nel fango, spingere in qualche modo in salita, biciclette cariche a piu’ non posso o bambini o persone che camminano a piedi nudi in grandi pozzanghere, o che cercano di coprire in qualche modo la legna o il carbone, per riparala dall’acqua e per poter poi accendere il fuoco e riparandosi dalla pioggia con sacchetti tipo spazzatura, come mantelli o pentole in testa, perche’ non c’è altro. L’albergo che raggiungiamo a Masindi è il più vecchio di tutta l’Uganda ed e’ in stile tipicamente coloniale. Gli ambienti esterni sono molto belli, curati, ma le camere lo sono molto meno. A Cele e me capita fortunatamente una camera grande, spartana, ma ampia con due letti ed un piccolo bagno separato, agli altri vengono offerte soluzioni molto piu’ scomode. La nostra camera diventa a questo punto meta di visita da parte di tutti, quale fosse una reliquia. Forse perché, all’entrata del bagno, una colonna ininterrotta di formiche ha scelto il percorso, rendendo per noi interessante oltre modo l’accesso alla toilette, cercando di non disturbare ne’ interrompere il loro traffico…. Ci fanno una silenziosa ma inquietante compagnia….nel senso…non saranno mica imparentate con quelle della foresta, vero????? Solita doccia poi nella hall un po’ di internet, unico locale wi-fi, mentre alla spicciolata arriviamo un po’ tutti. Andiamo a piedi a fare un giro per la cittadina. In un vicino craft shop compro la mia maschera ricordo e fotografo la donna che mi vuole vendere anche un pappagallo di legno. Ha in braccio e sulla schiena due bambini neri neri e con occhi chiarissimi. Camminando incontro prima ancholi ranbow cow (le mucche dalle lunghe corna) poi scendiamo verso il mercato. Cambio un po’ di dollari (davanti alla banca controlli attentissimi e militari con mitra), Rubi compra pop corn che in parte assaggiamo ed in parte lasciamo per mangiarli poi durante il burraco; Ale compra mandorle e nocciole. Mentre entriamo nella zona del mercato riprende a piovere, ma non forte. Un po’ per non bagnarle vengono coperte le mercanzie con dei teli, intravvedo verdura, pesce a tranci e grandi tilapie e poi frutta, coloratissima, ordinata, secondo quella che e’ al consuetudine:pomodori raccolti in piccole piramidi, banane disposte a gruppi, ananas accatastati in gruppi rigorosamente di quattro e poi carote e cipolle raramente messe alla rinfusa. L’ordine e la pulizia prevalgono, nonostante il tutto o quasi venga venduto per terra, su stracci spesso bianchi e con tutto il fango intorno. Peccato!!!! Dobbiamo rinunciare e dopo un po’ di attesa, per sperare che spiova, decidiamo di rientrare. Incrociamo un camion, non un pulman, un camion di supporter di una squadra locale, camion stipato di persone all’inverosimile, per il match di cartello tra i Tigers e la compagine dell’Esercito. A proposito, mentre siamo noi questa volta a camminare lungo la strada per raggiungere l’albergo, , ci passano a fianco 2 gruppi di marines, anche con qualche donna, in tuta mimetica, al passo scadenzato di corsa, sotto il ritmo cantato da un militare e che corrono, cantando proprio lungo la strada principale; mi sembra tanto “Ufficiale e gentiluomo”. Claudio compra due ombrelli azzurri pieghevoli. Da non credere. Ormai non piove quasi piu’. In albergo prima assaggiamo un bicchiere di bianco da brividi(uno in tutti non siamo mica masochisti) ed i brividi non derivano dall’eccitazione o dalla libidine provocata, lo assicuro!!! Ale prova ancora e prepara l’ennesimo gin-tonic sperando di sfatare la mediocrita’ di quelli provati fino ad ora da lui e da me in particolare, che abbiniamo ai salatini ed ai pop corn. Riprendiamo le carte. Non capisco perche’ ma le sfide dell’altro ieri vengono annullate (per manifesta inferiorita’?) e si decide di ripartire da 0-0. Cominciamo una nuova sfida, ma il risultato non cambia. Maschi 2- Femmine 0. Il tempo e’ sempre brutto. Non piove, ma “quasi”; sembra piu’ di essere a Padova a meta’ ottobre. Il meteo prevede brutto tempo con temporali anche per i prossimi due giorni. Nella hall facciamo anche un po’ di acquisti e collanine in particolare. Riusciamo a sentire anche qualche notizia dal mondo. Quel che sentiamo provenire dall’Egitto era meglio non sentirla e mi mette i brividi. Con Cele usciamo sotto il portico. Alcuni ragazzi vendono loro piccoli manufatti. Scegliamo 2 batik, uno in stoffa ed uno in pelle. Ci piacciono ed i ragazzi sembrano al massimo della felicita’. Nel frattempo “sbarcano” in albergo una trentina di ragazzi, medici ed infermieri , credo volontari, che subito si spostano verso il self service. Noi tutti invece cincioniamo ancora tra acquisti, bigiotteria e souvenir o messaggiando con i figli in Italia. Alle 20 ci trasferiamo anche noi nella zona ristorante per la cena a buffet. Bestia!!!!!!!!!! Per la serie “beati gli ultimi se i primi han creanza!!!!!!” Il buffet e’ finito; i ragazzi hanno fatto gli hoover, hanno spazzolato tutto. La tavola per noi e’ accanto alla loro. Gli 8 posti sono preparati, ma manca la materia prima. I camerieri ci guardano interdetti, noi siamo basiti, quasi sconvolti. Abbiamo volutamente aspettato un po’ di tempo per non andare a cena anche questa sera con le galline e ora che abbiamo anche fame, non c’e’ nulla da fare. L’inquietudine si allaccia alla bassa pressione, al tempo freddino, alle previsioni, alla stanchezza della giornata un po’ sotto tono al non sapere che pesci pigliare, almeno io. Ale è l’unico che mantiene la calma. Discute con il responsabile ed il cameriere, ci fa preparare un nuovo tavolo all’interno, in una grande sala ben illuminata; ordiniamo alla carta un po’ di cose…pollo, avocado, e maiale. Cominciamo, un po’ smonati e molto seccati una nuova partita di burraco, per far passare l’attesa. Se funziona come negli altri posti nelle situazioni in cui abbiamo ordinato alla carta mangeremo alle 22 e passa e …che cosa mangeremo??? Invece no; evidentemente consci dell’inconveniente, si superano, in poco piu’ di 30 minuti portano tutti i piatti, preparati con molta cura e anche sono molto buoni. Siamo quasi increduli, ma contenti. La rabbia e’ sbollita in un attimo. Riprendiamo la partita che finisce con 1-1. Comunque non un gran Ferragosto!!!
  18. viaggio da sogno e manca ancora tantooooooooooooooooooooooooooooooo
  19. Giorno 7 – 14 agosto Il Parco Nazionale Murchison Falls Sveglia alle 5.50, dopo una notte un po’ strana. Sono un po’ scombussolato, nonostante la camera e la bellezza del posto. Durante la notte rumori un po’o inquietanti ci hanno fatto compagnia dalla savana e dagli alberi poco distanti, nonostante quello che appariva come ottimo isolamento acustico. Fuori e’ ancora buio; ci vestiamo in pochi minuti secondo una prassi che stiamo perfezionando nella quotidianità del gesto, come pure la preparazione dello zaino…dunque al solito, la giacca pesante la tengo fuori, perche’ adesso fa freddo, la maglia a maniche lunghe la metto dentro e poi anche la maglietta di riserva, il cappello ok, sia quello con il frontino sia quello per la pioggia e poi il binocolo, la videocamera ed i fazzoletti e poi gli occhiali ad sole e l’immodium…non si sa mai, ecc ecc. Un po’ di cose sono gia’ pronte dalla sera e dallo zaino di ieri, altre le cambio.. Nella hall beviamo una tazza di caffe’ ed una di the al volo, in piedi ed alle 6.20 partiamo. Claudio ed Ale per motivi diversi non si aggregano a noi. Ale piu’ tardi, alle 8, quando si sveglia e va in terrazza si trova un elefante attaccato al tavolino nel giardino sotto la camera. Pazzesco!!! Durante il game drive, dalle 6.20 alle 11 circa, vedo i miei primi ippopotami ma anche tante mandrie di bufali, gazzelle e tante giraffe e le gru incoronate Un babbuino infine si siede a lato della macchina, sbuccia un panino dal cellophane che lo avvolgeva e se lo spazzola, sguscia perfettamente un uovo sodo e se lo divora, per poi ritornare tra gli alberi fitti. Con l’altra auto, invece, Mau Rubi e Ferida incrociano poco prima del nostro passaggio anche una leonessa e i suoi 2 cuccioli. Quando stiamo rientrando al lodge incontriamo Ale e Claudio che stanno a loro volta rientrando da un giro a piedi fatto lungo la costa del lago. Alle 11.30, ancora un po’ tanto imbolsiti dalla sveglia mattutina, ci prendiamo il meritato riposo in piscina. Cele ed io arriviamo un po’ dopo gli altri. Non c’e’ posto nei lettini; ci mettiamo su un tavolo comunque vicino e scrivo un po’ di diario, aggiornando le varie notizie e poi cerchiamo anche di eliminare foto e video per recuperare spazio nella memoria delle camere: Dopo poco si liberano 2 lettini e ci manca un niente che mi appisoli, mentre c’e’ chi legge, chi si riposa, chi prende il sole, chi ciacola ininterrottamente. Evito di russare al mio solito e mi reimmergo nel cloro per un’altra cura sbiancante dentro la piscina. Questa volta mi sorseggio un bicchiere di vino bianco insieme con Claudio, immerso fino alle spalle nell’acqua (ma non era cloro?), guardando lo spettacolo del Lago e della savana sotto di noi e non posso fare a meno di fissare l’immagine del momento, che vorrei tenere ben fissa dentro la suca per i prossimi dieci anni e “salvarla” in un file in fondo al mio cervello. Mamma mia!!! Unico neo, che non posso purtroppo non ricordare: il vino non e’ dei migliori, anche se bello fresco al punto giusto. Non e’ questo comunque quello che mi rimane. Mi sento beato, privilegiato, ma forse anche per questo non del tutto felice. Il momento e’ di quelli che voglio comunque immortalare per quando verranno le situazioni meno buone.. Ci diamo poi appuntamento per le 13.10 al buffet. Buffet in terrazza., buono; cerco di restare per forza sul leggero e prediligo frutta e verdure. Alle 14 siamo gia’ in barca per raggiungere le cascate. Raggiungiamo in due minuti dal lodge la costa del Nilo o meglio del Lago Alberto situata a poche centinaia di metri. Saliamo tra i primi sulla Queen of Africa (mi viene in mente Humprey Bogart), l’imbarcazione di 2 piani che ci portera’ fra poco verso le cascate, risalendo il fiume-lago. Scegliamo il piano superiore e sediamo ai posti che si riveleranno abbastanza strategici per foto e avvistamenti. La partenza e’poco dopo; la barca e’ piena con persone di tutte le razze e colori. Qui ci sono turisti…i cinesi o gli orientali che spaccavano i bagigi in piscina, bianchi e neri, anche di altri Paesi. La barca affianca la costa e cosi’ possiamo vedere da vicino vicino famiglie di ippopotami immersi, ma con occhi ed orecchie che rimangono fuori dall’acqua e poi coccodrilli , di cui uno molto grande, un elefante che si lava con polvere e fango e molte mandrie di bufali ed uccelli. La barca rallenta e si ferma di volta in volta, quando la situazione o lo spettacolo lo richiede. Sono circa 2 ore di navigazione e 23 km di risalita; siamo a favore di vento, non si percepisce alcuna brezza e fa molto caldo. Ci avviciniamo rapidamente alle cascate, ma a circa 500 metri di distanza la barca si ferma, per la corrente, Speravo si avvicinasse un po’ di più alle cascate. Lo zoom mi permette di vederle bene, ma non e’ certo la stessa cosa di esserci sotto. Vortici e corrente appunto sconsigliano qualsiasi approccio. Dopo la pausa per le foto di rito, la barca accosta e ci fa scendere. Del grande gruppo di persone a bordo, solo noi 8 ed altre 2 coppie vengono fatte scendere per il trekking che risale lateralmente la cascata. Gli altri rimangono in barca e seguiranno all’inverso il percorso appena fatto insieme, ritornando all’imbarcadero. Noi invece prendiamo un piccolo e ripido sentiero che e’ molto esposto al sole. Soffro il caldo e nonostante un polase la stanchezza della brutta notte scorsa mi crolla improvvisamente addosso. La risalita e’ spettacolare, tra scale, gradini naturali, piccoli ponti di legno, polvere di quarzo o di altro materiale splendente, con in sottofondo il rumore delle cascate sempre piu’ imponente e con vista point meravigliosi, che per me diventano strategici per recuperare fiato e forze….ma sono ridotto davvero male!!!!!!! Mi fermo, ma ci fermiamo un po’ tutti ogni sempre per foto e per godere del momento e di tutto quello che ci circonda! Raggiungiamo la cima e sovrastiamo le cascate., che si sviluppano su due grandi fronti e che schiacciano in piccoli imbuti la massa delle acque del Nilo con forza dirompente. E’ uno spettacolo impreziosito nella sua imponenza da due arcobaleni…WOW. Percepisco una situazione di impotenza che pero’ non si inquina con la suggestione ed il fascino del momento.. Al termine della camminata, è durata poco piu’ di 50 minuti, in alto, all’inizio delle cascate, ci aspettano i nostri autisti per riportarci al lodge. Siamo sulla sponda opposta a quella dalla quale eravamo partiti e in barca, non mi sembrava di aver fatto e poi percorso un tragitto cosi’ lungo. Il ritorno e’ tosto , ma tanto! La strada e’ quasi peggio del solito e schiena e gambe vengono sbattute a più riprese per 1 ora e passa. Arriviamo alla costa, attendiamo la chiatta per traghettare e solo alle 19.30 siamo finalmente in camera Poi la cena, questa sera in terrazza, ma fa comunque molto caldo, in parte accumulato durante la lunga giornata e che non riesco ad espellere, a buttare via. Mamma mia che ritmi, belli, ma bestiali. La cena e’ molto buona, scegliamo piatti diversi da quelli assaggiati ieri sera. Provo anche qui la pasta e mi piace; un po’ troppo cotta, ma il gusto e’ ottimo. Anche il resto e’ appetitoso. Siamo comunque sfatti. La sveglia, domani mattina, e’ prevista ancora per prima delle 6. Qualcuno propone un burraco. Cele ed io preferiamo distenderci…..
  20. Giorno 6 – 13 agosto Il Parco Nazionale Murchison Falls Alle 8.20 partiamo con destinazione Gulu. Gulu e’ una localita’ che sulla carta stradale o meglio sulla mappa generale dell’Uganda (la mappa stradale, quella fatta bene non riusciamo ancora a trovarla), e’ molto piccola, poco significativa. Ma l’Uganda e’ grande ed anche le piccole cose segnate sono proporzionate. La città conta piu’ di un milione di abitanti e, tenendo conto che le case su piu’ piani sono una eccezione, si estende su un’area davvero grande. Arriviamo alle 11 e giriamo anche qui alla ricerca della oramai famosa Road Map of Uganda. Niente di niente. Chiediamo in tanti negozi, ma ci mostrano al massimo mappe giganti, tipo quelle che sono attaccate nelle aule scolastiche. Ci piacerebbe capire meglio il percorso che stiamo facendo e quello previsto nelle singole tappe. Compriamo invece caramelle e qualche souvenir (angeli da albero di Natale). Poco dopo ci trasferiamo per il pranzo, Il ristorante e’ della stessa catena di quello di ieri sera a Kitgum (Bomah), ma per fortuna mi sembra di ben altro livello, speriamo. La location e’ molto carina, un grande capanno con un verde giardino sul retro, i tavoli e le sedie in giunco e ben ordinati e puliti. Il cibo e’ buono, anche se il servizio e’ sempre lento, pur senza battere il record mondiale di ieri sera. Alle 14 circa siamo di nuovo in macchina per trasferirci nel Parco delle Murchinson Falls.. La strada vuole ricordarci che siamo sempre in mezzo all’Africa: non cambia. Sterrata, in terra rossa polverosa, gruviera ugandese; eccetto un breve tratto di asfalto. Il traffico e’ minimo e, al solito, incontriamo biciclette, qualche moto con un numero imprecisato di persone e cose a bordo e file interminabili di persone che ci affiancano Mi sto ripetendo, lo so, ma e’ un flusso costante, impressionante, a qualsiasi ora del giorno e non solo. Dopo 2 ore siamo al gate. Kasule e Billy “alzano il tetto” delle Toyota, preparate dunque per fare per il game drive. Fin da subito vediamo antilopi e gazzelle in branchi numerosi, anche sulla strada. Alcune sono immobili e ci guardano impassibili, sembrano finte. E poi giraffe e bufali, spesso con l’uccello bianco sulle spalle. E oribi, Jackson ed anche un elefante maschio, bello grande, anche se non immenso come altri, che ci cammina proprio davanti lungo la strada, per deviare poi nel bush quando lo stiamo raggiungendo. Mannaggia!!!!! Non manca molto al tramonto, ma il sole intorno a noi tinge di rosso un po’ tutto e con questo spettacolo arriviamo al Parah Lodge. Altra categoria rispetto a quanto visto e occupato fino ad ora; bellissimo, dalla ricezione con il succo e le salviette all’arrivo, alle camere, dalla vista sul Lago Alberto, al prato e al giardino , alla piscina. Breve doccia e dalla camera accedo direttamente in piscina con solo pochi passi sul prato. Tuffo e due bracciate in quella che non e’ acqua, ma cloro vivo. Ottimo: mi disinfetta e pulisce schiarendomi tutto. Perfetto per l’igiene, ma non e’ questo il mio obiettivo contingente. L’acqua o cloro che sia e’ tiepida e si starebbe da favola se non ci fosse un gruppo di una decina di cinesi, che a clone di quello che di solito facciamo noi italiani, urla, si tuffa in tutti i modi, butta persone in acqua…..ma si,, chiudo gli occhi (bruciano per il cloro ) e sorrido tra lo scocciato, il divertito e l’invidioso.. Riaprendo gli occhi mi godo dal bordo piscina il tramonto mozzafiato sull’ Albert Lake. Ci prepariamo per la cena, a buffet. Speriamo sia in linea con l’impressione del posto; il buffet e’ ampiamente all’altezza, anzi molto buono ed il servizio comunque carino e professionale. Ceniamo all’interno, in quanto, non sapendolo, non abbiamo prenotato i tavoli in terrazza; immediatamente ne fissiamo uno ad hoc per domani sera (qui stiamo infatti per 2 notti). Scelgo e gusto con libidine una buona zuppa di cipolle e poi pesce, una splendida ratatuia di verdure, avocado e dolce. Cele assaggia anche l’agnello e decanta lodi sperticate. Anche la pasta e’ buona. Il tutto e’ un po’ speziato, ma con un cuoco indiano e’ difficile aspettarsi qualche cosa di diverso. Ma le proposte ed i piatti sono tanti e tutti gustosi. Solite birre e poi una puntatina allo shop dell’albergo: con Cele prendiamo un elefancalamita e l’uccellino-ricordo; molto bello, colorato e con le zampette di ferro. C’e’ wi-fi e con whats-up riesco a dialogare un po’ con i ragazzi a Padova, con Claudio in procinto di andare in montagna a fare una Alta Via. Poi primo burraco a coppie. Neanche a dire questa sera finisce 2-0 per i maschietti. Alle 22 andiamo in camera, bella, grande , accogliente, finalmente con letti e soprattutto cuscini normali. Metto la sveglia alle 5.50 per il game drive di domani mattina. Meglio cercare di chiudere gli occhi e di recuperare sonno e stanchezza. Per saperne di più Il Parah è l'unico lodge nel Muschison Falls N.P. a trovarsi "dalla parte giusta" del Nilo per i games drive. Se si alloggia negli altri, ogni mattina e ogni sera bisogna mettersi in coda e arrivare per tempo per attraversare il fiume con una chiatta. Il Parco Nazionale delle Cascate Murchison (Murchison Falls National Park) è il più vasto parco nazionale dell'Uganda. Appartiene alla Murchison Falls Conservation Area, un sistema di aree protette che include anche gli adiacenti Bugungu Wildlife Refuge e Karuma Wildlife Refuge. Il parco si trova nella parte nordoccidentale del paese, a circa 90 km da Masindi. Comprende un tratto della costa del Lago Alberto, ed è diviso in due dal Nilo Vittoria, che lo attraversa da est a ovest e che dà origine alle Cascate Murchison da cui il parco prende il nome. Il parco comprende diversi habitat equatoriali e tropicali, ad altitudini comprese fra 500 e 1.290 m s.l.m. Oltre agli ambienti lacustre e fluviale, sono incluse nel parco aree di savana e diverse foreste pluviali, fra cui quelle di Rabongo e Budongo. La ricchezza faunistica della zona è stata in gran parte ripristinata dopo i pesantissimi danni subiti da parte di bracconieri e dello stesso esercito durante la dittatura di Idi Amin. Nel parco si trovano tra l'altro bufali, giraffe, facoceri, leoni, leopardi, ippopotami, coccodrilli, elefanti, scimpanzé, e una ricchissima avifauna Lui, Roderick Murchison, non le ha mai viste le cascate che portano il suo nome. Una vita dedicata alla geologia europea e poi è bastato che un amico, Samuel Baker, il primo europeo ad avvistarle, gliele dedicasse per legare il suo nome alla storia di questo magnifico parco ugandese: Murchison falls. Il Parco nazionale delle cascate Murchison sono il più antico e il più esteso parco naturalistico dell’Uganda. Nacque con l’indipendenza dal protettorato inglese, nel 1962, a preservare il tratto di Nilo che dalle cascate suddette arriva fino al lago Alberto. Quello stesso anno una piena prodigiosa ruppe gli argini e creò un’altra cascata parallela, l’evento fu letto dagli ugandesi come un segnale benaugurante. La varietà naturalistica e paesaggistica è davvero impressionante. Nel volgere di pochi chilometri si passa dalla fitta boscaglia al fiume, dalla savana alla foresta pluviale. Il parco ha un patrimonio di grandi mammiferi davvero unico, che è stato accresciuto negli anni, dopo che una scriteriata politica venatoria l’aveva messo in pericolo. Ma non ci sono solo mammiferi. Il parco è un vero paradiso per ornitologi. Fra martin pescatori e aquile dalla testa bianca, uccelli di tutte le fogge e colori La ricezione alberghiera nel parco è ottima, e in alcuni casi gli standard sono anche alti, «europei».
  21. Giorno 4 –11 agosto Parco Nazionale Valle del Kidepo Sveglia, siamo puntuali, apriamo la porta e intorno a noi non possiamo non vedere e assaporare in tutti i suoi profumi e colori la bruma della savana ed il sole che sta nascendo, anche oggi. Facciamo una colazione un po’ “succinta”. Usciamo e, a poche decine di metri da noi, alla fine del piazzale, un bufalo pascola tranquillo Le Toyota sono pronte, con il tetto rialzato, in modo da poter stare e viaggiare anche in piedi e possiamo goderci al meglio il paesaggio, gli animali e l’ambiente di questo splendido Parco. Il clima e’ ancora fresco, frizzante, facciamo fatica a stare in piedi ed allora, per un po’, preferiamo stare quasi quasi seduti, in attesa di una brezza un po’ piu’ tiepida. Ma non si puo’!!! Caspita!!! Cominciamo subito ad affiancare bufali e poi antilopi Jackson e zebre, poi subito una giraffa e ancora bufali e facoceri che corrono, scappando via mentre ci avviciniamo anche se a passo d’uomo. In lontananza vediamo anche un branco di elefanti. Sono le guide, ma soprattutto Mau e Claudio che con occhi da fisheagle riescono ad individuare animali a distanze siderali. A fatica e con il binocolo, io, famoso finco e originario di Sorrento (leggi cieco), riesco ad identificarli. Da lontano scorgono anche 2 leoni. Con lo zoom della fotocamera, messo al massimo o quasi, intuisco delle figure e delle criniere. Claudio con la sua macchina-telescopio fotografa anche le ciglia quando il leone le sbatte. Grrrrr questo e’ un mio ruggito. Quando metto io lo zoom sulla telecamera vibra che e’ un piacere, grado Richter 8.7… forse dovrei andare in giro con il cavalletto, modificare allora la sensibilita’ dello zoom, ma sarebbe decisamente complicato. Va bene cosi’, anzi….che meraviglia….gli animali mi danno sempre una sensazione unica e la pace e la natura che ci circondano fanno il resto. Vediamo tantissimi uccelli, le mitiche faraone, aquile ed altri rapaci e poi …..l’albero delle salsicce!!! Rientriamo alle Bandas intorno alle 11: doccia, breve pennica, mentre altri leggono all’ombra . Andiamo a piedi a vedere l’Apoka Lodge. E’ il lodge per eccellenza della zona e forse di gran parte dell’Uganda. E’ situato a 200 metri da dove siamo noi. Alle Bandas. Costa una bella cifra e ho chiesto esplicitamente io una soluzione piu’ economica. Certo, e’ bellissimo, in una location rialzata sulla pianura, attrezzato con una piscina direttamente sul bush . Mi accontento, anche se non posso fare a meno di apprezzare la struttura: neanche paragonabile nella comodita’ con la nostra soluzione, ma le Bandas mi danno comunque una suggestione di vivere il momento e la natura in modo piu’ coinvolgente. Posso anche sbagliarmi, ma sono contento della scelta. Prendiamo comunque un aperitivo sulla terrazza dell Apoka, sempre con una splendida vista d’insieme e prenotiamo la cena per questa sera. La dinner di ieri sera ha lasciato il segno!!! Rientriamo alle Bandas per il pranzo. Le nostre guide hanno preparato riso e pollo. Niente male. Non ci sono tuttavia sedie per tutti e ci si arrangia su muretti; un gruppo di facoceri comincia a sgrufignare proprio accanto a noi. Poi io mi riposo ancora qualche minuto in capanno; c’e’ chi burraca, chi sistema le proprie cose, chi lava scarpe o altro. Alle 16 game drive pomeridiano; il clima pero’ e’ completamente cambiato: fa decisamente piu’ freddo, il cielo e’ coperto e si vedono nuvoloni carichi di pioggia. Guardandoci intorno si vedono zone dove ne sta venendo giu’ tanta!!! Ciononostante i colori ed i contrasti sono incredibili tra erba, piante, il giallo della savana ed il grigio scuro del cielo. Rivediamo altri branchi di bufali, gazzelle ed antilopi di tutti quei nomi che continuano a ripetermi e che non mi rimangono in testa. Dopo un lungo circuito raggiungiamo un gruppo di 12 giraffe che “i soliti” avevano scorte piccolissime prima, quando eravamo sull’altro versante. Filmiamo e fotografiamo immobili, in assoluto silenzio….si sentono solo i tic-tic-tic degli scatti a ripetizione. Stiamo in apnea per almeno15 minuti. Ricordo indelebile! Il rientro e’ molto lungo, fa freddo e siamo stanchi; piu’ di qualcuno bofonchia. Incontriamo un altro branco di elefanti, ma un po’ lontano da noi. Arriviamo alle Bandas alle 19.20. Veloce doccia e siamo di nuovo in auto per trasferirci all’Apoka. Andiamo in auto, perche’ e’ buio e non vorremmo fare qualche incontro lungo il breve trasferimento…non si sa mai. Cena impeccabile, dalla presentazione, al servizio, ai piatti, anche se una fetta di dolce cade per terra.. Gin tonic “serio” anche se ce ne sono stati di migliori, crema di carote, T Bon perfetto e dolce di cioccolato. La cena ci rivitalizza. Ridiamo, scherziamo alla grande…siamo solo noi ormai. I pochi altri turisti sono gia’ a letto. Qualcuno vorrebbe anche ciulare il cucchiaino dello zucchero, ma poi si redime e chiede dove si puo’ comprare: Kitgum la risposta…..boh, vedremo. Rientriamo, accompagnati in un pulmino del lodge e ci mettiamo intorno al fuoco. Non e’ cosi’ romantico come ieri sera. Il cielo coperto non ci permette di rigustare lo stellato ed un gruppo di spagnoli ci toglie un po’ di intimita’. Alla spicciolata ci defiliamo e raggiungiamo le nostre brande. Per saperne di più I karamojong sono un popolo sempre più dedito alla pastorizia, un'etnìa che vive in Karamoja, la regione ugandese meno sviluppata socialmente ed economicamente, nel nord est dell’Uganda: la lingua dei Karamojong fa parte del gruppo nilo-sahariano ed è strettamente collegata a quelle dei turkana (Kenya), dei teso (Kenya e Uganda), e dei toposa (Sudan). Hanno, inoltre, molti tratti culturali in comune con i pokot, etnia divisa tra Uganda e Kenya, con cui confinano e condividono parte del territorio. I karimojong fanno parte dei popoli nilotici che, verso il XVI secolo, hanno lasciato, la valle del Nilo nel Sudan attuale, loro area di origine. Stando alla tradizione orale, il gruppo di clan che si era diretto verso l’attuale regione del Turkana (Kenya) avrebbe combattuto un’epica battaglia. I perdenti vennero cacciati e si sparsero in varie direzioni. Sebbene non esistano prove storiche, è ragionevole pensare che la migrazione dalla valle del Nilo abbia portato a frizioni tra i vari gruppi e quindi anche a scontri armati per il controllo del territorioD’altro canto, le tradizioni masai e pokot riportano fatti simili ed individuano, all’inizio del XVII secolo, il momento del distacco definitivo dei vari gruppi. Popolo transumante o semi-nomade, vive soprattutto grazie alla pastorizia. Mentre l’abitazione del clan rimane fissa, i pastori seguono le greggi in cerca di pascoli e costruiscono campi provvisori. Viste le condizioni semi-desertiche di gran parte della regione, devono spesso cercare pascoli ai limiti del loro territorio e si scontrano con altri popoli pastori che vivono lo stesso sistema. karimojong sono al centro di polemiche a causa della loro inclinazione alle razzie di bestiame. Spesso sono in contrasto con le popolazioni vicine ma praticano le razzìe anche in altri villaggi karimojong. Le razzìe sono di solito organizzate per ricostituirsi le mandrie dopo periodi di crisi, per avere animali da sacrificare durante i riti di iniziazione o per pagare la dote (bride prize) in vista del matrimonio. Il problema delle razzìe si è acuito durante il periodo di guerra civile che ha tenuto in scacco quasi tutto il territorio ugandese negli ultimi due decenni i raccolti locali. costante, scarse infrastrutture e servizi sociali ridotti Giorno 5 – 12 agosto Kidepo – Kitgum Ci svegliamo sentendo un rumore strano. No, non sono animali, ma alcuni uomini che “armati”di machete stanno tagliando l’erba. In tutta l’Uganda non ci sono altri sistemi per tagliare l’erba, nè falci né, tanto meno, macchine. La colazione è ancora piu’ mediocre e modesta di ieri. Cele ed io arriviamo per ultimi e come si usa dire…beati se gli altri han creanza…beh, forse la fame o senza badarci, ma non e’ rimasto nulla . Riusciamo a prendere del the ed a buttar giu’ l’ennesima pastiglia di malarone. Subito dopo la partenza decidiamo di prendere un po’ di “salsicce”. Ci incuriosiscono molto e mi piacerebbe portarne una a casa, come ricordo. Come me anche gli altri. Ci fermiamo sotto un albero e proviamo , io per primo, a saltare, a colpirle con un bastone come albero della cuccagna, con risultati infamanti. Perfino Kasule e Billy si piegano in due dal ridere. Allora prendiamo Michela un po’ sulle spalle ed un po’ per le braccia e la issiamo verso l’alto. Rischia la vita, scivola, cade e la prendiamo per il coppino; la ritiriamo su tra ingamberamenti, risa e manovre di alta tecnologia ingegneristica per staccare le salsicce, letteralmente ancorate ai rami. Ci riesce, ma Billy, sempre lui, riprende la scena con il cellulare e minaccia bonariamente di metterla su you tube. Sarebbe un dramma. Ridiamo come raramente in questo viaggio. Grande. Scegliamo di evitare un altro game drive, preferendo fare invece un’altra “intrusione”, una visita ad un altro villaggio karamojong, o comunque ad una comunita’ del posto, descritta peraltro anche come molto meno ostile e piu’ integrata di quella dell’altro giorno. Le condizioni della strada sono pazzesche e la schiena di Claudio e’ a pezzi. Quelle nostre appena meglio. La pioggia di ieri era nella zona ha allentato la terra rossa e ci sono pozze, fango e buche, ma abbiamo due driver molto bravi che superano gli ostacoli come Raimondo D’Inzeo. Op Op op. Tra qualche scodinzolo e piu’ di un guado arriviamo al nuovo villaggio. Qui ci accoglie una comunita’ sorridente, forse anche perché “imbonita” fin da subito dai tanti palloncini che doniamo non solo ai bambini, ma anche a qualche anziano, che quasi lo pretende. E’ vero che non si invecchia mai se non si vuole invecchiare! Ci festeggiano, ci mostrano con orgoglio i loro mestieri e come lavorano, le loro capanne, la loro organizzazione, ci spiegano tutto e di più. Certo qui i turisti o comunque i bianchi li vedono forse anche abbastanza spesso, ritengo, ma i karamojong, qui, non sono una attrazione o qualcosa di falso, anzi e’ tutto vero, molto e forse troppo vero. Siamo liberi di girare e di fotografare. Le dimensioni del villaggio sono molto piu’ piccole di quello che abbiamo visto l’altro ieri, ma si sviluppa comunque tra diverse collinette, dove mi accorgo come le zone di lavoro sono ben separate dalle capanne di abitazione, con alcuni spazi che sembrano anche abbastanza ordinati, ma con capre e galline dappertutto Si cammina tra escrementi secchi e meno secchi, ma non ci facciamo neanche caso da quanto e’ calda e coinvolgente l’accoglienza e la festa che ci stanno facendo. Regaliamo altri palloncini e magliette; Feri, Ale e Claudio anche piccoli orologi. Alla fine mentre stiamo tornando verso le auto sentiamo in sottofondo canti e rumori. Ci stanno organizzando la festa. Se al precedente villaggio abbiamo anche temuto di fare la fine di quegli esploratori disegnati nelle vignette umoristiche, dentro il pentolone di acqua che bollente, qui la festa e’ collettiva. Vicino alle macchine cantano e ballano, saltando e ritmando danze tribali. Il capo fischia con uno strano strumento, una donna emette suoni fortissimi dalla gola, donne con bambini al solito fasciati sulla schiena ballano e saltano come nulla fosse. E tutti sorridono. Claudio, Mau, Cele, Michi, Feri e mi sembra anche Rubi vengono invitati ad entrare nel cerchio e si mischiamo nel marasma collettivo. Sono indeciso su che cosa fare. Salgo sul cofano del Toyota e riprendo la scena, ma fatico a non muovermi al ritmo della musica. Il capo villaggio mostra a tutta la comunita’ l’offerta che abbiamo deciso di lasciare, indicando a tutti di come verra’ usata . Bella lezione di trasparenza.. Siamo anche noi grati della festa e, ancora commossi, saliamo in macchina per andare verso Kitgum. Ci fermiamo lungo la strada all’ombra di un albero, poco dopo una scuola. Siamo in piedi. Le guide non sono per nulla attrezzate per una qualsiasi forma di pic-nic o simile. Abbiamo 2 scatole di tonno in 8, noi, e per Kasule e Billy , nonché qualche pezzo di pane ed na bottiglia di vino. Qualcuno di noi tira fuori un coltellino, di quelli svizzeri per aprire le scatolette e per tagliare il pane. La situazione ha del comico, ma siamo imbarazzati, almeno Claudio ed io. Ci rifiutiamo al momento di mangiare; siamo sotto lo sguardo di una dozzina di ragazzi, studenti, che, finita la scuola, camminando lungo la strada verso casa, ci incontrano e con particolare curiosita’ ci scrutano da due metri. Come si fa a mangiare in questa situazione. Kasule e Claudio trovano succhi e acqua e qualche cosa da mettere sotto i denti, imburrano del pane e lo danno ai ragazzi.. Siamo in piedi. Le guide non sono per nulla attrezzate per una qualsiasi forma di pic-nic o simile. Abbiamo 2 scatole di tonno in 8, noi, e per Kasule e Billy , nonché qualche pezzo di pane ed na bottiglia di vino. Qualcuno di noi tira fuori un coltellino, di quelli svizzeri per aprire le scatolette e per tagliare il pane. La situazione ha del comico, ma siamo imbarazzati, almeno Claudio ed io. Ci rifiutiamo al momento di mangiare; siamo sotto lo sguardo di una dozzina di ragazzi, studenti, che, finita la scuola, camminando lungo la strada verso casa, ci incontrano e con particolare curiosita’ ci scrutano da due metri. Come si fa a mangiare in questa situazione. Kasule e Claudio trovano succhi e acqua e qualche cosa da mettere sotto i denti, imburrano del pane e lo danno ai ragazzi.. Nel frattempo il gruppo di persone intorno a noi cresce. Arriva anche un uomo con una gallina VIVA legata sul fianco, a testa in giu’. Lo guardiamo questa volta noi, sbigottiti. Con un po’ di fame, ma soprattutto sorpresi ed un po’ seccati per l’assenza di qualsiasi logica organizzazione e di cibo (abbiamo cenato fuori all’Apoka ieri sera e se usavamo il tonno ed il pane ieri sera oggi che cosa avremmo utilizzato, visto che la spesa , proprio in previsione di questi giorni in Kidepo, era stata caricata ancora alla partenza ???). Arriviamo a Kitgum nel primissimo pomeriggio. Ci sarebbe anche la piscina, ma piove. E’ un temporale abbastanza breve, ma intenso. Giusto il tempo di prendere occupazione delle camere che siamo di nuovo in strada, a piedi. Compro con Rubi due pannocchie abbrustolite. Sono diciamo croccanti, un po’ tanto croccanti. O la mia e’ infarcita di cemento o non so. Vedo tutti che mangiano di gusto. Non posso gettarla via, mangio a fatica e sento pallini da schioppo che mi scendono nello stomaco. La riesco in qualche modo a digerire camminando su e giu’ per le strade, in parte ancora infangate per la pioggia di poco fa. Michela e Feri decidono di migliorare il loro aspetto e si rifugiano in un “qualche cosa” tipo parrucchiere. Bisogna togliersi le scarpe per entrare. Fanno loro la festa quando entrano e anche quando escono, credo, visto i risultati discutibili. Michela si sente tra i capelli una patina da scarpe, sembra avere una guaina che le impermeabilizza la testa. Si ride. Cerchiamo i cucchiaini di legno per lo zucchero visti all’Apoka Lodge, ma non troviamo niente. Facciamo strade e vicoli piu’ volte e ci accorgiamo di essere divenuti il bersaglio di scherzi di ragazzi locali che imitano il nostro modo di muoversi e di camminare. Non ci sono bianchi, ne’ parvenze di turisti. Mai .Claudio prova anche a comprare del pesce salato, ma scopre che bisogna anche cucinarlo. Rinuncia sagacemente. Un po’ esausti, alle 18, ci sediamo a dei tavolini di un bar che sembra, ma solo sembra ..qualcosa di decente. Si chiama “Happy Hour Bar” tutto un programma!!!! . Prendiamo delle birre e ci sediamo. I tavolini sprofondano un po’ solo nel fango; le seggioline in qualche modo le facciamo stare ferme; chiediamo anche dei bicchieri; una ragazza ci porta 3 bicchieri, uno di vetro e due di plastica, belli sporchi e gia’ usati. Deglutiamo, facciamo finta di niente e ci passiamo il collo della bottiglia. Prendiamo anche due spiedini che stanno preparando li’ vicino e che dovrebbero essere di un non meglio identificato maiale, nel senso che ci dicono che e’ maiale, ma del maiale non hanno proprio nulla; comunque non sono male, basta non pensare a quello che si ha in bocca. Alle 19.50 ci sediamo finalmente al ristorante dell’albergo. Siamo quasi solo noi. Abbiamo delle tovaglie dalle macchie non perfettamente abbinate, nel senso che hanno tanti colori, ma non sempre abbinati dal punto di vista cromatico. Chiediamo se si possono cambiare. Ci sbuffano davanti; ne prendono due da tavoli vicini, mentre il tavolo di Claudio (si tratta di 3 piccoli tavoli uniti) rimane senza nulla sopra. Meglio cosi’ …quello che ci viene steso davanti e’ di dubbio gusto. Ordiniamo quasi a fatica. Ci stiamo accorgendo forse di avere sbagliato atteggiamento. Ci guardano male, ma soprattutto sono quasi le 10 quando ci portano le cose richieste. Solito pollo o tilapia. Claudio ci intrattiene raccontandoci un po’ dei suoi aneddoti e riusciamo a ridere ed a sdrammatizzare. Faccio presente che non abbiamo chiesto la luna, ma piatti dal menu’ ed un unico piatto a testa!!! Bomah Hotel. Pensione Completa. 4 camere doppie Per saperne di piu’ La zona e’ abitata principalmente dagli Acholi; sono un popolo appartenente al ceppo etnico dei Nilotici e sono originari dell'area chiamata Bahr el Ghazal, nel Sudan del Sud. Sono presenti principalmente nella zona di confine tra Uganda e Sudan del Sud e parlano una lingua del gruppo luo, anche se con leggere differenze tra le varie aree.
  22. Giorno 3 – 10 agosto Parco Nazionale Valle del Kidepo La sveglia e’ alle 7, colazione 7.30 e partenza alle 8, quasi puntuale. Su consiglio di Kasule modifichiamo un po’ il programma di oggi. Scegliamo di fare una strada un po’ piu’ lunga, ma molto piu’ bella. C’e’ il sole e questo permette di provare un diverso percorso, difficilmente fattibile in condizioni meteo avverse. La strada e’ la migliore per andare a visitare i villaggi karamajong. La giornata ha un che di miracoloso, pensando alle cataratte di poche ore fa. Le strade si sono gia’ velocemente asciugate. Cominciamo a cercare a Lira la mappa stradale dell’Uganda, ma senza risultato. In compenso, Michela e Rubi comprano 2 bellissimi strumenti di corda, caratteristici, non proprio di piccole dimensioni. L’imballaggio è molto meticoloso; trovata la location in una jeep e ripartiamo. Le guide sbagliano due volte l’uscita da Lira, non riuscendo ad individuare al giusta direzione della piccola strada che si e’ deciso di percorrere. Alla fine in qualche modo la imbrocchiamo. E’ bellissima, tra paesaggi di natura allo stato puro, colori intensi e sempre accompagnati da centinaia di persone che camminano, ma che di fatto vivono a fianco e lungo la strada. Sono a bordo della macchina con Michela, Rubi e Feri che si scatenano a gonfiare palloncini, che poi donano ai bambini, a quelli piu’ piccoli, frazionando dunque il viaggio con moltissime mini-soste. Visitiamo un piccolissimo villaggio (4 capanne) che Kasule conosce. Una scrofa sta allattando una decina di MAIALI, un bambino a cui do un palloncino, mi guarda e comincia a piangere…..mi sento della serie “chi ha paura dell’uomo bianco?” Riusciamo un po’ tutti a cogliere dei bellissimi atti di vita quotidiana, dagli animali, alla preparazione di un distillato, alla cura dei singoli capanni. Purtroppo dobbiamo tornare indietro, ripercorrere in parte la strada dissestata appena fatta. . Infatti la strada che stiamo facendo, più avanti, e’ interrotta: la pioggia della notte ha divelto il ponte e non e’ possibile procedere se non ….a nuoto. Attenzione: quando arriviamo al bivio al quale prima Billy aveva chiesto indicazioni sulla direzione, Billy ancora si rivolge all’uomo al quale aveva fatto prima la domanda e gli chiede come mai non sia stato avvisato che la strada era chiusa. La sconcertante risposta dell’uomo: “perche’ non me lo hai chiesto!!!.” Non sappiamo se ridere o se piangere. Anche questa e’ Africa. Prendiamo per forza un’altra deviazione. Il paesaggio e’ sempre bello, ma il tempo passa. Mangiamo un po’ di frutta ed un sandwich dai dubbi gusti sotto un albero, in piedi, lungo la strada, tanto non passa nessuno. Intorno alle 14 entriamo in area Karamajong.. E’ un popolo che i piu’ conoscono per essere anche “ladri di bestiame”,a ma che vive in uno stato di indigenza, almeno cosi’ mi sembra proprio. Da questa parte dell’Uganda sono indicati come tranquilli, disarmati e non dovrebbero rappresentare alcun problema. Non sono etnicamente di origine Bantu, ma di ceppo nilotico, strettamente imparentati con i Maasai, con i quali condividono anche un certo retaggio culturale (anche io ora sciorino e traspiro cultura da tutti i pori). Conosciamo Gertrud, assistente sociale ed impegnata in una Chiesa locale (o cosi’ o capito), che deve farci da guida e da interprete, partecipe nel dare una mano nel processo di lentissima integrazione della locale immensa “tribu’” o meglio comunita’. Prima di andare al villaggio ci fermiamo in un mercato. I prodotti sono sparsi per terra sopra un panno….un po’ come fanno i “vu cumpra’” qui quando cercano di vendere le borse. Compriamo per pochi dollari pantaloncini, magliette e cose simili. Ne compriamo anche molte, ma non abbiamo idea delle dimensioni di quello che andremo a breve a vedere ed a cercare di visitare. Manca ancora tempo, ma alla fine arriviamo. Incontriamo lungo il percorso anche dei ragazzi in costume ed altri sempre in costume, ma molto più adamitico, con un bigolo da paura; si lavano vicino ad un piccolo ponte Entriamo del villaggio e siamo costretti a fermarci. Panico o quasi: siamo subito accerchiati con fare non propriamente socievole da decine e decine di persone, che crescono ancora quando, dall’altra jeep, qualcuno dei nostri comincia a consegnare braghette, camicie e t-shirt. Tutti vogliono qualche cosa. Anche Gertrud cerca di fronteggiare la situazione andando a parlare con il chief. I nostri autisti-guide rimangono fermi in auto invitandoci a non guardare ed a stare fermi. E’ un momento molto delicato, imbarazzante. Non e’ paura, ma neanche tranquillita’. Vediamo molte donne con ampi scialli viola, colore che e’ il simbolo di questa popolazione e che vedremo poi per tutto il giorno e anche l’indomani a tratti. Ci sono al solito moltissimi bambini, anche quasi nudi, avvolti anche loro in alcune coperte, mentre altri invece sono abbastanza vestiti. Diversi sono i ragazzi in costume ed anche alcune ragazze, anche molto giovani, vestono costumi molto caratteristici. Hanno lineamenti molto belli ed una statura piuttosto alta. L’impatto dunque non e’ dei piu’ facili, i vestiti sono finiti in pochi minuti, forse secondi e tutti ne vorrebbero ancora. Finalmente Gertrud ritorna, ci fa finalmente scendere dalle auto. Siamo subito toccati e ancor piu’ circondati da piccoli e donne. Gli uomini adulti sono molto defilati. In poco tempo la tensione cala e cede il passo alla curiosita’ ed all’interesse per la situazione e per come si sta evolvendo.. Veniamo accompagnati e quasi spinti a visitare il villaggio….immenso e che contiene quasi 21 mila persone, in capanne, a settori recintati da rami e piccoli tronchi molto particolari e bellissimi. Sto vivendo una sensazione stranissima, mai capitata. Tutti vogliono vedersi e rivedersi nella foto, nel video, nello schermo della macchina fotografica o della fotocamera….e ridono e si chiamano per nome e si riconoscono e vogliono ancora altre foto, mettendosi in posa, spesso rigidi come militari, chi da solo, chi in gruppo; una ragazza corre apposta fuori da un recinto per potersi far fare una foto. Saliamo su una grande roccia dalla quale si puo’ notare la dimensione del villaggio e come e’ stato costruito, ampliandosi negli anni. Anche in questo caso facciamo fatica a camminare ed a stare in piedi, schiacciati da tutti i bambini che ormai ci hanno, loro, adottato. Incredibile!!! Altra situazione un po’ difficile al momento di risalire in auto, quando ai cuccioli ed alle donne si sostituiscono ragazzi piu’ grandi, con sguardi meno “facili”, quasi di sfida, nell’orgoglio della loro identita’. Si sentono di appartenere ad una razza che non ci appartiene e di cui sono decisamente orgogliosi, o comunque stanno cercando di dimostrarmi proprio questo….e ci stanno riuscendo! Tra accelerate di motore e stridi di ruote, Billy e Kasule si fanno forzatamente strada e dopo aver riportato a casa Gertrud, prendiamo il bivio per Kidepo Valley….Accipicchia ancora 126 km!!!!!!!! E della solita bestiale, ma nostalgica strada rossa, piena di dossi e buche. Per fortuna la strada e’ invece discreta, ma la velocita’ di punta non supera mai i 40/45 km. Non incontriamo altre auto per piu’ di un’ora. Il paesaggio si conferma straordinario, mi e ci appassiona, con i colori del primo tramonto; sfrecciamo (piano piano) tra alberi, rocce e spaccati di bush che ci obbligano a fermarci per una foto. Arriviamo al Kidepo che e’ buio pesto, anche questa sera (alle 19 c’e’ il tramonto ed il sole va giu’ in un baleno).Kidepo National Park non ha ancora (dopo la strage del passato) la quantita’ di fauna di altri grandi Parchi africani, ma e’ una piccola valle dell’Eden, un tratto di savana punteggiato di acacie e di kopye e chiusa fra due piccole catene di montagne. E’ bellissimo e il turismo e’ ancora meno che minimo. Siamo alle Bandas della UWA, i rangers ugandesi; sono capanni comunque in muratura, molto spartani, ma…non ci speravo, con un mini bagno ciascuno e con acqua corrente anche se al momento solo fredda. Siamo molto stanchi e vogliamo appropriarci della “camera” e toglierci tanta polvere ed un bel po’ di stanchezza. Invece ci fanno sedere a cerchio , ci offrono una birra, ci parlano in modo evasivo. Quando parlano in inglese per me e’ sempre evasivo, ma in questo caso lo e’ anche per gli altri. Sembra ci siano problemi di posti. Il Campo e’ in piena savana, dentro al Parco. Gli animali sono intorno, potenzialmente potremmo trovarceli di fronte in qualsiasi momento. Sono una decina di bungalow, una struttura servizi-bagni come quelle dei camping ed una piccola struttura utilizzata come ufficio-magazzino materiali, cucina e refettorio. Poco distante anche un locale che viene utilizzato da una comunita’ religiosa. Null’altro. Situazione molto spartana, ma in mezzo al nulla. Ha un suo fascino, pur con qualche scomodita’, tipo materassi fatiscenti, insetti vari che ci vengono a trovare e spazi diciamo…sacrificati. Bisogna per forza accontentarsi: ci accontentiamo. La cena viene preparata da Billy e Kasule. Una sorprendente brodaglia di patate (la parola sorprendente e’ voluta in quanto con mia sorpresa non riesco a capire che cosa di altro ci sia dentro) e poi, in un’altra pentola, subioti, si, pasta asciutta, ma che piu’ asciutta non si può. Combinando i due piatti, brodo e pasta ne viene fuori qualche cosa di inquietante, ma la fame e’ notevole e ne mangio due piattoni. C’e’ invece chi preferisce digiunare. Birra Nile di accompagnamento e una buona ananas alla fine ci fanno chiudere due occhi sulla cena e con i due occhi chiusi prendiamo comunque sonno, o quasi, intorno al falo’, sul prato, con uno stellato incredibile che e’ di 180° da un angolo del prato all’altro. Non ho parole. A nanna comunque presto, perche’ domani la sveglia e’ alle 6, per partire per il game drive prima delle 7. Il malarone o il nuovo clima mi stanno creando dei problemini, quelli suggeriti a volte da Tutankamon, ma per ora riesco a gestirmi. Per saperne di piu’ . Parco Nazionale del Kidepo Il Parco Nazionale del Kidepo si estende su un'area di 1442 kmq ricoperta di savane e montagne. La varietà di altitudini presenti ha sviluppato una varietà di differenti specie di flora e fauna. Nel parco del Kidepo è possibile incontrare animali unici impossibili da trovare in altre zone dell'Uganda insieme a più di 460 specie di uccelli. Per molti rimane il parco nazionale ugandese più bello anche se talvolta difficile da raggiungere. Il parco ha un’altitudine compresa tra i 900 d i 2750 metri, il parco è attraversato da due vallate principali: Kidepo e Narus Valley e presenta ambienti di savana alberata, foresta montana e a galleria, astensioni a palme e alture rocciose. Di grande fascino per la scarsità di visitatori e per la sua remota posizione, con vaste aree selvagge e contingenti animali in continua crescita dopo le stragi del periodo della guerra civile. All’interno del parco si possono trovare oltre un’ottantina di mammiferi (con una ventina di predatori e cinque primati) e oltre 460 specie di uccelli, con grandi mandrie di elefanti e di bufali, molti leoni, antilopi, zebre, struzzi. E’ inoltre l’unico parco ugandese dove vive il ghepardo, lo sciacallo, l’orice di besia, il kudu maggiore, la gazzella di Grant, il protele ed il caracal. Recenti sono le reintroduzioni di giraffe ed eland (antilope). Kidepo è sicuramente uno dei parchi ugandesi meno visitati, a causa della distanza dalla capitale e della difficoltà del viaggio necessario per raggiungerlo. E’ però anche uno dei parchi nazionali più belli ed affascinanti ed è uno di quelli con il più alto grado di biodiversità del paese. Forse per il suo isolamento o per la vastità delle sue savane è inoltre una delle regioni dell’Uganda che ci può dare, più di altre, una sensazione di vero reame selvaggio e primordiale o, come dicono gli inglesi, di vera “african wilderness”. Questo parco, che si trova nellìestremo nord-est dell’Uganda, confina col Sudan e risulta anche molto vicino al confine col Kenia. In origine il Kidepo Valley National Park era nato solo come “game reserve” e solo nell’anno in cui l’Uganda raggiunse l’indipendenza, nel 1962, fu dichiarato parco nazionale. Questo parco ha al suo interno due fiumi principali che per la maggior parte dell’anno non portano acqua superficiale: il Kidepo nel nord ed il Narus nella parte meridionale, con le due vallate omonime circondate da basse colline e da rillievi più alti di origine vulcanica, che si possono far risalire a circa 20-25 milioni di anni fa. L’altitudine all’interno del parco varia tra i circa 900 metri e i 2750 del Monte Morungole, ma da molte zone del parco si intravede anche il Monte Lotukel, già in teritorio sudanese, con i suoi quasi 2800 metri. Questa differenza di altitudine ha contribuito alla formazione di numerosi habitat distinti, che includono anche la foresta montana, le pianure erbose, la savana alberata, la foresta di palme e isole sulla terraferma, i kopje. I kopje sono massicci arrotondati di scura roccia vulcanica che si ergono solitari nelle pianure di savana o rada foresta e che spesso fungono da punto d’osservazione per i predatori presenti nel parco. In questa regione dell’estremo nord-est si può riscontrare solo una stagione piovosa che solitamente va da aprile a settembre, con qualche variazione dovute dai cambiamenti del clima a livello mondiale. Nel resto dell’anno si hanno temperature anche molto alte e grande aridità, provocata dai venti molto secchi provenienti dal Kenia e dal Sudan. In questo periodo, anche se le temperature sono molto alte, gli animali sono più concentrati vicino alle scarse fonti d’acqua e si avvicinano anche ai centri abitati. Non è raro vedere elefanti che passano in mezzo alle bandas dell’accampamento dei ranger o piccoli gruppi di zebre che cercano di abbeverarsi a pochi metri dal bungalow del Apoka Lodge. Il Kidepo è l’unico parco in Uganda con un ambiente semi-arido e qui sin trova la più grande varietà di grandi mammiferi di tutte le aree protette in Uganda (con ben 28 specie che si possono incontrare solo in questo parco). Il parco può vantare oltre 460 specie di uccelli e ben 86 di mammiferi. Purtroppo la fauna di questa regione ha sofferto moltissimo durante le grandi stragi degli anni ’70 e ’80 compiute da bracconieri locali e da bande dell’esercito che, durante le varie dittature e la guerra civile, sterminarono migliaia di animali portando all’estinzione diverse specie. Oggi sono in programma progetti di reintroduzione, come il rinoceronte nero. Oggi una notevole opera di sostegno, istruzione e coinvolgimento delle popolazioni locali è portata avanti dalle strutture e dai ranger del parco. Gia’ 46 morti per la siccità in Karamoja - Nord Uganda Sono davvero preoccupanti le notizie che ci giungono dall'Uganda sulla carestia in Karamoja. Riportiamo l'estratto di un articolo del quotidiano...ugandese Daily Monitor. Quando le piogge hanno iniziato a bagnare il Karamoja sono state accolte come una benedizione poiché permettevano ai raccolti di crescere bene.Ma poi le precipitazioni non si sono fermate e la gioia si è trasformata in preoccupazione per i forti acquazzoni che hanno iniziato a inondare i campi spazzando via le sementi. E facendo presagire che non ci sarebbero stati raccolti per la successiva stagione. Ciò accadeva nel primo trimestre di quest'anno.Oggi, le migliaia di residenti in Karamoja stanno vivendo da giorni senza cibo. Secondo le autorità locali negli ultimi due mesi la fame si è portata via 46 persone, la metà delle quali nel distretto di Kaabong e gli altri nelle zone di Napak e Moroto. Ad oggi sono stati prosciugati dal sole più di 10.000 ettari di campi e la siccità no accenna a diminuire.La grave carenza di cibo ha costretto più di 5.000 Karimojongs a fuggire nel vicino Kenya, dove il governo sta fornendo cibo ai cittadini rifugiati. Il Ministero per la prevenzione delle calamità, nello scorso fine settimana ha lanciato un'iniziativa per la distribuzione alimentare di emergenza, con l'obiettivo di salvare centinaia di famiglie affamate nei sette distretti del Karamoja.Il governatore dell'area di Bugondo, ha riferito al Daily Monitor che i tutti i campi nella zona sono andati distrutti e che circa 8.000 persone sopravvivono con un unico pasto al giorno. Egli ha anche avvertito che i numeri potrebbero presto gonfiarsi poiché i raccolti dello scorso anno sono ormai in esaurimento.Sulla base delle previsioni attuali, senza un immediato intervento da parte delle autorità e delle organizzazioni umanitarie, la carestia è destinata a raggiungere le proporzioni di quella che ha devastato il Karamoja dal 1994 al 1997 causando migliaia di morti. Daily Monitor del 17 Luglio 2013
  23. Giorno 2 – 9 agosto Il trekking delle Cascate Sipi Dormiamo con il rumore delle cascate di sottofondo. Condividiamo il cottage con Ale e Michela: noi uomini russiamo il giusto. Facciamo anche un pit stop comune in bagno nel bel mezzo della notte. Mi sveglio alle 6.50 e dalla finestra della doccia vedo direttamente la cascata . Spettacolare. Il cielo e’ azzurro. Esco dal bagno e Michela mi guarda con mezzo occhio aperto; mi aiuta ad aprire le tende del grande finestrone della camera e con questa “visione” svegliamo Cele ed Ale.. Usciamo veloci anche nel patio della camera che e’ attrezzato con un divano ed un tavolo proprio per potersi gustare le Cascate, in perfetta solitudine. Poi ci vestiamo rapidamente, chiusura valigia, colazione di quelle belle all’aperto, sotto il portico, con una temperatura fresca, in attesa che il sole riscaldi l’aria; con la felpa si sta alla grande. Alle 8.15 comincia il trail delle cascate, tra fiori, banani, caffe’, piante di avocadi, o piantagioni di piselli e piccole comunita’ presenti lungo il sentiero. Saliamo affiancando le cascate, seguendo la guida ed “aiutati” da due splendidi bambini, che preferiamo alla guida (10 e 12 anni)e che mi danno “la pappa” in inglese (non potrebbe essere diversamente); camminano a piedi scalzi ed il piu’ piccolo ha dei pantaloncini completamente sbregati; potrebbe farne tranquillamente a meno. Comincio comunque a comprendere che c’e’, istruzione, voglia di apprendere, ma anche una certa personalità nei piccoli, educazione’, cortesia, ma anche la mancanza di cose per noi assolutamente primarie. Questo e’ il mio impatto…e..mi accorgero’ poi che la situazione e’ spesso anche peggiore..e di molto. I bambini ci vogliono spiegare tantissime cose, ci aiutano con apparente genuina spontaneita’. Il sole e’ ora piu’ forte e fa caldo; continuiamo a salire fino al culmine della cascata e qui ne troviamo altre……il giro continua….che bello!!!! Doccia e via; ripartiamo con il pranzo al sacco (dopo la abbondante colazione abbiamo optato per una cosa leggera e veloce) e ci spostiamo verso Nyeru per vedere i graffiti che indicano risalire all’eta’ del ferro. Sono 2 ore abbondanti di strada solo parzialmente asfaltata, disseminata di voragini, piu’ che di buche e con dossi che sono di fatto piccole collinette….ma che razza di strada e’???’ La schiena comincia a soffrire ed ho i primi calli alle mani, tenendomi ancorato alla sbarra superiore per non volare. Finalmente arriviamo; i graffiti non ci esaltano; mangiamo panini, banane e avocado a fette su una roccia moooolto alla buona. Fa molto caldo, inaspettato visto quelle che erano le previsioni e le indicazioni dei vari siti meteo!!!!! Grrrr.. Due guide locali cercano di spiegarci un po’ di cose. Li seguiamo alquanto annoiati piu’ per cortesia che altro. O sono troppo buono o troppo imbecille. Le guide mi fanno “peca’”, i miei compagni si stanno anche loro un po’ sforzando, ma devo avere qualche quid in piu’. La guida si rivolge prevalentemente a me. Mi guarda, mi parla, mi sorride …..ed io rimango indefesso….capisco una parola su tre (per eccesso), rispondo con il piu’ classico degli yes, , mi nascondo dietro alla telecamera per sviare lo sguardo, ma non c’e’ niente da fare. Mi ha preso in simpatia e non capisco una mazza, anche perche’ sinceramente non sono ne’ preparato, ne’ dispongo di competenze linguistiche, ne’ il momento mi ispira un granche’. Mi rendo conto di fare una figura barbina….non che me ne freghi piu’ di tanto ed allora mi defilo piano piano. Di graffiti ne abbiamo visti gia’ in diverse altre occasioni e molto piu’ interessanti, a parer mio, di questi. Intorno a noi miliardi di capre e caprette belano incessantemente con un frastuono che sollecita alquanto gli zebedei!!!! Sopportiamo, ma……una bella grigliata ovina non si puo’ mica fare????? Ripartiamo dopo poco più di un’ora con destinazione LIRA. Dopo un pezzo terribile, la strada per fortuna migliora. Incontriamo moltissime scuole ed anche un’università; i bambini ed i ragazzi giocano nei campi, praticamente gli unici spazi che non siano coltivati o savana. Sono campi verdi, molto puliti in ampi spazi, tra i capannoni delle scuole; altri sono invece lungo la strada e rientrano. Tutti sono vestiti con perfette e pulitissime divise, magari a piedi scalzi (sempre o quasi sempre). Chi in azzurro, chi in verde, chi in pantaloni o gonne nere e camicia bianca. Ogni scuola ha la propria divisa e tutti, ma proprio tutti la indossano mi sembra con orgoglio. Il tramonto che ci accoglie e’ quello tipico africano ed e’ un paesaggio in cui si alternano piccole cittadine sempre caotiche dove non manca mai qualche maledetto camion con la musica sparata a volumi pazzeschi e dove la vita si vive proprio lungo la strada. E poi capanne, in terra e paglia, continue, raramente sul ciglio della strada, spesso poche decine di metri all’interno. E sempre decine di persone che o in gruppo o da sole camminano o “trainano” biciclette lungo i bordi, sfiorando le rare auto di passaggio ed i camion che non si curano minimamente di loro, non rallentano mai, alzano polveroni da paura, non badano se ci sono, se si spostano, se cadono! Non e’ la legge del piu’ forte, ma quella del più…grosso! E la strada e’ ancora piu’ pazzesca: c’e’ uno strato di tarmac, asfalto locale, lasciando ai lati uno sterrato anche abbastanza ampio. Con il tempo tutto si è degradato e l’asfalto si e’ sgretolato sui bordi, lasciando e formando crepe, buche, gradini, con bordi spioventi e taglienti pazzeschi, alti. I camion o passano pianissimo o corrono come pazzi, ovviamente occupando in questo caso il centro della carreggiata, forti della politica locale:il più grosso ha sempre ragione, quando ci si incrocia e per ribadire questa posizione “dominante” non si spostano di un millimetro ed al massimo sparano abbaglianti o mettono fuori una freccia, quella interna, per ribadire “meglio che ti sposti tu!!! Dobbiamo per forza buttarci letteralmente di lato, spesso all’ultimo momento, cercando di non finire in un buco o in un fosso o schiantarsi addosso a qualche albero. Il tutto cercando (ma non so fino a che punto, in quanto anche per noi con gli altri mi sembra valga la medesima metodologia ) di non investire la marea di gente che si muove a piedi lungo questa via o le biciclette, o le moto con il loro zig zag micidiale o i carretti sovraccarichi. Ogni incontro-incrocio e’ un sospiro ed un “bravo Kasule o bravo Billy”. Per me guidare in queste condizioni sarebbe impossibile o uno stress non certo sostenibile per tutte queste ore. Ma loro ci sono nati e sono abituati….meglio non pensarci. Arriviamo finalmente a Lira alle 18.35. Poco prima di arrivare leggo in macchina le recensioni sul nostro albergo, che sembra ottimo. Mai valutazione e’ stata piu’ contrastante, sbagliata del tutto. Camere orribili (ma siamo in Africa), luce al neon strafioca (almeno c’e’); 1 solo asciugamano (accontentiamoci anche se sa da freschino), quantita’ industriale di zanzare in camera (questo ci sta meno visto che ci sono le zanzariere alle finestre. Ci facciamo dare un insetticida; Cele attacca vape ed uno zampirone…..fra poco moriamo noi e il cocktail creato si espande anche nel corridoio e praticamente si insinua anche nelle altre camere tra i pertugi delle porte. Disinfestazione totale. Ci facciamo almeno una birretta tra uno spray ed uno “sciaff” per schiacciare qualche moschitos ed alle 20 andiamo a cena, sotto un portico separato, ma vicino all’albergo e che fa parte comunque del medesimo complesso. Cena ancora peggio….molto peggio (siamo in Africa, ma di questa cena non ci si puo’ accontentare!!! Ale propone gin tonic per tutti. Ma lo preparo di fatto io. Ci portano 1 solo bicchiere con tutto il gin. Chiedo altri 7 bicchieri, che presentano forme non sempre uguali e con 1 cucchiaino, pazientemente, divido le 8 porzioni; non c’è acqua tonica ed allora dividiamo una bottiglia di soda e chiediamo un limone che arriva dopo 22 minuti tagliato a fette irregolari….grosse, minime, supersottili, meta’ grosse e a scalare…mah..la situazione si presenta gia’ non facile e le prospettive sono per forza in caduta libera. Dopo 1.50 minuti dalla richiesta ….e siamo quasi solo noi, arriva una tomato soup che bonariamente e considerato il luogo giudico come sopportabile. Il T Bone, colpa mia assoluta l’averlo ordinato e richiesto “please super rare” , lo devo lasciare tutto sul piatto. Ho fame, non mi capita mai una cosa simile, ma non mi e’ mai arrivato un piatto simile. Carbone coke stagionato e fuso in una barra di piombo: impossibile addentarlo e tanto meno provare a masticarlo. Ho ordinato carne di manzo visti i molti pascoli, ma ho sbagliato. Il pollo ordinato da Feri e’ l’unica cosa che e’ stata mangiata. Dopo cena, o meglio dopo il digiuno, noi uomini, uomini duri, facciamo un piccolo giro vicino, uscendo lungo la strada vagamente illuminata e dove…ironia della sorte….incontriamo tanta gente e tanti piccoli grill con spiedini e polli alla griglia molto appetitosi, ma l’ambiente non ci appare tranquillo (probabilmente invece lo era, ma eravamo ancora ai primi impatti e di bianchi o turisti non se ne sono visti praticamente mai fuori dai lodge) . Amen. Andiamo a nanna alle 22.50. Durante la notte diluvia…e all’equatore quando piove…..diluvia!!! Incrociamo le dita per domani : dobbiamo entrare nel Kidepo e le strade sono gia’ brutte e, da quanto letto, diventano impraticabili se piove, per il fango.
  24. Programma Giorno 1 - 8 agosto Le Sorgenti del Nilo Arrivo a Entebbe con volo Turkish Airlines ore 2.50 am e pernottamento a a Kampala. Visita le sorgenti del Nilo sul Lago Vittoria. Poi a Mbale e Sipi, verso il Parco Nazionale del Monte Elgon. Giorno 2 – 9 agosto Il trekking delle Cascate Sipi Trekking guidato alle cascate Sipi, sulle valli della Karamoja. Nel pomeriggio trasferimento a Lira per l’avvicinamento al Parco del Kidepo e sosta al sito di Nyeru , vicino a Kumi. Giorno 3 – 10 agosto Parco Nazionale Valle del Kidepo Arrivo al Parco Nazionale Valle del Kidepo. e villaggio Karamoja Giorno 4 – 11 agosto Parco Nazionale Valle del Kidepo Safari fotografico tra le piste del parco, in particolare nella regione della valle del fiume Narus. Giorno 5 – 12 agosto Kidepo – Kitgum Visita a una comunità karimojong . Nel pomeriggio a Kitgum, città della regione dell’Acholi, Giorno 6 – 13 agosto Il Parco Nazionale Murchison Falls Trasferimento per il Parco di Murchison Falls.. e safari fotografico. Giorno 7 – 14 agosto Il Parco Nazionale Murchison Falls All’alba game drive nel settore nord del Murchison; poi Delta del Nilo nel Lago Alberto Dopo pranzo, escursione in barca, risalendo per 23 km il Nilo, fin quasi a raggiungere la base delle cascate e Quindi trekking per risalire il tratto a piedi fino alla cima. Giorno 8 – 15 agosto Foresta di Budongo – Masindi Trasferimento nella foresta di Budongo, presso Kaniyo – Pabidi, per il trekking nella foresta tropicale. Giorno 9 – 16 agosto Ziwa – Hoima Riserva dei rinoceronti di Ziwa,. poi vicino al Lago Kyoga. Nel pomeriggio proseguimento per Hoima Giorno 10 – 17 agosto Hoima – Fort Portal Visita alle piantagioni di canna da zucchero, di tè, di banane, di caffè, oltrepassate la foresta di Bugoma lungo il Lago Alberto fino a Kyenjojo. Nel pomeriggio laghetti craterici Kasenda. Giorno 11 – 18 agosto Parco Nazionale Queen Elizabeth Partenza in direzione Queen Elizabeth, e il Rwenzori. Pomeriggio game drive. Giorno 12 – 19 agosto Il Parco Nazionale Queen Elizabeth Safari fotografico .Nel pomeriggio escursione in battello sul canale naturale Kazinga. Giorno 13 – 20 agosto Il Parco Nazionale Queen Elizabeth - Bwindi Proseguimento per il sud del parco, Ishasha e per la foresta di Bwindi. Arrivo nel parco nazionale di Bwindi a Kisoro. Giorno 14 - 21 agosto Il trekking dei gorilla di montagna Trekking dei gorilla.. Al termine spostamento sul Lago Bunjonji, Giorno 15 – 22 agosto Il Lago Bunjonji – Parco Nazionale del Lago Mburo Escursione guidata in canoa per l’osservazione dei volatili e per scoprire villaggi e paesaggi tra le isole. Nel pomeriggio, il viaggio prosegue per il Parco Nazionale del Lago Mburo Giorno 16 – 23 agosto Lago Mburo – Entebbe Dopo colazione safari fotografico e escursione in barca guidata dai rangers Il viaggio prosegue in direzione di Entebbe con sosta lungo la linea dell’Equatore per Cena a Entebbe. Riposo a Entebbe in hotel e trasferimento in aeroporto. Partendo da una considerazione finale, posso assolutamente sottolineare che il viaggio e’ uno di quelli da fare, puo’ essere preso cosi’ come e’, puo’ probabilmente essere anche migliorato, puo’ essere diluito con qualche giorno in più, perche’ le cose da vedere e da vivere sono veramente tante, percorrendo strade che di strada hanno poco, ma in un Paese sicuro, dove non ho mai avvertito alcun tipo di problema o di paura. Per la maggior parte delle persone l’Uganda e’ un Paese piuttosto sconosciuto ed i piu’ lo ricordano per Idi Amin, il dittatore indicato allora dai media anche come cannibale e che aveva comandato qui negli anni settanta. All’annuncio di voler fare un viaggio in questo Paese dell’Equatore molti mi chiedevano: con precisione dove e’ l’Uganda?”Amici, parenti e altri hanno sempre strabuzzato occhi e non solo, spesso dicendo o facendomi capire se ero del tutto normale e che ci andavo a fare in un posto come quello!!!! Siamo tornati interi, complessivamente in salute, per ora, senza aver fatto mai incidenti, senza aver avuto mai paura reale, senza grandi difficoltà. Penso che paura, Africa cannibale, sporcizia, delinquenza, siano luoghi comuni, valutazione sommarie e gratuite. Cele ed io siamo tornati estremamente felici e soddisfatti e consigliamo questo viaggio a chiunque abbia voglia di vivere il viaggio e di cogliere le bellezze naturali e faunistiche che ogni giorno abbiamo anche noi fortunatamente vissuto. Siamo partiti dalla capitale Kampala (per quanto atterrati alla vicina Entebbe) e siamo risaliti costeggiando il Lago Vittoria fino al Parco Kidepo, tra i piu’ inesplorati dell’Africa, scendendo poi lungi il rift della Valley Albertina, passando per le Murchinson Falls, il Queen Elizabeth Park, arrivando all’estremo sud del Paese, ai confini con Congo e Rwanda, incontrando i gorilla nella Bwindi Forest, per poi risalire , completando l’immaginario cerchio, attraverso i laghi Bunjonji e Mburo e raggiungere nuovamente Entebbe. Di Uganda ne avevo sentito parlare per la prima volta a gennaio 2012 a Carezza, in montagna, e quanto raccontatomi allora mi aveva fatto subito entusiasmare. Non sono riuscito ad organizzare il viaggio per l’estate 2012, ma subito poi ho cercato di riprenderlo in esame. La visita di Costantino (titolare di Destination Jungle) a fine ottobre scorso e la chiacchierata fatta a casa nostra davanti a qualche buona bottiglia ha messo le basi per la riuscita dell’organizzazione e per la riuscita di quanto a lungo pianificato, e poi modificato, ancora rivisto, perfezionato, inserendo nuove tappe e correggendone altre, in effetti troppo massacranti. Provo solo a pensare alla quantità di mail e skype scritte e poi inoltrate per conoscenza; alle diverse domande e puntualizzazioni, approfondimenti, a tutta la serie di incertezze da cercare di risolvere, ai dubbi che sorgevano in molti di noi e necessitavano di risposte, alle varie valutazioni, ricerche confronti e verifiche, i che mi hanno stressato, ma che si sono rivelati necessari, fondamentali. L’Uganda ha una popolazione che viene indicata per il 50% sotto i 14 anni, ma visto il numero impressionante di mignon, mi sembra di poter credere che la percentuale sia decisamente per difetto. L’inglese viene parlato praticamente da tutti, anche dai cuccioli, con un buon livello di scolarizzazione, alla luce delle numerosissime scuole, academy e poi chiese un po’ di tutte le confessioni religiose incontrate, lungo il percorso. Anche i cartelli, le insegna, i menu’ e quant’altro sono in inglese. Ora per chi mi conosce e soprattutto conosce il mio english può ben capire come mi sono trovato. La nota piu’ significativa era lo sguardo degli autisti e delle guide, gentilissime nel rivolgersi per chiarimenti ed indicazioni e che, in cambio, trovavano risposte sconclusionate, facce interrogative, termini molto personalizzati, occhi vitrei, persi nel vuoto. Ma mi sono spesso arrangiato a modo mio, non sto a dire con quale risultato, quasi sempre facendo rabbrividire i miei compagni di viaggio o a farli sorridere con sguardi di commiserazione del tutto giustificati. Il viaggio e’ stato organizzato con Destination Jungle LTD. Pan Africa House piano 5 PO Box 2874 Kampala Ufficio: Tel: + 256 (0) 414 232754 Fax: +256 (0) 414 232749 Mobile Tel: +256 782 385446 Skype: destination.jungle - costantino.tessarin E-Mail: [email protected] Giorno 0 mercoledì 7 agosto Partenza alle 7.30 da Padova. Siamo in 8 amici, 4 coppie. Il viaggio e’ ottimo e lo passiamo giocando con il video touch del sedile antistante, leggendo (devo finire Open di Agassi), guardando un film, dormendo.. Unico problema: facciamo scalo non previsto (almeno secondo quel che ne sappiamo) a Kigali (Ruanda) e questo ci fa perdere 1 ora e mezza. Arriviamo ad Entebbe alle 3 di mattina, leggermente rinco. Per fortuna i tempi per il visto e per la raccolta dei bagagli sono veloci (ci sono tutti e questo e’ sempre importante visto gli scali!!!). Usciamo dall’aeroporto che sono comunque le 3.50. Se eravamo rinco prima adesso siamo in un coma allo stato puro.. Troviamo il corrispondente di Destination Jungle. Ora se questo e’ il corrispondente siamo messi veramente bene……mamma mia!!!. Ci invita a seguirlo ad un furgone parcheggiato li’ vicino. Comincia a cercare di caricare i bagagli e non riesce ad aprire il portabagagli posteriore. La porta e’ rotta evidentemente o la serratura. Fatto sta che non si apre. Siamo in mani decisamente sicure e a questa ora siamo prossimi al suicidio di massa. In qualche modo allora l’omino nero sale sopra il furgone e gli passiamo una alla volta gran parte delle valigie. Sopra c’e’ una griglia, ma senza alcuna protezione, se non laterale e bassissima e non ci sono corde, spaghi, ne’ tantomeno elastici o ganci. Alcune borse le mettiamo anche dentro tra i piedi ed i sedili. Furgone gia’ piccolo, con bagagliaio inutilizzabile, con valigie pronte a “volare” alla prima curva….Wow…adrenalina a go’go’ e scongiuri vari.. Partiamo in qualche modo per Kampala, che non e’ proprio dietro l’angolo. Ad ogni curva, almeno all’inizio, ci voltiamo per vedere se dall’alto cade qualche cosa... poi anche la mostruosa stanchezza prevale sul controllare e, rassegnati, smoccoliamo su quanta strada stiamo facendo a quest’ora prossima all’alba e quando mai arriveremo e quando poi riusciremo a distenderci e poi svegliarci…visto che fra poche ore dovremmo anche iniziare concretamente il viaggio!!!!!! Arriviamo a Kampala al Hotel Bouganviller alle 5.05 dell’ 8 agosto. Giorno 1 - 8 agosto Le Sorgenti del Nilo Riusciamo a dormire qualche ora, dopo una doccia che ha buttato via gran parte della stanchezza. Mi viene in mente una situazione analoga, nel 2004, quando eravamo arrivati a Istambul e poi ad Ankara ad alba inoltrata e con una sveglia dopo poche ore, con compagni di viaggio in parte gli stessi; coincidenza, casualita’ o altro…..lasciamo perdere… Come 9 anni fa peraltro l’appuntamento, originariamente stabilito per le 8, e’ stato ragionevolmente spostato alle 9.30. L’hotel ed il posto sono molto carini, la camera confortevole e silenziosa ed anche la zona colazione, all’aperto, in un piccolo giardino interno, attrezzato con un salottino ed alcuni tavoli. Fame non indifferente e colazione confortante, che mette l’umore dalla giusta parte, nonostante le palpebre fatichino a rimanere bene aperte. Arriva Costantino; saluti di rito, come va, come e’ andata, ricordiamo l’incontro di Padova, mentre anche gli altri arrivano per il breakfast un po’ alla spicciolata. Facciamo il briefing, regoliamo il saldo, Costantino ci consegna il test anti-malaria e le pastiglie ordinate, le schede telefoniche ugandesi che si riveleranno non solo molto economiche, ma anche indispensabili quando la maggior parte dei nostri cellulari non hanno campo. Siamo tutti in tiro: indossiamo le magliette che con Cele abbiamo fatto stampare l’altro ieri. In effetti martedi’ mattina, all’ultimo momento, abbiamo deciso di preparare una divisa e di regalarla a tutti noi. Terribili le corse tra Decathlon e la legatoria per la stampa…..ma sono venute benissimo. Grigie per le “ragazze”, color caki per noi “giovanotti. Sulla schiena in corsivo “uganda 2013” ed i nomi Ale, Claudio, Mau, Tao, Michi, Feri, Rubi, Cele. Solo il Borga si presenta in camicia, ma poi per la foto si “ricompone”. Foto dunque di gruppo davanti alle jeep Toyota che utilizzeremo nel viaggio. Conosciamo i nostri autisti-guide: Kasule (nome che ci rimane impresso subito, visto che da Ferida per un po’ di anni ci siamo ritrovati a mangiare proprio la cassouela) e Billy (nome che e’ impossibile non ricordare). Beh questa e’ gia’ una bella notizia, visto che non ci sono nomi incasinati da tenere a mente. Ciononostante Michela non imbrocchera’ mai il nome Kasule, storpiandolo di continuo e facendoci ovviamente sorridere ogni volta… Partenza, ma tra una cosa e l’altra sono gia’ le 11. Ci dirigiamo verso l’est del Paese, in direzione di Jinja, città situata sul Lago Vittoria, nota per essere il posto in cui si trovano le Sorgenti del Nilo, individuate da J. Speke nel 1864. (sto sciorinando cultura a nastro). L’impatto con Kampala conferma le vaghe impressioni dell’alba appena passata, quando abbiamo attraversato le strade da Entebbe: oggi e’ Festa nazionale ed e’ finito il ramadan. Sono tutti in strada e c’e’ una confusione totale. La confusione ci sara’ peraltro sempre, festa o non festa, secondo il piu’ classico dei casini di una capitale centroafricana.. La prima tappa sono “le Sorgenti del Nilo” sul Lago Vittoria. Le raggiungiamo dopo 2 ore di strada discretamente asfaltata, ma disseminata di dossi grandi e piccoli e con un traffico che i nostri compagni, molto piu’ viaggiatori di noi, gia’ confrontano con quello spaventoso indiano, anzi questo e’ meglio…..non oso pensare a quello di Nuova Delhi!!!! E’ Africa: bambini dappertutto, donne belle e brutte, eleganti e no, tutte con capelli corti o cortissimi, occhi vispi, lineamenti spesso moto belli, sguardi dolci, ma anche di sfida e poi un numero pazzesco di moto, che poi scopriremo trattarsi di mototaxi, con 2, 3 4 persone a bordo, tutte perfettamente allineate sulla sella come acciughine, oppure con legati materassi, fascine, gabbie e di tutto un po’…e poi banchi di banane, avocadi, pomodori. Ci fermiamo in un piazzale piu’ ordinato e compriamo cesti di banane, ananas. Cominciamo subito ad assaggiarle alternandoci nelle foto con le vispe negrette venditrici., che coccolano in particolare Ale, e sono gia’ un po’ invidioso. Raggiungiamo la partenza delle sorgenti. E’ un posto bellissimo, elegante, pieno di piante e di verde, con prati all’inglese e piscina. Molto in contrasto con quanto in generale appena visto, anche se si tratta solo di impressioni. Appena arriviamo ci viene incontro una ragazza che ci chiede che cosa vogliamo pranzare. Bene, si mangia….le banane hanno fatto poco per il mio appetito. E invece no. Dobbiamo ordinare perchè si possano preparare, mentre noi andiamo a fare il giro in barca. Al momento ci pare una cosa molto strana e senza senso, ma poi si rivelerà la indispensabile consuetudine, vista l’incapacità di questo popolo di gestire in modo efficace una cucina ed i tempi eterni di preparazione e di consegna di piatti e pietanze. Ordiniamo dunque il pranzo e scendiamo alla spiaggia….cribbio ci sono solo indiani….ma che posto e’??? Dopo pochi minuti di attesa prendiamo una piccola barca, solo per noi, che ci porta verso il largo fino a raggiungere una serie di piattaforme dove, piano piano, ci affianchiamo a tantissimi trampolieri e non solo. Pellicani, uccelli con becco giallo, marabù,altri con un becco nero adunco e poi cormorani, fermi o in volo, spesso impegnati a scrutarci, timorosi delle nostre intenzioni. Stupendo, mi piace un sacco. C’e’ pace, natura, sensazioni gia’ coinvolgenti, dolcezza. Altre foto di rito poi sotto il cartello “Born Nilo”. Raggiungiamo la base di partenza, a pranzo con un ottimo avocado e il pesce del Lago, Tilapia, fritta. Ora il fritto e’ per noi un’altra cosa….in questo caso ti frega meta’ della gustosa carne del pesce. Mi tocca ciucciare tutto, cosa che comunque avrei fatto secondo quelle che sono questa volta le mie abitudini, quando mangio pesce . Prendiamo acqua e birra e scopriamo che i bicchieri sono un optional. Ne chiediamo diversi a piu’ riprese anche per dividerci le bevande, ma ne arrivano solo 3, uno alla volta, dopo relative ripetute insistenze. Paese che vai…… Ripartiamo in super ritardo secondo la tabella di marcia prevista…..siamo partiti gia’ tardi, ci siamo fermati per strada piu’ del previsto, il giro e’ stato fatto con calma, il pranzo, nonostante l’ordinazione iniziale e’ stato biblico!!!! Corriamo per 5 ore tra gruppi di bambini sempre presenti lungo le strade e poi campi di papiro, di riso o coltivati a the, verso Monte Elgon e Sipi. Arriviamo al lodge nel buio totale, salendo tra i tornanti del monte con figure a piedi ed in bicicletta che sbucano di continuo tra le curve, illuminate dai fari. Saltiamo forzatamente tutti i view-point (con il buio non sono molto spettacolari). Speriamo di rifarci domani. Il lodge mi sembra molto carino, fuori fa decisamente fresco e si sente tutto il rumore delle cascate…..ma non si vede nulla di nulla, nonostante uno stellato da urlo. Siamo a 1795 metri di altitudine e sono 2 settimane che qui piove ……. e invece oggi no!!!!! Cena a lume di candela con zuppa e carne e un po’ di birre.
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