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Intanto complimenti per il volo sicuro di voler scendere a Durando e poi risalire per Ouray e Salida invece di fare la I70 dopo Moab? Perchè lungo la strada ci sono molte più opportunità interesssanti secondo me se poi resti di quell'idea direi sicuramente di inserire Mueller State Park, Pikes Peak, Garden of the Gods e Castlewood Canyon SP. Trovi tutti e 4 nella prima e seconda tappa del mio diario del 2013 sul Colorado se decidi di passare per la I70 di idee ce ne sono tante, poi magari le vediamo insieme1 point
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Martedì 27 Agosto: Ambositra - Antoetra - Ambositra Stamattina partiamo carichi, ci aspetta la passeggiata per raggiungere Ifasina, uno dei villaggi della tribù degli Zafimaniri. La strada per Antoetra è breve, ma il tragitto è quasi tutto su una pista pietosa e pietrosa... 2 ore per fare meno di 40 km! Arriviamo davanti alla mairie di Antoetra e conosciamo il presidente della cooperativa delle guide, che ci presenta la guida per la nostra passeggiata, Hyacinte, uno zafimaniri piccolissimo e vecchissimo e tutti i ragazzi del villaggio che ci danno appuntamento per il ritorno, per visitare i loro laboratori di ebanisteria. Hyacinte ci descrive la strada che percorreremo, circa 12 km... Noi siamo carichi ma allenati più o meno come una mozzarella di bufala e sentirci dire che non sono in piano, ma che ci sono 2 colline da scalare, pure ripide, da un colpo alla nostra determinazione (e al ginocchio che si è gonfiato da qualche giorno). Oltretutto c'è la festa per l'esumazione dei morti e partecipano tutti, visto che è praticamente l'occasione mondana del mese a Antoetra. Vabbé, proviamo, magari arriviamo alla prima collina, dove c'è una "Stele dei morti" e poi decidiamo se proseguire. Partiamo uscendo dal paese e puntando verso le colline... Il primo tratto è in discesa, perfetto per noi... ma attraversata la prima valle vediamo subito che sarà difficile per noi... La salita è ripida, il sentiero (quale sentiero?) non c'è e praticamente si cammina nei solchi lasciati dall'acqua sulla costa scoscesa della collina... A metà della salita, Hyacinte si volta e mi fa: "Elle ne vais pas a arriver au village..." Ma non solo "elle", anche "moi" sono stanco e il ginocchio gonfio si fa sentire... Sfruttiamo le soste per rifiatare e arriviamo a circa metà della collina, dove è stato impiantato un vivaio di alberi pregiati... mogano, ebano, palissandro, bois de rose. Si, perchè gli zafimaniri sono ebanisti provetti, ma l'esportazione ha praticamente distrutto la loro fonte di sostentamento con l'abbattimento delle foreste ed un progetto francese sta cercando di insegnare loro a reimpiantare gli alberi, per fare in modo che le generazioni future possano godere di questi risultati. Si, le generazioni future, visto che un albero di palissandro ci mette quasi 100 anni per crescere abbastanza. Arrivati alla stele, ci racconta la tradizione del posto, la morte vissuta da tutto il villaggio. 2 notti di veglia, il funerale e poi la cerimonia alla stele, una per ogni famiglia. La cerimonia però si fa solo se la famiglia può permettersi uno zebù, miele, rum e tabacco, visto che per aggiungere la pietra del defunto alla stele, il capo del villaggio deve versare grasso e sangue di zebù sul monumento per ricevere la benedizione degli antenati. Questa è la stele della sua famiglia, le 2 rocce più grandi simboleggiano gli antenati e ci fa vedere la pietra di suo suocero, morto alcuni anni fa. Ci racconta della sua vita, dura e difficile, di un figlio perso per una malattia poco prima del diploma, delle 2 figlie e dei nipotini e scopriamo che ha 46 anni... Dall'alto ci mostra i suoi appezzamenti, dove coltiva mais e fagioli che sono praticamente la sua dieta... non mangia quasi mai carne, ci dice, se non durante le feste nel villaggio... ci credo che volesse tornare presto! Soddisfatti da questa esperienza e desiderosi di riportare a valle i nostri culi pesi, decidiamo di tornare a Antoetra, ripercorrendo la pista scoscesa. "VAHAZA, VAHAZA!!!" Niente da fare, siamo proprio un'attrazione! Passando in mezzo alla risaia veniamo circondati dal solito gruppo di ragazzini sbucati da chissà dove, questa volta siamo pronti, abbiamo biscotti e soprattutto... la instax è carica! Lascio un po' di istantanee ai bambini, ma c'è anche una signora che vuole farsi fotografare! Risaliamo verso il villaggio per raggiungere le case tradizionali e passiamo tra le abitazioni più recenti; Hyacinte ci racconta che gli zafimaniri abitano in case fatte in legno e bambù perché sono materiali viventi, non sono come la pietra, fredda e morta, un vero zafimaniri non dormirebbe mai in una casa di mattoni. Il parroco della loro chiesa è un missionario italiano che gestisce anche la piccola scuola... ora ci sono le vacanze ed è tutto chiuso. Ma il centro del villaggio è il loro totem, la piazza principale dove si svolgono le assemblee pubbliche, rappresenta lo zebù, vera ricchezza per queste popolazioni. Ma è ora di andare a conoscere il capo del villaggio, il più anziano di tutta Antoetra. Ha 80 anni, ci dice Hyacinte, è molto vecchio, visto che qui la vita è breve, 60, 70 anni, non di più. La tradizione dice di scambiare 4 chiacchiere con gli anziani, fare alcune domande e soprattutto, lasciare un'offerta, che verrà utilizzata per le necessità della comunità: è lui che gestisce la cassa del villaggio, per gli orfani, per il medico e anche per i funerali dei più poveri. Il capo villaggio ci guarda con uno sguardo di mille anni, con accanto il suo vice (che mi è sembrato più malmesso di lui) e circondato dai nipotini che ci guardano incuriositi e sogghignano in un angolo della casa. Eccola la casa, con le arnie attaccate fuori dalla finestra... la casa meriterebbe una storia a se. Ogni angolo ha la sua funzione... l'ingresso è a sud est, dove c'è il pollaio, il focolare a sud, il posto del capo famiglia è a nord ovest, gli ospiti siedono a nord est. Si dorme a terra e se ci sono dei bambini, possono dormire sul soppalco, dove c'è più caldo, soprattutto in inverno. C'è la festa dell'esumazione, quasi tutto il villaggio è riunito intorno ad un altoparlante alimentato da un pannello solare. Si fa festa, si balla, si ascolta musica e si mangia. La morte è qualcosa che si incontra tutti i giorni. I tanti bambini ci chiedono bon bon, saponi, bottiglie... noi gli diamo quello che ci resta e andiamo verso i laboratori, dove tutti parlano un po' di italiano e tra Luca, Alfredo, Giovanni e mille altri, compriamo un po' di regali da riportare in Italia, spendendo sicuramente troppo anche dopo delle trattative feroci! Ci congediamo da Hyacinte, che ci lascia il suo indirizzo per spedirgli le foto e torniamo a Ambositra che è la capitale dell'artigianato... entriamo in uno dei negozi e assistiamo alla lavorazione del legno. Qui tutto, ma proprio tutto, è fatto con materiali di recupero. La sega a traforo è costruita con una balestra di automobile, la lama è fatta con il cavo d'acciaio degli pneumatici opportunamente intaccato... il legno è colorato semplicemente immergendolo in una risaia e l'artigiano ci prepara un ciondolo a forma di cuore direttamente davanti ai nostri occhi. Torniamo in hotel per riprenderci dalle fatiche e dalle emozioni, Barbara ha un po' di febbre e si prende una tachipirina, per fortuna niente di serio! Cena nuovamente funestata dalla coppia di musicisti, ma anche il cibo non è che sia proprio memorabile! Per chi se lo chiedesse, si, i malgasci sono piccoli, ma piccoli davvero!1 point
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Lunedì 26 agosto: Morondava - Ambositra Ci aspetta nuovamente una giornata "cul carré", questa volta sono davvero tantissimi i km che ci porteranno dall'altro lato del Mada, partendo prestissimo, poco prima del sorgere del sole. La colazione al Tre Cicogne si conferma ottima, anche se, vista l'ora, mancano le crepes... poco male, frutta e croissant mantengono le promesse e sono davvero eccezionali. Riceviamo un messaggio da Matteo ed Elisa, che non siamo riusciti a vedere ieri sera e ai quali avevamo lasciato un messaggio in portineria... li aspettiamo a Roma per una birra! Partiamo alle 6, finalmente con le 2 valigie in auto, immersi in una nebbiolina sottile, col sole che sorge sulle risaie. Petit ci dice che non tutti quelli che viaggiano con lui accettano i suoi programmi... spesso gli dicono "siamo in vacanza, non possiamo alzarci alle 5", non sono d'accordo con la sua programmazione... Ma allora, se volete dormire e magari non avete la minima idea della strada che dovrete percorrere, perché non andate in un Club Med? Se il tuo autista dice che oggi dovrà guidare per 10 ore, andare incontro alle sue esigenze ci sembra il minimo! Col sole già alto ci fermiamo per una rapida sosta pipì, proprio dove un gruppo di ragazzi sta caricando sacchi di carbone su un camion. Petit ci dice che quando viaggia scarico, spesso compra i sacchi di carbone in questa zona e li porta a Tana, dove costano più del doppio! Lungo la strada, vediamo uno dei lavori più pericolosi al mondo... il trasporto degli zebù! Si, perché gli animali vengono caricati su un camion e alcune persone si occupano di tenerli fermi e di evitare che sbattano tra di loro, il tutto... SENZA FERMARE IL CAMION!!! La prima vera sosta la facciamo dopo circa 3 ore, Petit si ferma per la colazione, noi, dopo una pausa pipì in un bagno che arriva direttamente dal 17° secolo, ci facciamo travolgere dai bambini del villaggio e tra foto, instax e biscottini li rendiamo contenti... Non solo, ci propongono dei bellissimi cestini di foglie di palma intrecciati a mano a 1000 ar ciascuno e della frutta... uno dei bambini vorrebbe vendermi tutto il cestino di giuggiole, sempre a 1000 ar, ma saranno 2 kg, ne prendo una manciata, prendo un po' di bananine e gli lascio una cifra scandalosa... i soliti 1000 ar, da dividersi in 2. Altra pausa pipì a Miandrivazo, in una pompa di benzina che non sfigurerebbe nemmeno dalle nostre parti... Pulitissima, con un negozio fornito di tutto nel quale compriamo un po' di schifezzine da viaggio (patatine, banane fritte, salatini) e il caffè più buono di tutto il Madagascar! Naturalmente i prezzi sono commisurati... Più avanti ci fermiamo in un hotely per il pranzo, non male, ma Petit ci sconsiglia di aggiungere le salsette o di bere il rananopango "sono vecchie o sono fatte con l'acqua, non vanno bene per voi", però faraona e anatra sono davvero ottime. Ma la vera attrazione dell'hotely è lei... la gatta paracula! Salta in braccio, miagola, aspetta un pezzettino di carne, miagola ancora più forte e se non le dai retta, niente, cambia tavolo come se nulla fosse! È piccolissima, sarà meno della metà dei nostri ciopini, ma almeno oggi è bella sazia! Ah, dimenticavo... ecco i Jackfruit, quasi maturi, proprio dentro al parcheggio dell'hotely: Ripercorriamo la strada fatta pochi giorni fa, tra villaggi, dietro agli immancabili taxi-brousse, fino ad arrivare nuovamente a Betafo. Eh, si, nella valigia appena arrivata c'erano altri sacchi di roba per suor Eni... purtroppo lei sta rientrando da Antsirabe e non ce la facciamo ad incontrarla, è ancora ad un'ora da qui e aspettarla significherebbe percorrere la parte finale del nostro viaggio col buio, cosa da non fare. C'è di nuovo Suor Nunziatina, che ci vede, ci abbraccia forte e prende subito possesso della borsa da PC che avevamo portato per Suor Eni... niente da fare, lei è il Boss! Stavolta dobbiamo andare via, ma devo tornare indieto ad abbracciare Suor Nunziatina... Non mi era mai capitato di sentire una forza così potente da scuoterci dentro, quella Fede, vera, che fa cose oltre a pregare. Ce ne andiamo con le lacrime agli occhi e ancora oggi a ripensarci, mi vengono i lucciconi. Passiamo Antsirabe, puntiamo verso sud verso Ambositra e ci fermiamo vicino a questo ponte... Petit ci racconta una storia particolare: il vecchio presidente corrotto e malvoluto dai più, giunto alla fine del suo mandato e non rieleggibile aveva deciso di dividere il paese in 6 diverse province proprio per essere il capo di una di queste. Per farlo ha distrutto i ponti in muratura, bloccato con dei container i ponti in ferro e isolato la capitale, dove per qualche mese non sono arrivati rifornimenti e carbone e benzina costavano un capitale. Fortunatamente, la situazione si è risolta in poco tempo, il governo di riconciliazione nazionale ha superato le divisioni (ma non la corruzione e il malaffare) e il Mada è come lo conosciamo ora, un paese tranquillo, senza grosse tensioni sociali. E a valle del vecchio ponte è stato eretto il ponte della riconciliazione. Ma guardando bene sul ponte... NOOOOOO!!! Anche qui!!! Finalmente alle 18 arriviamo ad Ambositra e prendiamo possesso della nostra stanza, un piccolo bungalow costruito come una capanna zafimaniri, con le pareti di legno intagliato e con delle fantastiche decorazioni. A cena ci pippiamo 2 musicisti, uno con la chitarra e l'altro con uno strumento malgascio ricavato da un bambù, la valiha, che suona più o meno come un'arpa molesta.... La cena non è delle più memorabili... Escluse le pizze (perché non mi fido di chi non sa scrivere mozzarella e ci mette sopra pollo e ananas) il cibo non è cattivo, ma abbastanza dimenticabile. È tutto piuttosto unticcio, dalle frittelle di zucchine ai gamberi all'aglio e alla creola che anche stanotte ci proteggeranno dai temibili vampiri del Madagascar! Invece il dolce è buono, ananas e banane flambé! Buonanottehhhhhhh1 point
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Domenica 25 agosto 2019 Sveglia presto, colazione veloce e qualche minuto prima delle 7 siamo pronti a lasciare l'hotel per iniziare la lunga giornata di trasferimento verso Morondava. C'è coda all'imbarcadero per attraversare il Manambolo, passiamo il tempo a chiacchierare con Elisa e Matteo, che passano con il traghetto prima di noi, e a giocare con i bambini, già appostati e felicissimi di ricevere dai viaggiatori penne, saponcini, foto e coccole. Uno di loro ci mostra tutto orgoglioso un Chupa Chups, ma restiamo della nostra idea, niente dolci per mano nostra. Un paio - e qui i veri fotografi inorridiranno e mi lanceranno anatemi, ma tanto io non sono un vero fotografo 😆 - trovano la felicità quando gli lascio premere il bottone della mia reflex e gli mostro la foto che hanno scattato 😉 Petit è concentratissimo 😄 Purtroppo perdiamo la carovana ufficiale, visto che la traversata è faccenda che è andata per le lunghe, ma poco male. Ci fermiamo poco dopo la riva in attesa di un gruppo di autisti amici di Petit e partiamo tutti insieme, anche se significa perdere quasi un'ora sulla tabella di marcia. Quasi a metà degli 80 km di pista incontriamo un altro gruppo di auto fermo: una ha bollito il radiatore, un'altra ha rotto il collettore - qualunque cosa sia un collettore 😀- e non può ripartire, quindi ci dividiamo i passeggeri tra le altre vetture. Il nostro è molto simpatico, ma anche molto stanco, dopo due convenvoli si addormenta di botto e si sveglia solo una volta arrivati a Belo. Pranziamo velocemente nello stesso posto dell'andata, ormai siamo aficionados, soprattutto dei fantastici gamberoni-coscia di pollo. Durante la traversata lunga della Tsiribihina, Petit infila una tutona e ci offre un saggio delle sue molteplici capacità, dedicandosi a sistemare non so cosa sotto il cofano. Il viaggio procede scomodo e piacevole come sempre, ormai ci siamo abituati a questi ritmi e la strada sconnessa culla i miei pensieri, i miei sogni e ogni tanto anche il mio sonno. Verso le 16.30 raggiungiamo finalmente la Allée des Baobabs, e ci rendiamo conto di che regalo ci abbia fatto Petit tre giorni fa portandoci qui all'ora di pranzo, sotto il solleone. Oggi c'è una discreta pipinara, ce la godiamo lo stesso, ma felici per le nostre foto sociopatiche di tre giorni fa. Incuriositi da un suono di percussioni ci avviciniamo alla zona del Visitor Center, e troviamo un gruppo di intraprendenti bimbette intente nell'imitazione dei fratelli maggiori che dopo il tramonto offriranno uno spettacolo di danze tradizionali. A un certo punto, a sorpresa, si unisce loro un bellissimo turista grande e grosso, che imita le loro danze scatenando grasse risate collettive del corpo di ballo e dell'orchestra 💓 Quando poi il turista grande e grosso e la moglie cuore di burro mettono una banconota da 500 ariary (pari a cinque frittelle) nel cestino per l'obolo, si scatena una ola di felicità che ancora a ripensarci mi riempie il cuore: festeggiavano il loro successo negli affari, non la mancetta, mi hanno fatto una gran tenerezza. Dopo un succo di frutta e due passi per sgranchirci le gambe ci appostiamo per goderci il tramonto più incredibile del viaggio e mentre progettiamo il modo di far estinguere l'umanità che ci disturba gli obiettivi ci regaliamo anche qualche risata e tante coccole. Siamo fortunati noi due, ne siamo sempre consapevoli, ma in momenti come questo anche di più. Ho perso la scommessa, non sono jappe, sono cinesi. La prossima volta dovrò vestirmi così, visto che ha vinto Paolo 😎 Ve l'ho già detto che lo adoro? 😆 Il cielo senza nuvole ha reso un po' meno scenografiche le foto, ma siamo felici lo stesso, è stata una serata piena di magia e dolcezza. Ancora un'oretta di strada e arriviamo al Trecicogne, dove il gentilissimo Gabriele ci fa trovare in camera nientemeno che ... LEI! ieri abbiamo fatto fare il bucato all'hotel, e saremmo potuti essere autonomi ancora per qualche giorno, ma la felicità è incontenibile: abbiamo altri tre sacchi di vestiti per Suor Eni, abbiamo i cappelli, un po' di mutande, abbiamo guanciale, spaghetti e parmigiano che portiamo subito a Gabriele, che ci dice tutto felice che anche se hanno girato il mondo una settimana di troppo vanno benissimo, ormai è abituato a mangiare qualsiasi cosa, ed essendo sottovuoto è ancora tutto in ottimo stato. Visto che non vogliamo saperne di essere pagati (e ci mancherebbe, avremmo regalato tutto comunque, ma dopo una settimana in giro a maggior ragione), ci fa trovare a sorpresa le bevande pagate dopo cena: acqua, birra e caipirissima! Scambiamo ancora quattro chiacchiere con lui, è un bel tipo ... ha fatto il militare alla Cecchignola (mezz'ora a piedi da casa nostra) nel 1978, il primo viaggio in Mada è di dieci anni dopo, quando era un mondo ancora più sconosciuto, si è trasferito qui venticinque anni fa e non rimpiange la sua Milano un solo momento. Prenotiamo la colazione per le 5.30, domani sarà una giornata "culo quadro" peggio di oggi 😜1 point