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Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
@luisa53 @valen83 grazie! E' stata una giornata davvero emozionante! Quando abbiamo avvistato il leopardo non ci potevo credere! La zona attorno a Satara è proprio fortunata per i big cats! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Rileggendo il diario mi sono accorta che di avere fatto confusione con i giorni della settimana che riporto insieme alle date quindi, facendo ordine, oggi è … Mercoledì 03/07 La sveglia suona prestissimo, ora capisco perché l’ottimale conclusione, dopo due settimane di safari, sarebbe stata una terza settimana di relax al mare in Mozambico! Invece questo è praticamente il nostro terzultimo giorno in Africa e l’ultimo pieno al Kruger. E non siamo ancora riuscite a vedere i leoni anche se abbiamo dedicato gli ultimi due giorni a percorrere le strade e le aree più papabili, adocchiando con una certa invidia le puntine rosse apposte dagli altri visitatori sulle mappe dei Rest Camp. Ci proviamo con il safari all’alba che parte davanti alla reception di Satara alle 4:45. Noi ci svegliamo alle 4:20 circa, giusto il tempo per indossare quanto di più pesante abbiamo, compresi cappelli, scaldacollo e guanti di lana ma dimenticandoci scioccamente di portare qualcosa da mangiare: i safari guidati durano la bellezza di tre ore quindi è sempre buona norma portarsi qualcosa con sé. Raggiungiamo in due minuti il ritrovo e parcheggiamo la macchina, troviamo già un piccolo gruppo di persone: metà di loro parteciperà al safari con noi (una famiglia di californiani ed un ragazzo di New York) mentre l’altra metà si avventurerà in una bush walk guidata. In meno di cinque minuti arriva la nostra camionetta e le guide che procedono a fare l’appello e a ritirare i moduli che abbiamo nel frattempo compilato. La nostra guida è un ranger enorme che indossa pantaloni corti, camicia e cappello da pescatore in cotone, nonostante a quest’ora faccia un freddo glaciale. Si presenta e ci fornisce qualche breve indicazione a proposito delle norme di sicurezza durante il safari e poi ci fa salire sulla camionetta che, in confronto a quella utilizzata a Mkhaya, è altissima. Mentre ci dirigiamo verso il cancello in uscita non manca di ricordarci che durante i safari vige quella che lui chiama “la legge del bush” ovvero che alcuni fortunati riescono a vedere tutto anche solo in occasione di una sola uscita mentre altri non vedono niente. Cerchiamo di non farci scoraggiare da questi oscuri presagi sperando che questa sia davvero la volta buona. Appena usciti dal campo, la guida accende due poderosi fari laterali posti in alto, circa a metà del mezzo, che fanno una discreta luce a bordo strada. Parallelamente chi siede nei sedili in fondo è dotato di due torce, alimentate direttamente dalla camionetta, in grado di proiettare un discreto raggio di luce anche a distanze elevate. Ed è così che imbocchiamo una stradina sterrata riservata solo ai mezzi autorizzati prima della svolta sulla H7 che collega Satara a Orpen: semi avvolte da una delle coperte di pile in dotazione, macchine fotografiche in pugno e attentissime ad eventuali bagliori di occhi o movimenti. Vediamo dopo pochissimo tempo uno sciacallo e una bella giraffa: avvistare gli animali con il buio dà completamente un’altra sensazione rispetto a quando si guida in pieno giorno. Forse per il fatto che non ci troviamo propriamente dentro un veicolo, che sentiamo il freddo, il vento, gli odori della notte appena trascorsa e che l’alba è ancora lontana almeno mezzora, ma le sagome di quello che si scorge oltre i confini della camionetta hanno un aspetto subito più misterioso e ignoto. Ad esempio individuare la forma altissima di una giraffa di notte, ferma in mezzo alla strada, e riconoscere il muso solo con la luce di una torcia è decisamente più sconcertante che di giorno, quando si possono indovinarne i movimenti e le intenzioni più chiaramente. Proseguiamo perdendoci in una pista che si addentra nella savana: è buio pesto e non scorgiamo quasi nulla a parte altri erbivori. Raggiungiamo, quando inizia ad albeggiare, la Girivana Waterhole, una pozza che avevo letto essere piuttosto frequentata dai felini, ci sono infatti già qualche macchina in appostamento ma non c’è traccia dei grandi gattoni. Vediamo in compenso un bellissimo esemplare di elefante maschio adulto che fotografiamo in mezzo all'erba alta con una luce incantevole. Torniamo verso Satara e raggiungiamo quello che dovrebbe essere il letto del fiume N’wanentsi. Qui la guida esita più di una volta, vediamo chiaramente che sta guardando le tracce e, in effetti, le vediamo anche noi sporgendoci dal mezzo: orme di leoni ma non sappiamo assolutamente dire se sono fresche oppure no e non sembra sicura neanche la nostra guida. Guadiamo il fiume in un punto davvero dissestato (African Massage!) e lo costeggiamo fino a ritornare nei pressi della asfaltata H1-3 dove ci imbattiamo in un gruppo di impala a bordo strada che si comportano in modo strano guardando tutti nella stessa direzione. È questione di un momento: vediamo gli impala scappare tutti verso la nostra sinistra mentre sulla destra arriva sparato qualcosa al galoppo: è un ghepardo! È da solo, e quando arriva nei pressi del mezzo si ferma di scatto, forse deluso della preda mancata, ma poi riprende a trotterellare in mezzo all'erba a meno di 10 metri da noi. È bellissimo e sinuoso e sembra abbastanza a suo agio mentre lo seguiamo a distanza di sicurezza. In questa occasione dobbiamo ammettere che il ranger è stato piuttosto bravo ad individuare la situazione e a non perderlo mai di vista. Siamo tutti in piedi dentro la camionetta per fotografare, lo accompagnammo per un tratto così lungo che ho anche tutto il tempo di posare la macchina fotografica e godermi lo spettacolo “dal vivo”. Non sarà il Re, ma è sicuramente un animale molto attraente. Ad un certo punto lo vediamo distintamente fiutare qualcosa di suo interesse ed ecco che si allontana fino a sparire in mezzo alla savana. Magnifico! Nel frattempo, arriviamo nei pressi dell’albero sul quale ieri sera abbiamo avvistato l’impala ucciso dal leopardo. Questa mattina la preda è sparita, probabilmente consumata durante la notte. C’è una macchina appostata che ci dice che c’è qualcosa in mezzo all'erba ed in effetti si intravede una schiena che si muove ma è talmente fugace e l’erba talmente alta in quel punto che distinguiamo soltanto un’ombra per qualche secondo. La nostra guida è sicura si tratti del leopardo ma ci spiega che è un predatore estremamente timido e li accucciato nell'erba è praticamente impossibile individuarlo. Ci troviamo nei pressi della N’wanetsi Road, il sole è ormai alto e proviamo a percorrerne un breve tratto ma non avvistiamo nulla ad eccezione di gnu e una (inutile) mangusta. 😒 Torniamo a Satara con ancora negli occhi la magnificenza del ghepardo a caccia ma ancora all'asciutto per quanto riguarda i leoni. Non è accettabile essere arrivate fino a qui senza averli visti e quindi, appena scese dalla camionetta, decidiamo di partecipare anche al safari del tramonto che parte intorno alle 16.00. I safari guidati al Kruger costano a testa l’equivalente di 24€, cifra che li rende assolutamente abbordabili, quindi facciamo la spesa a cuor leggero e con tante aspettative. Una volta pagato il safari e ricevute le informazioni circa l’orario (occorrerà essere davanti alla reception alle 15:45) andiamo, con ancora indosso i cappelli di lana, a fare colazione al Tindlovu Restaurant dove ordiniamo due belle tazze di caffè, un piatto con yogurt e granola e un muffin gigante, che dobbiamo difendere da uno “Zazu” piuttosto battagliero e, da vicino, dotato di un becco affilato di tutto rispetto. Ci rilassiamo e ne approfittiamo per riscaldarci al sole: il safari del mattino si rivelerà indubbiamente più freddo di quello del tramonto probabilmente per il fatto che l’ambiente si è raffreddato durante la lunga notte mentre al tramonto la terra è calda della giornata appena trascorsa. Compriamo al fornitissimo negozio del campo degli snack e della frutta per pranzo e torniamo alla nostra rondavel dove ci cambiamo e rilassiamo ancora per un po’. Siamo effettivamente un po’ deluse perché speravamo tanto di avere l’opportunità di vedere i leoni all’alba: domani sarà la nostra ultima giornata al Kruger e passeremo la notte già fuori dal parco senza possibilità di altri safari al tramonto quindi ci giochiamo tutto tra oggi e domani. Riposate e di nuovo determinate ci mettiamo in macchina verso le 10:00: seguiamo il consiglio del ranger di questa mattina e proviamo a percorrere nuovamente la N’wanetsi Road dal momento che, alla nostra domanda su quale fosse la strada con la più alta possibilità di vedere leoni, ci ha risposto che era proprio quella. Il percorso in effetti ha tutte le caratteristiche per essere il loro habitat ideale poiché si perde letteralmente nella savana senza mai allontanarsi troppo dai corsi del fiume Sweni e N’wanetsi. Vediamo molti erbivori, due bufali che brucano vicinissimi alla macchina, un raro waterbuck e alcuni uccelli particolari: l’Otarda Kori e il Bucorvo Cafro (Ground hornbill) caratterizzato da un sotto becco rosso accesso. Vediamo anche impronte e non ci sono dubbi a chi appartengano ma purtroppo restano solo orme sulla sabbia. Otarda Kori Bucorvo Cafro La strada è comunque molto bella perché si avvicina anche alle scure e rocciose Lebombo Mountains che segnano il confine con il Mozambico e l’inizio del Parco Nazionale del Limpopo, formando un unico gigantesco ecosistema con il Kruger. Rientrate sulla strada asfaltata, continuiamo a fare numerosi incontri di erbivori ma ormai nulla che attira davvero la nostra attenzione. Dal momento che siamo vicinissime al campo e già affamate, decidiamo di rientrare a Satara per pranzo e approfittare del bagno della nostra casetta. Superata l’ora più calda della giornata, intorno alle 13:30 e con due ore scarse davanti prima del safari guidato ci rimettiamo in macchina decidendo di provare l’asfaltata H7 che collega Satara a Orpen. Ci mettiamo in marcia con l’idea di percorrerla “alla cieca” per circa un’oretta e poi tornare indietro in tempo per le 16:00. Mi metto alla guida mentre Chiara si riposa: la strada è molto bella perché il paesaggio qui è un po’ più verdeggiante grazie alla presenza del vicino Timbavati River, anche se in questa stagione lo troviamo praticamente in secca. Avvistiamo per lo più erbivori, in particolare un grosso elefante che decide di coprire, con una bella quanto improvvisa rincorsa, l’altezza che separa la carreggiata dal fosso sottostante, a pochi metri da noi. La particolarità di questo tratto, guidando in direzione Orpen, è proprio il fatto che la strada scorre particolarmente “sopraelevata” rispetto al fiume, i cui argini ripidissimi scendono bruscamente verso il letto, offrendo sempre una discreta visibilità. Arrivate nei pressi del Timbavati Viewpoint, vediamo proprio in un punto del letto del fiume una incredibile aggregazione di animali, probabilmente attirati dalla vegetazione che in questo tratto è davvero lussureggiante: ci sono molte zebre, gnu e gli onnipresenti impala. Ci fermiamo e scattiamo solo qualche fotografia più che altro per la scena insolita di trovare così tante specie le une vicine alle altre. È purtroppo ora di rientrare e percorriamo qualche centinaio di metri fino al punto panoramico vero e proprio dove facciamo inversione per rientrare a Satara. Ritornando in corrispondenza del tratto dove eravamo poco prima, vedo una camionetta di un lodge privato ferma con le persone tutte in piedi. Il guidatore, un giovane ragazzo sudafricano, si fa passare il binocolo da un turista e guarda con insistenza. Ci avviciniamo abbassando il finestrino e gli chiedo cosa stiano guardando e lui, con nonchalance, mi risponde “There is a male lion. Un leone maschio.” COOOOSA? Per tutta risposta ripeto la sua frase all’interrogativo e lui mi risponde di sì: c’è un leone maschio ma si è nascosto nel bush dall’altra sponda del fiume e non sa quanto tempo dovremo aspettare prima di, eventualmente, riuscire a vederlo. Ci augura buona fortuna e rimette in moto, noi lo ringraziamo e prendiamo il suo punto di osservazione. Siamo determinate ad aspettare a costo di andare a tavoletta all’appuntamento con il safari del tramonto! Il leone maschio, effettivamente, non riusciamo a vederlo ma nel giro di pochi minuti, praticamente a sorpresa, compare sul letto del fiume una leonessa! È a caccia! Nel frattempo, infatti, tutti gli erbivori che avevamo avvistato qualche minuto prima sono spariti: resta solo qualche esemplare di impala mentre ci rendiamo conto che le leonesse sono tre: una che cammina sul letto del fiume e due più in alto in mezzo alla vegetazione, sull'argine opposto a dove ci troviamo noi. Disteranno meno di cinquanta metri. La scena si fa davvero interessante quando compare un piccolo impala che si dirige pericolosamente verso la leonessa sul letto del fiume che, dopo avere avanzato quasi pancia a terra, si è acquattata nell’erba sopravento rispetto a lui. L’impala le si avvicina, senza notarla, a meno di un metro e a quel punto vediamo la leonessa fare un balzo verso di lui che, però, si mette a correre piuttosto velocemente. Tutta la scena dura qualche secondo e, incredibilmente, riusciamo ad immortalarla. L’impala è salvo e non riusciamo più a vederlo mentre la leonessa resta a bocca asciutta e si avvicina alle altre due che nel frattempo si sono appostate più in basso. Non crediamo i nostri occhi, a quello che abbiamo appena visto: tutta la frustrazione di questi giorni si è improvvisamente dissolta davanti a questa meravigliosa scena che avevamo visto solo nei documentari! Siamo davvero entusiaste e incredule! Stiamo ancora a lungo a fotografare e osservare il terzetto che si è radunato per una pausa dalla caccia: l’impala sembrava così vicino eppure è riuscito lo stesso a mettersi in salvo e questo ci fa riflettere su quanto sia davvero incerto il fragile equilibrio tra prede e predatori. Le leonesse sono calme ora ma noi non verremmo più via però il tempo stringe e, esaltate da questo insperato avvistamento, rientriamo verso Satara per tentare nuovamente la fortuna al tramonto durante il safari. Per arrivare in tempo superiamo ampiamente i limiti di velocità dei 50 km/h, fortunatamente senza conseguenze, e alle 15:45 spaccate siamo al parcheggio dove molliamo l’auto e ci fiondiamo sulla camionetta. Il safari del tramonto è, rispetto a quello della mattina, decisamente più “commerciale”: ad eccezione di qualche coppia più o meno giovane sono tutte famiglie con bambini, alcuni con i classici frigo da spiaggia. L’avvistamento fortunato di prima ci ha fatto scendere drasticamente l’adrenalina e ci permette di goderci con maggiore serenità e spensieratezza questo bel giro. Apprezziamo in particolar modo la bravura della guida che, forse per il fatto di avere così tanti ragazzini a bordo, si dilunga in spiegazioni sugli animali e le loro caratteristiche. Apprendiamo, ad esempio, che gli elefanti sono dotati di eccezionale intelligenza: durante l’inverno, stagione secca nella quale tutti gli erbivori entrano in crisi alimentare, spezzano volutamente i tronchi degli alberi per cibarsi delle radici. Durante la stagione delle piogge, invece, tornano nel punto esatto dove avevano spezzato gli alberi e, essendo gli unici con una mole tale da spostare nuovamente il tronco, si possono nutrire con l’erba più tenera che nel frattempo è cresciuta sotto. Durante il safari percorriamo più o meno le strade già battute questa mattina. Vediamo quasi tutti i piccoli erbivori, tra cui un gruppo particolarmente fotogenico di impala femmine con un unico maschio che bada a loro e l’Afrikaans steenbok (una minuscola antilope con due cornetti che non avevamo ancora visto). La guida ci indica anche un'aquila, appollaiata su un alto ramo di acacia, e, poco distante, posato sulla rete di confine di un recinto ormai in disuso un pappagallo verde. Più avanti, con la luce rosata del tramonto, fotografiamo anche un albero carico di nidi di grifoni e da uno di essi vediamo chiaramente spuntare la silhouette di un piccolo con il minuscolo becco. Fotografiamo E' davvero stupefacente l'incredibile diversità che offre questo parco per gli appassionati di avi-fauna. Ad un certo punto, una signora provvista di un potentissimo binocolo riesce a scorgere, purtroppo lontanissimi, altri due leoni sdraiati al fresco sul letto del fiume! Secondo la guida uno dei due è un giovane maschio, che non ha ancora il collare completamente formato. Non saremo però mai certe dal momento che, sfortunatamente, non vi era alcuna strada percorribile che ci potesse far avvicinare alla coppia. Peccato! Proseguendo incrociamo una timidissima giraffa che non sa se scappare o rincorrerci e un bel gruppo di elefanti intenti ad abbeverarsi nei pressi di una cisterna artificiale. Il sole è ormai tramontato e istantaneamente inizia a fare piuttosto freddo, obbligandoci ad indossare felpe, giacca e cappelli. Oggi tocca a noi utilizzare una delle due torce della camionetta e ci divertiamo a puntare il raggio sulle alte chiome degli alberi e spazzare i tratti di savana che vediamo dal lato in cui siamo sedute. Avvistiamo altri due sciacalli, che ci ricordano tanto i coyote della Death Valley, e, grazie ad un'altra signora particolarmente attenta, su di un albero riusciamo a distinguere il manto ma non il muso di una genetta, un piccolo quanto timido carnivoro. Ormai è buio pesto e capiamo che ci stiamo dirigendo verso Satara per la conclusione del nostro safari, non sappiamo però che la fortuna ci riserva la sorpresa più grande della giornata. Tornati sulla asfaltata che porta al campo ci troviamo nuovamente nei pressi dell’albero del leopardo e, grazie ad un tempismo incredibilmente favorevole ma soprattutto grazie alla nostra attentissima guida che lo individua per prima e ce lo indica, lo vediamo! La guida è molto capace e cerca di seguirlo procedendo in retromarcia: il leopardo cammina parallelamente alla strada, si sposta piuttosto lentamente ma compare e scompare in continuazione nella vegetazione ed è difficile tenerne traccia illuminandolo con la torcia. Siamo però fortunate perché per qualche secondo attraversa una piccola radura libera di vegetazione e riusciamo a immortalarne il profilo, nonostante la poca luce. Quando sparisce definitivamente dalla nostra vista riprendiamo tutti a respirare! È stato a dir poco incredibile e totalmente inaspettato! Eravamo già pienamente soddisfatte per le leonesse di oggi pomeriggio e sul leopardo non nutrivamo grandi speranze invece... possiamo considerarci tra le fortunate che sono riuscite ad avvistare tutti e cinque i big five! Di lì a poco rientriamo tutti al campo e, ringraziata la guida, andiamo affamatissime al Tindlovu Restaurant dove festeggiamo con un piatto di costine di maiale e un burger con pollo e morogo, gli spinaci africani che ci dividiamo. Accompagniamo il cibo con altre due ottime birre della Karoo Craft Breweries, una Impala e una Jackal: naturalmente stasera brindiamo ai leoni e ai leopardi! Andiamo a dormire veramente soddisfatte della giornata, la lunga attesa di questi giorni è stata ampiamente ripagata dalle nostre tre meravigliose leonesse e con l’avvistamento del leopardo non possiamo più davvero lamentarci. Senza contare il magnifico ghepardo all’alba! Satara è stata certamente all’altezza della sua reputazione! Questa è l’ultima notte che passeremo all’interno del parco e ciò significa che il nostro bellissimo viaggio in terra africana volge al termine. Domani sera usciremo, infatti, dal gate Phalaborwa e dormiremo in una guest house nell’omonima cittadina. La giornata sarà comunque ancora dedicata ad esplorare il Kruger, in particolare la panoramicissima zona di Olifants. Buonanotte Satara e lunga vita ai tuoi meravigliosi felini! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Lunedì 02/07 Oggi ci svegliamo presto senza aver puntato la sveglia. Il sole è già alto ma la temperatura del mattino ci impone comunque pantaloni lunghi, felpa e giacca. Decidiamo di fare che caricare la macchina con gli zaini e i bagagli in modo tale da non dover tornare in casetta dopo colazione. Il check-in dai Rest Camp al Kruger è comodissimo: basta lasciare la chiave dentro una cassettina posta poco prima del cancello di uscita. Facciamo colazione al Cattle & Baron Restaurant Take Away con il solito muffin di dimensioni esagerate e due tazze di caffè americano. Per i più affamati, al ristorante vero e proprio, viene anche allestita una sontuosa colazione a buffet. Per il pranzo, compriamo due belle insalate greche confezionate al momento, che è possibile condire direttamente al bancone. Consumiamo la colazione sedute su dei tavolini di ferro battuto mentre l’attentissimo personale del campo raccoglie dalle vicine aiuole tutte le foglioline cadute nella notte. Ci tratteniamo ancora qualche momento nei pressi della bella terrazza che affaccia sul Sabie River dalla quale, non di rado, si avvistano gli elefanti. Oggi però non c’è anima viva (né animali) ma assistiamo al concerto di una miriade di uccellini sedute su di una panchina. Dopo aver scattato qualche foto anche al vecchio ponte ferroviario ormai in disuso, torniamo alla macchina nel vicino parcheggio dove un gruppo di dispettosissime scimmie vervet monkey ha rubato a qualche malcapitato una confezione di mele e se la sta spartendo a bordo delle camionette per i safari. Saliamo in macchina e usciamo dai confini di Skukuza imboccando la H1-2 verso nord dirette al Tshokwane Picnic Site situato più o meno a metà strada rispetto al Satara Rest Camp. Dopo avere superato il fiume Sand, più o meno dove avevamo osservato gli elefanti due giorni prima, vediamo due macchine che procedono a passo d’uomo e davanti a loro una iena maculata che trotterella proprio sulla carreggiata! La seguiamo per un centinaio di metri fino a quando non scompare nel bush. A quel punto, superiamo il tratto dove l’abbiamo persa di vista ma pochi istanti dopo la vediamo nuovamente nello specchietto retrovisore! A quel punto fermiamo la macchina e la fotografiamo mentre si avvicina e, come se nulla fosse, sfila proprio sotto la nostra fiancata: avremmo potuto accarezzarla tanto era vicina! Bellissimi e sinuosi animali che dal vivo fanno anche una certa simpatia e nulla hanno a vedere con la nomea di “mangiacarogne” che la letteratura gli ha affibbiato. Proseguiamo dietro di lei a passo d’uomo e a distanza fino a quando si ferma per odorare qualche traccia e scompare definitivamente lungo lo scoscesa riva che porta al fiume Sand che stiamo costeggiando. Chissà se i due bufali solitari che scorgiamo tra gli alberi si saranno dovuti preoccupare della sua presenza. Qualche km più avanti siamo di nuovo ferme, e ci rimaniamo per almeno mezz’ora, perché ci imbattiamo in un altro bel branco di elefanti che sta attraversando la strada con estrema calma. Aspettiamo pazientemente che siano passati tutti vedendo sfilare la matriarca, i giovani maschi e le mamme con i cuccioli. Più avanti avvistiamo una giraffa con gli onnipresenti uccellini Bufaga beccorosso (che vivono in simbiosi con l'erbivoro che li porta a spasso, cibandosi di quello che trovano proprio sul suo mantello) e altri elefanti a distanza piuttosto ravvicinata, intendi a mangiare a lati della strada in un boschetto di arbusti. Arrivati al bivio con la H12 proseguiamo verso nord e arriviamo nei pressi di una zona punteggiata di massi e piccole montagnole tra cui l’Orpen Boulder. Appena qualche km prima del Tshokwane Picnic Site avvistiamo, davvero vicinissimi e proprio sulla strada, quattro o cinque esemplari di bufalo africano. Alcuni hanno delle espressioni veramente truci e minacciose e le corna, che formano un tutt’uno con la fronte, risultano impressionanti da così vicino. Arriviamo all’area pic nic, una delle più frequentate e apprezzate del Kruger verso le 10:30, parcheggiamo e facciamo una breve sosta bagno. Consultiamo la mappa degli avvistamenti e mettiamo il segnalino giallo dove abbiamo visto i bufali. Notiamo che qualcuno ha messo un paio di puntine rosse, che corrispondono al leone, in un’area poco distante, lungo la sterrata Lindanda Road che forma un anello nell’aperta savana, ricongiungendosi poi sulla H1-3, prosecuzione della strada asfaltata che abbiamo percorso sinora. Decidiamo di provare a percorrere questo loop, tornando all’area pic nic per pranzo: la deviazione ci porta via più di un’ora e mezza ma, sfortunatamente, di leoni neanche l’ombra: eppure sembra proprio il loro habitat ideale! Avvistiamo però un Becco a sella africano, della famiglia delle cicogne, con due piccoli. Grazie alle belle illustrazioni riportate sulla mappa che abbiamo acquistato ieri ci divertiamo ad improvvisarci ornitologhe. Vediamo anche uno sciacallo lontanissimo che dà al caccia, senza successo, ad un malcapitato gnu e una bella famigliola di waterbuck, caratterizzati da un cerchio bianco sul posteriore. Dopo un ultimo tratto rettilineo nel bel mezzo della savana, che percorriamo a velocità più sostenuta del consentito dal momento che il fondo è eccellente, un po’ deluse/in ansia da avvistamento torniamo all’area picnic dove mangiamo al fresco in macchina le ottime insalate greche. Ordiniamo anche due accettabilissimi caffè espressi al bar all’aperto che è letteralmente invaso da babbuini, addirittura ne vediamo due lanciarsi dal tetto in paglia sopra un tavolo per rubare un piatto di patatine lasciato incustodito: non il posto più tranquillo (e igienico) dove pranzare! Facciamo un giro anche nel piccolo negozio di souvenir e torniamo alla macchina per proseguire sulla H1-3 direzione Satara. Senza ulteriori avvistamenti degni di nota (ormai zebre, gnu, impala, etc. non contano!) arriviamo al bel punto di avvistamento sul Kumana Waterhole, una grande pozza a bordo strada dove c’è anche una costruzione con un mulino a vento che sembra essere in disuso. Qui ci fermiamo a fotografare un gigantesco maschio di elefante con zanne talmente grandi da assomigliare a quelle dei mammut preistorici! Poco più avanti, sempre nei pressi della pozza che è piuttosto estesa, stiamo una buona mezz’ora in attesa per vedere una bella giraffa abbeverarsi. Ci sentiamo quasi in colpa dal momento che sicuramente è consapevole della nostra presenza sulla strada e ne sembra intimidita. Sicuramente la posizione “scomoda” che deve assumere per piegare il lungo collo e poter bere la rende piuttosto vulnerabile in caso di predatori. Proseguendo, sempre a bordo strada, arriviamo alla Marheya Pan dove ci imbattiamo in uno spettacolo, almeno per noi, davvero insolito: una iena che … fa il bagno! Non crediamo ai nostri occhi: la simpaticona si sta facendo proprio un bel bagno rilassante, girandosi appena nella nostra direzione. Stiamo per un po’ ad osservarla e sembra proprio che si stia godendo il refrigerio. Decidiamo quindi di non disturbarla oltre e ripartiamo ma le sorprese non sono ancora finite: dopo qualche altro chilometro, in un piccolo fossato proprio ai lati della strada vediamo mamma iena con due cuccioli! Oggi è proprio la giornata delle iene e questo avvistamento è sicuramente il più bello della giornata e uno dei più emozionanti del viaggio! I cuccioli di iena sono semplicemente spettacolari: mentre la mamma si riposa (leggi sbava) appoggiata ad un tronco loro giocano e si rincorrono. Al momento non ci sono altre macchine e spegniamo il motore per non disturbarli e li fotografiamo e riprendiamo a lungo. È una visione davvero emozionante e mi sento una privilegiata a poter assistere ad un tale spettacolo. Stiamo con loro almeno quaranta minuti, forse un’ora. Per fortuna sopraggiungono pochissime macchine e nulla spezza la magia del momento. Ormai la giornata volge al termine e sono quasi le 16:00 quando ci decidiamo a ripartire e percorrere gli ultimi chilometri che ci separano da Satara. Lungo il tragitto di avvicinamento facciamo ancora due avi-avvistamenti: un rapace "contorsionista" che identifichiamo essere un Brown Snake Eagle (biancone bruno in italiano) e un albero carico di grifoni bianchi che purtroppo sono un po' lontani. Nei pressi del campo ci imbattiamo, però, in un ingorgo di macchine molto più grande rispetto a quello di ieri per i ghepardi a Lower Sabie. Acceleriamo perché sicuramente si tratta di qualcosa di interessante. Guadagniamo un punto di osservazione anche noi sul lato destro della strada e chiediamo informazioni: stanno tutti guardando sul ramo di un albero di Marula da cui penzolano i resti di un impala! La presenza di una preda su di un albero vuol dire solo una cosa: leopardo, il quinto “big five” e quello più difficile da avvistare! Tutti i presenti stanno aspettando proprio lui e ci dicono di guardare un punto in mezzo all’erba alta poco sotto l’albero dove si intravede a malapena una sagoma. Aguzziamo la vista e pazientiamo sperando di scorgere qualcosa. Qualche decina di minuti dopo, tra la delusione mista ad ilarità generale, si decide a spuntare il musetto di una iena che ha sicuramente adocchiato la preda. Dal fuggi fuggi di macchine a cui assistiamo capiamo che se una iena ha osato avvicinarsi alla sua preda significa che il leopardo è al momento lontano e rimettiamo in moto anche noi dopo aver fotografato la scena. Siamo davvero vicinissime a Satara ormai e la delusione per non essere riuscite a vedere il leopardo viene un po’ dimenticata quando avvistiamo, questa volta da vicino, dei bellissimi esemplari di sciacallo appena prima di svoltare a sinistra verso il campo. Anche questa terza giornata al Kruger è ormai finita, all'appello manca sempre il leone e, anche se di poco, il leopardo ma almeno sappiamo che lui è in zona! Arrivate a Satara verso le 17:00, parcheggiamo e andiamo in reception per il check-in e per prenotare, come deciso, il safari all'alba del mattino con ritrovo all'orario inumano delle 04:45! Ci assegnano la rondavel perimetrale che avevamo riservato da casa: a parità di prezzo la casetta si trova in posizione, appunto, perimetrale e quindi con affaccio verso la alta rete elettrificata che corre tutto attorno al campo, con una bella vista sulla savana. Raggiungere la nostra sistemazione si rivela abbastanza complicato dal momento che tutte le casette sono organizzate a gruppi disposte in cerchio e la viabilità a senso unico diventa in alcuni momenti davvero labirintica. Per andare e venire ci toccherà impostare il navigatore sull’App Maps.Me! La rondavel di Satara è decisamente più confortevole di quella di Skukuza e ha un aspetto meno polveroso. Il bagno è sempre molto sacrificato ma i letti sono tutto sommato comodi e le lenzuola pulite e noi ci sistemiamo e rinfreschiamo un po’. Dal momento che il ristorante chiude presto e che domani ci attende un’alzataccia decidiamo di andare subito a mangiare. Le opzioni di ristorazione a Satara sono il Tindlovu Restaurant, un franchising della tipologia steakhouse e l’omonimo take away, che però chiude alle 18:00, essendo più che altro una caffetteria. Ci accomodiamo quindi all’interno del ristorante perché all’aperto per noi fa già freddo e ordiniamo due cheese burger con una porzione di insalata e una di patatine fritte. Dal momento che non le hanno alla spina, ci consigliano delle birre in bottiglia prodotte da un’azienda del Capo, la Karoo Craft Breweries. Le birre sono ottime e portano i nomi di alcuni animali iconici del Sudafrica: Impala, Kudu, Jackal e Oryx. Prendiamo una Oryx e una Impala: domani avremo modo di provare le altre! I cheese burger sono buoni ma esageratamente conditi, in particolare il pane sembra marinato nel burro fuso: ci vorrebbero non pochi giri di corsa lungo il perimetro del campo per smaltirli! Inutile dire che rimpiangiamo il Cattle & Baron di Skukuza! In ogni caso, come consuetudine, spazzoliamo tutto e piene da scoppiare rientriamo in casetta. Lungo il vialetto ci imbattiamo in un gigantesco “coso” di colore bianco e nero che passa come un razzo davanti alla macchina e che non riusciamo a fotografare neanche con il cellulare. Illustrazioni alla mano, appuriamo che non si tratta di una puzzola, come inizialmente avevamo pensato, bensì del ben più grande tasso del miele! Non avrei mai detto che dal vivo potessero avere quelle dimensioni, leggendo una breve descrizione su internet scopriamo che può essere anche parecchio aggressivo se minacciato! Meglio quindi lasciarlo in pace e rincasare. Andiamo a dormire non più tardi delle 21:30 e puntiamo la sveglia alle 04:20 per il safari all’alba: cosa non si fa per questi (benedetti) leoni! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Sul momento tanta “ansia” per i big che ancora non riuscivamo a vedere ma ora, a freddo, ogni giornata è stata bellissima e sempre molto ricca e varia. Tantissima nostalgia! L’espressione “fatti li c*** tua”! Nelle giornate successive abbiamo dovuto penare...non poco! 😅 Soprattutto considerando che stando ai dati statistici i ghepardi nel Kruger sono circa 400 e i leoni più di 1000! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Ma siete in Madagascar proprio ora!! Filetti al pepe a Km 0!! Buon viaggio!! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
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Domenica 01/07 La sveglia suona alle 5:15 ma ci svegliamo tutto sommato riposate, ieri sera siamo crollate prestissimo e abbiamo dormito le nostre brave otto ore. Ci alziamo e vestiamo velocemente e in pochi minuti siamo in auto. Fuori è ancora buio, avviamo il motore e in poco tempo siamo al cancello di ingresso dove troviamo già qualche auto incolonnata davanti a noi. Aspettiamo le 5:30, orario di apertura del gate, mangiando qualche biscotto e bevendo un succo di frutta. Nel giro di pochi minuti i ranger aprono e usciamo dai confini di Skukuza. Ci rendiamo presto conto che a quest’ora ci sono dei safaristi davvero determinati nel fare avvistamenti: quelli davanti a noi, a bordo di un SUV enorme, sono muniti di potenti torce che proiettano fari lunghissimi ai lati della strada nella speranza di individuare un bagliore di occhi. Li seguiamo per un po’ auspicandoci che siano fortunati, stiamo percorrendo l’H4-1 lungo il corso del fiume Sabie dove ci godiamo le prime luci dell’alba, ma vediamo solo una famiglia di faraone mitrate che pigola in mezzo alla strada. Al bivio noi restiamo sulla H4-1 direzione sud: vogliamo esplorare la zona di Lower Sabie dove ieri mattina qualche fortunato è riuscito addirittura ad avvistare una leonessa con i cuccioli. L’H4-1 è una delle strade più belle del Kruger, molto panoramica perché scorre praticamente sulle rive del fiume Sabie, in questo punto ancora ricco di acqua e punteggiato da macchie di vegetazione e canne da zucchero. Rallentiamo più volte per ammirare il sole che ormai fa capolino dal versante est del fiume. Poco dopo l’Nkhulu (!) Picnic Site, ci imbattiamo in una lunghissima colonna di elefanti che sta attraversando la strada, con ogni probabilità diretta al fiume: sono tantissimi, almeno una quindicina, e ci sono anche molti cuccioli davvero piccoli! E' uno spettacolo osservarli mentre attraversano la strada: la mandria sembra rispettare un ordine rigoroso che prevede che attraversino prima gli esemplari più grossi, seguiti dalle mamme con il cucciolio e poi chiudono altri esemplari più cresciuti. I cuccioli sono meravigliosi: alcuni attraversano timorosi stando bene sotto le zampe delle madri mentre altri giocano e si stuzzicano, sempre sotto lo sguardo vigile degli adulti Per fortuna siamo a distanza di sicurezza e abbiamo tutto il tempo per vederli sfilare davanti a noi: una visione meravigliosa che ci godiamo per circa mezz'ora, forse il branco più bello che vedremo durante tutto il viaggio. Elefantini che giocano Elefantino che fa l'agguato all'uccellino Dopo che anche l’ultimo pachiderma è passato, sparendo nel bush alla nostra sinistra, decidiamo di proseguire e, dopo pochi chilometri, svoltiamo sulla destra fermandoci letteralmente sulle rive della Sunset Dam, una pozza molto conosciuta a giudicare dal quantitativo di auto che vi sta sostando. In effetti si assiste ad uno spettacolo piuttosto vario, in mezzo alla pozza c’è un albero secco i cui rami contorti ospitano un quantitativo indefinibile di nidi di cicogne Yellowbilled, sotto l’albero sonnecchia una numerosa colonia di ippopotami, a pelo d’acqua e sulle rive, invece, scorgiamo tantissimi coccodrilli, e gli onnipresenti impala. Non propriamente il luogo adatto per farsi una nuotata! Fermiamo il motore e ci godiamo il momento scattando diverse fotografie a questa spettacolare scenografia naturale. Con l'aiuto delle immagini della guida identifichiamo poi anche un airone cenerino e un falco giocoliere. Cicogne Yellowbilled Falco Giocoliere Airone Cenerino altre Cignone Yellowbilled Cosa non daremmo per un bel caffè adesso! Ormai il sole si è alzato e facciamo tappa al vicino Lower Sabie Rest Camp, uno dei più gettonati del Kruger perché zona frequentata abitualmente dai felini, dove infatti non siamo riuscite a trovare posto al momento della prenotazione. Parcheggiamo nell’ampio zona riservata ai visitatori di passaggio e andiamo alla caffetteria Mug & Beam dove ci gustiamo un muffin alla banana gigante e due belle tazze di caffè. Ristorate dalla colazione ci rimettiamo in marcia con l’intenzione di percorrere la S28, la Nhlowa Road, che attraversa una zona di aperta savana caratterizzata da immensi spazi aperti e poca vegetazione. La strada è sterrata ma in buone condizioni, la percorriamo a basse velocità sperando di avvistare dei movimenti nell’erba alta ma di felini neanche l’ombra anche se, in particolare lungo i letti asciutti di qualche torrente minore che taglia la strada, troviamo tracce di carcasse di animali. La fortuna non è proprio dalla nostra per i predatori ma, in compenso, avvistiamo molti erbivori: giraffe, zebre, gnu e impala e un bell’esemplare di struzzo che svetta alto sull’erba. Impieghiamo almeno un’ora e mezza per percorrere tutta la S28, scrutando in religioso silenzio da un lato all’altro del finestrino, sperando di avvistare qualche bel leoncino che si gode l’ombra dei pochi alberi presenti. Impala "monocorno" Un po’ deluse dalla "penuria" di avvistamenti, ci ricongiungiamo più a sud con la strada asfaltata nei pressi di Crocodile Bridge dove, però, non ci spingiamo dal momento che la zona intorno al fiume è per lo più rinomata per avvistamenti di ippopotami (alla Hippo Pool) e coccodrilli. Li abbiamo già ampiamente visti entrambi e ora vogliamo i predatori! Una volta sulla H4-2 svoltiamo a nord per tornare verso Lower Sabie. L’orario è quello più caldo e a parte la bellezza sterminata della savana non scorgiamo nulla. La riflessione che faccio "a freddo", scrivendo il diario, è che il viaggio meriterebbe anche solo per i bellissimi paesaggi africani ma quando si è all'interno di queste meravigliose riserve sale una tale voglia di avvistare più fauna possibile, in particolare i “big five”, che quasi ci si dimentica del contesto tanto si è concentrati sugli animali. Tornate quindi nei pressi di Lower Sabie improvvisamente dopo una curva incappiamo in un discreto assembramento di macchine, almeno una decina, ferme sul lato destro della strada, nel senso di marcia opposto al nostro. Ci accostiamo ad una delle ultime auto e abbassiamo il finestrino per chiedere di che cosa si tratta. A giudicare dall'ingorgo deve essere qualcosa di molto interessante ed infatti una signora ci risponde “Cheetah!”, ghepardo! Entusiaste ci guardiamo attorno per cercare di guadagnare uno spot di osservazione, proprio davanti a noi una macchina decide di liberare la postazione e noi ci fiondiamo: da qui non ci sposta più nessuno! E li vediamo: quattro ghepardi accucciati all'ombra di un grosso arbusto a meno di cinque metri dalla strada! Che meraviglia, ci sporgiamo dai finestrini e scattiamo a più non posso: sono assolutamente consapevoli della presenza di auto tutto intorno a loro ma sembrano totalmente placidi e tranquilli. Sono bellissimi: non avevamo mai visto questo animale se non nei documentari e ha proprio l’aspetto di un gattone selvaggio. Il gruppo è sonnacchioso, ad eccezione di un esemplare che ad un certo punto si alza, facendo fluttuare la lunga coda, e si siede poco lontano dagli altri, di vedetta. Stiamo lì tantissimo tempo ad osservarli e fotografarli, completamente rapite. Non saranno i leoni ma è un avvistamento per noi assolutamente eccezionale e ci stupiamo di averlo fatto in queste ore centrali della giornata, quando i predatori dovrebbero essere meno attivi. Che fortuna, non vorremmo più venire via! Felicissime, dopo almeno quaranta minuti, ripartiamo direzione Lower Sabie Rest Camp dove sostiamo in un posticino all'ombra e andiamo a mangiarci un gelato rinfrescante sulla terrazza del fiume con vista… ippopotami spiaggiati! Acquistiamo anche una mappa dettagliata del parco che riporta delle belle illustrazioni della fauna e avifauna tipiche del Kruger. Saltiamo l’ora più calda della giornata che oggi è estremizzata dalla presenza di un vento bollente, riprendendo l’esplorazione verso le 14:00, dopo aver fatto il pieno di benzina. Decidiamo di percorrere verso nord l’asfaltata H-10 fino all’incrocio con la H1-2 che ci riporterà verso Skukuza. La H-10 è una strada spettacolare, soprattutto nell’ultimo tratto dove attraversa ampie distese di savana intervallate dal cosiddetto Lebombo Mountain bushveld. Qui osserviamo diverse specie di uccelli mai avvistati prima, tra cui alcuni rapaci, elefanti e una bellissima famiglia di kudu con i piccoli. (forse) Aquila di Wahlberg Granduie doppiabanda Ibis Hadada Sono quasi le 15:00 quando ci ricolleghiamo alla H1-2 direzione Skukuza, siamo piuttosto stanche vista la sveglia ben prima dell’alba di questa mattina e decidiamo di rimandare la “caccia” all'indomani, sperando di essere più fortunate nella zona intorno a Satara, regno indiscusso dei felini del Kruger. Decidiamo anche che, nel caso non dovessimo avvistare i leoni durante tutta la giornata di domani, proprio a Satara ci dedicheremo ai safari guidati. “Rincasiamo” a Skukuza poco dopo le 17:00 senza altri avvistamenti degni di nota (incredibile come dopo un po’ di giorni in Africa zebre, kudu, gnu, babbuini e giraffe non siano più così insoliti!) e ci riposiamo dalle fatiche odierne con una lunga e meritatissima doccia nello striminzito bagno della nostra rondavel. Alle 19:00 siamo di nuovo al Cattle & Baron Restaurant, non esitiamo neanche un minuto e riprendiamo l’eccezionale carne della sera prima: io resto fedelissima al filetto al pepe del Madagascar mentre Chiara “osa” con un filetto flambè al brandy con la carne che viene “incendiata” direttamente al tavolo. Quanto ci mancherà questo ristorante! Dopo cena, con il sorriso della soddisfazione stampato in faccia, ci godiamo un’altra stellata spaziale direttamente dalla terrazza del ristorante. Ci ritiriamo infine nella nostra rondavel dove restiamo sveglie ancora un po’ a rivedere le fotografie della giornata appena trascorsa e a ripassare i punti più significativi del tragitto dell’indomani. Mi addormento sognando i (benedetti!) leoni. -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Sabato 30/06 Oggi finalmente raggiungiamo il mitico Kruger, la più grande riserva del Sudafrica e tra le più iconiche di tutto il continente. Il parco è estremamente esteso ed ospita tutti e cinque i “big five” oltre ad una impressionante varietà di paesaggi, flora e fauna, dalle pianure alla savana alle foreste subtropicali. L’organizzazione della visita all’inizio può sembrare piuttosto impegnativa proprio per l’estensione, la grande diversità degli ecosistemi e, di conseguenza, le praticamente infinite possibilità di pianificazione. La scelta di dedicargli cinque giorni (4 notti) è stata dettata proprio dal desiderio di cercare di coprire più aree possibili massimizzando l’opportunità di avvistamenti. Con cinque giornate a disposizione siamo riuscite a girare gran parte dell’area “sud” (Malelane, Skukuza, Lower Sabie) e di quella “centrale” (Satara, Orpen, Olifants), saltando però completamente e davvero a malincuore la spettacolare zona “nord” (Letaba, Mopani, Punda Maria) per la quale sarebbero serviti almeno altri due giorni. Al di là delle distanze (che rispetto a quanto dichiarato nel sito Sanpark a mio parere sono comunque leggermente sovrastimate quando si percorrono le strade asfaltate) il parco è facile da girare, ci sono indicazioni ovunque e Rest Camp posizionati strategicamente a coprire tutte le aree, oltre ad innumerevoli sistemazioni alternative: dai bush camp alle costose riserve private. Ecco, forse l’unico “rimpianto” (non certo per il portafoglio!) è stato proprio quello di non avere dedicato anche solo una notte ad una riserva privata per la possibilità di fare avvistamenti eccezionali senza macinare chissà quanti km e, soprattutto, a bordo di jeep guidate da esperti che sanno perfettamente dove cercare. Nonostante questo, la modalità del safari self-drive è davvero perfetta per il Kruger e ci ha ampiamente ripagate: da un certo punto di vista, essere riuscite a fare la maggior parte degli avvistamenti “da sole”, anche se in alcuni casi con grande fatica e un po’ di frustrazione, ci ha dato grande soddisfazione. Non è stato invece mai in discussione la scelta di dormire all’interno del parco: pur essendoci una miriade di sistemazioni appena fuori i cancelli di ingresso, nelle gate-away town, dormire presso i Rest Camp offre infinite possibilità in più: nelle ore durante le quali gli altri visitatori si avviavano verso l'uscita noi avevamo solo il compito di arrivare ai campi (che nella stagione invernale seguono gli orari 6 – 17:30) godendoci la luce e il momento migliore, oltre al fatto di poter partecipare ai safari guidati che partono dai campi stessi all'alba, tramonto e in notturna. Tornando al diario, ci svegliamo nella nostra stanza a Malelane con un bel freschetto, ci cambiamo e andiamo subito a fare colazione. Nella cucina troviamo la padrona di casa che ha appena finito di apparecchiare il nostro tavolino e ci serve il caffè. Siamo affamate e ripeto volentieri la colazione salata a base di bacon, pane tostato e uova strapazzate. Troviamo anche tantissima frutta fresca, gli immancabili yogurt, pane e marmellata e succhi freschi, tra cui l’ottimo succo di guava del quale non conoscevamo l’esistenza. Terminata la colazione, carichiamo i bagagli, saldiamo il conto e partiamo alla volta del Malelane Gate che dista appena cinque minuti dalla nostra sistemazione. Dopo pochi km sulla statale svoltiamo a sinistra al cartello che indica l’ingresso del parco: siamo emozionatissime! Il cancello è situato poco dopo il ponte sul Crocodile River dal quale facciamo il primo avvistamento della giornata: una nutrita colonia di ippopotami che ammiriamo in tutta la loro mole mentre emergono dall’acqua. All’ingresso troviamo coda: Chiara parcheggia mentre io mi avvio, munita di prenotazioni stampate da casa, passaporti e dati dell’auto verso la reception. Devo attendere un buon quarto d’ora in fila fuori prima di arrivare al bancone e, nel frattempo, ne approfitto per compilare il modulo di “indemnity”, obbligatorio per chi soggiorna all’interno del parco, dove riporto i dati dei nostri documenti e dell’auto e il numero di prenotazione delle prime notti a Skukuza. Quando arriva il mio turno, il ranger controlla la mia prenotazione, il modulo compilato e mi consegna una brochure del parco e la ricevuta di ingresso che dovremo conservare accuratamente. Anche qui, come all'Hlulhluwe-Imfolozi pagheremo la tassa per il soggiorno direttamente stasera in reception a Skukuza. Torno da Chiara e seguiamo la fila di auto in ingresso che i due ranger addetti ai controlli dei bagagliai fanno però scorrere piuttosto agevolmente e ci immettiamo sulla asfaltata H3. Oggi abbiamo in programma di esplorare il tratto da Malelane a Skukuza, facendo qualche deviazione su sterrata segnalate per i possibili avvistamenti e, una volta arrivate nei pressi del Rest Camp, fare il Sabie Loop al tramonto. Non abbiamo ancora incontrato i felini e contiamo di soddisfare il desiderio proprio qui al Kruger ma, come vedremo, si faranno molto attendere. Dopo poche curve avvistiamo le prime giraffe del parco intente a mangiare e poi svoltiamo subito sulla sinistra per percorrere la S110 e S112 che formano un tratto del Matjulu Loop: qui l’ambiente è quello tipico del Malelane mountain bushveld, caratterizzato da vegetazione fitta e piuttosto etereo genica e punteggiato di grandi blocchi di granito e gneiss. Non siamo molto fortunate con gli avvistamenti e scorgiamo solo dei begli esemplari di kudu femmina, con grandi orecchie curiose. Tornate sulla H3, facciamo poco dopo una deviazione lungo la S118 che segue il corso del Mhlambane River: cerchiamo di spostarci lungo i corsi d’acqua che, seppur quasi totalmente in secca, assicurano la presenza di una vegetazione più ricca con conseguente possibile presenza di erbivori e, magari, anche di predatori. Facciamo un bellissimo avvistamento di una giraffa ENORME e di un altrettanto GIGANTESCO rinoceronte che si sta dirigendo verso l’H3, facciamo inversione e cerchiamo di seguirlo, con la speranza di vedercelo sbucare vicino alla strada ma non abbiamo fortuna e ci dobbiamo accontentare di osservarlo da distante. È stato comunque bellissimo fotografare i due animali vicini. Poco dopo incontriamo anche un bell’elefante solitario di piccole dimensioni che ci attraversa la strada. Nel frattempo, sono le 13 e decidiamo di superare l’Afsaal Picnic Site, il cui parcheggio a quest’ora è stracolmo di macchine, per guadagnarci un po’ di pace e tranquillità ferme sotto l’ombra di una grande acacia lungo il loop Renorsterkoppies (formato dalle strade sterrate S113, S14 e S112). Spegnamo il motore e facciamo un veloce pranzo con frutta, succhi e barrette mentre un gruppo di impala sfila ai lati della macchina. Dopo una pausa di circa 40 minuti, riprendiamo il percorso e vediamo altri impala, nyala, manguste, giraffe con i piccoli e, con qualche sforzo in più di osservazione, anche dei bellissimi uccelli variopinti tra i quali il nostro primo "Zazu", un bucero beccogiallo. Bellissimo! Ci ri-immettiamo nella H3 e arriviamo nei pressi di Skukuza alle 15:00, abbiamo ancora un’ora e mezza per dedicarci al Sabie Loop lungo l’omonimo fiume e quindi, invece di proseguire fino ai cancelli del Rest Camp, svoltiamo a sinistra. Ci imbattiamo subito in un piccolo ingorgo di auto causato dalla presenza sulla strada di una famiglia numerosissima di babbuini che si muove continuamente tra le auto fino a piazzarsi proprio in mezzo al piccolo ponte che collega le due rive del fiume Sabie. Sono vicinissimi e li osserviamo e fotografiamo facendo bene attenzione a non lasciare i finestrini dell’auto troppo abbassati. Vediamo anche un piccolo sul dorso della mamma e un gigantesco maschio con un occhio guercio. Superata l’allegra famigliola di primati, raggiungiamo un secondo ponte che attraversa il fiume Sand dove scorre acqua più abbondante. Del tutto inaspettatamente in mezzo alle canne da zucchero, scorgiamo vicinissime le alte schiene di elefanti che troveremo anche poco più avanti, proseguendo sulla S83. Arrivati all’incrocio con la H12, svoltiamo a destra e poi nuovamente a destra sulla H4-1 che costeggia il fiume Sabie riportandoci verso Skukuza. Qui vediamo, con la bella luce del tramonto, altre giraffe con i piccoli, kudu, un enorme elefante solitario e in lontananza un avvoltoio su di un alto ramo affacciato sul fiume. Prima di raggiungere la deviazione per Skukuza, indirizzati da un’auto di passaggio, riusciamo anche a scorgere in una strada laterale percorribile unicamente dai mezzi dei ranger, una iena maculata che dorme ai piedi di un albero di acacia. Che bella la sensazione di rimanere all’interno del parco e guidare per le sue strade sul finire della giornata! Contente per quest’ultimo avvistamento, arriviamo finalmente a Skukuza dove come consuetudine parcheggiamo di fronte alla reception per il check-in: paghiamo la tassa di soggiorno e ci assegnano le chiavi della nostra rondavel dove dormiremo per due notti. La sistemazione si presenta un po’ vecchiotta e trasandata anche se le lenzuola risultano nuove e pulite e il controllo “ragni e insetti”, che eseguiamo con cura, dà esito negativo. Anche delle cattivissime scimmie sulle quali lo staff alla reception ci ha messo in guardia… fortunatamente neanche l’ombra! Scarichiamo i bagagli dall’auto e ci facciamo una doccia, nel frattempo il sole è ormai tramontato da un pezzo e fuori è buio pesto, ad eccezione della luce del fuoco di chi sta cucinando la carne sugli immancabili braai. Senza indugiare andiamo affamatissime, al ristorante ma trovando il vicino negozio del campo ancora aperto ne approfittiamo per comprare altri succhi e qualche snack scegliendo tra un ricchissimo assortimento di cibo e souvenir. Ci accomodiamo infine all’interno del Cattle & Baron Restaurant, eccellente ristorante con una spettacolare terrazza all’aperto sul fiume Sabie, dove c'è chi cena nonostante la temperatura fresca. L'ambiente è molto curato e pure il servizio ha uno standard elegante, sicuramente non ce lo saremmo mai aspettato nel bel mezzo del Kruger! Ordiniamo due calici di Pinot Nero del Capo e andiamo sul sicuro con 200 grammi di filetto al pepe del Madagascar con una porzione di insalata e una di patate al forno. La carne ci viene servita su un tagliere di legno e, oltre a i contorni che abbiamo scelto, ci offrono spinaci al burro e quella che pensiamo essere purea di zucca, buonissima. La carne è incredibilmente tenera e cotta alla perfezione. Non esito nel dire sia il miglior filetto che abbiamo mai mangiato. Finiamo la cena in bellezza ordinando un Irish coffee con l’Amarula invece che il Whisky! Consigliatissimo! Il conto, comprensivo di mancia, si aggira intorno ai 32 euro in due. Satolle e felici ci attardiamo ancora un po’ fuori dal ristorante per utilizzare il loro Wi-Fi gratuito e poi rientriamo nella nostra casetta alle 21 circa. Puntiamo la sveglia alle 5:15: siamo determinate a sfruttare l’alba per vedere i felini… chissà! Buonanotte Skukuza, buonanotte Kruger! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
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Venerdì 29/06 Oggi ci svegliamo con tutta calma verso le 8 del mattino dopo una notte riposante. Andiamo a fare colazione all’Hippo Haunt Restaurant dove troviamo allestito un egregio buffet dolce e salato, che paghiamo separatamente come la cena della sera prima. Ci serviamo di un po’ di tutto sedute ad uno dei tavolini della terrazza sopraelevata con un bel sole già alto nel cielo e molto caldo. Questa riserva è davvero un’oasi di pace e tranquillità: dopo colazione facciamo una passeggiata nei pressi del campo percorrendo a piedi un tratto del sentiero che costeggia le rondavel e si allontana lungo il Chubecka Trail e scattiamo qualche fotografia ad un gruppo di zebre vicinissime che al nostro passaggio continua a brucare indisturbato. Sono davvero belle, il manto è talmente lucido che quasi viene il dubbio che siano state appena strigliate... invece sono loro che si puliscono e grattano contro le cortecce degli alberi! Tornate alla nostra rondavel carichiamo l’auto riordinata di tutto punto e facciamo il check out. In macchina verso l'uscita ci attardiamo lungo la miriade di strade sterrate secondarie che si perdono nelle grasslands della pianura di Mlilwane. Qui avvistiamo tanti gnu con lunghe criniere che risplendono al sole, imponenti. Che meraviglia, è difficile descrivere il senso di rilassatezza che trasmette questo posto: è come trovarsi in un giardino immenso ma al tempo stesso perfettamente a misura d’uomo. Ultimato il giro, imbocchiamo la via verso l’uscita dalla riserva, che lasciamo a malincuore. Sono le 12:00 quando ci immettiamo nella MR3 che ci porterà a nord. Il tratto da Lobamba fino alla capitale, Mbabane è piuttosto trafficato e l’autostrada sale in un susseguirsi di ampie curve. Per uscire dallo Swaziland percorreremo la MR1 che collega Mbabane alla frontiera di Jeppe’s Reef, quest’ultima situata a soli 30 km dall'ingresso sudovest del Kruger National Park, quello di Malelane, dove dormiremo stanotte. In fase di programmazione ho trovato poche informazioni su questa bella area dello Swaziland ma i pochi pareri letti su diarii e forum online consigliavano all'unanimità di scegliere questa strada per godere di una deviazione insolita e lontana dal “turismo di massa”: la Malolotja Nature Reserve. La riserva si trova infatti circa a metà della MR1 ed è un’enorme area completamente selvaggia, caratterizzata da alte colline ondulate che sembrano la schiena di un gigantesco animale preistorico. Paesaggisticamente la riserva offre il meglio durante l’estate australe quando le colline si ricoprono di erba verde brillante, tuttavia non mi sono affatto pentita della scelta di visitarla anche in inverno: le rocce che costituiscono questo gruppo montano sono tra le più antiche dell’Africa e proprio questo senso di immobilità, antichità e misticismo ha caratterizzato la nostra seppur breve visita. Tornando al diario, dopo aver superato Mbabane svoltiamo sulla MR1 ed impieghiamo circa mezz’ora per arrivare all'ingresso della Malolotja. La strada è molto bella e si respira un’aria campestre e rurale: sembra quasi di essere in Umbria o Toscana in alcuni tratti. L’ingresso della riserva è costituito, come di consueto, da una piccola costruzione che funge da guardiania dove un’addetta ci fa compilare un modulo con i dati della macchina e lo scopo della visita. Da qui la strada sterrata si perde tra le colline: il paesaggio è lunare, ci sono ampie zone ricoperte da erba gialla e altre dove è nera e bruciata. Apprendiamo che in alcune stagioni i ranger sono soliti effettuare incendi controllati per dare modo alla flora di rigenerarsi. Visivamente il risultato è stupefacente e il contrasto di colori davvero suggestivo. La strada è sterrata e dobbiamo prestare molta attenzione al fondo, con un’utilitaria la guida sarebbe stata decisamente più difficoltosa. Raggiungiamo un bel tratto punteggiato da massi enormi tra i quali avvistiamo un nutrito gruppo di blesbok, una specie di antilope con una striatura bianca sul muso che non vedremo più altrove ed un bel nyala maschio. Arriviamo alle 14:00 al Logwaja Viewpoint, il più iconico della riserva, dopo un breve tratto a piedi (non ci fidiamo infatti a percorrere i 500 metri che portano al parcheggio del punto panoramico in quanto la strada ci sembra troppo dissestata). Ci sediamo sulla sgangherata panchina in legno e pranziamo a base di frutta, cracker e barrette. Siamo solo noi e la vista è bellissima, una serie di colline “gobbe” che si perde verso nord. Ci godiamo la pace mistica del posto contente di aver raggiunto questo piccolo e remoto angolo di Africa. Purtroppo il tempo stringe e siamo costrette a ripercorrere a ritroso la strada di ingresso: ci rimettiamo in auto verso le 15:00 e, una volta uscite dalla riserva, proseguiamo sulla MR1: la strada diventa un susseguirsi di saliscendi e curve, alcune anche strette, ma quello che rende la guida un po’ ostica sono le buche che in questo tratto sono onnipresenti. Proseguiamo con cautela fino all'anonima cittadina di Jeppe’s Reef dove ci fermiamo a fare benzina e liberarci degli ultimi contanti in valuta swazi. Arriviamo quindi alle 16:00 circa alla frontiera e lo spettacolo che ci si para davanti è completamente diverso da quello sperimentato qualche giorno prima. La frontiera swazi è poco più grande di un ufficio postale ma quello che ci impressiona è il quantitativo di gente che c’è! Lasciamo a fatica la macchina perchè il parcheggio è letteralmente invaso di auto e addirittura pullman che scaricano una marea di persone e alla frontiera c’è già una lunga coda! Ci mettiamo in fila anche noi, un po’ a disagio perché siamo le uniche turiste in mezzo a centinaia di locali, ci colpisce il fatto che molti di loro sono completamente scalzi e alcuni indossano copricapi tipici, quasi tribali. In mezzo a questo autentico folklore locale, cerchiamo di avere un atteggiamento rilassato e di non dare troppo nell'occhio. Naturalmente in meno di due minuti ci si avvicina un ragazzo swazi, in coda pure lui, che inizia a farci il terzo grado offrendosi di accompagnarci personalmente al Kruger! Scambiamo due chiacchiere di cortesia, io sono più che altro preoccupata per l’orario e per le condizioni della strada più avanti, se dovessimo mai trovarci a percorrerla con il buio. Fortunatamente, però, la coda scorre abbastanza velocemente e quando riusciamo ad entrare nel minuscolo ufficio, l’addetto non vede l’ora di controllare i nostri passaporti e scoprire da dove veniamo. Quando gli diciamo che siamo italiane quasi si mette a saltare dalla sorpresa, evidentemente questa non è AFFATTO una frontiera trafficata dai turisti! Riceviamo il nostro timbro in uscita e riprendiamo la macchina, consegnando il solito foglietto di ricevuta al poliziotto di guardia. Dopo pochi metri raggiungiamo la frontiera sudafricana dove compiamo nuovamente tutta la trafila: parcheggio, coda (qui decisamente più breve), timbro in entrata, fila per il controllo del bagagliaio (che noi saltiamo perché anche il poliziotto sudafricano non vede l’ora di guardare i nostri passaporti italiani) e… via verso Malelane! Arrivederci piccolo, autentico, meraviglioso Swaziland! Per fortuna la strada torna ad avere gli standard e i limiti di velocità sudafricani: percorriamo in una quarantina di minuti i chilometri che ci separano da Malelane, dove arriviamo comunque con il sole ormai tramontato da un bel pezzo ma in totale sicurezza. La cittadina è piuttosto anonima con la via principale che non è altro che la prosecuzione della strada statale, una serie di catene di ristoranti, benzinai e sistemazioni per i turisti. La nostra guest house Hhusha Hhusha, la prima dopo giorni di rondavel (!), si trova però in una via laterale ed è piuttosto graziosa. Mentre Chiara è intenta a fare una complicata manovra per infilare l’auto tra due enormi fuoristrada, io faccio il check-in con il proprietario, un omone dalle chiare origini tedesche/olandesi, che mi mostra la cucina a disposizione degli ospiti, la camera e il giardino con piscina. Qui troviamo la deliziosa sorpresa di quello che lui definisce “honesty bar”: una casupola in stile quasi hawaiano con un bel bancone in legno, poltrone in vimini, sdrai, tavolini e, a completa disposizione degli ospiti, due ampi frigoriferi pieni zeppi di birre, soft drinks e liquori. Chiunque può liberamente servirsi o prepararsi un cocktail avendo cura di segnare quello che ha consumato in un piccolo libricino. La sistemazione è davvero confortevole, la camera molto pulita, fresca e con un bel bagno spazioso. Facciamo una doccia ristoratrice e poi ci rilassiamo a bordo piscina dopo aver preso due Castle Lager ghiacciate dal fornitissimo bar. Approfittiamo del Wi-Fi gratuito per sentire casa e ci godiamo la temperatura mite indossando le felpe. Che relax! Siamo stanche ma anche parecchio affamate quindi riprendiamo la macchina e ci dirigiamo allo Spurs Steak Ranch, una catena sudafricana di steakhouse molto diffusa, già individuata in fase di programmazione tramite il sempre utile TripAdvisor, non che l’offerta dei ristoranti a Malelane sia così ampia... Parcheggiamo davanti al ristorante alle 21:00 e dentro è praticamente vuoto. Prima di accomodarci, approfittiamo del negozio annesso al benzinaio dall'altro lato della strada aperto 24h per attrezzarci in vista dei prossimi giorni al Kruger (in realtà sia a Skukuza sia a Satara troveremo un fornitissimo negozio con prezzi assolutamente allineati con i supermercati locali). Compriamo un paio di galloni di acqua, barrette, pane, cracker, patatine e un po’ di frutta fresca, tra cui le immancabili bananine. Caricato tutto in auto ci fiondiamo nella steakhouse prima che ce la chiudano davanti! Come consuetudine, troviamo il gentilissimo personale pronto ad accoglierci: siamo solo noi ad eccezione di un gruppo di turisti nella zona fumatori. Ordiniamo subito ad una giovanissima cameriera due cheeseburger con bacon e patatine fritte dolci. Il servizio è velocissimo e i panini buoni, spazzoliamo tutto in men che non si dica, facendo anche onore alle due ulteriori pinte di Castle Lager che abbiamo oridnato, paghiamo il conto e torniamo dritte in guest house. Qui dopo un’ultima sistemata alle macchine fotografiche, crolliamo vinte dalla stanchezza. Domani è il grande giorno del Kruger National Park: ci attendono 4 giorni pieni di safari! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
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Giovedì 28/06 – 2° parte Percorriamo i chilometri che ci separano dal Mlilwane Wildlife Sanctuary con ancora negli occhi e nel cuore le emozioni appena vissute a Mkhaya. Guido mentre Chiara, ancora in adrenalina, telefona a casa e racconta tutto d’un fiato la magnifica avventura al cospetto dei rinoceronti. Il traffico è piuttosto sostenuto rispetto a quello incontrato finora e arriviamo all’incrocio con la MR3 dopo qualche rallentamento dovuto a lavori stradali, svoltiamo a sinistra in direzione Manzini e incrociamo una pattuglia della polizia locale che ci fa cenno di accostare. Si avvicina un giovane in uniforme che si presenta con un gran sorriso, mi chiede di fargli vedere la patente italiana e si informa da dove arriviamo e dove siamo dirette, rispondiamo con cortesia e lui ci saluta sbracciandosi, dicendo che lo Swaziland è un bellissimo paese e di goderci la vacanza. La gentilezza di questo popolo è davvero disarmante. Proseguiamo fino a Manzini che, insieme alla capitala Mbabane, è la più importante città dello Stato. Attraversiamo la via principale dove ci sono tantissime persone e bancarelle con musica a tutto volume. Parcheggiamo vicino ad una banca perché siamo rimaste senza contanti, avendo dovuto saldare cash il conto a Mkhaya. Preleviamo, per qualsiasi evenienza, l’equivalente di una ventina di euro in valuta locale: occorre ricordare che gli Lilangeni, pur avendo un cambio 1-1 con il rand sudafricano, sono accettati solo in Swaziland. Proseguiamo e in poco più di un’ora e mezza arriviamo all’ingresso del Mlilwane Wildlife Sanctuary, una piccola riserva ma la più antica dello Swaziland che sorge ai piedi di un gruppo di montagne e che ospita unicamente erbivori con nutrite mandrie di zebre, gnu e tantissime specie di antilopi. Essendo priva di predatori, le sue innumerevoli strade sterrate secondarie sono percorribili a piedi, a cavallo o in bicicletta facendone una destinazione molto gettonata, anche per i locali. Mlilwane è anche molto bella paesaggisticamente, soprattutto i contrasti di colore la fanno da padrone: la terra arancione, quasi rossa, grandi pianure di erba secca gialla, macchie di vegetazione tropicale in corrispondenza di un lago artificiale. Superiamo il cartello di benvenuto che riporta una frase di Ghandi “La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali” e parcheggiamo di fronte alla costruzione che ospita la reception. Paghiamo la tassa di soggiorno per la notte e acquistiamo la mappa cartacea della riserva. Mostriamo lo scontrino ad un vecchietto sdentato in uniforme da ranger che a mano ci sposta il cancello di ingresso ed entriamo. La strada è completamente sterrata ma il fondo sabbioso è perfetto, dopo poche curve ci troviamo letteralmente immerse nell’erba alta con varie tipologie di antilopi che brucano da tutte le parti. Il contesto è davvero incantevole. Arriviamo verso le 11 nei pressi del Mlilwane Rest Camp principale che è piuttosto grande: ci sono una decina di rondavel in muratura affacciate sulla vallata, dove alloggeremo noi, una zona dove è possibile pernottare in costruzioni più tradizionali a capanna disposte in cerchio, un’area attrezzata per chi campeggia, la reception con maneggio e il ristorante. Parcheggiamo e ci dirigiamo alla reception dove lo staff ci informa che la nostra stanza è già pronta consegnandoci la chiave di ingresso. Acquistiamo, a circa 3€, anche un pass per il Wi-FI che è disponibile solo nei pressi di questo edificio. Una ragazza della reception mi accompagna a piedi alla nostra sistemazione mentre Chiara fa manovra e parcheggia accanto alla casetta, proprio come se fosse un motel. La rondavel ci soddisfa molto, è spaziosa, pulita e anche il bagno e grande, con doccia separata da wc e lavandino. C’è anche il frigo e una piccola cucina, all’esterno non manca il caratteristico braai e, proprio di fronte alla porta di ingresso, abbiamo anche a disposizione un piccolo patio con due comodissime sedie “stile canadese”. La vista spazia sulla valle sottostante dove pascola tranquillo un piccolo gruppo di zebre. Che pace! In confronto alle sensazioni bellissime ma wild dello Stone Camp questa sistemazione ci sembra un resort a 5 stelle! Approfittiamo del fatto di avere già a disposizione la stanza e dell’orario per fare un po’ di pulizia dentro la macchina, portiamo dentro i bagagli e li riordiniamo dopo che stamattina, venendo via dallo Stone Camp abbiamo cacciato malamente il vestiario pesante da safari. Ci godiamo infine un po’ di relax e la vista sedute comodamente nel patio esterno. Siamo indecise su come visitare la riserva e andiamo a dare un’occhiata nei pressi della reception. Le biciclette sono tutte prenotate e fa troppo caldo per camminare, decidiamo quindi di bissare l’esperienza a cavallo prenotando la passeggiata di lungo il Chubeka Trail alle ore 15.00. Approfittiamo un po’ del WI-FI e facciamo una passeggiata nei pressi del camp, seguendo il suggerimento della reception ci presentiamo anche al Hippo Haunt Restaurant, l’unica opzione per cenare all’interno del parco, e prenotiamo un tavolo per due per le 19. Alle 15.00 puntuali siamo al maneggio dove apprendiamo con sollievo che il personale è molto più attento e organizzato rispetto a quello di St. Lucia: ci spiegano il percorso e ci danno alcune indicazioni sui cavalli, aiutandoci a montarli. Facciamo conoscenza con una famiglia italiana che scopriamo essere di… Torino! Ma chi ha detto che non c’è turismo italiano in Sudafrica?! La passeggiata è decisamente più tranquilla di quella sperimentata pochi giorni prima, i cavalli sono molto docili, il mio al limite dell’addormentato, e ci accompagnano lungo un bellissimo giro che si allontana dal camp verso nord e si addentra nelle pianure ricoperte d’erba. Ammirare la grande varietà di gnu e antilopi che punteggiano questa distesa dorata a dorso di cavallo è decisamente una bellissima sensazione. Il ritmo è molto lento e, di fatto, non copriamo una grande distanza ma ci rilassiamo tantissimo. Dopo un’ora siamo già di nuovo in vista del camp, dove arriviamo dopo aver costeggiato lo stretto lago artificiale infestato di…giganteschi coccodrilli. Uno pensa di essere finalmente in un posto sicuro e senza sorprese ed invece l’Africa ti stupisce sempre! Tornate al camp, smontiamo da cavallo e torniamo a piedi alla nostra casetta. Proseguiamo il pomeriggio di relax con una meritatissima doccia (che avevamo saltato ieri a Mkhaya!) e facciamo un piccolo aperitivo finendo cracker e patatine, circondate da nyala che, ma mano che fa sera, si avvicinano al camp per brucare. Questo posto ci sta davvero rigenerando. Ci cambiamo perchè la sera rinfresca sempre e camicia, pile e giacca sono d’obbligo e ci avviamo a piedi al ristorante. La costruzione è davvero caratteristica: completamente aperta e riparata solo da un ampio tetto di legno, i tavoli sono allestiti tutti su di una terrazza sopraelevata tipo palafitta che affaccia su una piccola palude che dicono essere abitata da ippopotami che, però, non abbiamo visto. La cena è a buffet e ci serviamo liberamente di insalata di barbabietola, carne, riso e verdure al vapore. Non è stata la cena migliore della vacanza ma abbiamo apprezzato il fatto che fosse tutto molto… casalingo. Terminato di mangiare ci dirigiamo vicino ala reception per usufruire ancora un po’ del WI-FI e incappiamo in una famiglia di facoceri che sta dormendo stretta stretta gli uni agli altri completamente addossata alle braci del fuoco ormai spento nel bel mezzo del campo. Al buio abbiamo scambiato i loro corpi grigi e massicci per tronchi e stavamo quasi per mettergli i piedi addosso! Meraviglioso, cose che succedono solo in Africa e per le quali, dopo quasi una settimana di viaggio, ci stiamo inconsciamente già facendo l’abitudine! Torniamo tranquille verso la nostra rondavel, ci godiamo un ultimo sorso di Amarula e andiamo a dormire completamente rilassate, ci voleva proprio una giornata improntata con ritmi un po’ più bassi! Domani avremo ancora tutta la mattina a disposizione per esplorare la riserva di Mlilwane e poi sarà tempo di dirigerci verso nord e tornare in Sudafrica per prepararci all'incontro con il mitico Kruger! -
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Giovedì 28/06 – 1° parte Mi sveglio che è ancora buio ma ora distinguo chiaramente i rumori e suoni del bush che inizia ad animarsi. Mi alzo scostando il pesante piumone: la carbonella sul fondo del letto è ancora calda! Mentre vado in bagno sento uno scricchiolio di passi, o meglio, di zampe. Ho solo il cellulare con me, lo uso come torcia ma riesco ad illuminare pochissimo oltre la bassa parete in pietra. Vedo solo i contorni degli arbusti ma sono sicura che c’è qualcosa lì fuori che si avvicina salvo poi trotterellare via quando punto la torcia del cellulare nel tentativo di capire cos’è. Sto qualche minuto in attesa e ad un certo punto mi sembra proprio di distinguere una lieve gobba e un collo proteso in avanti che si allontana. Ma è il colore del mantello a sorprendermi: maculato! Sono quasi certa di aver visto una iena! Torno nel letto senza dire nulla a Chiara per non allarmarla ma in effetti mi sento in prima persona relativamente tranquilla: la iena, o qualunque cosa fosse, sembra aver deciso di girare al largo, mentre iniziano a distinguersi chiaramente i rumori del camp che si risveglia: voci, il motore della jeep, stoviglie. In poco meno di mezz’ora, infatti, una delle donne swazi dello staff percorre il nostro vialetto e ci dà il buongiorno depositando un grande vassoio con the, caffè e biscotti. Gustiamo una tazza di caffè bollente mentre ci vestiamo a più strati con camicia pesante, pile, giacca a vento, copri collo e cappello di lana: in pochi minuti siamo pronte per il safari dell’alba! Ci troviamo tutti alla jeep alle 5:45, non è più così buio ma manca almeno mezz’ora all’alba vera e propria. Salutiamo la coppia di sudafricani, che alla nostra domanda su come sia stato passare la notte così, ci risponde in coro “Diversa!”, e saltiamo a bordo accompagnati da Subusiso. Come ieri ci posizioniamo sui sedili posteriori per avere più libertà di movimento e partiamo alla volta del bush! Arriviamo al cancello che delimita il camp e entriamo nella riserva, dopo poche curve improvvisamente la signora sudafricana, che si rivelerà un vero e proprio cecchino negli avvistamenti, urla “Stop!”. Ci guardiamo attorno e scorgiamo, in una stradina laterale, proprio un bellissimo esemplare di… iena maculata! Ah ma allora non stavo sognando! È la prima che vediamo e ci guarda fisso fisso con gli attenti occhietti neri e le orecchie tonde da orsacchiotto che si muovono ritmicamente avanti e indietro. Resta immobile per un istante interminabile e poi corre a nascondersi dietro un cespuglio, ma subito ecco che rispunta con quel muso curioso. Bellissima! Riprendiamo l’esplorazione della riserva con Sibusiso che si infila in strette strade sterrate, cerco di visualizzare mentalmente il percorso ma finisco per perdere completamente l’orientamento. Arriviamo infine vicinissimi ad un gruppo di tre altissime giraffe intente a brucare i rami più teneri di una pianta di mopane e nel frattempo incrociamo l’altra jeep carica del gruppo di avi-fotografi professionisti. Sibusiso e l’altra guida si scambiano rapide informazioni in swazi ma purtroppo anche loro non stanno riuscendo ad avvistare i rinoceronti. La nostra guida però non si perde d’animo e riprende la sua “caccia” attenta. Svoltiamo a sinistra su un rettilineo più ampio di quelli sinora percorsi, lungo un centinaio di metri, che sembra scomparire nel bush. Rallentiamo e Sibusiso si ferma quasi a ridosso di un gigantesco mucchio di…cacca fresca. Si gira e ci dice di fare silenzio mettendosi in ascolto, scrutiamo il bush alla nostra destra e Sibusiso ci indica una direzione: faccio fatica, un po’ per la scarsa luce un po’ perché la vegetazione è davvero fitta ma alla fine la posizione sopraelevata a bordo della jeep ci ripaga. Praticamente dal nulla, vedo materializzarsi il corno di un rinoceronte a neanche cinque metri da noi, che avanza come se fosse la pinna di uno squalo. Contemporaneamente sento Chiara che si volta e mi tocca il braccio: un altro rinoceronte è appena spuntato da dietro la jeep e ci scruta nascosto dietro un cespuglio ma con le zampe anteriori già sulla strada. Ci studiamo per quelli che sembrano minuti interminabile e scatto un sacco di fotografie mentre Chiara li riprende. Sono bellissimi e soprattutto a due passi da noi. Sibusiso ci spiega che siamo fermi però in un punto sbagliato ovvero troppo vicini ai loro escrementi che, di fatto, segnalano il loro territorio. Ci intima di sederci e riparte lentamente per fare un’inversione a U e tornare verso di loro fermandosi in un punto migliore: noi non stacchiamo gli occhi dai rinoceronti per seguire ogni loro movimento e li vediamo attraversare la strada per poi scomparire dall’altra parte. Avvertiamo Sibusiso che, una volta fatta inversione, torna indietro. A quel punto senza dirci una parola, spegne la macchina, scende e si avvicina a noi quattro, guardandoci dal basso verso l’alto. Quasi bisbigliando, come se fosse un segreto, ci dice: “Allora, avete visto abbastanza o volete di più?” So già che cosa ci sta proponendo: di seguirlo a piedi a stanare i rinoceronti! Gli chiedo se è certo che sia sicuro muoversi a piedi, lui mi guarda serio e poi sorridendo mi risponde “You need to trust this man! Devi fidarti di quest’uomo!” e si punta un dito sul petto. Affare fatto, Sibusiso! Scendiamo lasciando gli zaini nella Jeep e portando solo le macchine fotografiche e ci incolonniamo dietro di lui: io, Chiara, la signora sudafricana e chiude la fila il marito. Non ci credo che stiamo seguendo a piedi un ranger nel bel mezzo di una riserva in Swaziland! Sono felice, sono viva! Stringo forte l’obiettivo della macchina fotografica e sento le mascelle farmi male per la tensione, per l’eccitazione e per l’autentica contentezza di avere il grande privilegio di fare un’esperienza del genere. Seguiamo Sibusiso senza parlare né fare rumore, metto i piedi esattamente dove li mette lui e mi accorgo di quanto è morbida e sabbiosa la terra, di quanto alto è il bush visto “da dentro” e non dalla macchina. Sibusiso la prende alla larga, ripensandoci penso abbia fatto in modo di tenere il gruppo sopravento rispetto a dove si aspettava di trovare i rinoceronti, in modo tale da dare loro la possibilità di “annusarci” e renderli consapevoli della nostra presenza. Percorriamo quindi un semicerchio per cinquanta-settanta metri e poi arriviamo in una piccola radura. Sibusiso ci fa posizionare vicini, in fila uno dopo l’altro e ci fa segno di abbassarci. E qualche secondo dopo… eccoli. La coppia di rinoceronti di prima spunta a meno di tre metri da noi, illuminata come in una visione dai primi raggi del sole. Da questa prospettiva sono enormi. Sibusiso, vicino a me, mi bisbiglia “foto, foto, foto …” e io scatto come posso, come riesco, completamente rapita da questa incredibile situazione. Improvvisamente, il rinoceronte che era rimasto più in disparte, avanza verso il compagno con due piccoli passi trottati, quasi sgroppando e Sibusiso, attento ma sempre con un sorriso rassicurante, ci fa cenno di alzarci piano ed indietreggiare. Facciamo qualche passo rimanendo rivolti verso i rinoceronti, poi ci dice di girarci e camminare tranquillamente dietro di lui. Riprendiamo tutti a respirare! Che emozione! Seguiamo Subisiso che ci riporta alla macchina ma non prima di un altro bellissimo incontro ravvicinato: le tre giraffe avvistate prima, a una decina di metri da noi, che fotografiamo con la bella luce del sole ormai levato sopra l’orizzonte. Che mattinata! Quanto ritorniamo alla jeep, tiriamo tutti un sospiro di sollievo, e tra me e me penso che potrei vivere così tutto il giorno tutti i giorni. Completamente appagati e ancora increduli di questa magnifica e inaspettata esperienza, torniamo allo Stone Camp, facendo ancora in tempo a vedere un bellissimo esemplare di kudu. Abbiamo sforato di almeno mezz’ora e siamo in ritardo per la colazione! Quando arriviamo, ci dirigiamo subito verso l’area dove abbiamo cenato la sera prima e ci riaccomodiamo ai nostri tavoli. Ci serviamo al buffet di una generossissima dose di uova all’occhio di bue, bacon, salsicce, yogurt, frutta e beviamo due enormi tazze di caffè. Siamo in piena adrenalina e siamo a mala pena in grado di parlare. Magnifico! Sono ormai le 9:30 di mattina ed è ora di andare. Torniamo alla nostra rondavel a recuperare i bagagli, saldiamo il conto (un centinaio di rand per la tassa di soggiorno della riserva e le birre della sera prima), scriviamo un commosso ringraziamento sul grande libro vicino alla reception dove altri viaggiatori entusiasti hanno lasciato i loro commenti prima di noi e salutiamo il manager. Non sarà Sibusiso a riportarci alla macchina ma il giovane ranger che ci ha accolto ieri. Sembra passato un secolo da quanto siamo arrivati a Mkhaya tante sono state intense le emozioni vissute nelle ultime 24 ore! Salutiamo Sibusiso e ci scambiamo i numeri di cellulare promettendoci di scambiarci qualche foto via Whatsapp e gli diamo anche una generosa mancia per il bellissimo safari che lui accetta con gioia. Lascio lo Stone Camp con un groppo in gola: è, stata indubbiamente una delle esperienze più belle della mia vita e una delle più intense di tutto il viaggio. Percorriamo a ritroso il tragitto dal camp fino alla casa dei ranger dove ritroviamo la nostra macchina, salutiamo la coppia di signori sudafricani con un forte abbraccio, carichiamo i bagagli e ci mettiamo in marcia dietro di loro verso l’uscita sulla MR8. Qui le nostre strade si dividono, loro svoltano a sinistra verso Big Bend e noi a destra verso la nostra meta di oggi. Nonostante le incredibili emozioni e la mattinata super intensa, sono solo le 10 di mattina! Abbiamo relativamente pochi chilometri da percorrere, una novantina circa, fino alla riserva swazi “gemellata” con la Mkhaya, il Mlilwane Wildlife Sanctuary nella valle di Ezulwini. [Continua...] -
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Giovedì 27/06 La notte passa tranquilla anche se ci svegliamo innumerevoli volte, un po’ per il caldo e un po’ perché siamo inconsciamente in apprensione per le bestiole che sentiamo distintamente camminare sul tetto in paglia. Tutte le sistemazioni che sperimenteremo durante il viaggio, ad eccezione delle guest house, saranno infatti tradizionali rondavel, piccoli bungalow dalla forma rotonda, con il tipico tetto in paglia che viene sostenuto da travi in legno piuttosto alte. Naturalmente, sia per l’altezza del tetto stesso sia per la natura del materiale di cui è costituito, la presenza di ragnatele sarà abbastanza all'ordine del giorno. Ad onore del vero, non troveremo mai ragni più grandi di quelli che si troverebbero comunemente in qualsiasi casa di campagna (piccoli e tutti zampe) e non vedremo nessun altro insetto/rettile “strano”. Nonostante ciò, di lì a qualche giorno ci muniremo di una potente bomboletta spray con la quale “disinfestare” l’area ma il timore che qualche ragnetto si cali sul letto di notte non ci passerà mai del tutto! Ci alziamo quindi intorno alle ore 6.00, ben prima della sveglia. Nonostante tutto ci sentiamo riposate perché la sera prima alle 21 stavamo già dormendo! Scostando le tende della portafinestra che dà sul balcone ci accorgiamo dello spettacolo meraviglioso che il sole sta preparando per noi, indossiamo velocemente pile e giacca e usciamo sul terrazzino che affaccia sulle meravigliose colline dell’Hluhluwe. Il sole sta facendo capolino e ci godiamo la nostra prima alba africana che incendia il cielo e l’orizzonte tanto quanto il tramonto del giorno prima. Dopo esserci rinfrescate e cambiate, usciamo dalla rondavel e andiamo a fare colazione. Al contrario della sera prima, troviamo un bel buffet già allestito. Mentre Chiara continua ad andare sul sicuro con yogurt, frutta fresca, succhi e pane e marmellata io non resisto al profumo del bacon, che qui assomiglia molto a quello canadese piuttosto che al bisunto americano, e mi carico il piatto anche di una generosa porzione di uova strapazzate! Tutto molto buono e saporito! Ci troviamo un tavolino con vista e ci godiamo un po’ di meritato relax approfittando del WI-FI per condividere qualche foto e video con gli amici e con casa. Con calma torniamo alla nostra rondavel per chiudere i bagagli: oggi abbiamo tutta la mattinata per esplorare la zona nord, in cui già ci troviamo, ma dobbiamo uscire dalla riserva al massimo per le ore 12.00 in modo tale da coprire i 200 km che ci separano dalla frontiera di Golela/Lavumisa e i restanti 100 km in Swaziland per essere alla Mkhaya Game Reserve puntuali alle 16.00! Mentre io chiudo i bagagli, Chiara resta fuori per fare ancora qualche video ricordo: ci siamo infatti ritrovate tutto il vialetto pieno di faraone caratterizzate da una incredibile cresta "afro" e un piumaggio a pallini quasi fluorescenti. Ad un certo punto, mentre sono chinata sui bagagli, sento una presenza alle mie spalle, mi volto giusto in tempo per notare una scimmia vervet monkey che, in piedi sulle zampe posteriori, è proprio sulla soglia della portafinestra che avevamo dimenticato di chiudere prima di andare a fare colazione. Dopo un interminabile manciata di secondi in cui ci guardiamo come la celeberrima scena de “Il buono, il brutto e il cattivo”, faccio un passo verso di lei con un sonoro “No!”. Fortunatamente la simpaticona decide di indietreggiare giusto lo spazio necessario per permettermi di chiuderla fuori e forse indispettita dal fatto di non essere riuscita ad intrufolarsi in camera decide bene di espletare i suoi bisogni corporali appollaiata sulla ringhiera del nostro balconcino! Finiamo quindi di chiudere i bagagli al sicuro e carichiamo la macchina non senza qualche problema, circondate di scimmie e faraone che schizzano da tutte le parti. Ci dirigiamo poi in reception per il check-out e per utilizzare ancora un po’ il WI-FI rilassandoci sedute al sole della bellissima terrazza. Scorgiamo in lontananza, sulla collina di fronte a noi, due nutriti gruppi di elefanti che sembrano diretti al fiume sottostante. Anche da qui si riconoscono i cuccioli e i grandi maschi adulti. Lasciamo l’Hilltop alle 9 circa e scendiamo lungo la strada asfaltata che collega il camp al Memorial Gate. Facciamo subito una deviazione su di un breve sterrato che porta ad una pan, una pozza di acqua dolce, dove in questa stagione secca ci sono sempre buone possibilità di avvistamenti. Ci imbattiamo, infatti, a distanza molto ravvicinata in un enorme bufalo solitario semi-nascosto nell’erba secca. Riusciamo a fotografare solo le corna ma lo ricordiamo ancora adesso come uno degli avvistamenti più belli per il silenzio e pace assoluta che regnava in quel momento. Ci ricolleghiamo alla strada principale e decidiamo di percorrere il Magangeni Loop, uno sterrato poco più avanti. Chiara, che è alla guida, mi chiede improvvisamente di leggere il piccolo opuscolo preso questa mattina alla reception che recita “Come osservare in sicurezza gli elefanti”, mi metto quindi a ricapitolare ad alta voce le regole principali che sono: fermarsi appena se ne vede uno, non spegnere la macchina, non avvicinarsi, non trovarsi mai e poi mai in mezzo alla mandria, aspettare che attraversino tutti, soprattutto se ci sono dei cuccioli e…. Chiara, attenzione: elefanti! Ce li troviamo sulla sinistra, in mezzo ad un’ampia zona con arbusti piuttosto alti e verdi. Quello che non ci piace è che a destra della strada sterrata, piuttosto stretta, c’è un piccolo pendio scosceso completamente ricoperto di alberi e fitta vegetazione quindi non riusciamo a capire se tutta la mandria si trova tutta già alla nostra sinistra. Seguiamo alla lettera le istruzioni che abbiamo appena ripassato e ci fermiamo immediatamente tenendo la macchina in moto, nel frattempo notiamo gli elefanti muoversi in continuazione per mangiare da un arbusto all’altro, tranquilli e del tutto indifferenti a noi. Li osserviamo e fotografiamo per un po’ ma siamo molto indecise se superarli o meno. Smettiamo di fotografare e cerchiamo di concentrarci su eventuali rumori intorno a noi. Fortunatamente la nostra pazienza paga perché proprio nel momento in cui stavamo per ripartire, vediamo muoversi le chiome degli alberi sulla nostra destra e un elefante enorme irrompe trotterellando in mezzo alla strada dandoci la schiena. Restiamo in silenzio e lui, o lei, fortunatamente senza voltarsi dalla nostra parte, allarga le zampe per fare una sontuosa pipì+cacca proprio nel mezzo della strada prima di ricongiungersi al resto della mandria. Ci guardiamo stupefatte e anche un po’ spaventate, ci assicuriamo ancora qualche minuto che fosse veramente l’ultimo e poi Chiara ingrana la marcia e ci porta in salvo oltre il gruppo e a distanza di sicurezza. È stata davvero un’esperienza elettrizzante e la prima e unica del viaggio, fortunatamente, in cui ci troveremo in una strada così stretta e con così poco visibilità al cospetto di questi giganti. Il punto fondamentale a mio avviso è proprio quello di avere sufficiente visibilità per rendersi conto di dove sono, quanti sono e soprattutto se sono tutti insieme. Proseguiamo sul loop incrociando poco dopo un piccolo van che scorrazza sparato, lo affianchiamo e gli diciamo degli elefanti, intimandogli di usare cautela. Più avanti facciamo ancora in tempo ad avvistare tre giraffe intente a mangiare, i loro movimenti lenti e il loro incedere dinoccolato ci rasserena dopo l’esperienza un po’ troppo wild appena vissuta e riusciamo a fare loro dei bellissimi primi piani. Arriviamo al Memorial Gate a metà giornata, parcheggiamo e ne approfittiamo per utilizzare le toilette, sgranchirci le gambe e stuzzicare qualcosa. Salutato a malincuore l'Hluhluwe-Imfolozi, parco che ci ha "battezzate" all'esperienza del safari, mi metto alla guida per consentire a Chiara di rilassarsi dopo il mezzo spavento con gli elefanti. Nei pressi della cittadina di Hluhluwe ci immettiamo nella drittissima autostrada N2 e copriamo in circa 2 ore la distanza che ci separa dalla frontiera con lo Swaziland. Sfiliamo anche la Pongola Nature Riserve che avrebbe forse meritato una tappa dedicata. Giungiamo alla frontiera Golela/Lavumisa poco prima delle 14, dove veniamo indirizzate verso il controllo passaporti in uscita dal Sudafrica. L’agente di turno non ci pone alcuna domanda, salvo chiederci chi è il guidatore principale, e ci timbra i passaporti. Tornate all’auto percorriamo un brevissimo tratto delimitato fino all’uscita sudafricana, dove mostriamo i timbri sul passaporto, e ci dirigiamo verso la frontiera dello Swaziland/Eswatini, in entrata. All’interno di una modernissima costruzione che sembra la hall di un aeroporto, facciamo una breve fila e siamo di nuovo allo sportello. Qui ci chiedono nuovamente di mostrare i passaporti e timbrano il visto in ingresso a seguito del pagamento di una manciata di rand (l’equivalente di circa 3€). In cambio riceviamo un foglietto che dovremo consegnare al casello poco più avanti. In neanche mezz’ora sbrighiamo tutte le formalità e siamo sulla MR8, la giornata è ancora lunga e siamo in anticipo sulle tempistiche. Ce la prendiamo comoda e mentre Chiara si riposa io guido lentamente lungo le strade dello Swaziland: la MR8 non è particolarmente panoramica e in questo tratto si avverte molto più forte la povertà della popolazione locale rispetto a quanto sinora visto in Sudafrica. Ci sono tantissime persone che camminano in strada, anche ragazzi e bambini piccoli, gli innumerevoli pulmini stracarichi ogni tanto li caricano alle fermate preposte o direttamente mentre fanno l’autostop. Visto l'anticipo ci fermiamo a fare benzina a Big Bend e compriamo due bibite ghiacciate, oggi fa davvero caldissimo in auto e ci si abbronza direttamente dal finestrino. Proseguiamo e in poco meno di mezz’ora arriviamo intorno alle 15:30 nei pressi del gate di Mkhaya dove troviamo già due giovani ragazzi swazi che aspettavano proprio noi: un simpatico ranger ed una gentilissima ragazza che scopriremo essere la responsabile dell’accoglienza allo Stone Camp. Dopo le presentazioni, ci aprono il cancello e ci chiedono di seguirli lungo la stretta e a dir poco accidentata strada sterrata che si addentra nella riserva. Sono elettrizzata: aspettavo di essere qui da tantissimo tempo! Dopo qualche km arriviamo ad una grande casa in muratura recintata dove alloggiano i ranger e la famiglia del responsabile della riserva, un omone sudafricano che conosceremo la sera stessa a cena. Qui lasciamo la nostra macchina, prendiamo con noi i bagagli e, dopo un bicchiere di succo gentilmente offerto sotto una tradizionale costruzione in paglia, saliamo sulla Jeep scoperta. Facciamo subito conoscenza con una coppia di signori sudafricani gentilissimi, arrivati questa mattina con l’ingresso delle 10, e con la nostra fantastica guida Sibusiso, un giovane ranger swazi dal sorriso smagliante e gli occhi attenti che ci porterà allo Stone Camp stasera e ci accompagnerà anche nel safari all’alba di domani. Ci avviciniamo al camp con il sole che inizia la sua discesa verso l’orizzonte, l’aria è calda e profuma di terra. L’esperienza della Jeep scoperta per noi è nuova e sobbalziamo divertite ad ogni cunetta (quello che Sibusiso definirà sghignazzando “African massage!”). Il paesaggio è incredibile, il bush qui è piuttosto fitto ma man mano che ci addentriamo ci accorgiamo che l’area è sopraelevata: si distinguono in lontananza le dolci colline dello Swaziland oltre i confini dell’Mkhaya. Mentre guida Sibusiso ci racconta della riserva, degli sforzi per la salvaguardia dei magnifici rinoceronti africani, ci descrive le loro abitudini e il loro temperamento e avvertiamo chiaramente la grande conoscenza e rispetto che nutre per questi meravigliosi animali. Arriviamo poi ad uno specchio d’acqua dove convivono pacificamente, ma ci spiega quasi del tutto ignorandosi, una colonia di ippopotami e un gigantesco coccodrillo. Vediamo chiaramente le sue spaventose fauci spalancate: in confronto a quelli dell’Isimangaliso, questo mette i brividi anche perché siamo praticamente con le ruote anteriori della Jeep in acqua! Ripresa la guida, arriviamo in una zona dove Sibusiso ci spiega che la mattina aveva avvistato due rinoceronti e con l’aria furba ci dice che avrebbe provato a farli uscire dal bush mandandoceli incontro. Capiamo subito con che soggetto abbiamo a che fare e non sarà nulla in confronto all’esperienza di domani! Detto fatto, lasciando la Jeep in moto ed intimandoci di fare silenzio, salta giù e sparisce nel bush. Sentiamo i suoi passi scricchiolare e poi più nulla, riappare poco dopo da un punto diametralmente opposto a dove l’avevamo visto l’ultima volta: ci dice che erano una coppia ma che non è riuscito a indirizzarli verso di noi. Distinguiamo poco dopo i rumori dei due grossi erbivori che si allontanano. Riprendiamo la strada verso lo Stone Camp vedendo kudu, nyala e ci fermiamo per ammirare un meraviglioso tramonto. L’aria si è fatta fresca e in un attimo è buio con il cielo che inizia a punteggiarsi di stelle. Trovarsi qui, su di una Jeep scoperta con la consapevolezza che si è ospiti, anche solo per una notte, di un ecosistema in perfetto equilibro, è stata per me un’emozione davvero difficile da descrivere. Arriviamo allo Stone Camp dopo almeno un’ora e mezza di strada, avvistamenti e natura incontaminata. Ci accoglie il manager, di cui purtroppo non ricordo il nome, mentre le gentilissime e dolcissime donne swazi vestite in abiti tradizionali ci porgono degli asciugamani caldi che sono per noi davvero una coccola infinita. Sibusiso si carica i nostri bagagli e ci accompagna alla rondavel che ci è stata assegnata, la numero 2 denominata “Warthog”, facocero. La particolarità dello Stone Camp è quella di essere un bush lodge e di offrire un’esperienza totalmente immersiva nella natura: non c'è corrente elettrica, ad eccezione di una piccola luce ad alimentazione solare per ciascuna rondavel. L'area di notte è illuminata il minimo necessario per mezzo di lampade a petrolio, strategicamente posizionate per illuminare i sentieri che collegano le rondavel al campo principale, dove viene allestite la cena davanti al fuoco. Le rondavel sono semi aperte ovvero sono completamente cintate da un basso muro in pietra, alto circa 1 metro, ma tra questo muro e l’alta copertura in paglia non vi sono muri né finestre. L’accesso avviene superando tre gradini in pietra e aprendo un cancelletto basso (Sibusiso ci spiegherà che saltuariamente il campo è visitato dalle iene, ma di stare tranquille che non saltano mai oltre il cancello! Well played, Sibusiso, well played!). L’ambiente è davvero accogliente e non mancano i comfort per quanto semplici: sedie da campo e tavolino in legno, un grande e comodo letto con zanzariera, baule dove riporre i bagagli e, forse l’elemento più divertente: un bagno in pietra completo di doccia ma totalmente aperto, con vista sul bush. Arrivare allo Stone Camp con il buio è un’esperienza davvero unica, muoversi alla sola luce delle lampade a petrolio un po’ disorienta ma la sensazione che qui la natura quasi avanzi verso l’uomo e sia sul punto di abbracciarlo è impagabile. Dopo esserci sistemate, non senza fatica alla minima luce disponibile a cui non siamo affatto abituate, ci avviamo a piedi al campo principale seguendo la scia delle lampade a petrolio, e ci troviamo di fronte ad una scena da film: ci sono tre tavoli apparecchiati, uno per noi, uno per la coppia di sudafricani con cui abbiamo condiviso la Jeep all’arrivo e una tavolata per un gruppo di fotografi professionisti. Li troviamo tutti in piedi attorno al fuoco, alimentato da grandi ceppi di legno disposti tutt’attorno, prendiamo due birre e ci presentiamo, scambiando qualche chiacchiera come se fossimo tra vecchi amici. Questo posto è un sogno! Dopo qualche minuto, siamo invitati tutti ad accomodarci: i tavolini, seppur siano quelli tipici da campo, sono apparecchiati davvero con gusto e di tutto punto, le stelle Michelin sono sostituite da centinaia di migliaia di stelle del cielo africano. Stasera non solo la Via Lattea è chiaramente visibile ma sembra quasi di poterla toccare. Ci sediamo e ci vengono serviti al tavolo uno sformato di verdure e una zuppa davvero deliziose. Terminati gli antipasti, possiamo alzarci e servirci liberamente a buffet di carne e pollo alla griglia, preparata al momento nel vicino barbecue in pietra, verdure, purea di zucca e insalata di barbabietola. È tutto ottimo e l’atmosfera è davvero coinvolgente. Finito di cenare, avviciniamo tutti quanti le sedie attorno al fuoco e assistiamo agli spettacolari balli e canti tradizionali delle donne swazi con le quali alla fine intoniamo tutti insieme il tradizionale canto sudafricano “Shosholoza”. Un momento, ancora adesso, per me di autentica commozione. Ormai è notte allo Stone Camp e noi siamo stanchissime: domani verremo svegliate all’alba per il morning safari delle 5:45 e sentiamo il bisogno di riposare dalle innumerevoli emozioni della giornata. Rientriamo alla nostra rondavel e ci infiliamo nel letto scoprendo che mentre cenavamo l’attentissimo staff aveva posto ai piedi del letto, sotto le coperte, borse incandescenti di carbonella. Avevamo paura di patire il freddo e invece sarà esattamente il contrario! Decidiamo di lasciare le lampade a petrolio accese anche se sotto la zanzariera ci sentiamo al sicuro: non si sentono rumori di animali se non qualche scimmia in lontananza e qualche bush baby ed in pochi minuti ci addormentiamo profondamente. Mi sveglio solo una volta, circa un’ora prima dell’alba, tendo l'orecchio convinta di sentire mille suoni e rumori a me ignoti ed invece c’è solo un silenzio assoluto e perfetto tutt’attorno a noi che mi lascia basita e mi riempie letteralmente il cuore. -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
@yalen86 l'Hluhluwe mi è piaciuto tantissimo, sarà per i fortunati avvistamenti o per le dimensioni ridotte della reserve che te la fa apprezzare tanto... Uao! 6 anni fa il povero Hilltop sarà stato sicuramente, come diremmo a Torino, un po' meno ... fanè! (sciupato) @luisa53 grazie! come procede l'opera di convincimento del marito?! -
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claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Mercoledì 26/06 Oggi ci alziamo poco prima del suono della sveglia, fissata per le 7:30: stiamo iniziando a prendere i ritmi biologici africani che seguono il sorgere e il calare del sole. Ci vestiamo e andiamo subito a mangiare in veranda dove ripetiamo la colazione “fredda” dei giorni scorsi, la meravigliosa vista che si gode da qui già ci mancherà. Carichiamo la macchina con i bagagli e gli zaini, salutiamo la nostra padrona di casa e partiamo. Sfortunatamente non vediamo il giovane e timidissimo giardiniere che tutte le mattine ci faceva trovare l’auto sciacquata dalla polvere degli sterrati: gli avremmo lasciato volentieri la mancia. Dopo poche svolte siamo a fare il nostro primo pieno alla macchina nella via principale di St. Lucia. In Sudafrica i benzinai sono gentilissimi e letteralmente si sbracciano per farti accostare, si prodigano sempre per pulirti parabrezza e lunotto in cambio di qualche rand di mancia. Con una decina di rand, l’equivalente di 60 centesimi, li farete sempre contenti. Sbrigata anche questa formalità siamo pronte per partire: lasciamo St. Lucia e percorriamo a ritroso la strada provinciale che ci ha portati fin qui domenica e, dopo avere passato l'autostrada N2, rimaniamo sulla medesima provinciale direzione Hluhluwe – Imfolozi Game Reserve. Il percorso è punteggiato di piccoli villaggi, composti per lo più di casupole basse con il tetto piatto, alcune in muratura, alcune purtroppo fatte di lamiera. Incontriamo tantissima gente che cammina lungo i bordi delle strade e iniziamo a notare anche piccoli van stracarichi che ogni tot chilometri si fermano, praticamente nel mezzo del nulla, per caricare altre persone alla fermata indicata. Non manchiamo di incrociare anche molte caprette, galline che attraversano la strada e mucche che brucano indisturbate sul ciglio. Proseguiamo rispettando diligentemente i limiti di velocità: in fase di programmazione avevo letto della guida spericolata dei sudafricani ma non posso che dire il contrario. Sono tutti molto rispettosi, non abbiamo sentito un solo colpo di clacson in tutto il viaggio né sfanalate ossessive all'italiana, basta limitarsi a guidare secondo la propria andatura, tenendosi eventualmente più a sinistra e loro, dopo averti sorpassata, ti ringraziano attivando brevemente le quattro frecce. Tornando al diario, i 50 km che separano St. Lucia dall’ingresso della Hluhluwe Imfolozi Game Reserve trascorrono veloci e in nemmeno un’ora, poco prima delle 10, siamo all’ingresso del parco, il Nyalazi Gate. L’Hluhluwe-Imfolozi è una magnifica riserva che ospita tutti e cinque i “big five” anche se l’avvistamento dei big cats è piuttosto difficile essendo l'area prevalentemente collinare. Il parco prende il nome dai due omonimi fiumi e sostanzialmente si divide in una sezione sud (Imfolozi) a detta di molti più ricca di avvistamenti perché pianeggiante e prossima al fiume, e una sezione nord (Hluhluwe), collinare e con una vegetazione più fitta. Gli unici rest camp del parco sono Mpila, a sud, e Hilltop, a nord, quest’ultimo meno remoto del primo e più attrezzato con ristorante, caffetteria, benzinaio ecc, dove alloggeremo. Oggi dedicheremo quindi la giornata alla zona Imfolozi: arrivate al Nyalazi Gate, che in questo periodo rispetta gli orari 06 – 18, come consuetudine parcheggio e mi dirigo verso la costruzione della reception lasciando Chiara con il compito di testare le toilette. Negli uffici del parco impiego un po’ di tempo perché davanti a me ci sono due turisti inglesi che si dilungano in domande e richieste di informazioni. Arriva finalmente il mio turno e completo il check-in mostrando la prenotazione stampata da casa, i documenti e comunicando i dettagli della macchina. In tutti i parchi al momento dell’ingresso viene rilasciata una ricevuta/scontrino che servirà anche per l’uscita ed è quindi da conservare. In particolare, la prenotazione per stanotte è già pagata e il gentilissimo ranger mi informa che pagheremo la conservation fee (26€ in due) direttamente al check-in all’Hilltop Camp stasera. Chiedo qualche informazione sui tempi di percorrenza dal momento che anche il rest camp segue i medesimi orari del gate del parco, acquisto, più che altro per ricordo, la mappa del parco e torno verso la macchina. Notoo subito che Chiara non è ancora tornata: mi guardo intorno e la vedo, qualche decina di metri lungo il retro dell’edificio che ospita la reception, è in piedi al limitare della stradina sterrata che sta filmando qualcosa. Quando mi vede mi indica una direzione, muovendo lo sguardo mi accorgo che a circa 15 metri da lei ci sono due elefanti seminascosti nella vegetazione. Da dove sono io vedo solo le grandi orecchie sventolare e il movimento degli arbusti che spostano camminando. Non devo attendere molto perché si rivelino in tutta la loro mole. Bellissimo: sono i nostri primi elefanti, avvistati direttamente dalla reception del parco! Questo Hluhluwe-Imfolozi già ci piace! Chiara mi racconta esaltatissima che si era avvicinata così tanto a loro convinta che ci fosse la protezione elettrificata, in realtà la barriera si interrompeva molto molto prima rispetto a dove si trovava lei: mi mostra il video girato con l’Iphone ed era davvero vicinissima! Non vediamo l’ora di esplorare il parco e ci rimettiamo in macchina, superiamo la sbarra di accesso mostrando la ricevuta e ci facciamo anche ispezionare il bagagliaio dell’auto. All’incrocio svoltiamo a sinistra verso sud, guidiamo rispettando i limiti dei 50km/h spesso rallentando anche a 30km/h per goderci il panorama e scrutare nel bush. Una delle regole fondamentali durante il safari è infatti: guarda DENTRO il bush non IL bush! Proseguendo lungo la strada asfaltata che collega il Nyalazi Gate all'Mpila Camp avvistiamo nyala e un bellissimo gruppo di zebre vicino ad un bellissimo punto panoramico sulle rive del fiume, in questa stagione praticamente in secca. Adoro i fiumi africani, così sinuosi e così diversi dai nostri europei. Avvicinandosi all’Mpila Camp la strada sale e dopo qualche tornante sotto di noi si aprono gli infiniti spazi della riserva. Scolliniamo e la strada diventa sterrata: noi abbiamo intenzione di raggiungere il Sontuli Loop, un percorso ad anello a detta di tutti molto appagante per gli avvistamenti e assolutamente imprescindibile se si visita l'Imfolozi. Lo sterrato si rivelerà abbastanza in buone condizioni anche se nel tratto iniziale il fondo è un po’ accidentato e obbliga Chiara a procedere con più accortezza. Con il senno di poi sarà il “peggior” sterrato che affronteremo in self-drive di tutto il viaggio, nel Kruger saranno davvero tutti davvero ottimi. Proseguendo raggiungiamo in breve tempo l’imbocco del Sontuli Loop che è a doppio senso di marcia fino alla prima area pic nic per poi diventare ad un solo senso di percorrenza. Dopo poche curve e un tratto relativamente denso di vegetazione e di bush, si apre, a sinistra rispetto alla strada, un ampio spazio aperto, quasi del tutto privo di vegetazione ad eccezione di acacie dai rami irti di spine lunghissime. E poi finalmente li vediamo: uno, due, tre, quattro, cinque rinoceronti! Enormi, stessi a terra, chi al sole chi all’ombra, con il loro meraviglioso corno in bella vista. Ci emozioniamo, sono creature meravigliose, ci sembrano quasi dinosauri preistorici, con quella corazza e quell’aspetto fiero. Ci fermiamo proprio a lato del gruppo a distanza di sicurezza e rimaniamo una buona mezz’ora a contemplarli e scattare fotografie mentre loro fanno pochi impercettibili movimenti. Individuiamo anche posata tra i rami spinosi un coloratissimo uccello che identifichiamo essere un’upupa africana. Elettrizzate ma anche affamate lasciamo i nostri meravigliosi rinoceronti dirette verso la prima area pic nic del Sontuli Loop dove approfittiamo delle toilette, ci sgranchiamo le gambe e mangiamo avocado e cracker. Dopo esserci riposate all’ombra per un’oretta scarsa, saltando così le ore più calde della giornata dalle 12 alle 13 dove anche gli animali sono notoriamente meno attivi, Chiara si rimette alla guida per proseguire sul Loop che si addentra in un ambiente più aperto e brullo. Avvistiamo un nutrito gruppo di impala proprio in mezzo alla strada e i primi gnu, che sono davvero bellissimi con il loro manto striato, il muso lungo e una criniera che assomiglia più ad una frangia. Proseguendo ci imbattiamo anche in alcune zebre con piccoli e una grosso babbuino seduto all'ombra di un cespuglio che mangia assorto assolutamente indifferente alla nostra presenza. E' molto più grande e …umano rispetto alle Vervet Monkeys che abbiamo incontrato numerose a Cape Vidal! Proseguendo il Sontuli Loop si avvolge su sé stesso e torna ad immettersi nel più lungo tratto sterrato che abbiamo percorso all’andata. Qui il destino ci regala un bellissimo imprevisto: sbagliamo strada e invece di imboccare subito il tratto che ci avrebbe portato all’Mpila Camp ci teniamo su uno sterrato che si addentra più a fondo nelle wilderness dell’Imfolozi. Prima che ce ne accorgiamo facciamo però un avvistamento stupefacente: vediamo una macchina che si avvicina e ci fa cenno di abbassare il finestrino, chiediamo cosa hanno visto e ci dicono che ci sono due wild dogs! I licaoni sono una specie a rischio e sono anche piuttosto rari da avvistare: pur essendo predatori attivi principalmente di giorno e nonostante si muovano in branchi numerosi, il loro numero esiguo li rende difficili da incrociare nell’enormità delle Game Reserve africane. Forse per questo motivo e per la loro salvaguardia i movimenti di molti esemplari sono tracciati tramite collari localizzatori. Ci avviciniamo con cautela al punto indicato e li vediamo: sono una coppia tranquillamente accucciata proprio a bordo strada. Ci accostiamo poco prima per non disturbali troppo e spegniamo il motore. Stiamo anche qui una buona mezz’ora ad ammirarli e scattare fotografie, alla luce più calda delle tre del pomeriggio. Ancora incredule per questo avvistamento, ci rimettiamo in marcia controvoglia e solo perché tra il punto dove siamo ora (circa 5 km rispetto alla deviazione che avremmo dovuto prendere) e l’Hilltop Camp ci sono almeno due ore di macchina, non tanto per i km quanto per il tempo che ci si impiega a coprirli a queste velocità ridotte. Ritorniamo quindi sulla strada asfaltata ma non prima di esserci imbattute in una graziosa famigliola di pelossisimi facoceri con cuccioli che trotterellano tutt’intorno alla macchina. A questo punto ci dirigiamo spedite e senza altri avvistamenti sensazionali al Nyalazi Gate da cui siamo entrati questa mattina. Dopo una sosta “tecnica” proseguiamo sulla strada asfaltata che, senza uscire dal parco, si addentra nella sezione collinare dell'Hluhluwe. Il sole è ormai basso sull’orizzonte e non resta che un’ora scarsa di luce. Pensavamo di essere ormai paghe di avvistamenti, dopo i rinoceronti, gli gnu, i babbuini, i licaoni e le zebre ma ecco che, invece, il mantra che ci ripetevamo da qualche tempo “certo che adesso ci starebbe bene una bella giraffa” ci ripaga! A pochi km dall’Hilltop Camp, in una zona tutta curve, ci imbattiamo nel nostro primo gruppo di giraffe. Le aspettavamo ormai da giorni! Sono tante, almeno 8-9 esemplari e, da che ce le siamo trovate sulla sinistra, tempo di rallentare e fermare la macchina, che si dirigono calme ed elegantissime proprio in mezzo per attraversare. Sono magnifiche con il loro incedere elegante e calmo. Scattiamo tantissime fotografie mentre si muovono, occupando praticamente tutta la strada. Improvvisamente una di loro letteralmente irrompe da un cespuglio laterale scuotendo via una miriade di uccellini che subito dopo le si posano nuovamente sul lungo collo: ne è completamente ricoperta! Le ammiriamo in estasi fino a quando l’orario ce lo concede. Questo parco ci ha regalato una giornata esaltante e una sorpresa dopo ogni curva. Entusiasmate da tutta questa Bellezza raggiungiamo i cancelli dell’Hilltop Camp: tempo di entrare in reception, fare il check-in e ricevere le chiavi della nostra rondavel ed è buio pesto. Fortunatamente ce ne hanno assegnata una proprio accanto alla zona reception/ristorante: dal parcheggio principale ci basta svoltare subito a destra e dopo qualche metro troviamo, non senza fatica vista la totale mancanza di illuminazione, il nostro alloggio. Come anticipato nel riassunto sulle sistemazioni in premessa, la rondavel è ampia e tutto sommato ok a livello di pulizia ma l’intera location avrebbe bisogno di un serio intervento di riammodernamento per rendere giustizia alla posizione e contesto eccezionale in cui il camp si trova. In ogni caso, senza fare troppo le sofisticate, scarichiamo i bagagli, mettiamo in carica le macchina fotografiche e, dopo una veloce rinfrescata, armate di pila andiamo a piedi al vicino ristorante. Ci accomodiamo in uno dei tavolini vicini alla grande vetrata ma il buio più nero oltre il vetro ci impedisce di vedere alcunchè se non i nostri riflessi. Al contrario di quello che ci aspettavamo, la cena stasera è alla carta invece che a buffet. Il menù tuttavia non è particolarmente invitante: ci limitiamo ad una steak e ad un filetto di pollo, entrambi con verdure e accompagnati dalle immancabili Castle Lager. Il personale seppur gentile e sorridente è lentissimo e i piatti, non esaltanti, ci verranno serviti dopo quasi un’ora di attesa. Tornate in camera, approfittiamo della minuscola terrazza per goderci una stellata spaziale sorseggiando Amarula. Controllando con la pila, ci accorgiamo di essere in compagnia di un paio di occhi, a circa una ventina di metri da noi, che non scopriremo mai con certezza a chi appartenessero…probabilmente alla scimmia che ci molesterà la mattina seguente! Buonanotte Africa, non vediamo l’ora di vedere quale alba ci regalerai domani! -
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claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Eccomi pronta a riprendere il diario dopo qualche giorno utile a mettere insieme qualche foto. Eravamo rimasti a ... Martedì 25/06 La sveglia suona presto questa mattina: dobbiamo essere all’appuntamento con il team di Advantage alle 06:30. Ci vestiamo velocemente indossando gli indumenti più caldi che abbiamo portato e aggiungiamo nello zaino anche guanti e cappelli di lana. Prima di uscire, lascio un veloce appunto alla padrona di casa, informandola del nostro tour per vedere le balene e chiedendole di tenerci da parte qualcosa della ricca colazione del giorno prima per il nostro rientro, di lì ad un paio d’ore. Raggiungiamo in cinque minuti McKenzie Street, la strada principale di St. Lucia, e parcheggiamo davanti alla sede Advantage. Siamo le ultime ad arrivare, con noi ci sono altri 7 turisti: 3 sudafricani e una famiglia di 4 francesi. Nell’ufficio ci fanno firmare i moduli dell’accettazione e ci riforniscono con bottigliette d’acqua e biscotti. Noi siamo rigorosamente a stomaco vuoto per cercare di far fronte alle onde dell’oceano Indiano. Davanti all’ufficio è pronto ad aspettarci un trattore che traina un rimorchio coperto dotato di panche, saltiamo sopra insieme agli altri passeggeri e notiamo che sono tutti a piedi nudi! La signora francese ci fa notare le nostre indistruttibili scarpe da trekking e ci dice che a loro hanno fatto lasciare le scarpe in ufficio dal momento che, a detta della titolare, il fondo della barca si riempirà di circa 20 cm d’acqua! La guardiamo scettiche e facciamo spallucce, alla peggio infileremo le scarpe dentro lo zaino semivuoto che abbiamo con noi. Dopo pochi km raggiungiamo, trainati dal trattore, l’imbocco della spiaggia di St. Lucia. Qui qualcuno scende per l’ultima pausa pipì consentita e noi ne approfittiamo per toglierci le scarpe e assicurarle dentro lo zaino. Proseguiamo per qualche km lungo la spiaggia di dune di sabbia, le luci dell’alba oggi sono mitigate da un cielo grigio e molto coperto, in lontananza al largo ci sono anche nuvole temporalesche e fa piuttosto fresco: sembra davvero l’ambientazione di Moby Dick! Sbarchiamo nei pressi dell’imbarcazione che ci porterà al largo: è decisamente più piccola di quello che immaginavo ma i due motori da 250CV l’uno promettono di farci superare le prime onde che si infrangono sulla spiaggia. Da qui il mare sembra assolutamente calmo e privo di correnti: ingenue! Saliti in barca il pirata (leggi capitano Skip) e il suo nostromo, un ragazzo di colore con un sorriso smagliante che calza un improbabile cappello di lana con due pon pon buffissimi, ci fanno indossare le cerate e i giubbotti di salvataggio. Siamo pronti a partire, il trattore che nel frattempo si è agganciato alla poppa della barca e, tramite un palo metallico, ci spinge appena il necessario affinché i due potenti fuoribordo possano essere messi in acqua. Il capitano aspetta il momento giusto per fendere le onde che arrivano sempre a gruppi di tre e poi dà gas. In un attimo, senza grandi scossoni siamo in mare aperto. Non imbarchiamo nemmeno 1 cm di acqua ma gli spruzzi arrivano senza tanti complimenti. Ci dirigiamo verso un punto in cui Skip aveva avvistato da riva i caratteristici spruzzi delle balene. Non passa molto prima che scorgiamo la prima a distanza ravvicinata, nuota appena sotto la superficie dell’acqua e ne scorgiamo solo la schiena e la pinna dorsale. Non è particolarmente interessata a noi e non sembra intenzionata a compiere alcuna evoluzione. Nel frattempo, il moto ondoso si fa particolarmente sentire, nonostante siamo entrambe a stomaco vuoto e nonostante gli sforzi del capitano di navigare a favore di corrente, cercare di avvistare le balene e soprattutto guardare dentro il mirino della macchina fotografica per cercare di portare a casa qualche scatto decente si rivela assolutamente arduo. Le balene si sentono e si intravedono ma purtroppo oggi non sono particolarmente interessate a lanciarsi in grandi evoluzioni e le onde rendono anche difficile scattare fotografie. Dal punto di vista fotografico l’escursione si rivelerà infatti piuttosto deludente. Non molto tempo dopo è già ora di tornare, il comandante punta la prua verso riva e il solo fatto di trovarci in movimento migliora la situazione di tutti i presenti. L’attracco è forse il momento più divertente di tutta l’escursione: con aria sorniona ci dice “Prima ho lanciato la barca dalla spiaggia ma ora devo farcela tornare!”. Ci intima di tenerci saldamente e di prepararci all’ "impatto", compie con il timone un mezzo giro e poi punta convinto verso il bagnasciuga: semplicemente “approda” in spiaggia e siamo poi tirati definitivamente in secca aiutati dal trattore di prima. Siamo infreddolite, impregnate di spruzzi di acqua salata e, tutto sommato, le balene non si sono rese così spettacolari con noi, ma l’esperienza è assolutamente consigliabile: non capita tutti i giorni di trovarsi sulla rotta migratoria di questi incredibili mammiferi e merita sfidare il mal di mare e tentare la fortuna per assistere alle loro evoluzioni più spettacolari. Una volta sbarcate, aspettiamo l’arrivo di un secondo trattore con il carico di turisti delle ore 9:00. Risalendo ci dilunghiamo qualche minuto a filmare dalla spiaggia la manovra di lancio che abbiamo sperimentato noi in prima persona qualche ora prima. Sulla strada del ritorno ci sgoliamo le bottiglie di acqua e mangiamo un pacchetto di biscotti intero! Rientriamo in Guest House dove ci cambiamo: i nostri pantaloni sono completamente salati e abbiamo preso parecchia umidità. Cerchiamo di asciugarli alla bell’è meglio utilizzando anche i phon che abbiamo ma non si riprenderenno mai del tutto fino alla lavatrice di casa, due settimane dopo! Quando ci accomodiamo in veranda apprendiamo con piacere che il biglietto che avevo lasciato ha sortito l’effetto desiderato: ci hanno lasciato del pane, marmellata, succhi e yogurt. Mangiamo come lupi e io mi riprometto di fare una bella colazione americana non appena possibile. Rifocillate e dopo una bella tazza di caffè, ci rilassiamo in giardino e rivediamo i piani della giornata. Oggi abbiamo in programma un’altra escursione in zona estuario, questa volta a cavallo, della durata di un’ora che abbiamo programmato direttamente da casa con il solo operatore di zona: la Bhangazi Horse & Safari. Abbiamo comunque tutto il tempo per rilassarci con una doccia calda e metterci dei vestiti asciutti. Lasciamo la guest house e poco dopo siamo al parcheggio della Main Beach. La spiaggia è immensa ma a causa delle correnti non è assolutamente balneabile, ci sono invece numerosi pescatori che punteggiano la riva. Aspettiamo l’arrivo degli accompagnatori insieme ad una famiglia sudafricana. Dopo i saluti e le presentazioni con i due ragazzi nel frattempo sopraggiunti con i cavalli, ci vengono assegnati i prodi destrieri. Ora, la premessa è che io sono andata a cavallo tre volte nella mia vita (questa era la terza) ed unicamente con cavalli che definisco “teleguidati”, Chiara invece si è appassionata da qualche tempo e prende regolari lezioni. Memori comunque della bellissima esperienza al Grand Teton di qualche anno fa dove percorrendo a cavallo la zona di Colter Bay Bridge abbiamo avvistato una mamma moose con il suo cucciolo, abbiamo deciso di ripetere l’esperienza anche qui in Sudafrica. La Bhangazi, in particolare, è un piccolo maneggio che ha ottime recensioni e che offre safari a cavallo di un’ora lungo la magnifica spiaggia di St. Lucia o addentrandosi nel bush dell’Isimangaliso. Vista la ricchezza della fauna locale e l’alta probabilità di incappare in animali, abbiamo preferito scegliere la più tranquilla passeggiata sulla spiaggia, già soddisfatte degli avvistamenti del giorno prima. Con il senno di poi, la scelta si è rivelata abbastanza azzeccata principalmente per il fatto che questi cavalli non sono affatto teleguidati, anzi fanno egregiamente di testa loro salvo poi incolonnarsi metodicamente l’uno dietro l’altro ai fischi, suoni e richiami dei nostri due accompagnatori (secondo Chiara, un po’ troppo vicini per essere in sicurezza). In conclusione, complice il tempo nuvoloso e la sensazione di non propria rilassatezza che ci trasmettono i cavalli non riusciamo a goderci appieno l’esperienza. Mentre raggiungiamo il tratto di spiaggia da dove ci siamo lanciati con la barca di Advantage questa mattina notiamo, però, un bellissimo tratto con piccole dune coperte di vegetazione e, più in là, uno stagno di acqua bassissima dove scorgiamo tantissimi fenicotteri e anche qualche pellicano. Decidiamo immediatamente di tornare più tardi con la macchina fotografica per immortalare questo bellissimo scorcio. Dopo poco è tempo di tornare, facciamo girare i cavalli e questa volta, forse per il fatto che sanno che stanno per tornare al maneggio, li sentiamo molto più rilassati e riusciamo a goderci più serenamente la passeggiata. Nel frattempo, i nuvoloni grigi sembrano allontanarsi al largo lasciando intravedere qualche scampolo di sole qua e là che ci fa ben sperare per il tramonto. Smontiamo, riconsegniamo i cavalli e salutiamo i nostri accompagnatori. L’esperienza è nel complesso positiva e ci ha permesso di ammirare la spiaggia da una prospettiva completamente diversa, rispetto però alle passeggiate a cavallo "turistiche" che sono soliti offrire in Italia o negli stessi USA, qui abbiamo sperimentato un approccio un po' troppo leggero in relazione alla sicurezza e al comfort, ma probabilmente di base quei cavalli sarebbero stati adatti a cavalieri un po’ più esperti di noi. Tornando al diario, una volta rientrate in macchina ne approfittiamo per rifocillarci con succhi e barrette e poi ci dirigiamo verso la Guest House per recuperare le macchine foto, puntando poi al parcheggio del St. Lucia Estuary Beach, sulla punta più meridionale della cittadina. Dal parcheggio ci incamminiamo lungo il trail che porta alla spiaggia lungo una passerella sopraelevata in legno, adatta per superare la fitta zona di boscaglia. Facendo sempre attenzione all’eventuale presenza di bestioline sotto di noi (preannunciate da innumerevoli cartelli di pericolo “hike at your own risk”) raggiungiamo la spiaggia senza incontri ravvicinati, a parte una coppia di ragazzi italiani con due bambini con i quali scambiamo qualche chiacchiera: loro stanno facendo il giro opposto al nostro, arrivano da Kruger e proseguiranno fino a Durban per poi visitare Cape Town. Ci fanno un po’ di terrorismo psicologico dicendoci che al Kruger hanno visto molti animali al nord e pochissimi al sud (ma come?! Non era il sud la zona più densa di avvistamenti?! Scopriremo in seguito che con nord loro intendevano la zona di Satara-Olifants piuttosto che Skukuza-Lower Sabie, non di certo la remota zona nord attorno al Punda Maria Rest Camp che non avremo avuto comunque il tempo di visitare). Arrivate in spiaggia ci accorgiamo che sabbia sotto i nostri piedi è incredibilmente dura e compatta, e ciò rende la passeggiata la pozza dei fenicotteri molto agile e rapida. Siamo noi a rallentare per goderci la strana luce che c'è oggi. Raggiungiamo una duna più alta delle altre e, sempre facendo attenzione ad eventuali ippopotami a spasso, ci godiamo lo spettacolo dei fenicotteri e pellicani intenti a mangiare poco più in basso di noi. I fenicotteri sono stupendi, si muovono all’unisono incredibilmente aggraziati sulle lunghe zampe. Ci colpiscono non solo i colori accessi di quando spiccano il volo ma, in questo contesto di luce un po’ plumbea, anche il riflesso dell’acqua grigia sulle piume. È davvero uno spettacolo incantevole, la cartolina della giornata. Scattiamo tantissime fotografie e ci godiamo un momento di pura pace. Ripercorriamo a ritroso il tratto di spiaggia, riprendiamo la macchina e torniamo in Guest House. Anche se la giornata è stata tutto sommato meno densa di avvistamenti di quella di ieri alla scoperta dell’Isimangaliso siamo stanchissime. Ci rilassiamo prima di cena riguardando le fotografie e sistemando i borsoni per domani, questa sera è infatti l’ultima che passeremo a St. Lucia. Ceniamo nuovamente da Ocean Basket, scegliamo un mix di calamari e gamberi alla griglia e un piatto un po’ più pasticciato con polpettine di pesce e salsine (tra cui una all’aglio buonissima e terrificante al tempo stesso). Spazzolato come sempre tutto e finite le nostre Castle Lager medie, paghiamo il conto lasciando una buona mancia alla gentilissima ragazza che ci ha servito anche stasera. Rientrate in Guest House, ci rilassiamo ancora nel piccolo patio bevendo shottini di Amarula, una crema di liquore che ricorda il Baileys e che crea assoluta dipendenza, che abbiamo acquistato al Liquor Store vicino al ristornate e poi crolliamo. Domani inizia l’on the road vero e proprio con la prima game reserve che ospita tutti e cinque i big five: l’Hluhluwe Imfolozi, a detta di molti, un Kruger in miniatura! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Lunedì 24/06 Siwabona Africa! Ovvero, buongiorno Africa! Ci svegliamo riposate dopo una notte silenziosa e tranquilla. Oggi visiteremo in totale autonomia e slegate da orari prestabiliti l’Isimangaliso Wetland Park, un grande parco naturale che inizia alle porte del villaggio di St. Lucia e si estende, prevalentemente in lunghezza, verso nord fino a Cape Vidal, rinomata spiaggia incontaminata di dune vegetate. Prima però ci attende la colazione, servita nella veranda dalla quale ammiriamo finalmente alla luce del mattino il giardino, o dovremmo dire parco, sul retro. Ci limitiamo alla colazione “fredda” e non azzardiamo quella “english” con uova e bacon: mangiamo frutta fresca, yogurt, pane e marmellata e beviamo succhi e caffè. Dopo aver organizzato gli zaini e caricato l’auto con bibite, acqua, snack e barrette acquistate il giorno prima al supermercato in paese, partiamo dirette al cancello di ingresso dell’Isimangaliso: il Bhangazi Gate. In una delle vie secondarie dove svoltiamo avvistiamo già le prime scimmiette e una nutrita colonia di manguste, minuti mammiferi africani, intente a stanare piccoli insetti tra l’erba delle aiuole. È incredibile per noi imbattersi con così tanta facilità negli animali seppur largamente diffusi in tutto il territorio africano. In pochi minuti raggiungiamo l’ingresso del parco, Chiara parcheggia la macchina e io mi avvio verso la piccola costruzione che ospita la reception dove pago l’ingresso giornaliero e acquisto per 60 centesimi di € la mappa del parco. Sono quasi le 10 quando ci aprono i cancelli della nostra prima giornata di safari: dovremo essere di ritorno alle 18 per non incappare in una multa salata. Guidiamo lungo la strada asfaltata che risale verso nord e avvistiamo subito altre colonie di scimmie tra i rami e a bordo strada e, in lontananza, seminascosta dalla vegetazione intercettiamo la nostra prima zebra! Fermiamo la macchina e scattiamo tantissime fotografie, gli altri turisti rallentano curiosi del nostro avvistamento e un po’ si stupiscono del fatto che sia “solo” per una zebra. Ma a noi non importa! È pazzesco avvistare questi animali finalmente in libertà. Ripartiamo e facciamo subito una piccola deviazione lungo un percorso sterrato ma ottimamente tenuto. All'interno dei parchi sudafricani tutte le strade, anche le sterrate, sono in buone condizioni e non è quasi mai necessario avere un 4x4: vedremo anche molti turisti percorrerle con semplici berline o addirittura utilitarie. Il primo sterrato ci ripaga con l’avvistamento di kudu, grandi antilopi grigie striate di bianco i cui esemplari maschi hanno delle meravigliose corna alte e ricurve. Torniamo sulla strada asfaltata salvo addentrarci in una sterrata più lunga poco dopo, il Vlei Loop: un piccolo van davanti a noi si ferma facendoci segno di avvicinarci, sulla sinistra ci sono tre rinoceronti intenti a brucare: la loro pelle è scurissima e stranamente non restiamo impressionate dalle dimensioni, notiamo anche che non hanno il caratteristico corno: in alcuni parchi è infatti pratica purtroppo ormai diffusa tagliarlo preventivamente per difendere queste enormi creature dall'essere uccise dai bracconieri. Anche se questi rinoceronti non sono paragonabili a quelli che vedremo qualche giorno dopo al parco di Hluhluwe Imfolozi né a quelli che ci troveremo a pochi passi nella riserva di Mkhaya in Swaziland, abbiamo comunque avvistato il nostro primo “big five” e siamo felicissime! Proseguiamo vedendo ancora antilopi, nyala e i kudu dalle grandi corna. Più avanti lungo la strada principale avvistiamo, grazie al colore scuro che stacca deciso rispetto al giallo/verde dell’erba, un solitario esemplare di bufalo africano che viene verso di noi con l’intenzione di attraversare la strada. Per metà è completamente sporco del fango in cui si deve essere rotolato fino a qualche momento prima. Lo lasciamo passare rispettose seguendolo con lo sguardo fino a quando non si perde tra l’erba più alta. Abbiamo quindi avvistato il nostro secondo "big five"! Apprenderemo più avanti che i bufali africani formano mandrie anche molto numerose ma molti esemplari non più giovanissimi, soprattutto maschi, scelgono di vivere in solitudine. Con loro bisogna essere piuttosto cauti perché pare siano piuttosto diffidenti ma fortunatamente la loro presenza vicino alle strade che percorreremo sarà sempre annunciata da grandi torte di cacca larghe e piatte, impossibili da non riconoscere! Arriviamo alla deviazione per Mission Rocks, dopo uno sterrato arriviamo alla piccola area parcheggio dotata di bagni. Pochi passi ci separano dall'oceano e ci ritroviamo a camminare sulle rocce, scattiamo qualche foto e contempliamo il fragore delle onde e la bruma di spruzzi anche se ci aspettavamo un punto più scenografico. Tornate alla macchina, Chiara si diverte ad “ammaestrare” una scimmietta che le si avvicina curiosa in cambio di qualche nocciolina. Sappiamo che è severamente vietato dare da mangiare agli animali ma questa sembra essere una frequentatrice fissa della vicina area picnic e facciamo l’unica eccezione alla regola. Ripercorriamo a ritroso la strada e ci fermiamo per fare un veloce tratto a piedi che porta ad un bellissimo punto di osservazione sopraelevato. Sotto di noi si estende, immenso, tutto l’isimangaliso, avvistiamo anche un coloratissimo picchio africano intento a martellare il tronco di un albero e riusciamo con soddisfazione a fotografarlo. Siamo circa a metà giornata e decidiamo di proseguire fino all’estremo nord del parco, a Cape Vidal. Decido di provare l’ebrezza della guida a sinistra e sotto l’attenta supervisione di Chiara, non senza qualche difficoltà, percorro i pochi chilometri che ci separano dal capo. Una volta arrivate al parcheggio notiamo la gran quantità di scimmie che letteralmente infestano la zona, camminando indisturbate tra le macchine e saltando da un tettuccio all’altro. È assolutamente raccomandabile tenere il cibo ben nascosto e distante da loro, poco dopo lo scopriremo in prima persona! Ci incamminiamo lungo l'immensa spiaggia ci sono molte famiglie organizzate con tende che mangiano, pescano e fanno il pic nic. Qualcuno lancia piccoli motoscafi direttamente dal bagnasciuga e qualcuno fa il bagno a riva. Ci togliamo le scarpe e facciamo una breve passeggiata. L’acqua dell’Oceano Indiano è incredibilmente calda, forse avremmo dovuto portarci nello zaino il costume! Ci fermiamo un po’ ad ammirare il paesaggio, la spiaggia si estende verso nord a perdita d’occhio, alte dune completamente ricoperte di vegetazione si confondono con l’orizzonte. Immaginando di camminare in quella direzione si arriverebbe direttamente in Mozambico, dal quale non siamo affatto distanti in linea d’aria. Rientrate al parcheggio, ci dirigiamo verso la nostra macchina: prima notiamo una scimmietta sul ramo di un albero proprio di fronte a dove avevamo parcheggiato intenta a leccare la carta di un gelato Magnum, tenendola bella spiegata con le zampe, e poi ne osserviamo una seconda, tranquillamente seduta sul tettuccio della nostra auto che si sta pappando il gelato vero e proprio, probabilmente rubato a qualche turista distratto. Lasciamo che finisca per non disturbarla ma non dà segni di volersi muovere, anzi, ce ne troviamo un’altra sul cofano assolutamente indifferente alla nostra presenza. Mentre io le controllo (e per poco non me ne trovo una attaccata al polpaccio!) Chiara entra velocemente in macchina e accende il motore. È solo a quel punto che le simpaticone decidono di abbandonare il nostro mezzo per quello parcheggiato immediatamente accanto. Ridendo ci rimettiamo in marcia: è tempo di ritornare verso l’ingresso del Parco dal quale siamo entrate questa mattina ma prima abbiamo ancora due interessanti deviazioni davanti a noi. Decidiamo infatti di percorrere lo sterrato a senso unico di circa 18km, il Grassland Loop, che si addentra verso ovest verso i tranquilli specchi d’acqua dolce del Lake St. Lucia. Facciamo un primo stop presso un punto panoramico dove, per la prima volta, in lontananza scorgiamo un nutrito gruppo di ippopotami fuori dall’acqua. Nonostante la grande distanza che ci separa da loro distinguiamo chiaramente i loro corpi massicci, c'è persino qualche cucciolo! Sono veramente enormi a figura intera! Proseguiamo lo sterrato senza altri avvistamenti, le tracce del passaggio degli ippopotami sono però ovunque: pozze di fango, innumerevoli impronte, rami e cespugli spezzati qua e là. Ad un certo punto ci troviamo letteralmente in mezzo alle grasslands, ci fermiamo per sgranchirci le gambe e ci godiamo la luce calda delle tre del pomeriggio ammirando le dune rosa che fanno capolino in mezzo ad ampi tratti erbosi. Ci ricolleghiamo alla strada principale poco più avanti e ci dirigiamo verso l’ultima sosta. La scelta di fermarsi qui al tramonto è assolutamente azzeccata: arriviamo a Catalina Bay proprio qualche decina di minuti prima che il sole sparisca all’orizzonte. Siamo solo noi e un gruppo di ippopotami semi spiaggiato poco più avanti a distanza di sicurezza: ci stiamo infatti godendo il panorama da una “hide” una piccola costruzione in legno, poco più che una terrazza, che permette di osservare gli animali da posizione privilegiata. Il sole è ormai tramontato e l’orario di chiusura del parco ci obbliga a rimetterci in auto e a dirigerci verso l’uscita. Il parco ci regala però l’ultimo avvistamento: una coppia di zebre che condivide l’area attorno ad una grande acacia con un enorme rinoceronte. Facciamo foto a più non posso, questa visione da sola per me vale il prezzo del viaggio. Stanche per la lunga giornata appena trascorsa non ci resta che uscire dall’Isimangaliso, che in lingua zulu, non a caso, significa “meraviglia” e rientrare in Guest House. Ci rilassiamo con una doccia, mettiamo le macchine fotografiche in carica, ci cambiamo e andiamo a cena più tardi del solito: alle 20:00 siamo sedute da Braza, specializzata in carne. Scegliamo filetto e spiedino di carne e verdure, bissando le due Castle Lager della sera prima. Dopo cena ci godiamo ancora per una mezzora la pace del giardino immerso nei rumori e profumi della notte africana. Sentiamo anche stasera distintamente il fragore continuo delle onde in lontananza. Fissiamo infine la sveglia alle 6 della mattina dopo: abbiamo infatti appuntamento con il tour di Advantage Cruise per tentare di avvistare le megattere, che da Giugno a Novembre migrano dalle gelide acque dell’Antartide a quelle tiepide del Madagascar per riprodursi, transitando proprio di fronte alla lunga costa sudafricana. -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
@mouette grazie infinite! E' un piacere condividere con voi questi ricordi ancora così incredibilmente vivi! @pandathegreat Dopo la spedizione in Namibia, il Sudafrica è la logica conseguenza! @luisa53 girare in autonomia è totalmente fattibile! Non posso esprimermi su Johannesburg, che è l'unica località ad avere la nomea di "pericolosa", ma ti posso assicurare che nei parchi, game reserve e lungo gli itinerari turistici, con gli stessi livelli di attenzione che adotteresti in un qualsiasi viaggio negli States non vi è alcun rischio se non quello di innamorarsi follemente dell'Africa! -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Sabato 22/06 La sveglia suona alle 6:30 in casa a Torino, le valige e gli zaini sono già pronti all'ingresso da ieri sera. Siamo state bravissime e abbiamo fatto stare tutto in due trolley morbidi da portare con noi come bagaglio a mano e due zaini, di cui uno che contiene unicamente l’attrezzatura fotografica. Grazie alla politica molto permissiva sui bagagli di British Airways possiamo portare con noi in cabina sia il trolley standard sia uno zaino a testa. Ci vestiamo comode e alle 07:00 siamo già in macchina, Chiara alla guida arriviamo con circa mezzora di anticipo al parcheggio della “ridente” Case Nuove/Somma Lombardo, paese-parcheggio alle porte di Milano Malpensa che ormai utilizziamo con assiduità. Lasciamo la macchina, consegniamo le chiavi e saltiamo sulla prima navetta disponibile che ci porta al Terminal 1. Abbiamo già le carte di imbarco stampate da casa e non dovendo effettuare il check-in per la consegna dei bagagli ci dirigiamo direttamente verso i controlli. Sono le 08:30, c’è poca gente e in un attimo siamo nell'area dei Gate. Nota: British Airways permette di effettuare il check-in online 24h esatte prima della partenza per cui il giorno prima alle ore 11:40, come un falchetto (quasi interrompendo una riunione in ufficio!) mi sono collegata al loro sito per la corsa ad accaparrarsi i posti. Nel prezzo del biglietto, infatti, non era compresa la scelta che rimane a pagamento, per assurde cifre dai 30 ai 60 € a persona a tratta, fino appunto al momento del check-in. In realtà scopro che il sistema ci aveva automaticamente già assegnato posti vicini e in posizioni discrete (ci siamo tenute i due posti laterali per la tratta Milano – Londra e ci siamo limitate a spostarci qualche fila centrale più lontane rispetto al blocco bagni/bambini nel volo long-haul Londra – Durban). Non so se si è trattata di fortuna ma questa politica “attenzione che rischi di non volare vicino al tuo compagno di viaggio quindi caccia subito un centinaio di euro per la scelta dei posti” mi è parsa uno specchietto per le allodole in pieno stile Ryanair. Tornando al diario, in aeroporto ricevo una notifica da British Airways che mi avvisa che il nostro volo per Londra è posticipato a causa di un ritardo già accumulato dall'aereo in arrivo. Il ritardo inizia con 10 minuti, poi passa a 20, poi torna a 10 e poi a 30 minuti. Non ci preoccupiamo più di tanto perché la coincidenza a Londra è piuttosto ampia con circa tre ore di attesa. Alla fine, ci imbarchiamo con 30-40 minuti di ritardo, l’aereo è stra pieno e c’è una gran quantità di turisti americani che già teme di perdere la coincidenza Londra – Phoenix. Ci preoccupiamo un po’ quando, già sedute a bordo, il capitano ci informa che c’è una lunga coda in partenza sulla pista e che avendo ormai perso la priorità non abbiamo ancora l’ok per partire. Parla di un’ora di attesa e l’informazione è accompagnato dall'ululato di disapprovazione di tutti i presenti. Fortunatamente, dopo poco ci comunicano che ci sono buone possibilità di partire tra una ventina di minuti. E così è: lasciamo Milano Malpensa con un ritardo di un’ora. Il volo scorre veloce anche se non ci servono neanche un bicchiere d’acqua! Su questo volo tutto rigorosamente a pagamento. All'arrivo ce la prendiamo relativamente comoda, abbiamo davanti a noi due ore di attesa per la coincidenza per a Durban e non dobbiamo neanche cambiare Terminal perché siamo arrivate e ripartiremo dal 5. Ricevo una seconda notifica da British Airways che mi avvisa che anche il volo per Durban è posticipato sempre a causa di precedente ritardo accumulato dell’aereo che arriva da qualche altra parte di mondo. Ci scocciamo un po’ ma anche qui, di fatto, poco male: il volo è notturno e arrivare a Durban la mattina dopo con un’ora in più o in meno tutto sommato cambia poco. Superiamo i severissimi controlli dell’aeroporto di Londra e, una volta arrivate nel gigantesco salone delle partenze, andiamo a placare la fame da Starbucks. Mangiamo due wrap al pesto e beviamo dei succhi green, provando a rimandare il più possibile il momento junk food da vacanza. Dopo aver pranzato ci dirigiamo al Gate semi-deserto da cui partiremo di lì a poco. Ci rilassiamo sedute al sole e guardiamo i giganteschi aerei decollare dalla pista proprio di fronte a noi. Vediamo anche quello lussuosissimo a doppio ponte della Ethiad. Finalmente arriva il nostro aereo al Gate, attracca e scarica una lunga fila di passeggeri. Il personale della British è piuttosto veloce e in poco tempo riforniscono l’aereo, effettuano i controlli e siamo pronte per imbarcarci. L’aereo è abbastanza grande ma forse meno comodo e un po’ più vecchiotto di quelli che abbiamo preso negli ultimi viaggi in terra americana. Anche qui il ritardo accumulato sfiora ormai l’ora e invece di partire alle 16:40, sarà solo alle 17:30 che stacchiamo la pista di Londra. Il volo scorre molto tranquillo, dopo appena un’oretta il personale ci serve la “cena” (chicken or pasta? in coro: chicken, please!), guardiamo un film e sono “già” le 21. Iniziamo a dare segni di stanchezza, ci mettiamo comode e proviamo a rilassarci con la musica classica. Incredibilmente funziona e sia Chiara sia io ci addormentiamo. Domenica 23/06 Quando ci svegliamo stiamo sorvolando l’Africa! Non vediamo nulla perché fuori non ha nemmeno iniziato ad albeggiare, le notti africane scopriremo in seguito essere buissime e silenziose. Ci servono la colazione, un improponibile omelette con funghi e fagioli con caffè! L’aereo è incredibilmente in orario: i venti favorevoli ci hanno fatto recuperare il ritardo di un’ora alla partenza e, di fatto, il volo è durato un’ora in meno: solo 10 ore invece che 11!!! Atterriamo puntuali a Durban alle 05:30, è ancora buio, l’aeroporto è uno scalo internazionale ma siamo l’unico volo in arrivo in quel momento. Ci dirigiamo spedite e relativamente riposate verso i controlli di ingresso dove, dopo averci misurato la temperatura con un termometro laser (per scongiurare l’ingresso nel Paese di passeggeri affetti da febbre gialla) otteniamo il nostro visto sul passaporto. Non ci vengono poste alcune domande se non la conferma del fatto che siamo lì in vacanza. Usciamo nell’area degli arrivi, l’aeroporto è piccolo e molto ordinato. C’è poca gente in giro ma i negozi sono già tutti aperti: ne approfittiamo per acquistare una SIM Sudafricana nel negozio Vodacom da inserire in un vecchio telefono che abbiamo recuperato a casa: ci servirà per le prime comunicazioni e in caso di “emergenza” semmai i nostri rispettivi cellulari non prendessero nelle aree più remote. Prendiamo due caffè americani bollenti da Mugg&Bean, una catena di caffetterie molto diffusa in tutto il Sudafrica. Non ci sentiamo eccessivamente stanche e mentre sorseggiamo i caffè, avvisiamo casa del fatto che siamo atterrate e preleviamo l’equivalente di circa 100€ in rand sudafricani (ricevendo in cambio una mazzetta di banconote colorate che riportano le effigi di Nelson Mandela da un lato e dei “big five” dall'altro). Ad eccezione delle mance, qualche acquisto di artigianato locale e i (pochi) pedaggi autostradali utilizzeremo esclusivamente la carta, accettata davvero ovunque. Aspettiamo le 7 per poter recarci ai banchi di noleggio della Hertz, appena fuori dall'edificio principale. La temperatura esterna è fresca ma gradevole, Durban è affacciata sull'immenso Oceano Indiano e fuori si distingue chiaramente la tipica nebbia mattutina in pieno stile “Pacific Highway”. Alla Hertz ci accolgono un ragazzo e una ragazza sudafricani, l’impressione che abbiamo corrisponde esattamente a quanto abbiamo letto su internet nei mesi di pianificazione e scelta della compagnia di noleggio: sono piuttosto indolenti, svogliati e ci presentano il primo “problema” della vacanza. Al momento della prenotazione, infatti, avevamo specificato la necessità di passare la frontiera in Swaziland: alla modica cifra di un centinaio di euro, Hertz Sudafrica rilascia un’estensione dell’assicurazione in cui autorizza a varcare il confine. Tutto ciò previa trasmissione di copia di passaporto, patente, patente internazionale e addirittura autocertificazione di residenza! Ebbene il ragazzo del banco ci dice che i documenti non sono pronti, che servono almeno 48 ore e che forse (forse!) avrebbero potuto mandarceli via mail nei giorni successivi e che noi, una volta a St. Lucia, prima tappa del viaggio, li avremmo dovuti stampare, firmare e rimandare indietro. Manifestiamo educatamente tutto il nostro disappunto, facciamo gentile resistenza e tutto si risolve grazie alla mia maniacalità (leggi previdenza): avevo provvidenzialmente stampato e portato con me tutto lo scambio e-mail con il quale l’ufficio preposto mi confermava, due mesi prima, che tutto era pronto e che avremmo avuto tutte le carte in regola al nostro arrivo nell'ufficio di Durban. Il ragazzotto della Hertz incassa il colpo, prova ad addurre il fatto che avremmo dovuto mandare i documenti direttamente a loro, ma alla mia risposta che sul loro sito ufficiale è invece scritto diversamente (accompagnato dal sorriso "ho ragione, ora vai e risolvi il problema") sparisce nell'altra stanza. Lo sentiamo parlottare al telefono mentre la sua collega sbriga le altre formalità. Torna e ci borbotta che ci avrebbero fatto i documenti sul momento, anche se ci sarebbe voluto un po’ tempo. Evvai! Hertz 0 Claudia 1! Nell'indolenza più totale, in cinque minuti di orologio, il ragazzo senza chiederci assolutamente nient’altro ci stampa due fogli di numero che ci autorizzano a passare la frontiera. Fogli che tra l’altro nessuno pretenderà mai. Ci chiederemo per qualche giorno cosa sarebbe stato se non avessi avuto l’accortezza di portarmi la mail di conferma stampata da casa con le quali avevo stalkerizzato Hertz Sudafrica nei mesi precedenti! Finalmente ci consegnano le chiavi, mi assicuro ancora che tutto sia in ordine sul contratto e le cedo a Chiara che si avvia a razzo verso il parcheggio. La macchina che ci è stata assegnata ci soddisfa tantissimo! È una Opel Grandland X, un SUV intermedio dotato di ogni comfort: navigatore, schermo touch screen, bluetooth, ampio bagagliaio, ha pochissimi km e profuma ancora di macchina nuova! Facciamo un bel giro ispettivo attorno alla macchina, fotografiamo piccoli graffietti e macchioline che non erano segnate sul foglio dei danni preesistenti che ci hanno consegnato e mandiamo il tutto per memoria al fratello di Chiara via WhatsApp, entusiaste della nostra super macchina! Caricati i bagagli siamo finalmente pronte per partire. Chiara ovviamente alla guida… a sinistra! La scelta del cambio automatico si rivela tra le più felici di tutto il viaggio: l’impatto con il lato sbagliato della strada è molto più semplice: ci si dimentica delle marce, fa tutto la macchina e bisogna unicamente pensare ad imboccare la corsia giusta! Imposto la destinazione sulla mia fidata App MapsMe (forse non si era capito ma io adoro le mappe!) e Chiara ingrana la prima, anzi la D1! L’aeroporto King Shaka di Durban è vicinissimo all'autostrada e si trova nella direzione che dobbiamo prendere per andare a St. Lucia: evitiamo quindi di attraversarci la città e in 5 minuti netti siamo sulla N2. Nel frattempo, il sole si è ormai alzato sopra l’orizzonte e anche la nebbiolina mattutina sembra scomparsa. Già dopo i primi km si aprono ai lati della N2 gli ampi spazi sudafricani: campi e colline coltivate, piccole casette, i caratteristici alberi di acacia con le chiome piatte e canne da zucchero. Non ci sembra vero di essere finalmente qui. L’autostrada scorre veloce, il traffico è poco mentre iniziamo a renderci conto delle decine e decine di persone che camminano lungo le strade, più o meno cariche, avanzano, si spostano, a volte attraversano, sorridono e salutano. È proprio questa una delle cose più pericolose del Sudafrica: rischiare di investire persone/animali che transitano lungo le strade, motivo per il quale è assolutamente sconsigliabile guidare con il buio. Cosa che abbiamo sempre scrupolosamente evitato, facendo in modo di essere presso la guest-house o il campo almeno mezzora prima del tramonto. Con la colonna sonora del Re Leone, arriviamo a St. Lucia verso le 10 del mattino e man mano che ci avviciniamo all'estuario dell’Isimagaliso Wetland Park, notiamo il paesaggio cambiare: le colline verdi lasciano il posto alle terre basse tipiche di questa zona, la vegetazione si infittisce, diventa tropicale e lussureggiante, superiamo il ponticello sul fiume che collega la cittadina alla terraferma ed entriamo in paese. St. Lucia è costituita da una via principale dove ci sono negozi, ristoranti e le sedi dei principali tour operator di zona per le escursioni e i safari. Le vie secondarie, splendidamente tenute, sono occupate da abitazioni residenziali, la maggior parte delle quali destinate a guest house per i turisti. Arriviamo al nostro primo alloggio del viaggio, il The SandPiper Guest House, e veniamo accolte dalla simpatica proprietaria Ivonne che ci informa che la nostra stanza non è ancora pronta ma si offre di tenerci i bagagli, ci mostra gli ambienti comuni e ci dà qualche consiglio sull'area (nulla che non conoscessimo dopo attenti studi della zona!). Nell'attesa della camera decidiamo di andare a pranzare lungo la via principale da Kauai, una catena che propone cibo bio e frullati sani e naturali (prosegue il tentativo di limitare il junk food). Mangiamo due insalatone nei tavolini all'aperto in un piccolo patio ma non ci fidiamo a consumare i due concentrati di frutta che scioccamente ordiniamo con ghiaccio. Chiara è in forma, io invece mi sento molto stanca, sento il bisogno di una doccia e di cambiarmi dopo il lungo viaggio in aereo (leggi: sono isterica). Facciamo arrivare le 14:00, orario prestabilito per il check in, facendo un veloce giro in macchina per le vie laterali intravedendo scorci del fiume e delle dune dell’immensa spiaggia affacciata sull'Oceano Indiano. Finalmente possiamo prendere possesso della nostra stanza il cui pezzo forte è il carinissimo patio privato con affaccio sul giardino con piscina che confina direttamente con l’Isimangaliso Wetland Park. Ivonne ci spiega che non di rado gli ippopotami, veri padroni dell’estuario, vengono fino in giardino per brucare l’erba di notte. Sfortunatamente ci informa che negli ultimi giorni, forse per il caldo, nessuno dei suoi ospiti li ha avvistati fuori dall'acqua. Si raccomanda invece di fare molta attenzione alle scimmie che sono solite sgattaiolare nelle camere e metterle a soqquadro nella speranza di rubacchiare del cibo! Finalmente, con una stanza tutta per noi a disposizione, ci rilassiamo per qualche decina di minuti e ne approfittiamo per fare una rapida doccia (leggi: torno ad essere una persona normale). Alle 15:00 siamo però pronte per andare a conoscere più da vicino gli abitanti per cui St. Lucia è famosa in tutto il Sudafrica: abbiamo infatti prenotato la crociera di 2 ore al tramonto lungo il fiume ed estuario per avvistare ippopotami e coccodrilli. Arriviamo puntuali e ci imbarchiamo sulla piccola chiatta a motore della Heritage Tour & Safari che abbiamo preferito ai “concorrenti” di Advantage perché le loro barche sono più piccole e possono avvicinarsi meglio e più agevolmente agli animali. Iniziamo la navigazione e avvistiamo subito, ma solo perché abilmente indirizzati dal “capitano” che governa la piccola imbarcazione, un cucciolo di coccodrillo che se ne sta beatamente a prendere il sole semi immobile su un ramo a pelo d’acqua. Risaliamo il corso del fiume e raggiungiamo il primo gruppo di ippopotami, sommersi e sonnacchiosi che galleggiano in gruppi più o meno numerosi. Sono davvero enormi, i loro occhi si aprono e chiudono appena sopra il pelo dell’acqua, ci guardano a metà tra il sospettoso e l’annoiato, emergono brevemente e poi spariscono sotto la superficie salvo poi farsi nuovamente vedere dopo aver sbuffato dalle narici grosse e rosa. Ci divertiamo a riprenderli e fotografarli, io inizio a prendere confidenza con il teleobbiettivo che mi regala scatti davvero ravvicinati sui dettagli degli occhi, orecchie e musi. Bellissimo. Proseguiamo la navigazione avvistando due enormi coccodrilli semi mimetizzati nella vegetazione, aironi bianchi che volano a pelo d’acqua, aquile pescatrici che scrutano attente la zona, appollaiate sui rami più alti e spogli degli alberi che si affacciano sul fiume. Il contesto è incantevole: mangrovie, papiri e canne da zucchero. Il sole, che qui sembra grande almeno il doppio, nel frattempo cala lento all'orizzonte tingendo il cielo di tinte morbide che vanno dal rosa al giallo, all'arancio, all'azzurro e al blu. Ammiriamo il nostro primo tramonto africano in un calmo specchio d’acqua di un’ansa del fiume con la compagnia di un ippopotamo solitario, che ritmicamente appare e scompare sotto l’acqua. L’ Africa mi ha già rubato il cuore. E’ trascorsa ormai un’ora e mezza e dobbiamo rientrare, sentiamo subito il freddo pungente che contraddistingue gli orari in Africa in cui il sole è già tramontato, ci stringiamo nelle giacche che nel frattempo abbiamo indossato e facciamo ancora in tempo a fermarci presso un nutrito gruppo di ippopotami: Riusciamo ad immortalare il poderoso sbadiglio di uno di loro. La crociera volge al termine, rientriamo ormai stanchissime della giornata appena trascorsa. Sono le 17:00 e siamo in piedi dalle 5:00 di stamattina senza contare il viaggio del giorno precedente. Rientriamo in guest house e ci rilassiamo per un paio di ore. Dopo una doccia calda e un “cambio d’abito” siamo pronte per andare a cena… alle 19:00 in punto! Scegliamo il conosciutissimo Ocean Basket, una deliziosa catena che cucina solo pesce: optiamo per un piatto per due con calamari alla grigia e fritti, gamberi al burro e limone e filetto di pesce. Accompagniamo il tutto con due Castle Lager alla spina, ottime birre bionde locali. Spazzoliamo tutto alla velocità della luce e più che soddisfatte torniamo in Guest House. Facciamo in tempo a rivedere qualche foto della giornata sedute al nostro tavolino del patio e ci godiamo un po’ il rumore delle onde dell’Oceano che si infrangono sulla spiaggia oltre la macchia di vegetazione che lambisce i confini del giardino e poi crolliamo. Buonanotte Africa … -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Diari di viaggio e live
Grazie a tutti per l'interessamento! Inizierò presto a condividere il diario (le prime tre giornate sono già pronte) il problema è venire a capo di tutte le fotografie scattate in modo tale da aggiungerle di pari passo. Conto di riuscire a partire domani! Di seguito vi anticipo un breve e spero utile riassunto delle sistemazioni scelte e i loro relativi contesti. The Sand Piper Guest House, St. Lucia. 67,00 € a notte compresa la colazione continentale e parcheggio privato, WI-FI gratuito. La Guest House è davvero molto ben tenuta, la proprietaria Ivonne è simpatica e disponibilissima. La colazione viene servita in una deliziosa veranda all’aperto che affaccia su un giardino privato lussureggiante. A sua volta il giardino è lambito dalla vegetazione facente già parte dell’Isimangaliso Wetland Park, perla della regione, e non di rado gli ippopotami vengono a brucare l’erba a pochi metri dalla casa. Di notte si sentono distintamente le onde fragorose dell’Oceano Indiano a qualche centinaio di metri di distanza. St. Lucia è un piacevole villaggio strategicamente posizionato sulle propaggini dell’omonimo estuario e dell’Isimangaliso Wetland Park, famoso per gli ippopotami che lo popolano e per essere zona di osservazione privilegiata per osservare la migrazione delle megattere. Non mancano tour operator specializzati in escursioni e safari, negozi e ottimi ristorantini. Voto complessivo 9/10 Hilltop Camp, Hluhluwe Imfolozi Game Reserve. 170,00 € a notte compresa la cena e la colazione per due persone. Unica sistemazione all’interno della zona nord della game reserve (Hluhluwe Section), l’Hilltop Camp vanta una posizione davvero favolosa, “arroccato” come suggerisce il nome stesso su di una collina. Il camp è composto da bungalow con il tetto in paglia, immersi nel bush oppure con affaccio sulle colline circostanti. Al momento della prenotazione via e-mail abbiamo chiesto, e ottenuto, di essere assegnate ad un bungalow con vista e che fosse vicino al ristorante/reception in modo tale da poterci muoverci a piedi la sera, serve una pila! Anche se la nostra rondavel, la numero 28, era relativamente in ordine e pulita, con acqua calda e bagno tutto sommato ok, purtroppo confermiamo le recenti recensioni lette su Tripadvisor: tutto il posto avrebbe bisogno di un serio riammodernamento, compresi i vialetti e le aree comuni lasciate, in confronto al potenziale del luogo, troppo trasandate. Cena al ristorante del lodge senza infamia e senza lode (pollo e rump steak con verdure), colazione a buffet del giorno dopo invece abbondante e pienamene soddisfacente! Wi-Fi gratuito disponibile solo nei pressi della reception/ristorante. Voto complessivo (purtroppo solo) 5/10 Nota: Sono stata a lungo in forse se dormire all’interno della Game Reserve oppure fare avanti e indietro in giornata da St. Lucia, dalla quale il parco dista solo 50km, o addirittura affidarmi ad un safari organizzato di 8 ore con partenza sempre da St. Lucia. Alla fine, però, nonostante l’Hilltop Camp si presenti decisamente trascurato, non posso che confermare che valga sempre e comunque la pena di dormire all’interno dei parchi, sia per gli avvistamenti meravigliosi che si fanno al tramonto sia per godersi l’alba del giorno dopo. Stone Camp, Mkhaya Game Reserve, Swaziland. 288,00 € in due con la formula Dinner, Bed & Breakfast, comprensiva anche di Safari guidato al tramonto e all’alba. Lo Stone Camp a Mkhaya è un’autentica magia africana, un gioiello assoluto e puro nel cuore dello Swaziland. Si accede esclusivamente ad orari prestabiliti (le 10:00 oppure le 16:00), accompagnati dalle guide si varcano i cancelli della riserva che è un vero e proprio santuario per i rinoceronti bianchi. Si lascia la macchina presso l’abitazione dei ranger presidiata 24/24h e si parte con loro su jeep scoperte alla volta del remoto Stone Camp. Un posto magico, illuminato la notte dalle sole lampade a petrolio, le sistemazioni sono rondavel con altissimi tetti in paglia e protette unicamente da muri bassi in pietra ma dotate di comodi letti e bagni privati con vista…sul bush! L’esperienza è totalmente immersiva nella natura: dopo il safari all’arrivo, si cena (divinamente, con la carne cucinata al momento) al lume delle candele a petrolio e si assiste a canti e balli tradizionali swazi e sudafricani davanti al fuoco. Non ci sono parole per descrivere l’atmosfera di autenticità che si crea tra i (pochi) ospiti del camp e l’emozione dei rumori e suoni della notte africana così come del suo silenzio assoluto appena prima che il sole sorga. All’alba si viene svegliati con caffè e the bollenti e si parte per il safari mattutino a “caccia” di rinoceronti, comprensivo di adrenalinica bush walk, poi si torna al campo per la colazione ed i saluti. Esperienza unica, difficile da descrivere, impossibile da dimenticare e assolutamente imprescindibile. Voto complessivo 10/10 Mlilwane Rest Camp, Mlilwane Wildlife Sancturary, Swaziland. 73,88 € in due, cena e colazione a pagamento presso l’Hount Hippo Restaurant a prezzi risibili. Wi-Fi a pagamento solo nei pressi della reception. Il rest camp è immerso nella Mlilwane Wildlife Reserve, unico parco totalmente privo di predatori e per questo facilmente visitabile a piedi, a cavallo o in bici. La sistemazione è in rondavel con il tetto in paglia, ben tenute, con ampi letti in legno e grandi zanzariere, ciascuna con bagno, cucina e utensili e un delizioso piccolo patio con sedie in legno e tavolino affacciato sulla valle sottostante dove brucano indisturbate zebre, gnu, kudu e nyala. Questi ultimi, insieme a una nutrita famiglia di facoceri per nulla spaventati da noi ospiti, passeggiano indisturbati tra le rondavel, vicino alla reception e al ristorante. Attenzione a non confondere i facoceri appisolati attorno alle braci del fuoco la sera per ceppi di legno su cui appoggiare il piede! Non c’è la stessa magia e senso di wilderness che si respira allo Stone Camp ma è assolutamente una tappa autentica e davvero piacevolmente rilassante. Voto complessivo 9/10 Hhusha Hhusha Guest House, Malelane. 56,88 € in due, colazione a pagamento, parcheggio privato, WI-FI gratuito. Guest House scelta sulla base delle recensioni di Tripadvisor e Booking che promettevano un ottimo rapporto qualità-prezzo che possiamo pienamente confermare. Malelane è la classica gateway town alle porte del Malelane Gate, uno dei due accessi sud del Kruger National Park, con benzinai, supermercati e ristoranti anche se, per quello che abbiamo visto noi, un po’ anonima. Stanza “king” immaccolata e fresca, con affaccio sul giardino curatissimo con piscina. Piacevolissima sorpresa è stata la presenza dell’honesty bar: un vero e proprio bar in stile hawaiano in giardino con tanto di bancone e frigo super rifornito di birre, spirits e alcolici: si poteva prendere quello che si voleva dichiarandolo e pagandolo al check-out. Voto complessivo 7/10 Skukuza Rest Camp, Kruger National Park. 170,00 € per due notti, esclusa la conservatory fee. Skukuza è il Rest Camp più attrezzato del Kruger con ristorante, caffetteria, lavanderia, atm, benzinaio ecc., abbiamo soggiornato per due notti in una piccola rondavel non perimetrale. La zona degli alloggi non è particolarmente fascinosa, ho trovato le rondavel piuttosto vicine tra loro, cosa che lascia relativamente poca privacy. Condizioni interne dell’alloggio e pulizia appena sufficienti anche se le lenzuola erano pulite. Anche qui la sensazione è che sia tutto piuttosto vecchiotto e trasandato. Molto comodo invece il negozio aperto fino alle 19:00 dove è possibile rifornirsi di cibo, bevande, gelati, utensili e gadget a prezzi competitivi. Menzione d’onore all’eccezionale Cattle & Baron Restaurant dove per ben due sere di seguito abbiamo mangiato 200g di filetto al pepe del Madagascar assolutamente divino a prezzi ridicoli rispetto agli standard a cui siamo abituati (8-10€). WI-FI gratuito presso il ristorante. Per chi ha tempo/voglia/capacità tutte le rondavel sono dotate di braai esterno per cucinare la carne (in vendita anche nello store del campo) perché… BBQ is for boys but BRAAI is for men! Voto complessivo 6/10 Satara Rest Camp, Kruger National Park. 190,00 € per due notti, esclusa la conservatory fee. Satara è sicuramente da consigliare per la sua posizione strategia nella zona del Kruger più frequentata dai grandi felini: gli avvistamenti più entusiasmanti li abbiamo fatti proprio qui (leonesse a caccia, leopardo e ghepardo). Il camp è più piccolo e raccolto rispetto a Skukuza e le rondavel sono organizzate in gruppi disposte a cerchio (le più ambite sono quelle perimetrali per la possibilità di avvistare animali all’esterno, oltre la fence elettrificata). A mio avviso il campo si presenta meglio di Skukuza, le rondavel pur essendo sempre vicine le une alle altre sono tenute meglio e più ariose. Unico neo è stato la quasi mancanza di acqua calda che ci ha impedito di farci una vera e propria doccia ristoratrice il secondo giorno di permanenza ma presumo sia un caso sfortunato. Presenti caffetteria, ristorante e negozio sempre ben fornito. Voto complessivo 7/10 A Traveler's Palm, Phalaborwa. 31,00 € con colazione a pagamento, parcheggio privato, WI-FI gratuito. Guest House con ottimo rapporto qualità prezzo. Stanza “king” con ingresso privato e ampio bagno molto pulito. La colazione è a pagamento ma servita da personale gentilissimo sotto una piccola hut nel giardino sul retro. A disposizione degli ospiti ci sono ping-pong, giochi da tavolo e una scacchiera gigante. Phalaborwa è, alla stregua di Malelane, una gateway town nei pressi dell’omonimo gate di accesso al Kruger. Menzione speciale al Bushveld Terrace Grill & Bistro, il ristorante appena prima del gate di accesso al Kruger dove abbiamo cenato la sera con ambienti e servizi al di sopra degli standard sudafricani trovati sino a quel momento. Vini e carni ottime, anche se non paragonabili al filetto di Skukuza, che ancora ci sogniamo! Voto complessivo 8/10 Rustique, Graskop. 44,51 € con colazione a pagamento, parcheggio privato, WI-FI gratuito. La Guest House con il miglior rapporto qualità prezzo del viaggio. Stanza “king” confortevole e arredata con gusto, seppur ricavata da un ex garage/capanno adiacente alla casa dove vivono i proprietari. All’arrivo ci accoglie la disponibilissima Lucinda che con un gran sorriso di benvenuto ci illustra brevemente il funzionamento della camera. Dopo averci messo a disposizione una stufetta elettrica (oltre a spiegarci che il materasso è riscaldato elettricamente!) ci informa che si è permessa di prenotare per noi un tavolo presso il delizioso ristorante The Glass House, raggiungibile a piedi, che propone cucina sudafricana (da provare il bobotie e i curry!). È stata una graditissima attenzione perché il ristorante è minuscolo ed era già tutto prenotato. Quando parcheggiate la macchina nel vialetto fate attenzione a non schiacciare i molti coniglietti domestici che abitano il giardino! Voto complessivo 8/10 -
Syiabonga Africa! Sudafrica & Swaziland 2019
claudiaa ha pubblicato una discussione in Diari di viaggio e live
L’idea del Sudafrica, quale viaggio 2019, nasce come possibile alternativa a quella, ben più collaudata, di ripercorrere il tour dei parchi del Sudovest USA, approfondendo quelli già conosciuti e visitando finalmente quelli che erano stati tagliati fuori nei viaggi precedenti (Yosemite, Canyonlands, Valley of the Gods e qualche altro). Complice la pregressa conoscenza dei luoghi e l’assidua frequentazione del Forum USAOTR, l’itinerario era praticamente già pronto e avevo addirittura aperto un topic sul Forum chiedendo agli esperti i consigli di rifinitura, per perfezionare qui e là le tappe. Grazie però a Chiara, che accarezzava il sogno dell’Africa praticamente da sempre, e alla mia passione per l’organizzazione di itinerari nuovi, l’interesse si rivolge per la prima volta anche al continente africano ed in particolare al suo stato più meridionale. A dire il vero, qualche anno fa avevo iniziato a “studiare” la Namibia che però, forse principalmente a causa delle grandi distanze, i pochi servizi e soprattutto la necessità di avere buone conoscenze di guida su sterrati per periodi prolungati, non si era mai concretizzata. Documentandomi invece qui sul Forum, su Tripadvisor e leggendo svariati diari di viaggio sparsi sul web, mi convinco che il Sudafrica potrebbe fare davvero al caso nostro: la condizione buona delle strade, la presenza comunque diffusa di servizi, la possibilità di visitare agevolmente la maggior parte delle aree in totale autonomia ci permetteva di ripetere ancora una volta la formula dell’ontheroad totalmente self-made che tanto amiamo. Ordino quindi la guida Lonely Planet e inizio parallelamente a documentarmi su internet: fonti preziose sono state tutti i siti, più o meno ufficiali, dei parchi che si trovano molto agevolmente in rete e dove è possibile recuperare anche mappe ed immagini più o meno dettagliate delle strade interne, punti panoramici e loop sterrati, il sito Sanparks.org (sul quale abbiamo effettuato le prenotazioni per i Rest Camp del Kruger), il sito Siyabona.com, che offre un focus molto approfondito proprio sul Kruger comprese informazioni sulla fauna, avifauna, percorsi consigliati, ecc, oltre a svariati blog di turisti italiani e stranieri che ci avevano preceduto in quest’avventura. L’idea iniziale era quella di fare tre settimane, dedicando la prima a Cape Town, Penisola del Capo, Garden Route per poi prendere un volo interno da Port Elizabeth e ripartire da Durban, da qui visitare la regione del Kwazulu-Natal, passare in Swaziland e chiudere in bellezza al Kruger, ripartendo con un volo da Johannesburg. Alla fine però, un po’ per una questione puramente di tempistiche legate alle ferie, un po’ per la stagione invernale australe che vede le condizioni meteorologiche più favorevoli nel nord del Paese piuttosto che al Capo, decidiamo di saltare completamente quest’ultimo (ma è un arrivederci al prossimo viaggio!) e concentrarci con più calma sulle regioni nord-est. In conclusione visiteremo tre province sudafricane (Kwazulu-Natal, Mpumalanga e Limpopo) con un meraviglioso intermezzo nello stato indipendente dello Swaziland/Eswatini. Da novembre 2018 iniziamo a monitorare i voli: fanno subito capolino quelli di British Airways via Londra Heathrow con partenza da Milano Malpensa (ci siamo ormai rassegnate alla scarsità di collegamenti partendo dalla nostra Torino) e arrivo a Durban e ritorno da Johannesburg, sempre con scalo a Heathrow. Sia su Skyscanner sia sul sito della British il programma di volo ha un competitivissimo prezzo di 440-460€ A/R a persona. Alla fine, acquistiamo i biglietti direttamente sul sito della compagnia aerea nel mese di febbraio per 475€ a persona: rispetto a certi salassi sborsati per gli States ci sembra un affarone! Tra febbraio e marzo fissiamo da casa anche tutti gli alloggi: dormiremo in Guest House quando faremo tappa nelle cittadine turistiche mentre preferiamo l’esperienza dei Rest Camp per vivere a 360 gradi le emozioni dell’immersione nella natura incontaminata quanto saremo nei parchi. Affrontiamo nel mese di aprile anche il capitolo macchina a noleggio: dopo aver confrontato un po’ di broker (Enoleggioauto, Rentalcars, Drivesouthafrica, etc) la scelta ricade sul Discovercarhire. Scegliamo un SUV di categoria intermediate (tipologia Toyota RAV4 o similare) con cambio automatico, chilometraggio illimitato, guidatore aggiuntivo. Stipuliamo con Discovercarhire la protezione totale (pneumatici, finestrini, sottoscocca) che si aggiunge all'assicurazione standard offerta da Hertz. Per il passaggio di frontiera dello Swaziland, paghiamo circa 96,00€ e completiamo online e via e-mail le procedure che ci permetteranno il rilascio delle carte necessarie trasmettendo preventivamente copia dei documenti richiesti (passaporto, patente e patente internazionale). Il noleggio ci costerà complessivamente circa 650,00 €. Nota: noleggiando una “semplice” berlina e optando per il cambio manuale si riescono a risparmiare agevolmente anche 150-200€ tuttavia siamo state felicissime della scelta del SUV unita a quella del cambio automatico. Le dimensioni del SUV garantiscono un viaggiare molto più confortevole sulle strade sterrate secondarie dei parchi, anche se tutte eccezionalmente ben tenute, e si è avvantaggiati nell'avvistamento degli animali. Il cambio automatico, oltre a semplificare molto la vita nei primi approcci con la guida a sinistra, è anche molto comodo quando ci si deve fermare/ripartire piuttosto repentinamente per seguire gli avvistamenti. È una scelta che, personalmente, sicuramente rifarei! Concluso il noleggio dell’auto, completiamo le spese pre-partenza stipulando l’assicurazione medica Gold con Viaggi Sicuri (127,00 € in due) la quale, fortunatamente anche quest’anno, rimarrà inutilizzata tra i documenti di viaggio. Infine, ecco il nostro itinerario completo di link al fondamentale Myscenicdrives.com: https://www.myscenicdrives.com/road-trip-planner?i=afa3a4f2-f2be-40c3-a708-c716efbaa59e 22/06 – VOLO MILANO – DURBAN (VIA LONDRA) 23/06 – DURBAN – ST. LUCIA, 24/05 – ST. LUCIA (ISIMANGALISO WETLAND PARK) 25/06 – ST. LUCIA (WHALE WATCHING, ST. LUCIA ESTUARY) 26/06 – ST. LUCIA – HLUHLUWE IMFOLOZI GAME RESERVE 27/06 – HLUHLUWE IMFOLOZI GAME RESERVE – MKHAYA GAME RESERVE (SWAZILAND) 28/06 – MKHAYA GAME RESERVE – MLILWANE WILDLIFE SANCTUARY (SWAZILAND) 29/06 – MLILWANE WILDLIFE SANCTURARY – MALELANE 30/06 – MALELANE – KRUGER NATIONAL PARK (SKUKUZA) 01/07 – KRUGER NATIONAL PARK (SKUKUZA) 02/07 - KRUGER NATIONAL PARK (SATARA) 03/07 – KRUGER NATIONAL PARK (SATARA) 04/07 – KRUGER NATIONAL PARK – PHALABORWA 05/07 – PHALABORWA – BLYDE RIVER CANYON – GRASKOP 06/07 – GRASKOP – JOHANNESBURG (VOLO IN SERATA) 07/07 – ARRIVO A MILANO IN MATTINATA -
Ciao panda, scusa il disturbo. A voi Admin è consentito modificare il mio attuale nick name oscurando il cognome? "claudiaa" potrebbe andare benissimo. Grazie!
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Grand Circle + California Highway 1
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Itinerari West
Pensa che nel mio primo viaggio negli States feci il tratto SF - LA in ben 4 giorni, probabilmente per inesperienza ma soprattutto perchè era un viaggio improvvisato con fissi solo aeroporto di partenza e di arrivo, rispettivamente NOLA e LA! All'epoca fu molto divertente e gli ultimi giorni di costa californiana senz'altro più rilassanti del resto del viaggio a ma ad oggi non lo ripeterei! 😅 Per il tratto SF - LA tutti suggeriscono di spezzare in zona Morro Bay ma io non saprei davvero a cosa rinunciare di tutti i bellissimi stop sulla costa, alla quale avrei pensato di dedicare tre giorni sacrificando appunto il giorno in più a Las Vegas... A proposito, chiedo parere a chi capita di qui circa le tempistiche dei vari punti di interesse. Davvero secondo voi si riesce a vedere tutto in soli due giorni? Io li avrei divisi così: Tappa SF - Monterey Peninsula (pernottamento a Monterey/Carmel): Pidgeon Point Lighthouse (sosta breve), Shark Finn Cove (sosta breve), Natural Bridges State Beach (sosta breve), Santa Cruz (sosta pranzo e giretto lungo il pier), Monterey, 17Miles Drive (acchiappaturisti ma ho un bellissimo ricordo del campo da golf che si tuffa nell'oceano e del lonely cipress al tramonto e ripeterei volentieri), Carmel; Tappa Monterey Peninsula - San Simeon/Cambria: Point Lobos SP (2 ore), Soberanes Point, Bixby Bridge + vari viewpoint lungo il Big Sur, Julia Pfeiffer Beach (sosta pic nic, vento permettendo!), Partington Cove (breve trail 45 min), McWay Falls (breve trail 30 min), Ragged Point (sosta breve), Elefanti marini a Piedras Blancas (sosta breve) Tappa San Simeon/Cambria - Santa Monica: tappa ancora un po' da studiare soprattutto nella prima parte dove si passa la Santa Ynez Valley.Mi piacerebbe vedere la missione di Santa Barbara, pranzare in zona pier e poi proseguire per Malibu e le sue case sulla spiaggia (se accessibili) arrivando a Santa Monica nel tardo pomeriggio per godermi il tramonto. TUtti i consigli sono bene accetti! -
Grand Circle + California Highway 1
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Itinerari West
Grazie @fra14 per tutti i suggerimenti! Questo è un itinerario che vuole approfondire un viaggio fatto nel 2012. La giornata dedicata a Zion è perché vorrei fare l’ascesa a Angel’s Landing. Monticello l’avevo considerato come pernotto In caso di visita della zona di Canyonlands The Needles ma credo proprio che rimarrò in zona Moab per visitare il Corona Arch, sono indecisa se vedere il tramonto li oppure al grand viewpoint a Canyonlands. In che stagione siete andati voi? Alla Valley of Fire avete fatto Trail? @Flowerpower81 il tratto San Diego - 29PALMS via Joshua Tree com’è? Ho letto dal tuo diario che avete preferito non allungare attraverso la zona di Anza Borrego/Salton Sea ma stare sulle highway... quanto ci si mette all’incirca dall’uscita sud del Joshua Tree a San Diego? Molto trafficate? -
Grand Circle + California Highway 1
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Itinerari West
Grazie @Flowerpower81! Allora non è così impossibile come sembra! Sarà che ho sempre cercato di stare su tappe di 500 km max e questa sulla carta mi sembrava davvero tirata.. A questo punto potrei pensare di vedere l'alba al GC, saltare in macchina e cercare di essere a Kingman per metà giornata per poi deviare tagliando a metà il Deserto del Mojave... Dalle Kelso Dunes a 29 Palms c'è un'oretta abbondante di trasferimento ma potrei anche vederle nel tardo pomeriggio senza aspettare necessariamente il tramonto, giusto delle temperature meno infernali! -
Grand Circle + California Highway 1
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Itinerari West
Ciao a tutti, riprendo il topic lasciato dormiente nelle ultime settimane e chiedo lumi ai grandi saggi del forum. 😁 Dal momento che potrebbe essere possibile avere a disposizione per le vacanze 2019 ben 4 settimane, invece delle canoniche 3, ho provato ad includere anche San Diego e il Joshua Tree ampliando l'itinerario (considerando loop su Las Vegas, ma che potrebbe diventare anche loop su SF o LA). La domanda è la tappa Grand Canyon - 29Palms è fattibile secondo voi? https://www.google.it/maps/dir/Grand+Canyon+Village,+Arizona,+Stati+Uniti/Grand+Canyon+Railway,+Grand+Canyon+Village,+AZ+86023,+Stati+Uniti/Seligman,+Arizona,+Stati+Uniti/Hackberry,+Arizona,+Stati+Uniti/Kingman,+Arizona,+Stati+Uniti/Cima,+California,+Stati+Uniti/Twentynine+Palms,+California,+Stati+Uniti/@35.0910878,-115.2109743,8z/data=!3m1!4b1!4m44!4m43!1m5!1m1!1s0x8733174f95ffe325:0xb8ccc2749a229ea1!2m2!1d-112.1401108!2d36.0544445!1m5!1m1!1s0x873310b670de66db:0x17d7052d3ce9f0b!2m2!1d-112.1366323!2d36.0566123!1m5!1m1!1s0x80cd46906319349b:0xf4005bbfc3d829b2!2m2!1d-112.8774057!2d35.3255608!1m5!1m1!1s0x80cdb83783f81e9d:0x5d3a1b476d3db24c!2m2!1d-113.7271643!2d35.3691614!1m5!1m1!1s0x80cddc1300936035:0xa6accfbcff04a560!2m2!1d-114.0530065!2d35.189443!1m5!1m1!1s0x80cf79936dbc5a8d:0x5dc1aa514ab40c1b!2m2!1d-115.4991602!2d35.2377644!1m5!1m1!1s0x80dac726c25e7ecf:0xec37eb42c963a3fc!2m2!1d-116.0541689!2d34.1355582!3e0 Dovrebbero essere 700 km...😱 Ho pensato che potrei non dormire al GC Village ma a Williams, o addirittura a Seligman, in modo tale da guadagnare qualche km il giorno dopo. Mi piacerebbe percorrere un pezzo di Route 66 e poi tagliare anche il deserto del Mojave per raggiungere le Kelso Dunes al tramonto e poi pernottare a 29 Palms. Il giorno dopo visitare il Joshua Tree e poi riprendere la strada per SD dove mi fermerei 2 giorni (di più non ci sto con i tempi). Che ne pensate? -
Grand Circle + California Highway 1
claudiaa ha risposto a claudiaa nella discussione Itinerari West
Riprendo la programmazione... e mi autorispondo alla domanda posta in precedenza e ovvero, sentite due agenzie locali, entrambe mi confermano che l'abbinamento The Wave (in caso di vincita) e White Pocket non sono fattibili. Quindi mi sono tolta un pensiero, sicuramente in caso di perdita della lotteria The Wave faremo unicamente il White Pocket. Ho preso contatti con Paria Outfitter e Seeking Treasure Adventures, i primi mi sono sembrati super sbrigativi mentre quelli di Seeking Treasure si sono prodigati di darmi informazioni in lungo e in largo sulla zona. Nessuno si è mai affidato a loro?