Vai al contenuto

Classifica

Contenuto Popolare

Mostra il contenuto con la massima reputazione di 03/01/2017 in tutte le aree

  1. Possiamo fare il pranzo da Luger e la cena da Gordon! Inviato dal Millennium Falcon
    2 punti
  2. Eccoci qui... Quest'anno si raggiunge un traguardo importante... I miei primi 50 anni! E dove festeggiare degnamente questa data? Ma certo, a New York con @mouette Ora, non è la prima volta per nessuno dei due è andiamo alla ricerca di qualcosa di poco usuale da aggiungere alle nostre prime idee... Quindi... Sotto con i suggerimenti!
    1 punto
  3. Grazie mille per questo tuo lavoro! Ho finito di leggere adesso le informazioni sul tratto di route in Arizona e in California e quelle sulla strada in generale: veramente tutto molto molto interessante.
    1 punto
  4. Ho aggiunto alcune ulteriori informazioni sulla Route 66 e con queste dovrei aver finito per davvero. Chi si appresterà a percorrerla avrà la possibilità di vivere un viaggio intenso, emozionante, che lascerà per sempre degli splendidi ricordi.
    1 punto
  5. Tutto può essere, ma mi sembra strano: non è che per caso eri fermo in uno dei parcheggi (sono contati, adesso vedo se ritrovo anche quali sono) che non rientrano sotto la gestione del National Forest Service? EDIT, ho trovato anche il link diretto del FS, conferma che l'America the Beatiful va benissimo https://www.fs.usda.gov/detail/coconino/recreation/?cid=stelprdb5416207 Mi sa che hai proprio trovato un ranger poco informato .
    1 punto
  6. Non vorrei essere stato troppo severo nei miei giudizi, mi fa rabbia la sua poca voglia di crearsi nuove amicizie e conoscenze, al di fuori di quelle nate in occasione di un paio di raduni del Rotary piuttosto che frequentando gli amici di Federico, mio figlio, bravo a coinvolgerlo spesso in ciò che fa. Ritengo che l'anno all'estero sia una grande opportunità per un ragazzo: vivere un anno lontano dalla tua casa con una famiglia che si è resa disponibile ad accoglierti nella propria vita senza venire trattato come un ospite ma come un componente della stessa, partecipare a tutte le attività, compresa la normale routine quotidiana, passando dai momenti più semplici fino ai grandi avvenimenti in famiglia. A scuola, proprio come accade con la famiglia ospitante, l'Exchange Student non è trattato come un ospite ma come "uno di loro”. Lezione dopo lezione, attività dopo attività, conversando con i compagni di classe, ci si immerge sempre più nella cultura locale. Gli amici della scuola saranno i più stretti che lui abbia mai avuto. Non vorrei essere pesante parlando di mio figlio, ho tanti esempi di ragazzi che hanno avuto esperienze molto positive ed anche di qualcuno che non ha sfruttato la chance concessagli! @mountainview Eh si ... 👍 @ery85 Non ho mai visitato il Giappone, la mia conoscenza dell'Oriente è limitata ad una bella vacanza a Bali. L'altro giorno gli ho detto, ridendo, che è un "paraculo", invitandolo a cercarne il significato. 😂 @Eky Lui sta forse raggiungendo il suo scopo: farsi fondamentalmente un anno di vacanza. Quando rientrerà a casa, non prima di essersi fatto un Tour dell'Europa, dovrà riprendere e terminare l'anno scolastico interrotto a settembre. @Flowerpower81 Lo pensavo anch'io, sopratutto per ciò che Federico, il mio piccolo, avrebbe potuto apprendere stando fianco di una persona di cultura opposta alla sua. Durante le Festività siamo tutti affettivamente più vulnerabili, ed il giorno di Natale mi sono venuti gli occhi lucidi leggendo ciò che ci aveva scritto, ma lui aveva gli occhi lucidi dalla felicità per il regalo ricevuto, o meglio per l'ok ad acquistare il biglietto per la partita (ha poi fatto tutto da solo, io ho solo sentito il beep del messaggio di avvenuta transazione con la carta di credito). 😎 @dindomia Perché negarlo, si! 😍
    1 punto
  7. CALIFORNIA “La California è proprio di la dal fiume, con una graziosa cittadina per cominciare. Needles, sul fiume. Ma il fiume non è di casa in questa zona. Da Needles si sale e si scavalca una cima riarsa, e dall’altra parte c’è il deserto. E la 66 attraversa il deserto terribile, dove la distanza pulsa e il centro dell’orizzonte è tarpato dall’incombere di montagne cupe.” John Steinbeck, “Furore” La Route 66 arriva in California ed è Needles la prima cittadina che si incontra al di la del Colorado River. Negli anni del Dust Bowl gli “Okies”, i disperati in fuga dall’Oklahoma e dagli stati limitrofi verso la California, erano soliti fermarsi qui, aspettando la notte per attraversare, con i loro mezzi di fortuna, il terribile deserto del Mojave. Un breve tratto di interstate separa oggi Needles dal deserto; un piccolo tratto per poi uscire verso la 95 fino all’Arrowhead Junction, l’incrocio con la 66, oggi chiamata Goffs Rd, dal nome di una delle ghost towns attraversate. Si è davvero lontani dai verdi boschi del Missouri; il caldo torrido avvolge in un abbraccio asfissiante ma, al tempo stesso, la vastità degli spazi intorno a quel “sentiero d’asfalto” dona un impareggiabile senso di libertà. Qui c’è la Route 66 come la si immagina: una striscia d’asfalto che si perde all’orizzonte. L’impatto visivo è notevole; è senza dubbio uno dei tratti più suggestivi dell’intero percorso della Mother Road. La Route 66, erede del percorso della storica “National Old Trails Road”, attraversa le “Alphabet towns” una serie di piccole comunità, oggi in gran parte divenute ghost towns. Dopo diverse miglia percorse nel deserto, dalla striscia d’asfalto emerge una delle più famose e fotografate insegne della Route 66, quella del Roy’s Cafè. È emozionante osservare la sua sagoma imponente avvicinarsi. Siamo ad Amboy, oggi una ghost town che, così come il cafè, è di proprietà di un imprenditore di origine giapponese, proprietario del 1° McDonald’s di San Bernardino e di una famosa catena di ristoranti in California. Negli anni 50 il traffico dei viaggiatori su questo tratto di strada era notevole, ed il cafè poteva contare su diverse decine di dipendenti. Come altrove lungo la vecchia highway, anche qui la realizzazione delle interstates ha repentinamente annientato il business delle comunità attraversate, costringendo la popolazione locale ad abbandonare ogni velleità di permanenza in questi luoghi. Sono diverse le ghost towns attraversate durante il viaggio nel deserto, molte delle quali sono ormai poco più che un cumulo di macerie. La modernità ha gettato la US Highway 66 nell’oblio. Si arriva a Newberry Springs, con il suo Bagdad Cafè, che negli anni 80 è stato il set cinematografico dell’omonimo film. E’ un affascinante ristorante, un tempo noto come Sidewinder Cafè, al quale, verso la fine degli anni 90, i proprietari cambiarono il nome adottando quello del film, Bagdad Cafè appunto. Il vero Bagdad Cafè era ubicato a Bagdad, una località oggi praticamente sparita. Lo stupendo tratto desertico termina a Barstow. Ad Oro Grande si incontra un luogo singolare: il Bottle Tree Ranch. È una sorta di “foresta” fatta di tubi di ferro e bottiglie vuote, un luogo gestito da un personaggio estremamente cordiale: Elmer. È d’obbligo scambiare 4 chiacchiere con lui e lasciarsi coinvolgere dai suoi racconti. Proseguendo verso ovest si attraversa il Cajon Blvd, un altro tratto storico che costeggia l’interstate 15. Il viaggio sta terminando; si attraversa San Bernardino, con il suo primo Mc Donald’s, oggi un museo, ed il secondo Wigwam Motel della Route 66 dopo quello di Holbrook in Arizona, e poi ancora Pasadena prima di essere inghiottiti dal traffico caotico dei sobborghi della città degli angeli. Si arriva infine a Santa Monica, sul suo pontile, dove è posto il termine simbolico della US highway 66. Il cartello “End of the trail” infatti, sancisce solo a partire dal 2009 la fine della Route 66; nella realtà la Mother Road non è mai terminata in quel punto. il viaggio è giunto al termine. Il sentimento più forte è la nostalgia, per tutti gli stupendi luoghi attraversati e per le persone incontrate, unita all’irresistibile voglia di ricominciare di nuovo il viaggio. Io ho percorso la Mother Road per intero due volte, mi appresto ad organizzare la mia terza e non credo che mi fermerò qui. Un viaggio on the road lungo la Route 66 non è un viaggio qualsiasi, se affrontato conoscendo i posti attraversati e la loro storia, lascia dentro un’infinità di emozioni dalle quali sarà difficile separarsi. “La Route 66 è la principale strada migratoria. La 66, lungo sentiero d’asfalto che attraversa la nazione, serpeggiando dolcemente su e giù per la carta, dal Mississippi a Bakersfield, attraverso le terre rosse e le terre grigie, inerpicandosi su per le montagne, superando valichi e planando nel deserto terribile e luminoso, e dopo il deserto di nuovo sulle montagne fino alle ricche valli della California. La 66 è il sentiero di un popolo in fuga, di chi scappa dalla polvere e dal rattrappirsi delle campagne, dal tuono dei trattori e dal rattrappirsi delle proprietà, dalla lenta invasione del deserto verso nord, dai turbinosi venti che arrivano ululando dal Texas, dalle inondazioni che non portano ricchezza alla terra e la depredano di ogni ricchezza residua. Da tutto ciò la gente è in fuga, e si riversa sulla 66 dagli affluenti di strade secondarie, piste di carri e miseri sentieri di campagna. La 66 è la strada madre, la strada della fuga.” John Steinbeck, “Furore” Attrazione Città Route 66 Motel Needles Needles Railroad Borax Wagon Needles Cadiz Summit Cadiz Roadrunner Retreat Restaurant Chambless Guardian Lions of Route 66 Chambless - Amboy Roy's Motel and Cafe Amboy Ludlow Cafe Ludlow Whiting Brothers Gas Station Newberry Springs Bagdad Cafe Newberry Springs Henning Motel Newberry Springs Route 66 Museum Store Barstow Route 66 Motel Barstow Elmer's Bottle Tree Ranch Oro Grande Emma Jean's Holland Burger Cafe Victorville California Route 66 Museum Victorville Doppio scudetto Route 66 bianco e nero Cajon Blvd McDonald's Museum San Bernardino Wigwam Motel San Bernardino/Rialto Bono's Historic Orange Fontana Cucamonga Service Station Rancho Cucamonga Monrovia Old Gas Station Monrovia End of the Trail originario Los Angeles End of the Trail (Incrocio Olympic Blvd e Lincoln Blvd) Santa Monica U.S. Route 66 Western Terminus (Will Rogers Plaque) Santa Monica 66-To-Cali Santa Monica End of the Trail (Santa Monica Pier) Santa Monica Route 66 last stop shop Santa Monica Le storie della Route 66 Il Roy's Cafè Subito dopo la costituzione della US highway 66 nel 1926, per velocizzare la realizzazione dell’intero percorso da Chicago a Los Angeles, sono stati utilizzati alcuni tratti di strade storiche. È il caso, ad esempio, dell’Ozark Trail Road, nei territori del Missouri, Oklahoma, Texas e New Mexico, della IL4 in Illinois o della National Old Trails Road dal New Mexico fino a Los Angeles attraverso il deserto del Mojave. Erano strade sterrate e non adatte a lunghe percorrenze, così come del resto non lo erano le poche automobili circolanti in quel periodo. Il treno era ancora il mezzo più veloce e sicuro per spostarsi. Con la diffusione dell’automobile come mezzo di locomozione di massa e la conseguente definizione di un moderno piano di autostrade interstatali, gli USA hanno dato vita ad un nuovo modo di concepire i viaggi. La Main Street of America, ha cominciato quindi ad organizzarsi per fornire ai viaggiatori tutto quello di cui avevano bisogno durante il viaggio. Una strada più sicura e confortevole, grazie al completamento della pavimentazione dell’intero percorso, servizi di assistenza per le automobili ed anche per i viaggiatori. La concentrazione di queste attività era diventata molto elevata in alcuni suoi tratti, mentre in altri la loro presenza rappresentava una vera e propria oasi. È questo il caso del Roy’s Cafè di Amboy, un locale ed una piccola comunità situate nel tratto desertico della National Old Trail Road, una delle antenate della US Highway 66, inclusa nel suo percorso dopo il 1926. La zona intorno ad Amboy, è stata, verso la fine del 1800, un’importante sede di estrazione del sale, attività questa che ha permesso la nascita della piccola comunità e, qualche anno più tardi, la realizzazione di una stazione ferroviaria. Amboy è la prima delle Alphabet Towns, la serie di comunità, identificate con dei nomi in ordine alfabetico, che dal deserto del Mojave arrivavano fino al confine con l’Arizona (Amboy, Bolo, Cadiz, Danby, Essex ecc.). Il crescente business derivante dall’aumento dei viaggiatori lungo quel tratto desertico, convinse un agente di polizia della zona, Roy Crowl, ad aprire ad Amboy un’attività commerciale. Un’attività tra le più diffuse ed utili in quegli anni di pionierismo automobilistico: un’officina meccanica ed una gas station. Nel 1938 nasceva il Roy’s Garage che, assieme ad altre attività lungo la Main Street della piccola Amboy, ha permesso alla comunità di conoscere anni di discreta prosperità a dispetto della difficile collocazione geografica. Siamo verso la fine degli anni 30, e quella era ancora un’America a conduzione familiare. Pochi anni dopo, in società con quello che presto sarebbe diventato suo genero, Roy ha aggiunto alla stazione di servizio un Cafè ed un piccolo Motel. Il Roy’s Garage si era quindi trasformato, assumendo il nome che ancora oggi identifica una delle icone più famose della Route 66: il Roy’s Motel and Cafè. Qualche anno più tardi, nel 1958, è stata inoltre realizzata la sua famosa insegna, una delle più amate e fotografate dell’intero percorso della Strada Madre. Gli affari per il Roy’s Cafè andavano a gonfie vele negli anni d’oro della Main Street of America ed il personale operante nella struttura arrivò a contare una settantina di persone circa. Ma, come è accaduto un po’ ovunque lungo il percorso della Mother Road, il destino per quell’oasi nel deserto del Mojave era segnato. Con l’apertura della Interstate 40, agli inizi degli anni 70, il traffico dei viaggiatori lungo quel tratto di Route 66 si interruppe repentinamente gettando Amboy nell’oblio. Progressivamente le circa 700 persone che vivevano in quella piccola cittadina nel deserto, cominciarono ad abbandonarla al suo inevitabile destino. Con la nuova e più veloce intestate nessuno aveva più l’interesse a percorrere quella striscia d’asfalto nel deserto. Il Roy’s Cafe e la comunità di Amboy, entrambe di proprietà della famiglia di Roy, hanno subito, negli anni successivi all’apertura della I40, alcuni cambi di gestione. Le principali attività del Roy’s Cafè erano ormai cessate ed i nuovi gestori hanno cercato di sfruttare l’appeal di quella che era ormai diventata una “sinistra” ghost town nel deserto, provando ad attirare gli investimenti del mondo dorato di Hollywood. Ad Amboy, e nel Roy’s Cafè, sono stati realizzati dei film (The Hitcher – La lunga strada della paura), spot pubblicitari ed anche videoclip musicali (Enrique Iglesias – Hero). Nel 2005 sia Amboy che il Roy’s Cafè, sono stati acquistati, per 425.000 dollari, da un imprenditore proprietario di una famosa catena di fast food. L’intento dell’imprenditore, tra l’altro anche proprietario del primo McDonald’s di San Bernardino in California, oggi un museo, era di riportare Amboy ai fasti di un tempo, riaprendo il Cafè ed il motel. Ad oggi il solo Cafè e la stazione di servizio hanno ripreso regolarmente a funzionare ed Amboy conta in totale 4 abitanti, i gestori del locale. Amboy è una ghost town, come tante altre lungo il percorso della Route 66; il mitico cafè, la stazione di servizio, l’ufficio postale (tutti funzionanti), la scuola e poco altro sono gli unici legami col passato ancora visibili ai viaggiatori. Ma del Roy’s Cafè resta anche il suo irresistibile fascino, qualcosa che nessuno, neanche la modernità potrà mai usurpare. Le Alphabet Towns Lewis Kingman era un ingegnere civile che, verso la fine del 1800, aveva il compito di ispezionare diversi territori (dal New Mexico alla California attraverso il deserto del Mojave) sui quali sarebbe stata costruita una ferrovia. Tra l’altro l’attuale cittadina di Kingman in Arizona, lungo la Route 66, prende il nome proprio da questo ingegnere. Per una questione puramente pratica (semplificare il compito ai telegrafisti e per rendere facilmente memorizzabili quei posti), attribuì alle stazioni nel tratto adiacente al Mojave desert dei nomi in ordine alfabetico: Amboy, Bolo, Cadiz, Danby, Essex, Fenner, Goffs, Homer, Ibis, Java. Questi paesi sono noti con il nome di “Alphabet towns”. Molti di questi paesi conobbero momenti di discreta ricchezza ed espansione demografica, grazie alla ferrovia ma anche grazie a quella che per un lungo periodo fu l’unica autostrada che attraversava il deserto: la Route 66. Con l’apertura della I40, all’inizio degli anni 70, cominciò il loro rapido declino ed oggi questi piccoli paesi sono ridotti a ghost towns o poco più. La foto è stata fatta al Cadiz Summit, una vecchia stazione di servizio a Cadiz, lungo la attuale National Trails Highway, ovvero la vecchia Strada Madre, poche miglia ad est di Amboy. Questo è uno dei tratti più belli, selvaggi ed emozionanti della Route 66. End of the Trail Il punto di arrivo della US Highway 66 in California, ha subito negli anni diversi cambiamenti, per ragioni di opportunità ed a causa del progressivo smantellamento della Strada Madre. A cavallo tra gli anni 20 e 30, quando la US 66 fu realizzata come parte del US Highway System, il suo punto di arrivo era ubicato nel centro di Los Angeles tra la 7th Street e la Broadway. Dopo una decina d’anni, la fine della strada fu spostata a Santa Monica all’incrocio tra Lincoln ed Olympic Blvd. In conseguenza della congestione di auto causata da questa nuova collocazione, si pensò di considerare come “End of the trail” l’incrocio tra la Ocean Ave. ed il Santa Monica Blvd, direttamente di fronte all’oceano, dove peraltro è presente una targa commemorativa di Will Rogers, un famoso attore ed umorista americano a cui la Strada Madre è dedicata (La Route 66 è anche nota come “Will Rogers Highway”). Ma nella realtà la fine ufficiale della Mother Road, per anni, restò tra la Lincoln e la Olympic Blvds. A partire dagli anni 60, man mano che nuovi tratti di interstate venivano inaugurati in California e con la conseguente dismissione di pezzi di US 66, il punto finale veniva progressivamente arretrato fino addirittura ad essere collocato in Arizona (Kingman). Dopo la sua completa dismissione, nella metà degli anni 80, diverse associazioni sono sorte al fine di tutelare l’importanza storica della Strada Madre ed attraverso il loro lavoro alcuni stati hanno cominciato a riconoscere alla vecchia highway lo status di Scenic Byway o State Historic Route, strada di interesse storico; un nuovo crescente interesse era nato intorno alla Mother Road. Questo interesse fece riemergere la questione legata alla fine della Route 66, che, anche se si trattava di una strada ormai smantellata, richiamava viaggiatori da tutto il mondo. Per ragioni prevalentemente di opportunità economica, nel 2009 venne individuato il Santa Monica Pier come punto finale del percorso di quella che un tempo fu la US Highway 66 ed a sancire questa nuova collocazione fu inaugurato un cartello che ancora oggi è meta di non solo di coloro che intraprendono il viaggio lungo la Mother Road, ma anche dei turisti che visitano Santa Monica. Curiosità: Lungo il tratto desertico della Route 66, tra la Kelbaker Rd ed Amboy, dal 2013 circa fanno bella mostra di se due leoni che richiamano apparentemente la tradizione cinese. Nella cartina li ho indicati con buona approssimazione (non ho preso i riferimenti GPS ma ho fotografato la collina di fronte a loro e l’ho ritrovata con google map). Nessuno sa chi li abbia portati li e quale sia il senso della loro presenza in quel posto, in mezzo al nulla nel deserto del Mojave, ma ormai fanno parte del paesaggio e sono noti come the guardian lions of Route 66. Percorrendo la Strada Madre nella sua classica direzione westbound si trovano a sinistra ad un paio di centinaia di metri dalla strada ed a 400 metri circa l’uno dall’altro. La loro presenza concorre senza dubbio a rendere ancora più affascinante il viaggio attraverso il tratto desertico della US Highway 66.
    1 punto
  8. ARIZONA Con l’apertura dell’ultimo tratto di Interstate 40 nei pressi di Williams, nella metà degli anni 80, la US Highway 66 cessò definitivamente il suo servizio e fu rimossa dalle mappe autostradali americane. Molti tratti furono rinominati, smantellati, relegati al ruolo di strada secondaria o di Business Loop per le Interstates. L’impatto con l’economia di alcuni paesi che vivevano del traffico dei viaggiatori fu devastante. Molte attività chiusero, interi paesi diventarono delle ghost towns. Emergeva la necessità di fare qualcosa per tentare di salvare quei paesi e la loro gente. Un barbiere di Seligman, Angel Delgadillo, ebbe l’idea di costituire un’associazione che avesse come scopo la tutela dell’importanza storica della US 66, nel tentativo di costringere lo stato dell'Arizona a farsi carico delle istanze di quella gente, del popolo della Route 66. Nacque quindi la "Route 66 Association of Arizona", la prima di questo genere, seguita subito da altre associazioni simili costituite negli altri stati attraversati dalla Mother Road. L’associazione riusci ad ottenere, da parte del governo dello stato dell’Arizona, il riconoscimento di State Historic Route per un tratto di US 66; in seguito altri ancora furono i tratti della vecchia highway “certificati” come strada dall’interesse storico. Grazie a quel barbiere di Seligman, “The Guardian Angel of Route 66”, una vera e propria leggenda vivente della Strada Madre, la US 66 è tornata sulle mappe stradali con la denominazione di Historic Route 66. Entrando in Arizona, a Lupton, si incontra subito uno degli elementi distintivi di questo stato: la terra rossa. Un trading post con articoli dei nativi americani da il benvenuto ai viaggiatori. La Route 66 in Arizona può essere divisa in 2: la parte ad est di Flagstaff, dove è spesso sostituita dalla I40, e quella ad ovest, verso Seligman, dove la Mother Road ritorna ad impossessarsi dei sogni di tutti i viaggiatori con ampi tratti di splendido asfalto rovente. Ci sono alcuni tratti sterrati anche in Arizona, risalenti al periodo iniziale della vecchia autostrada: la Querino Dirt Road subito dopo Lupton, oppure il tratto di Parks, poche miglia ad ovest di Flagstaff, immerso nel verde di un bosco di montagna. Nel mezzo c’è molta I40 ma anche tanta storia. Il Painted Desert e la Petrified Forest poco prima di Holbrook, l’unico parco nazionale presente sul percorso della Route 66, Holbrook stessa con i suoi vecchi motels ed il caratteristico Wigwam Motel dalle camere a forma di teepee. E poi Joseph City con il suo Jackrabbit Trading Post, annunciato dal cartello “Here it is”, Winslow con il suo “corner” cantato dagli Eagles di “Take it easy”, il Meteor Crater, un cratere formato dalla caduta di un meteorite qualche migliaio di anni fa. Ed ancora il Twin Arrows Trading Post, con le due frecce piantate nel terreno, ed infine, attraverso Winona, si arriva a Flagstaff. Proseguendo verso ovest, dopo il breve tratto sterrato di Parks, si giunge a Williams, uno snodo importante per il turismo verso il Grand Canyon, e poi a Seligman, una piccola, coloratissima, splendida comunità. Si prosegue su uno dei tratti più penalizzati dall’apertura della Interstate e che ha ispirato, come collocazione, la Radiator Springs di Cars. Un tratto che attraverso Peach Springs e Truxton giunge ad una delle icone più famose della Route 66: l’Hackberry General Store. L’Hackberry General Store è stata una stazione di servizio, operativa fino alla fine degli anni 70, ed oggi è sostanzialmente un gift shop. Dopo Kingman parte uno dei tratti di strada più belli dell’intero percorso della Route 66: oggi chiamato Oatman Hwy, un tempo era conosciuto come “Bloody 66”. A causa della sua pericolosità e dei frequenti incidenti, i viaggiatori che si accingevano a percorrere quel tratto di strada spesso preferivano ingaggiare piloti esperti. E’ un tratto denso di tornanti che si arrampica sulle Black Mountains e che dopo il Sitgreaves Pass conduce ad Oatman, una ghost town che ha visto il suo splendore negli anni 20 quando era il centro di estrazione dell’oro più importante della zona. Il viaggio in Arizona, attraverso la US Highway 66, finisce in prossimità del Colorado River, dall’altra parte c’è la California, quella che per la gente in fuga dall’Oklahoma, gli Okies, era la terra delle opportunità, la speranza per un futuro migliore. Attrazione Città Teepee Trading Post Lupton Querino Dirt Road Houck Querino Canyon Bridge Houck Petrified Forest National Park Holbrook Painted Desert Holbrook Wigwam Motel Holbrook Globetrotter Lodge Holbrook Geronimo Trading Post Joseph City Jack Rabbit Trading Post Joseph City Standin’ On The Corner Park Winslow Meteor Crater Winslow Two Guns Trading Post Winslow Twin Arrows Trading Post Flagstaff Walnut Bridge Winona Museum Club Flagstaff Miz Zip's Flagstaff Galaxy Diner Flagstaff Parks In the Pines General Store Deli & Cafe Parks Cruiser's Route 66 Cafe Williams Zettlers Route 66 Store Ash Fork Delgadillo's Snow Cap Seligman Delgadillo's Route 66 Gift Shop Seligman Copper Cart Route 66 Motoporium Seligman Historic Seligman Sundries Seligman Supai Motel Seligman Historic Route 66 Motel Seligman Grand Canyon Caverns Seligman Frontier Motel & Cafe Truxton Truxton Gas Station Truxton Valentine Gas Station Valentine Hackberry General Store Hackberry Giganticus Headicus Antares El Trovatore Motel Kingman Mr D'z Route 66 Diner Kingman Mohave Museum of History and Arts Kingman Cool Springs Station Museum Cool Springs Ed's Camp Golden Valley Oatman Hotel Oatman Cars & la Route 66 “Here it is” Il cartello giallo visibile nella cittadina di Radiator Springs è una delle icone della Mother Road. Si trova di fronte al Jack Rabbit Trading Post a Joseph City. “Cozy Cone Motel” (Cono Comodo) Fonte di ispirazione per il Cozy Cone Motel sono senz’altro i WigWam Motels di Holbrook (Arizona) e San Bernardino (California). Le storie della Route 66 Angel Delgadillo La US Highway 66 è probabilmente la strada più famosa del mondo. Un "lungo sentiero d’asfalto" che attraversa quasi per intero gli Stati Uniti d’America e che di questo paese racconta un pezzo importante di storia. Atti di straordinaria umanità da parte di gente comune hanno trasformato questa highway in una strada leggendaria che ancora oggi fa sognare migliaia di viaggiatori. Ad una di queste persone dobbiamo la possibilità di continuare a vivere questo sogno, il suo nome è Angel Valadez Delgadillo. Angel, un barbiere di Seligman, una piccola comunità nella Yavapai County, con la sua ostinazione ha salvato la sua città da un ineluttabile destino ed ha contribuito a creare il mito della Main Street of America. Nato a Seligman nel 1927, un anno dopo la costituzione della US 66, Angel è il terzultimo di 9 figli di una famiglia messicana emigrata negli USA agli inizi del 1900. Il padre, un dipendente delle ferrovie, lasciò il suo lavoro per aprire una barberia ed una sala biliardo, attività successivamente seguite anche da Angel. Durante la grande depressione la famiglia Delgadillo, per sopravvivere agli stenti, era pronta ad unirsi ai tanti “Dust Bowlers” che solcavano la Main Street of America in direzione ovest, ma, grazie all’assunzione di due fratelli di Angel in una banda musicale, riuscì a restare nella amata Seligman. La musica è stata, per un certo periodo, anche l’occupazione principale di Angel: suonava il sax nella Delgadillo Orchestra, l’orchestra di famiglia che si esibiva lungo la Route 66. Lasciata la musica, Angel aprì una barberia e mise su famiglia convolando a nozze con Vilma. La vita scorreva felice in quell’angolo di Arizona, le attività erano floride grazie al passaggio dei viaggiatori della US Highway 66. 9000 veicoli al giorno in media attraversavano la piccola Seligman, un traffico intenso che rappresentava un’inesauribile fonte di ricchezza per la comunità. Ma qualcosa si inceppò alle 14.30 del 22 Settembre del 1978. Una data che Angel non ha mai dimenticato, il giorno in cui Seligman iniziò una lunga e straziante agonia che l’avrebbe condotta alla morte. Il 22 Settembre del 1978 è il giorno in cui, in quell'area, fu aperta al traffico la nuova Interstate 40, una strada moderna, veloce che permetteva agli automobilisti di accorciare i tempi di viaggio, bypassando intere comunità, togliendo loro l’ossigeno, condannandole ad una morte certa. Quel pezzo di interstate tagliava fuori il tratto di Route 66 tra Kingman e Seligman. Il concetto stesso di viaggio era cambiato per sempre: il bello non era più viaggiare, ma solo arrivare. Non c’era più ragione per prolungare il viaggio passando da Seligman, per fermarsi a bere qualcosa o farsi la barba da Angel. La piccola comunità di Seligman, nel giro di qualche ora, passò dalle 9000 automobili al giorno a zero. Juan, il fratello di Angel, che fino alla sua scomparsa ha gestito il ristorante “Snowcup”, accanto alla barberia, si accorse, viaggiando verso Flagstaff, che sulla nuova interstate non c’erano indicazioni per Seligman. Nessun cartello, nessuna segnalazione indicava ai viaggiatori che a poche miglia da quella freeway c’era la piccola comunità di Seligman. Il mondo si era completamente dimenticato di loro. Ma Angel non si diede per vinto. Con tenacia cercò una soluzione, sfidando quel mostro che stava per annientare la sua città. Si rese conto che era l’America dell’infanzia quella che la gente desiderava rivivere, l’America scomparsa, l’America che viaggiava lentamente e curava i rapporti umani. La gente cercava l’America raccontata dalla US Highway 66. Angel organizzò una riunione al Copper Cart a Seligman a cui presero parte imprenditori e gestori di locali nei tratti di Route 66 bypassati dalla nuova interstate. Diede vita alla “Route 66 Association of Arizona”, la prima associazione di questo genere, della quale fu eletto presidente, con lo scopo di trattare e convincere lo stato dell’Arizona a riconoscere l’importanza storica di quel lungo sentiero d’asfalto. Non fu una trattativa semplice e veloce, gli anni passavano e la disperazione cresceva. Dopo quasi 10 anni difficilissimi, nel novembre del 1987, il sogno di Angel si compì, lo stato dell’Arizona riconobbe il tratto da Seligman a Kingman come strada dall’interesse storico. Nacque la “Historic Route 66”. Successivamente altre associazioni simili furono create negli altri 7 stati attraversati dalla Mother Road ed altri suoi tratti furono classificati come State Historic Route. La Strada Madre, condannata a morte, era risorta a nuova vita. Oggi Angel vive ancora a Seligman e nel suo negozio c’è sempre il locale barberia dove lui è solito, per chi lo desidera, tagliare i capelli o fare la barba, ed è diventato uno dei più forniti e conosciuti gift shops della Route 66, con articoli di ogni tipo riguardanti la Main Street of America. Angel è stato intervistato, filmato, premiato, tv e giornali ne hanno raccontato la storia e nella metà degli anni 2000 ha collaborato con il personale della Pixar per la realizzazione del film di animazione “Cars”. Angel è stato anche testimonial di uno straordinario e toccante spot pubblicitario per la Chevrolet. Ho avuto l’opportunità di incontrarlo nell’agosto del 2016 e di chiacchierare un po’ con lui. E’ arrivato in negozio in bici, come gli avevo visto fare in tantissimi video disponibili in rete. Mi ha mostrato con orgoglio le sue foto di quando era giovane e suonava il sax nella Delgadillo Orchestra, raccontandomi con trasporto ed emozione il dolore e lo scoramento per essere stati dimenticati dal mondo con l’apertura della I40 e la difficoltà nel convincere coloro che avevano decretato la morte della sua città, a fare un passo indietro e farsi carico delle istanze da lui avanzate a nome del popolo della Route 66. “We, the people” è solito ripetere Angel. Noi, gente comune abbiamo la possibilità di ottenere risultati insperati solo se lo vogliamo. Ho ricordato a lui questa frase durante la nostra chiacchierata ed ho percepito la sua emozione nel sentirla pronunciare. Incontrarlo, da appassionato della Route 66, è stata una delle più grandi emozioni che abbia mai provato. Angel Delgadillo, “The Guardian Angel of Route 66”, una vera e propria leggenda vivente, il simbolo della resistenza e della rinascita di quel lungo sentiero di asfalto che attraversa gli Stati Uniti d’America. Hackberry General Store L’apertura al traffico delle interstates ha avuto un effetto devastante per vita delle piccole comunità della US Highway 66. La gente le ha rapidamente abbandonate, lasciando dietro di se solo il ricordo di quello che sono state ed il glorioso asfalto che le attraversava ha repentinamente cessato di fornire supporto ai viaggiatori. Il tratto da Seligman a Kingman è stato tra quelli che più di altri ha sofferto di questa forzata abdicazione. Le cittadine di Truxton, Peach Springs, Hackberry e Seligman hanno subito con violenza l’abbattersi del vento della modernità. Questo è il tratto di strada che ha ispirato la Radiator Springs di Cars e che ospita la Seligman di Angel Delgadillo. Un tratto che, a differenza di altri sopravvissuti all’ombra delle moderne highways, si allontana dalla I40, quasi a volerne sottolineare orgogliosamente la differenza: un pezzo di asfalto senza storia non può confondersi con quella che sarebbe presto diventata la Historic Route 66. Ed è qui, non molto distante da Kingman, che appare quella che probabilmente è tra le icone più famose della Route 66: l’Hackberry General Store. Hackberry è stata una piccola comunità cresciuta grazie alle miniere di argento ed alla ferrovia, oltre che al traffico della vecchia highway. Il locale, costruito negli anni 30 con il nome di Northside Grocery, forniva alla comunità quei servizi primari che altrimenti sarebbero dovuti arrivare da Kingman. E’ stata anche una stazione di servizio, rimasta operativa fino al 1978, quando la I40 prese il posto della Main Street of America. Dopo alcuni anni di chiusura, nel 1992 il locale fu rilevato da una delle personalità più amate dal popolo della Mother Road: l’artista itinerante Bob Waldmire. Bob, che ha avuto legami fortissimi con la Route 66 (la sua famiglia è anche proprietaria del famoso Cozy Dog Drive Inn di Springfield, Illinois) ne ha fatto una sorta di piccolo museo, di tourist information e gift shop, rendendolo quello che è ancora oggi. Qualche anno più tardi, nel 1998, Bob ha venduto il locale che comunque ha continuato ad incuriosire ed estasiare i viaggiatori. Il tempo, in quell’angolo di Arizona, sembra essersi fermato: vecchie automobili, pompe di benzina, insegne, sembrano oggetti vivi che trasmettono passione. Passione come quella di Amy, la donna che agli inizi del 2016 ne ha rilevato la proprietà. Non c’è più l’iconica corvette del 57, emblema principe di quel tempo glorioso a cui appartiene la Mother Road, al suo posto fa mostra di se un più recente ed aggressivo modello. L’Hackberry General Store è senza dubbio un’icona che ci racconta, con il suo modo ingenuo e stravagante, di un tempo in cui la vita era più semplice ed i motori ruggivano solo sulla US Highway 66. Oatman La città di Oatman deve il suo nome ad Olive Oatman, una ragazza dell’Illinois rapita e ridotta in schiavitù da una tribù indiana verso la metà del 1800. La ragazza fu successivamente adottata come figlia da un’altra tribù per poi essere liberata più o meno dove, negli anni successivi, fu costruita la città. Oatman ha conosciuto anni di prosperità agli inizi del 1900 grazie alle numerose miniere d’oro scoperte nella zona che la resero uno dei più importanti centri di estrazione dell’oro del West. Negli anni ’20 del secolo scorso fu quasi totalmente rasa al suolo da un incendio, ad eccezione dell’Oatman Hotel, una delle più vecchie costruzioni in mattoni della contea del Mojave. La leggenda narra che L’Oatman Hotel sia stato il luogo che ha ospitato la luna di miele di Clark Gable e Carole Lombard dopo il loro matrimonio a Kingman; si narra inoltre che Clark Gable fosse solito recarsi ad Oatman per giocare a carte con i minatori. Conseguentemente all’esaurimento delle vene aurifere (anni ’20), la città ha iniziato un lento declino. E’ sopravvissuta grazie ai viaggiatori della Route 66 ma, dopo la realizzazione della Interstate 40, è diventata una ghost town. Grazie al nuovo interesse turistico per la Route 66, Oatman sta vivendo oggi una seconda giovinezza. Oatman è anche famosa per i muli che girano indisturbati e che probabilmente sono i discendenti di quelli che furono utilizzati per l’estrazione dell’oro.
    1 punto
×
×
  • Crea Nuovo...