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Prima che si sciolgano le nevi - Kilimanjaro 2016


ceemo

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18/02/2016 Barafu Camp – Uruhu Peak (5895) – Mweka Camp (3068)

 

Ho diviso la scalata finale in due parti. La prima molto più discorsiva ( ed emotiva) e con poche foto riguardante l'ascesa. La seconda molto più scenica per la discesa.

 

Apro gli occhi e cerco l’orologio dentro al sacco a pelo: sono le 23.30, quasi ora di alzarsi.  Metto fuori bocca e naso dal sacco a pelo ed annuso un po’ l’aria esterna cercando di carpirne le temperatura ed avverto che effettivamente fa freddo fuori. Così apro il sacco, prendo i vestiti già pronti per la scalata, me li butto dentro al sacco per scaldarli un po’ con me e pian piano mi sveglio del tutto. Nel frattempo anche Corrado si è svegliato e mi dice di aver dormito abbastanza anche se in maniera non continuativa. Io invece ho fatto un sonno continuo praticamente dalle 19 e mi sento ben riposato. Dopo qualche minuto esco dall’involucro caldo e comincio a mettermi intorno i vari strati. La vestizione prevede:

Piedi: calzino fino + calzino grosso + scarponi

Gambe: sottopantalone + pantalone tecnico

Addome: 3 maglie tecniche intime + felpa tecnica + piumino leggere + giacca antivento

Viso: passamontagna + cappello antivento + lampada frontale

Mani: guanti da sci

Mi metto quasi tutto, e preparo qualcosa da mettere nello zaino, due barrette, la fotocamera e poco altro. In tenda ci sono  3 4 gradi sottozero mentre fuori fa notevolmente più freddo.

Poco prima di mezzanotte arriva Zuma a svegliarci e poco dopo Agostino ci porta una veloce colazione in tenda con biscotti e the caldo, e ci riempie le borracce di acqua calda. Io faccio una bella colazione con 3 tazzone di the e soprattutto (PRIMO ERRORE GRAVE) una buona quantità di biscotti. Alle 0.00 siamo pronti infilo i capi pesanti e si esce. Agostino e un altro portatore ci salutano e ci avviamo con tranquillità. Il gruppo è composto da noi 3, Zuma, Philippe e Abù, il portatore più in forma fisicamente che ci porterà fin su un thermos di thè allo zenzero. La notte è scurissima, senza la luna a schiarirla e lungo la montagna si vedono già decine di piccole luci che la salgono. Alla partenza la temperatura è di -12 ma non da per nulla fastidio.

La partenza è come al solito molto tranquilla con Philippe a scandire il passo lento e costante. Il fatto di camminare al buio rende l’avventura un po’ più inquietante perché non si riesce a capire su che cosa stiamo camminando e che cosa ci aspetta. Si vedono solo lucine all’orizzonte. Superiamo qualche comitiva più lenta di noi e cerchiamo di conversare un po’ tra di noi, cercando di tagliare un po’ la tensione che invece è palpabile. Il primo pezzo di scalata è un po’ più tecnico e si deve saltare su qualche roccia particolarmente ripida e non troppo aderente, ma niente che ci crei problemi ed in poco meno di un ora superiamo il Kosovo camp, campo tendato più alto a cui si può accedere solo se si hanno WC portatili. Qui ci sono solo portatori che dormono e tutti gli scalatori sono già partiti.

Superato il campo la salita si fa ripida e costante e il fondo è composto da fine ghiaione a tratti scivoloso.  Dopo un oretta abbondante di cammino facciamo la prima pausa veloce per bere un po’ di acqua. Fino a qui tutto bene, io ho controllato attentamente fiato e battiti cercando di non andare mai oltre la soglia. E mi sembra di stare particolarmente bene.  Ora beviamo (SECONDO GRAVE ERRORE) ed io che sento aver particolarmente sete, butto giù l’acqua abbastanza frettolosamente. Vista la temperatura esterna però l’acqua è quasi ghiacciata ed ha temperature bassissime. Poco male penso subito e dopo l’acqua  ripartiamo superando qua e là qualche persona o qualche gruppo. Dopo un'altra mezzora abbondante, verso le due e mezza, comincio ad avere mal di pancia ed i crampi allo stomaco. Ecco che l’acqua ghiacciata mi sta bloccando lo stomaco.  All’inizio cerco di tenere duro e far finta di niente, ma poco dopo comincio ad avere grossi dolori allo stomaco e conati di vomito. Sento i biscotti che vogliono impellentemente uscire! Mi confido con Zuma e con philippe, che mi dicono di non preoccuparmi e di cercare di vomitare, che poi tutto passerà. Io ci provo ma non sono mai riuscito a forzare il vomito in vita mia e non ci riesco di sicuro in questo difficile contesto. Così camminiamo per altre due ore. Ogni tanto chiedo ai miei compagni come stanno e cerco di improvvisare qualche veloce conversazione, per simulare sicurezza. Entrambi sembrano stare bene, io invece sto soffrendo molto. Maledetta fretta.

Per ravvivare un po’ gli animi Zuma intona dei canti alla montagna  inserendo i nostri nomi all’interno delle canzoni. All’inizio li canta piano, poi sempre più forte e li fa diventare sempre più coinvolgenti tantè che anche noi dopo qualche ripetizione ci improvvisiamo nel coro Swaili al canto di :

Jambo, Jambo bwana,

Habari gani, Mzuri sana.

 Wageni, Wakaribishwa, Kenya yetu Hakuna Matata.

Kenya nchi nzuri, Hakuna Matata!

 Nchi ya maajabu Hakuna Matata!

 Mike the rock, Hakuna Matata!

Andrea, Hakuna Matata!

Corrado! Hakuna Matata!

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Andrea in salita

Facciamo un altro paio di soste, una alle 3 e una alle 4. Qui in entrambe ci viene consigliato di mangiare un po’ di barrette energetiche. Io però con la mia nausea fortissima non riesco a mandare giù nulla (TERZO ERRORE GRAVE) se non un po’ di acqua che scaldo in bocca. Ne frattempo assistiamo ai primi “ritiri” con alcuni scalatori stremati o in difficoltà per l’altura che tornano sui loro passi scoratati da guide. Li guardo con un po’ di paura di dover fare la stessa fine. Quasi sapendo inconsciamente a cosa sto per andare incontro. Ci sono un paio di gruppi molto numerosi composti da una 50ina di persona che ci creano impedimento nella salita e che ci rallentano un po’ perché, in maniera indisciplinata e del tutto insensata, vista la quota a cui ci troviamo cercano di superarsi l’un l’altro. Così su indicazioni di Zuma rallentiamo e li lasciamo allungare per evitare fastidi. Nel frattempo “gli abbandoni” si fanno più frequenti con qualche persona veramente in crisi nera. Io invece col tempo mi sto riprendendo e lo stomaco sta diventando normale. Attorno alle 4 e mezza controllo orologio e altimetro e temperatura (-15) e mi rendo conto che mancano ancora due ore e mezza di scalata ma mi sembra che fiato e gambe stiano bene e la nausea va un po’ meglio.

Sono il secondo della fila dietro Philippe, controllo battito, canto un po’, controllo respiro. Tutto va bene, ma piano piano comincio a perdere prima 5 cm, poi 15, poi 50 da Philippe, e prendo un po’ di distacco. Eppure lui non ha accelerato. Piano piano sento che non riesco a tenere quel ritmo e perdo lentamente dei colpi. Mi faccio superare da Corrado e da Andrea e chiudo il il terzetto con Zuma e Abù dietro di me. Apparentemente sto bene, fiato e battito sono apposto e non ho mal di testa. Ma non riesco a tenere un ritmo che ora è davvero basso.  Il mio passo si fa metro dopo metro sempre più difficoltoso,  senza che ne capisca il motivo. Zuma mi chiede cosa c’è io gli dico che sto bene ma che non riesco a tenere il ritmo. Mi chiede se ho mangiato, e io dico di si, anche se in realtà non ho mangiato quasi nulla. Così cerco di rimediare mangiando subito una barretta. Ogni 5 minuti il mio passo diventa più corto e nella testa comincia a comparire la paura di non riuscire. Per fortuna però non cedo e mantengo lucidità per ora. Fingo ancora sicurezza,  ma è evidente che non sto bene. Anche Corrado sembra un po’ stanco mentre Andrea sembra stare benone. Sono le cinque passate, controllo l’altimetro e vedo che mancano ancora 300 metri di dislivello per il cratere, 450 per la cima. Tanti, tantissimi. E per la prima volta chiedo a Zuma di dividerci. Io con lui e Andrea e Corrado a passo più veloce con Philippe. Zuma mi dice di no, mi ripete che non devo mollare e mi prende lo zaino e lo carica a Philippe. E così proseguiamo. Per un tempo che non riesco a definire procedo a rilento, guardando i piedi di Corrado davanti a me che si allontanano progressivamente. Poi loro si fermano e io moooolto lentamente li raggiungo. E avanti con questo elastico per n volte. Il tutto contornato dalle canzoni di Zuma che risuonano sulle pendici cercando di incoraggiarmi.

(Da qui in poi per un oretta la mia mente già dopo soli due giorni aveva rimosso tutto. Non ricordo più assolutamente nulla di questa parte, se non qualche isolato flash; e quello che scrivo deriva solo dal diario che ho compilato la sera dopo la scalata).

Il mio passo si fa sempre più difficile ed ad un certo punto le gambe mi cedono entrambe per un attimo. Zuma mi prende al volo e risollevarmi è per me uno sforzo enorme. Qui piango per qualche secondo e spero che la cima sia vicina, perché non sono quasi più in grado di camminare. Guardo in su e vedo luci frontali che si confondono con le stelle e non riesco a capire dove sia l’arrivo. E l’ignoto mi sconforta. Non mi resta concentrarmi sui miei passi. E cominciare a contare, 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10 e fermarmi a riprendere energia.  Ad un certo punto Zuma mi toglie uno dei due bastoncini consegnandolo a Abù e mi prende sottobraccio e comincia a contare con me, questa volta fino a 5 perché a 10 non ci arrivo più. E quando ci fermiamo mi incita mi dice che sono uno sciocco se penso di mollare ora e che io arriverò in cima. Ogni tanto guardo negli occhi Andrea e Corrado, stanchi ma sicuramente non stravolti come me. E vedo nei loro occhi la pena nei mie confronti. Giorni dopo mi diranno che si chiedevano perché volessi tener duro quando a tratti non ero in grado di reggermi in piedi.

Si va avanti così per un ora circa, quando in maniera improvvisa, ed inaspettata, compaiono le prime luci dell’alba e con loro il bordo del cratere, li vicino.

Da qui ricominciano i miei ricordi. Gli ultimi 10 minuti sono una sofferenza pura. Trascino i piedi appoggiandomi a Zuma , ma “il profumo” del cratere è vicino e sono sicuro di non mollare ora.

Alle 06.30 siamo a Stella Point, a 5756 metri, al bordo del cratere inferiore. Non è la cima del Kili, ma per chi arriva fino a qui le agenzie considerano la scalata superata. C’è parecchia gente qui, qualcuno che festeggia e si appresta a scendere, ed altri che proseguiranno verso la cima. Io arrivo 5 minuti dopo i miei compagni, supportato in tutti i sensi da Zuma. Qui Zuma mi lascia ed io crollo su una roccia. La caduta a terra mi spaventa un po’ e la prima cosa che penso è” e adesso come cavolo faccio a scendere?????”. Mi siedo e mangio un'altra barretta e nel frattempo Abù ci serve un paio di tazze di the allo zenzero che bevo non senza difficoltà coordinative.

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Io allo Stella point in condizioni penose

Attorno a noi il cielo si sta pian piano schiarendo. Mi giro e dietro la sagoma di Andrea vedo la cima, Uhuru peak, il punto più in alto del continente africano. E’ più in alto di circa 150 metri, ma sembra così vicino. In quel momento non so cosa mi succede , ma sento un barlume di energia dentro di me che si riaccende. E per primo mi alzo, guardo Zuma e gli dico: “Uhuru! Now!”. Raccolgo le racchette guardo gli altri, che a differenza mia sono solo un po’ stanchi, e con un leggero sorriso ( il primo dopo qualche ora)  gli dico che io vado e che loro mi raggiungeranno. Parto molto lentamente ma le energie, seppur minime sono decisamente superiori a qualche minuto fa. Ogni tanto ho dei problemi di equilibrio e mi reggo solo grazie ai bastoncini ma riesco a sempre a salire in maniera autonoma. Se trovo sassi più grandi di una decina di cem le mie gambe non riescono a scavalcarli, ma devo spingerli via piano col piede, per far capire come sto. Ma sono felice, soddisfatto, il sole pian piano mi sta scaldando, e sta illuminando la vetta del Kilimanjaro, scoprendo ai miei occhi uno scenario di inenarrabile bellezza.  Il Rebaman Glacier è li sotto che mi guarda e mi incita, mentre più vanti il grande e imponente Southern glacier mi fa capire che la cima è vicina.

Il video di uno degli ultimi tratti di salita. Di fianco a noi il ghiacciaio Rebman, io sono quello davanti con i pantaloni grigi senza zaino. Il mio passo è a dir poco difficoltoso ( e qui stavo già benone).

Io un po’ lo guardo, un po’ incrocio lo sguardo di gente che mi supera o che torna indietro, chi in condizioni ottime, chi un pelino meglio di me. Io sono uno dei messi peggio ( per ora). Ma più avanzo più acquisto sicurezza. Più un po’ di forza ritorna in me. Sembro quasi legato al sole. Più questo sale, più io ritrovo le forze. Faccio tutta questa ultima parte davanti. Fino ad arrivare agli ultimi 100 metri. Qui mi fermo, ed aspetto Andrea e Corrado. Voglio conquistare la vetta con loro. E in questi ultimi passi comincio a piangere.

Sono le 07:20 del 18/02/2016 e sono a Uhuru Peak, 5895 metri sul livello del mare. Ho scalato la vetta d’Africa.

 

 

Segue fra qualche ora seconda parte con foto e discesa.

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Sono sulla vetta d'Africa e non mi sembra ancora vero. Ho coronato un sogno. E seppur strafatto sono davvero felice ed emozionato. Sulla vetta, a rovinare il romanticismo del momento, ci sono davvero tante persone. Troppe persone. Diciamo un centinaio tra scalatori e guide, in coda per fare la foto al cartello. Zuma mi dice, che viste le mie condizioni non staremo in vetta a lungo. Solo qualche decina di minuti. Anche perchè sente che il vulcano sotto di noi è attivo e stare in cima troppo a lungo potrebbe procuraci danni alla vie respiratorie per i gas che vengono liberati dal terreno. Ci mettiamo in coda e io cerco Corrado perchè voglio una foto assieme. Ma Corrado non è incazzoso dietro la folla. Infatti a mia insaputa è in crisi di freddo. Stava bene fino a Stella Point, ma poi si è tolto i guanti, si è raffreddato e non si riesce più a scaldare. Sta male e per questo non è di grande umore. Così non viene con noi in coda e resta in disparte ad aspettarci.

Zuma non ha molta voglia di fare la coda e così fa il furbetto e comincia a gridare” spazio! Spaziom c'è una persona che ha una crisi di mal di montagna! Una foto e andiamo via!” ma la gente ci ignora!!! Così dopo un paio di minuti siamo sotto al cartello che ho immaginato decine e decine di volte. Facciamo la foto, io con la mia bandiera, un piccolo asciugamano con il simbolo dei pirati di Cappello di Paglia, Rufy, il mio manga preferito. E Andrea con la birra in mano.

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In vetta

 

 

Dopo la foto ci spostiamo e Andrea cerca di compiere la sua scommessa: con un suo amico importatore di birra Schrzbrauw ha scommesso che sarebbe arrivato sulla cima e avrebbe stappato la birra dicendo: “Schwarzbrau! Das bier!

Tentativo 1, Corrado alla videocamera con mani congelate: Andrea ci mette vari secondi a stappare la bottiglia per il freddo alle mani e quando deve dire la frasi gli esce solo scwxcbrd dsd br! Ha la mascella bloccata e non riesce a parlare!

Tentativo 1

 

Tentativo 2, io alla videocamera barcollante: tutto bene finche Zuma entra inconsciamente nell'inquadratura

Tentativo 3 con io alla videocamera: tutto bene, ma quando mostra la birra è girata!! Niente, scommessa persa!

 

Tentativo 3

Dopodiche Andrea Corrado, Zuma Philippe e Abù ( con delle enormi candele dal naso :D) beveno, io non mi fido, anche perchè cammino già come un ubriaco di mio e mi basta. Io nel frattempo mi sono quasi incredibilmente ripreso. Ho sempre difficoltà motorie e ogni tanto perdo l'equilibrio ma il morale è altissimo.

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Brindiamo

Stiamo per tornare indietro, quando mi giro e vedo che al cartello non c'è più nessuno. Così chiamo Corrado e ci facciamo un paio di foto tutti e tre. Sarebbe stato un cruccio andarcene senza una foto assieme.

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Secondo passaggio per il cartello

Dopichè cominciamo lentamente a scendere. Zuma da istruzioni ad Abù di seguirmi in tutti i movimenti, e di sorreggermi se crollo. Io in realtà col passare dei minuti sto metabolizzando le barrette e sento l'energia che cresce in me. Ogni tanto le gambe si perdono e non mi tengono ma riesco a stare in piedi grazie ai bastoncini. Zuma con Andrea scendono a vedere i ghiacciai da vicino, fuori dal sentiero lungo un pendio. Io vorrei andare ma mi accontento di guardarli da lontano. I ghiacciai qui sono davvero bellissimi. Il Southern è li di fianco a noi con dei muri di ghiaccio alti decine di metri splendidamente imponenti. Tolgono il fiato. E pensare che fra qualche decina di anni non ci saranno più!

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Ghiacciaio Decken

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Southern

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Vista dalla cima

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Rebmann glacier

Andrea e Zuma arrivano al ghiacciaio e lo osservano da vicino; quello è l'ufficio di Zuma e si vede che è al settimo cielo! Io con Corrado, Philippe, e Abù che mi segue in ogni movimento e continua a riperetermi “pole pole mike” ad ogni passo scendiamo ammirando il paesaggio ce ci circonda. Io assaporo e mi godo il momento. Anche se barcollante, è il momento più intenso del viaggio e un po' mi spiace scendere subito. Ma effettivamente nelle mie condizioni sarebbe un rischio protrarmi oltre. Andrea e Zuma rientrano e Andrea, che ha voluto tenere il passo di Zuma risalendo dal ghiacciaio e paonazzo. Andare fuori ritmo per qualche secondo con la scarsa presenza di ossigeno che 'è qui non perdona. Qualche secondo di attesa e poi si riprende. Mentre Corrado è davvero incazzoso e non riesce a riprendersi. Scendiamo incrociando gente che sale, e comincio a vederne più di uno messi molto male. Molto peggio di me, letteralmente trascinati. Mi ci rivedo, e gli auguro buona fortuna. In una mezzoretta scarsa raggiungiamo Stella point, punto dove un ora e mezza prima io ero cadaverico mentre ora sono quasi pimpante. Facciamo la foto al cartello pure qui.

 

 

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Stella point

Salutiamo i ghiacciai e la vetta d'Africa. Io dentro di me per un secondo penso che un giorno ci tornerò qui. Chissà.

Pronti via e da qui ci gettiamo letteralmente per la parte più ripida della salita che alla luce del giorno ci appare veramente molto ripida. Philippe si butta letteralmente di corsa giù dal pendio seguito a ruota da Andrea e Corrado. Io per un po' ci provo, con dietro di me perennemente Abù che sa dirmi solo Pole pole. Provo a conversare con lui e a spiegargli che sto meglio ma non c'è modo di comunicare.

Di corsa

 

Comunque non riesco a scendere di corsa. Sto bene ma ogni tanto le gambe cedono. Così dopo qualche corsetta rallento e scendo col mio ritmo lasciando gli altri correre a valle. Superiamo gente stravolta e a nostra volta veniamo superati da qualcuno più arzillo. Ma quelli sfatti che scendono sono molti. Più scendiamo, più aumenta la percentuale di ossigeno, e più io recupero e sento che la sto tornando alla normalità e non a quello stato catatonico in cui ero prima. Dopo un oretta di discesa molto veloce abbiamo percorso quasi la metà del tragitto e cominciamo laggiù in fondo a vedere il campo. Fino a qui il terreno è stato ghiaioso e molto scivoloso e scendere è stato quasi piacevole, scivolando, quasi sciando sui sassoloni di origine vulcanica. Da metà in poi la pendenza cala e lo scenario si fa più aperto e meno severo, anche se sempre di sola roccia siamo circondati.

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Ad un certo punto presso un piccolo pianoro individuo laggiù il fido Agostino che ci e venuto incontro e ci accoglie congratulandosi e abbracciandoci calorosamente. E per festeggiare mi ha portato un succo al mango che gusto al sole. Davvero una bella sorpresa. Intanto anche Zuma accelera e mi dice che ci vediamo al campo. Io scendo con calma gustandomi gli ultimi metri di discesa prima dell'arrivo prima al Kosovo camp, e poi al Barafu camp.

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Barafu camp dall'alto

Negli ultimi metri di discesa supero due ragazzi che non stanno più in piedi. Uno di loro ha vomitato per tutta la discesa ed ora, esausto non riesci più a muoversi. Io da qui in 15 minuti arriverò al campo. Lui lo vedrò arrivare a stenti dopo 2 ore. Non lo invidio per niente.

Arrivo in tenda alle 10.30. Per scendere ci ho messo molto meno della metà della salita. In tenda trovo Corrado svestito e stanchissimo. Io in realtà sono stanco ma sto abbastanza bene. In tenda c'è caldo per una specie di effetto serra, così mi spoglio anche io, bevo un po' e dormo un oretta.

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Corrado sfatto

Dopo un ora Zuma ci sveglia, ci dice che di li a poco mangeremo un po' di zuppa di di pollo e poi, verso le 12,30 partiremo per il Mweka camp, 1600 metri più in basso.

La zuppa è al solito molto buona, ma forse oggi più buona ancora, e il pollo oggi va giù molto volentieri. Io mangio molto volentieri. Sono felicissimo e nonostante le gambe stanche ho l'argento vivo addosso. Corrado ha un po' di mal di piedi. Si lamenta di aver scelto gli scaponi sbagliati. Mentre Andrea è stanchissimo, ma felice soprattutto per la corsa in discesa, che tipo!!

Dopo pranzo ci sgranchiamo un attimo, prepariamo gli zaini e poco prima delle 13 ci incamminiamo per la lunga discesa, proprio mentre delle nuvole grigie ci avvolgono. Guardo per l'ultima volta la cima del Kibo, le faccio l'occhiolino e scendo.

Incrociamo qualcuno che sta salendo e che ci guarda con sguardo stupito. Domani lui sarà al nostro posto. E incrociamo poco dopo il campo una zona piena di barelle ad una ruota. Philippe ci spiega che è normale che siano li e che quasi ogni giorno vengono utilizzate per portare a valle gli scalatori più esausti e poi alla mattina vengono riportate li. Mi confida che per qualche minuti ha temuto che anche io sarei dovuto essere barellato, ma poi ha capito che il mio problema è stata solo la scarsa alimentazione, e che non ho mai corso pericolo.

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Barelle

Chiaccheriamo del più e del meno, soprattutto delle persone che lui porta abitualmente sul Kibo. Gli chiedo quali sono quelli che preferisce, e quelli che gli piacciono di meno. Prova a nascondersi dietro ad una democratico “mi piacciono tutti” ma io insisto scherzando e allora ammette che gli piacciono gli americani perchè lasciano più mancia degli altri, e non gli piacciono cinesi e giapponesi, perchè non parlano ne inglese, ne spagnolo e con loro è molto difficile comunicare e si annoia.

Passano così i km, e dopo qualche giorno di assenza ritroviamo arbusti e vegetazione e con loro per la prima volta purtroppo troviamo la pioggia. Non fortissima ma costante e fastidiosa quanto basta. Noi ci copriamo con dei poncho e delle mantelline, mentre Philippe curiosamente utilizza un ombrellino dell'Inter Fc. Il calcio italiano ci fa compagnia pure qui.

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pioggia

Tra una chiacchera e l'altra dopo circa due ore e mezza di cammino arriviamo al Millennium camp. Io subito penso di essere arrivato. Poi vedo un cartello che indica 3800 metri e capisco che c'è ne mancano ancora parecchi. Il campo e piccolo e mal strutturuto e viene usato solo dalle persone che dormono al Kosovo camp. Noi ci fermiamo qui un oretta a riposarci e ad asciugarci un po' nell'attesa che la pioggia passi. Arriva un po' di gente. Qualcuno si ferma, qualcuno prosegue sotto l'acqua. Noi finalmente riusciamo tutti e tre a rilassarci e a scambiarci le opinioni della giornata prendendoci un po' in giro l'uno con l'altro. E parlando un po' di gnocca. Dopo una settimana di astinenza forzata l'ormone si sta rifancendo strada :D.

Dopo un ora di attesa la pioggia si ferma e noi ripartiamo. Subito dopo il campo si entra nella foresta. Mi mancava un po' quel verde e lo apprezzo davvero. Ora il sentiero si trasforma in una specie di strada selciata. A volte particolarmente dissestata ma mai difficoltosa. Io scendo con un passo molto tranquillo, ho voglia di godermi anche questa ultima pezzo di camminata in mezzo al bosco. E rallento chiaccherando con Zuma di lui, della giornata e del suo lavoro. Scopro che gestisce un sito e che sta provando a crearsi un agenzia da solo. Ha pure un blog dove scrive delle sue esperienze sulla montagna. Siamo in confidenza e ci chiede quanto abbiamo pagato per il viaggio e rimane davvero sorpreso in negativo a sapere della cifra. A lui e ai portatori va meno di un quarto dell'importo ed il resto è per le tasse del parco e per l'agenzia. Uno scandalo! Ci dice che facendo direttamente con lui avremmo risparmiato più mille $. A saperlo prima!

Parliamo anche delle mance da dare a lui e ai portatori il giorno dopo. Io gli chiedo molto sinceramente quanti soldi sono giusti e contrattiamo su una cifra che è comunque inferiore a quella che pensavo di versare. Siamo nel frattempo arrivati al Mweka camp, ultimo campo tendato della nostra avventura. E decisamente il più brutto. Si tratta di un campo molto grande, con piccole piazzole qua e la tra gli alberi e il terreno. C'è molto affollamento e il campo è abbastanza porco. Inoltre la pioggia non ha fatto che peggiorare il tutto e il fango invade quasi le tende. Arrivo e le nostre tende sono praticamente pronte. Agostino ha appena preparato le ciotole di acqua calda per lavarsi ed è un grande sollievo lavarsi e risciaquarsi, lavando via la fatica del giorno. Nel frattempo i miei compagni di avventura sono davvero sfatti. Andrea ha i piedi distrutti mentre Corrado è molto provato. Paradossalmente io, che dieci ore fa non riuscivo a stare in piedi dalla stanchezza ora sono il più fresco.

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Mweka camp

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Zombie!!

 

Andrea sfatto si sfoga in tenda

Entriamo in tenda e il rischio di riempire tutto di fango è concreto. E pensare di dover cenare con quella situazione non mi attira molto. Così chiedo a Zuma se per stasera riusciamo a mangiare in qualche tenda alta di altre compagnie in modo almeno di mangiare seduti. Zuma subito sembra scettico e ci dice che è difficile da organizzare ma io insisto e così troviamo la soluzione: per stasera mangeremo nella casetta dei ranger! Non ci sembra vero di poter mangiare seduti!

Così felici facciamo un giro per il campo andando in bagno. Il campo è brutto, fangoso e sporco ma la parte peggiore è il bagno. Quasi inutilizzabile. In assoluto il peggior bagno che io abbia mai visto. Avete presente quello del film Trainspotting? Ecco molto molto peggio. Sarebbe meglio farla tra le frasche ma il campo è pieno e non c'è spazio, così con non poche difficoltà ci adattiamo e dopo unacopioso utilizzo delle salviette disinfettanti andiamo a pranzo nella casetta dei ranger. Qui ci sono una decina di giovani ragazzi che guardano un film su uno scassato pc. Agostino ci porta la solita mega ciotola di Zuppa, e poi un piatto di riso a dir poco enorme. Stasera ci sforziamo, mangiamo tutto anche se a fatica, e festeggiamo pure con della frutta. Mangiare seduti è tutt'altra cosa e finalmente riusciamo a rilassare lo stomaco nella cena. Dopo l'ultima abbondantissima cena, con il buio già sceso nel campo andiamo stanchi in tenda. Il campo oltre che molto affollato è molto rumoroso e si sento canti e balli ovunque. Ma la stanchezza ha velocemente la meglio su di noi. E ci addormentiamo. Stanchi, doloranti, ma soprattutto felici.

@al3cs, @chiara_jk è davvero bello leggere quello che mi scrivete. Grazie a voi.

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Anch'io volevo scrivere qualcosa di toccante, per ringraziarti di questo diario.. e invece dico solo... minchia ceemo, ormai ti dovevano tirare su con un verricello.. :megalol::megalol::megalol::megalol:

 

Ovviamente scherzo, leggendo è difficile capire cosa passa nella testa (e nelle gambe :grin:) delle persone che stanno dentro ad un racconto, ma te sei riuscito a rendere l'idea dell'avventura in maniera impeccabile.. 

 

Mitico, grazie! 

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9 minuti fa, fraxnico dice:

ormai ti dovevano tirare su con un verricello.

In effetti per questo sono ancora oggetto di scherno da parte di Corrado e Andrea :D

 

Purtroppo ho commesso degli errori e ho reagito male alla quota. Probabilmente non ho il fisico adatto a certe altitudini, ma sicuramente proverò a riverificarlo!

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