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  1. Ciao a tutti, intervengo solo ora in questo topic che ho seguito da spettatrice perchè le riflessioni di @antattack sarebbero da incorniciare: oggi siamo totalmente immersi in una quantità di informazioni e immagini "poco spontanee", diciamo così, che quando ci si impegna nell'organizzazione di un viaggio e si vuole lasciare poco spazio all'imprevisto e all'improvvisazione, si legge, si guardano foto, documentari, video, qualunque cosa: un po' perchè quando si spendono certe cifrette magari è anche carino cercare di non buttarle proprio al vento, e anche perchè si ha un po' l'ansia del "performare" e del portare a casa il ricordo perfetto (non solo fotografico, ovviamente). E invece un filo di sana inconsapevolezza a volte regala emozioni grandi: il mio primo viaggio in Usa è stato una specie di servizio di accompagnamento (ah, le dame di compagnie dei secoli passati ). Una zia anziana voleva tornare per l'ennesima volta negli Usa a trovare dei parenti ed essendo vedova e senza figli ha chiesto a noi se volevamo andare con lei (incluso nostro figlio maggiore che all'epoca, anno 2009, aveva 10 anni). Lei ci pagava tutti gli hotels, noi ci pagavamo il volo e le spese personali (e mio marito faceva l'autista), e così siamo partiti per le nostre prime 3 settimane in Usa. Senza aver toccato palla nell'organizzazione del giro, perchè la zia si è appoggiata come sempre al suo agente di viaggi di fiducia che ha prenotato hotels, noleggio auto, voli e tutto il prenotabile, oltre ovviamente ad aver pianificato l'itinerario (totalmente folle con il senno di poi, ma a caval donato...). Quindi quando arrivai ad affacciarmi per la prima volta sull'anfiteatro del Bryce, parco che non avevo mai nemmeno sentito nominare prima, mi sono commossa come mai prima mi era successo durante un viaggio. Quell'emozione non la scorderò mai. Mio marito ogni anno ha il privilegio di provare qualcosa di simile perchè fino al giorno prima della partenza, quando prepara le reflex, non sa nemmeno dove andiamo, o quasi...non usa i social (nemmeno io, veramente, ma smanetto ovunque), non vuole nemmeno vedere in tv qualcosa che sa che visiteremo nel prossimo viaggio, proprio per non crearsi aspettative che rischiano di essere deluse. Uomo fortunato... Scusate il papiro, ma è colpa di @antattack Dimenticavo...per giustificare il mio passaggio qui, consiglio anch'io a @Critrot di impiegare parte dell'ultimo giorno a LA prima del volo per fare un salto a Downtown, la Walt Disney Concert Hall è un edificio meraviglioso, e non c'è solo quella...
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  2. Sono un virus, nessuno mi sfuggirà
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  3. Io lo facevo una volta, adesso non più. Secondo me è molto più comodo Google Maps. Inviato dal mio SM-A566B utilizzando Tapatalk
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  4. Non vorrei andare contro la filosofia dello slow travel, che tra l'altro sposo in pieno, ma secondo me spezzare a SLC tra Capitol Reef e Yellowstone ha senso se si vuole dedicare mezza giornata a Capitol Reef prima di muoversi. Sarà che a SLC sono stato diverse volte senza particolare trasporto, sarà che per me ogni minuto che si può aggiungere a Yellowstone vale tantissimo ma io farei la tirata unica (magari fino a west Yellowstone) per avere il giorno successivo intero.
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  5. Questa discussione mi ha ispirato e ho pensato di trasformare la mia noiosa disamina su "bellezza e aspettative" in un brevissimo saggio per provare a trasmettere sotto forma di emozione il pensiero analitico... Sulla strada (e oltre le foto patinate) La gente parte. Fa valigie, prende aerei, noleggia SUV da battaglia e parte. Sognano da mesi, forse da anni. Vogliono l’America, i canyon rossi come ferite antiche, i deserti infiniti come le pause tra due respiri, e si aspettano l’estasi, la rivelazione, l’illuminazione in alta risoluzione. Ma poi? Poi si litiga per l’ultima ciliegia avanzata nel frigo del motel e tutto sembra più stupido, più umano, più banale. E il Grand Canyon resta lì, enorme, muto, incolpevole. Ma l’emozione se n’è andata. Aspettativa. È quella che rovina tutto, baby. Ti ficchi in testa l’idea che un posto ti deve cambiare la vita, e invece ti cambia solo le calze, sudate e piene di sabbia. E allora? Allora cominci a chiederti: era tutto falso? Sono io il problema? O sono gli altri? E intanto ti scorre sotto il naso la vera magia, quella che non avevi programmato. La chiacchiera scema col barista che non capisce l’italiano ma ride lo stesso. Il vento che spazza via i pensieri su un passo secondario, mai visto su Instagram. Una birra calda bevuta seduto su un marciapiede in un paese che non sai nemmeno come si chiama. Le foto, ah, le foto! Quelle post-produzioni color sangue e fuoco, contrasti che ti promettono il paradiso e poi ti lasciano lì, sotto il sole d’agosto con la maglietta appiccicata alla schiena e i pullman che vomitano turisti con le stesse ciabatte di Decathlon. E tu ci sei dentro, sei parte della giostra, e cerchi qualcosa che non si trova più nei luoghi, ma solo nei momenti. Perché la bellezza non sta nel posto, ma nel quando. E nel come. E nel con chi. Un viaggio può essere un miracolo o una noia, a seconda di dove hai il cuore mentre cammini. E certi viaggi ti fregano proprio perché li hai amati troppo prima ancora di partire. La verità? I viaggi belli sono quelli da cui non ti aspettavi nulla. Quelli iniziati con svogliatezza, quasi per caso, quelli senza copione. E invece bum! Ti colpiscono, ti spostano, ti restano attaccati addosso per anni. Perché sono veri. Perché non devono assomigliare a niente. Perché sei tu che sei diverso, lì, in quel momento, in quel respiro, in quel sorso d’acqua calda in mezzo al nulla. Viaggia senza cercare la perfezione. Cercati, piuttosto. E magari porta due ciliegie, non una sola.
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  6. Non scusarti @Critrot , noi siamo qui per dare una mano, e una discussione lunga significa che lo scambio di idee non cade nel vuoto e che l'aiuto è apprezzato; continua pure a chiedere tutto quello che ti salta in mente! Inviato dal mio Pixel 8a utilizzando Tapatalk
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