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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 30/03/2015 in Risposte

  1. ... e con oggi sono esattamente 730 giorni che faccio parte del fantastico mondo di UOTR!
    3 punti
  2. Quando vivi cercando il lato comico in ogni aspetto della vita perché hai scoperto che così l'ami di più, se ti piace scrivere ti viene naturale farlo nello stesso modo in cui vivi Poi però ti arrivano commenti come i vostri, e lì no, non ce lo trovi il lato comico ... ti senti solo molto grata e un po' commossa, felice che le parole che hai spedito in giro per il mondo abbiano strappato qualche sorriso, e fiera di essere riuscita a far sentire che l'emozione che hai provato è genuina e fortissima ... ... grazie di cuore a tutti, in particolare a @@room65 che non sa di avermi fatto con troppa generosità - ma me ne farò una ragione - il complimento secondo me più bello che una donna possa ricevere, visto che all'autoironia e all'intelligenza non spuntano le rughe nè vengono i capelli bianchi
    3 punti
  3. .......anche io penso alle Hawaii.....non quest'anno....magari facciamo un altro mini meeting a Honolulu : io ,Gnagno , Fra fra e prendiamo su anche Room! .
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  4. Room, batti un colpo. Realina io ci sto pensando seriamente per il 2016... Ale, sai che figata un mini raduno tra Gnagni. :-)
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  5. All'Empress hotel di Victoria c'è un 'antica tradizione : tea at the Empress, una raffinata merenda in stile British, probabilmente e' diventato un appuntamento molto turistico, ma l'hotel merita ugualmente una visita.
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  6. Due giorni interi a Seattle sono necessari Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk
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  7. Domenica 22 giugno 2014 Ultimo risveglio africano, ce la prendiamo insolitamente comoda, un po’ perché oggi è una giornata per così dire di decompressione, un po’ perché il meteo non promette benissimo. Anche oggi scopro che la mia singola è stata indebitamente occupata da un coinquilino Alle 7.44 esco dal blocco che ospita le camere e attraverso il giardino pensando che sì, in effetti il cielo è bigio ma potrebbe andar peggio … potrebbe piovere Gli dei ci ascoltano, l’ho già detto, si? Alle 7.45 ho appena posato il piedino sulla soglia della reception/sala colazione che le cateratte del cielo si aprono, e intravedo i contorni tremolanti dei miei compagni di viaggio fermi sulla porta delle rispettive camere attraverso quello che posso definire solo come un fiume che scorre in verticale … dopo un po’, affamati e stanchi di aspettare, si armano di ombrello e mi raggiungono, insieme a uno sconfortato Robert. Oggi abbiamo in programma una visita a Ngamba Island, sul Lake Victoria, minuscola riserva che ospita un centro di recupero per gli scimpanzè orfani, feriti, malati provenienti da tutta l’Uganda. Siamo stati indecisi a lungo su come riempire queste ultime ore africane, e alla fine abbiamo optato per una gita tranquilla sia pensando – con ragione – che dopo una dozzina di giornate relativamente impegnative e sistemazioni anche spartane saremmo stati un po’ stanchi, sia per non esagerare con i chilometri e l’impegno fisico in previsione dell’alzataccia di stanotte: il volo per Il Cairo è alle 4.15, vuol dire che possiamo dormire fino all’una e poco più … Indovinate? Ngamba Island è … un’isola, lo avreste mai detto? E quindi si raggiunge in barca, e quindi sotto il fortunale magari non è una buona idea e quindi … proviamo ad aspettare un po’, il tempo da queste parti cambia rapidamente. Beh, rapidamente non tanto, comunque nel giro di un paio d’ore la pioggia scema fino a ridursi a poche gocce, noi siamo già all’imbarcadero – non lontano dalla guest house - da un po’ e alla fine i marinai decidono di azzardarsi a partire. Saliamo con un altro paio di persone su una barchetta che ha visto tempi migliori, e coperta alla bell’e meglio la struttura portante con una tela cerata e noi con un giubbotto di salvataggio che non salverebbe nemmeno un delfino e in più è di un colore che non mi dona per nulla , e una serie di cerate rappezzate “perché potrebbe arrivarvi qualche goccia” si parte. Io sono una specie di struzzo e il mio stomaco non fa una piega, ma la movimentata traversata, che dura quasi un paio d’ore, mette a durissima prova Ale e Sabrina, che oltre a trovarsi fradici (qualche goccia, certo: ma ciascuna delle dimensioni di un elefante) soffrono tantissimo il mare grosso … si, cioè il lago grosso, dai. Le onde sono alte, sono tante, e sono africane: totalmente indisciplinate, ciascuna va per conto suo e colpisce da un lato diverso. Finalmente attracchiamo sull’isola, grande quanto un fazzoletto, e per prima cosa i due sofferenti si spalmano sull’erba a pelle di leone e si autodichiarano clinicamente morti In attesa della probabile resurrezione, me ne vado a far pipì e ad ammirare un po’ di fauna. Una volta recuperati i moribondi ci dirigiamo verso la recinzione che divide l'isola a metà, separando la parte riservata agli scimpanzè da quella a cui possono accedere i visitatori … questa volta la gita mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, non lo nascondo. Mi rendo conto che gli animali che vivono qui non avrebbero potuto cavarsela in natura per i più svariati motivi, che sono rispettati ed accuditi al meglio, che non possono essere reintrodotti nel loro ambiente naturale perché non sono in grado di fare da soli, ma sono diventati antipatici, cattivi e viziati – e non gli posso dare torto – e soprattutto … non sono più capace di guardare un animale in gabbia, anche se è una gabbia virtuale come in questo caso, creata per proteggerli e non per rinchiuderli. Dopo tanti giorni passati a guardare negli occhi la libertà, non ce la faccio a razionalizzare le sbarre … e me ne vado rapidamente verso la barca, seguita quasi subito dai miei compagni, che condividono le stesse sensazioni. Nel frattempo il cielo si sta aprendo, il lago si è calmato e la traversata di ritorno perde i contorni da incubo che temevamo avrebbe avuto, è molto più veloce e ci riconsegna alla terraferma addirittura affamati. Abbiamo un pomeriggio da riempire, e Robert ci suggerisce un giro al Giardino Botanico di Entebbe, avvertendoci però che è a pagamento. Decidiamo che possiamo permetterci di sostenere una spesa di due euro a testa, e persino di pranzare in riva al lago a fish&chips e cocacola Il pomeriggio passa pigro, il clima da fine vacanza si fa sentire, molle e sonnacchioso … torniamo alla guest house, salutiamo Robert con un piccolo regalo, gli lasciamo le scarpe da ginnastica che per noi sono vecchie ma qui faranno molto felice qualcuno, e con un pizzico di malinconia gli auguriamo buona strada … ci godiamo l’ultimo magico tramonto equatoriale, la cena buonissima e ce ne andiamo a riposare per qualche ora. La sveglia suona inesorabile all’una e un quarto, alle due siamo già in aeroporto e … che bella sorpresa, il nostro volo è l’unico in ritardo Di un’ora E abbiamo un’ora e quaranta per la coincidenza … vabbé, siamo ancora in Africa: hakuna matata, ci metterano sul Cairo-Malpensa del pomeriggio e amen. Ok, domani devo andare in ufficio ma tanto sono abituati, dormo comunque In volo sull’aereo più scassone delle galassie! il mio tavolino non si riesce a fissare bene e mi sveglia di soprassalto con un amichevole SBONK ogni volta che mi appisolo, tanto che alla fine perfeziono una tecnica spettacolare per dormire con un occhio aperto e una mano tesa a puntellare l’infernale pezzo di plastica . Chiediamo alla hostess – brutta come l’orco e aggraziata come un facocero - a gesti e mostrandole i nostri biglietti CAI-MXP se secondo lei abbiamo qualche speranza … ci guarda stranita e ci fa capire che certo, non c’è problema, per un po’ di ritardo, ma via, ma certo che ce la facciamo, ma che domande! Stranamente non siamo per nulla rassicurati ma che ci possiamo fare? Atterriamo alle 10, la coincidenza è alle 10.40 e l’aeroporto del Cairo è più grande del Cairo, il bus fa il giro dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno e finalmente ci scarica al terminal. Immaginate cinque pazzi conciati come se fossero appena usciti dalle foreste dell’Uganda con sulle spalle lo zaino ottochilidueettiesemelopesanoadessoliuccido che corrono come se non ci fosse un domani verso i transiti, travolgono senza pietà passeggini, vecchiette, storpi e mamme in attesa, arrivano ai gate e inchiodano di colpo tamponandosi l’un l’altro Ci guardiamo un secondo, guardiamo Riccardo, lo scaraventiamo nella fila per Fiumicino senza quasi dirgli ciao e ricominciamo a correre come pazzi, scavalchiamo la gente in fila per i controlli (si, al Cairo ci sono anche prima della sala di imbarco), passiamo sul corpo di innumerevoli vittime, arriviamo al gate e … devono ancora iniziare le procedure, il volo è in ritardo di un’ora Alle due del pomeriggio o poco più, la navetta del JetPark di Somma Lombardo ci raccoglie in stato confusionale, il mio cellulare esplode per i whatsapp delle mie amiche che si scambiano informazioni sul volo, di “eccoli, eccoli, sono atterrati” e di un meraviglioso “sarebbe bello vederla uscire dall’aeroporto con ancora l’Africa negli occhi” della mia Stefi che mi commuove un sacco … e poi via verso Verona e Cesena. Pronta a svenire nel letto di casa dopo 36 ore sveglia, mi trovo a tracciare il bilancio iniziale … questa mia prima Africa nera non può essere l’ultima, mi ha rubato il cuore e mi ha portato via un pezzo di anima, rendendomela poi più grande e più felice … è stata un’emozione, una gioia, una nostalgia profonda e primordiale di qualcosa che non sapevo di avere dentro, un’intensa, autentica, viva felicità. Unico rimpianto: la saponetta. Fotografare mi è sempre piaciuto, ma non ho mai pensato di farlo seriamente … finché non ho guardato negli occhi il mio primo leone, e mi sono resa conto che il ritratto che ne stavo portando a casa non gli avrebbe reso giustizia, né l'avrebbe resa ai miei ricordi. Per tornare dalla settimana nel deserto marocchino qualche mese fa ci ho messo parecchio tempo, il solco che mi ha lasciato è diverso e forse più profondo, dall’Uganda sono tornata ‘a casa’ immediatamente, ho ritrovato subito il piacere di sentire chi mi è caro, non ho sentito lo stesso bisogno di solitudine e la stessa fatica di tornare io. È un mal d’Africa diverso, meno prepotente, sicuramente più dolce … riviverlo scrivendo questo diario mi ha portato nuove emozioni, nuovi colori e nuovi profumi … grazie per avermi accompagnata in questo mio viaggio dentro il viaggio. E via verso il prossimo!
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  8. Mercoledì 18 giugno 2014 Colazione energetica – ovviamente alle sei - c’è scritto sul foglietto con le tappe giornaliere, che vi aspetta una fatica boia. Beh, no, non c’è scritto PROPRIO così . Mentre mangiamo sbircio il cielo ancora buio, fiduciosa nelle grandi possibilità del mio culone col meteo, sperando ci regali una giornata quantomeno libera dalla pioggia. Confesso che inizio anche a sentirmi un filo in ansia, il tracking è davvero descritto come faticoso, consigliato solo a chi è in buona forma e non ha impedimenti fisici … chissà cosa ci aspetta a Bwindi dopo il diluvio di ieri. Io cammino, ed anche parecchio, anche in montagna, ma non frequento molte foreste, figuriamoci quelle impenetrabili … del resto lo sapevo da prima di partire, mio cugino mi ha raccontato la sua esperienza in Rwanda: per un certo tratto si segue il sentiero, poi si comincia a camminare nel folto, spesso in salita, dietro agli omini col machete che fanno strada. Ci sono tratti impervi, e pure lui che è un appassionato vero di montagna si è trovato a faticare … ma ne vale la pena, mi rassicura. Poi magari siete fortunati e li incontrate dopo una mezz’ora, si spostano in continuazione e quindi anche verso i margini della foresta. Seeee … qualcuno deve averli ha avvisati del mio arrivo Partiamo presto dal lodge per dirigerci verso il punto di incontro con i ranger per un breve briefing e lungo la strada … stupore, magia e meraviglia, ecco la mist! Speriamo di trovare anche i gorilla ... Breve parentesi informativa: il gorilla tracking è l’attività più costosa in assoluto, quasi un terzo di quello che abbiamo pagato in totale a Julius. 600 dollari, che moltiplicati per il crescente numero di viaggiatori portano alle case dello Stato e della Uganda Wildlife Authority buona parte del bilancio. Nel caso sfortunato non si riuscissero ad incontrare i gorilla, viene offerta la possibilità di ripetere il tentativo il giorno successivo, ma non accade praticamente mai. I ranger conoscono bene le varie famiglie, passano anni quasi in simbiosi con loro prima che sia possibile un avvicinamento con i turisti, si fanno conoscere a loro volta e li abituano alla presenza umana, e familiarizzano con i loro movimenti oltre ad acquisire un’abilità quasi sovrannaturale nel seguirne le tracce (tracking, appunto). Un paio di loro precedono sempre di parecchio il gruppo tenendosi in costante contatto radio per indirizzare le peregrinazioni dei disper … dei coraggiosi che vogliono vivere questa esperienza indimenticabile. Eccoci al Rushaga Gate, siamo una quarantina di persone (o 24.000 dollari, come preferite ) per le cinque famiglie di gorilla che vivono nei dintorni, e verremo divisi in gruppi di sette/otto, a ciascuno dei quali verrà assegnata una famiglia e che sarà accompagnato da un paio di ranger armati – non ci sono solo i gorilla a spasso, e mi ritrovo a pregare che ci siano solo proiettili soporiferi in quei simpatici fucili - e volendo dai portatori, ragazzi del posto che per pochi dollari aiutano i personaggi ehm … meno atletici … a venirne fuori quantomeno vivi, se non proprio in brillanti condizioni. Dopo una serie di raccomandazioni (infilate i pantaloni nelle calze, così nessuna bestiolina vi risalirà le gambe, non toccate le piante sconosciute, non fate rumori e versi esagerati quando sarete vicini ai gorilla) e rassicurazioni sul fatto che l’avvistamento è praticamente garantito, risaliamo sui vari mezzi e veniamo accompagnati vicino al punto di partenza. Oddio, vicino … diciamo che ci sono un paio di km in salita praticamente verticale su una camionabile sterrata, e capiamo subito che qua noi si è cascati male: siamo cinque, per fare gruppo ci hanno regalato due australiani più vicini ai settanta che ai sessanta per andare insieme alla ricerca della famiglia di Busingye (ciascuna porta il nome del maschio alfa). Il lui della coppia sembra ancora agibile, lei mi ha regalato un momento di sollievo, se dicono che ce la fa questa qui, sarà una passeggiata di salute Errore ed orrore, Ale dopo cinque minuti sta già recitando come un mantra “ogni due passi li stacchiamo di uno, ogni due passi li stacchiamo di uno, ogni due passi li stacchiamo di uno” e vedo del fumo che inizia ad uscirgli dalle orecchie. Dopo poco i due scompaiono, per riapparire a bordo della loro jeep che li porta su. Passano altre vetture con gli avventurosi degli altri gruppi a bordo … ahò, che storia sarebbe? E noi a piedi? Ale in una botta di ottimismo annuncia che probabilmente i gorilla stanno facendo un picnic a bordo foresta, e quindi ci fanno camminare prima per non darci la delusione di trovarli subito dopo aver speso 600 dollari, io sono più scettica ... quando passa il camion dei portatori che ci invitano a salire con loro nel cassone accettiamo con entusiasmo … salvo passare i minuti successivi con gli occhi strettamente serrati a sgranare tutto il rosario, che non pratico dalle elementari ma mi torna misteriosamente in mente intatto fino all’ultimo Gloria (oddio, ci sarà il Gloria nel rosario? ) Arrivati all’ultimo spiazzo alla fine della camionabile – siamo intorno ai 2200/2300 metri - inizia la … passeggiata. Un tratto discretamente lungo su questo sentiero che alle persone normali non farà nessun effetto, ma ad una che porta le ballerine perché soffre di vertigini dai tre centimetri in su, lo strapiombino lì sotto fa proprio simpatia. Da quando ho iniziato a fare viaggi a piedi sono migliorata e stavolta vado abbastanza tranquilla, ma quando arriviamo nel pratone preforesta il mio sospiro di sollievo scuote lo stesso le cime degli alberi. Con calma, molta calma, arrivano anche gli australiani, e a questo punto il ranger ci dice che noi cinque siamo troppo veloci, il gruppo deve restare unito e quindi è meglio se ci mettiamo dietro. Percepisco a questo punto una specie di boato sotterraneo che mi porta a chiedermi se per caso questa sia zona vulcanica, poi mi rendo conto che no … è solo il sobrio disappunto di Ale che si esprime così Bene, non ci possiamo far nulla. Entriamo nella foresta, il sentiero è ben tracciato, in qualche punto un po’ impervio ma niente di peggio di quel che faccio qui, per ora. Intorno a noi la vegetazione è DAVVERO impenetrabile, ma lo spettacolo è bellissimo, è anche uscito il sole – bravo culone – e siamo tutti felici, almeno finché due degli altri gruppi ci superano in scioltezza, e Ale comincia a ripetere in tono vagamente isterico “Noncipossocredere, noncipossocredere, noncivogliocredere” … Di nuovo, non ci possiamo far nulla. La signora è sempre più in difficoltà, se non avessero preso il portatore probabilmente non sarebbe riuscita ad arrivare nemmeno al limitare della foresta, gli si affida di peso in ogni punto difficile, e i punti difficili cominciano a moltiplicarsi, è tutto un saliscendi e il sentiero si fa scosceso. Dopo oltre un’ora di marcia lo lasciamo, ed i nostri accompagnatori cominciano a lavorare di machete. Io arranco con grazia elefantina, ma elefantinamente avanzo ed avanzo ed avanzo … e comincio a pensare che ce la farò! Mi sento anche molto fortunata ad aver deciso per gli scarponcini da trekking più vissuti che ho, perché sono alti alla caviglia e le tracce della pioggia di ieri sono ancora ben presenti e … ben bagnate , ma il mio doppio calzerotto resiste asciutto, mentre gli altri già iniziano ad inzupparsi. Ingenua io. Verso mezzogiorno, dopo circa tre ore di cammino, incontriamo i ragazzi con la radio e l’eccitazione inizia a serpeggiare, ci siamo! E in effetti ci saremmo anche, ma siamo sfigati … il primo gorilla che avvistiamo è un maschio wild, probabilmente l’unico della foresta, che oggi ha deciso di rompere le balle alla nostra famiglia, che di per sé sarebbe disponile all’incontro – la signora Busingye probabilmente ha preparato anche un tè coi pasticcini – ma continuamente disturbata da questo screanzato si sposta in luoghi sempre più difficili da raggiungere per noi bipedi … ho incrociato per un attimo lo sguardo del gorilla solitario, e mi sono trovata a guardare dentro due laghetti duri, quasi crudeli … la mente vaga e non posso fare a meno di chiedermi se la solitudine non scelta incattivisca gli animali quanto lo fa a volte con gli esseri umani, non posso fare a meno di sentirmi triste per lui … e forse anche un po’ ridicola per certi pensieri, ma infine … questa sono. Mi reggo in piedi a stento nella jungla semi verticale, ma proprio mentre cerco di non finire spalmata a pelle di leone sulle ortiche – o qualunque cosa siano - la vita decide di regalarmi un momento di pura emozione … lontani, ma ben visibili, mamma e cucciolo giocano insieme sotto un alberello. Il piccolo, tenerissimo si arrampica e si dondola, e salta e balza e mangia e tira giù le fronde e … ride, secondo me ride sul serio … la mamma amorevole, con un occhio al disturbatore e uno al piccino, lo lascia fare per un po’ e poi con lo stesso piglio di mia nonna quando era ora di tornare dal parco giochi, gli intima di scendere, lo prende per mano e i due se ne vanno insieme … è stato un momento struggente, ho risentito quella voce amata e lontana ripetere un’altra volta il suo Forza bambina, hai giocato abbastanza per oggi, andiamo … ho gli occhi pieni di lacrime, e le emozioni sono appena iniziate. Non ce la faremo ad avvicinare la famiglia, dice il ranger ... ma ce n’è un’altra a un’ora di marcia, chi è in grado e se la sente può seguire i due omini col machete, mentre lui si occupa dell’australiana ormai praticamente in coma. Però … bisogna correre, vietato rallentare, vietato guardare dove si mettono i piedi, vietato esitare. Potrebbero spostarsi o entrare ancora più nel folto e allora, addio gorilla. C’è da chiederlo? Noi cinque partiamo come se avessimo tutti i diavoli dell’inferno alle calcagna, e in effetti un po’ infernale l’esperienza lo è stata … un’ora di corsa nella giungla più fitta, senza letteralmente vedere cosa stiamo calpestando, di solito le fronde appena tagliate, ma ogni tanto sotto ci sono pozzanghere, fango, rami spezzati, sassi. Ho perso il conto delle volte in cui mi sono ritrovata a quattro zampe, o lunga distesa, dei graffi e delle bolle che ho sulle mani, sono infangata, sporca, sudata … a un certo punto nel mezzo del percorso c’è quella che sembra una profonda orma di elefante con almeno trenta centimetri d’acqua, per il troppo slancio non riesco ad evitarla e ci finisco dentro con tutti e due i piedi, a nulla servono gli scarponcini, per il resto della giornata sarà tutto un cic-ciac di melma e calzini bagnati … nel silenzio della giungla perdo per un attimo la mia innata signorilità e mi parte un ma vaff che provoca la fuga immediata e precipitosa di sette tarantole, tredici bruchi e svariate dozzine di moscerini terrorizzati, e una frenetica agitazione nelle mamme ragno, che si affrettano a tappare le orecchie ai piccoli all'uscita dell'asilo perché non imparino parolacce in italiano. Finalmente, un po’ affannati, ci blocchiamo su un sentiero – un sentiero vero, miracolo – e i ranger con un dito sulle labbra ci fanno cenno di guardare più avanti … ecco, in questo momento il mondo sparisce, tutto si fa silenzio ed emozione purissima. Eccoli, eccoli davvero stavolta … e le lacrime adesso non riesco a fermarle, mi sento al centro di un miracolo. Sono meravigliosi, fieri ma non ostili, hanno lo sguardo buono e forse un po’ triste, ci sono anche dei cuccioli … dopo un attimo in cui tratteniamo tutti il respiro partono le reflex … per la prima volta rimpiango di non avere una macchina decente tra le mani, con uno zoom un po’ più accettabile, con qualche pixel in più. Ma poi mi dico che sono fortunata così: senza le foto a distrarmi mi posso innamorare meglio ... Improvvisamente, nel silenzio totale, un rumore strano ed un fievole Alessandro e poi, appena meno fievole ... ’tacci!!! ... mi giro appena in tempo per vedere Riccardo che, fallito il vano tentativo di aggrapparsi ad Ale, sprofonda lentamente nel muro (credevamo) impenetrabile di vegetazione a bordo sentiero, a cui si è avvicinato troppo per prendere meglio l’angolazione delle foto. Le mani di Ale e di un ranger scattano in contemporanea per cercare di trattenerlo, il ranger riesce a prenderlo, tira, ma intanto il muro cede e cede e cede … finché Riccardo sprofonda di schiena, con la reflex in una mano e il ranger nell'altra. Ci affacciamo spaventati al precipizio e li vediamo appena un metro e mezzo più sotto, ancora amorosamente stretti per mano, come due tartarughe a pancia in su. Ecco, appurato che non si sono fatti nulla e li tireremo su facilmente … scatta la ridarella, ma non possiamo far scappare i gorilla e quindi … provatevi voi a sghignazzare sguaiatamente in silenzio! Mi corre l’obbligo di segnalare che Riccardo, che sia detto senza ironia è un vero signore che non scomoderebbe mai li mortacci, sostiene di aver semmai esclamato si sono rotti i lacci … e noi naturalmente gli crediamo Archiviato l’episodio, restiamo a goderci per un’oretta questo incontro meraviglioso … poi, quando proprio non possiamo disturbarli più a lungo ci spostiamo un poco lungo il sentiero a consumare il pranzo che ci hanno preparato al lodge. Comincio a sentirmi stanca e indolenzita, abbiamo camminato e corso per oltre quattro ore in mezzo alla selva, ma non ho per nulla fame, e so per esperienza che più mangio peggio va quando riprendo la marcia, specie se non posso fermarmi un po’ … quindi mi accontento di mezzo panino e di una banana così non mi vengono i crampi alle gambe. Mai previsione fu meno azzeccata: comincio ad avvertirli quasi subito sulla strada del ritorno, complice forse anche il calo di tensione … e se ai primi resisto abbastanza bene, quando ne arriva uno particolarmente forte mi ritrovo accasciata in mezzo al sentiero, con una smorfia che non mi rende certo un bello spettacolo e un gran senso di colpa perché rallento gli altri tre (Gian no, è andato avanti ed è sparito da un pezzo, almeno lui se la fa in tranquillità la risalita). In qualche modo riparto, ma le oltre due ore di marcia per tornare sono un mezzo calvario, non riesco ad accelerare il ritmo e ce l’ho a morte con me stessa, il che non aiuta moltissimo … a un certo punto mi dico, forza ragazza, tanto peggio di così non può andare e sei quasi alla fine. NON. FATELO. MAI. Gli dei vi sentono E infatti in quel preciso momento inizia a grandinare … e incredibilmente mi torna il buonumore e anche un minimo di energia. Mi insacco in qualche modo nel kway e più arranco più mi vien da ridere, anche se probabilmente ormai il ranger che mi tende la mano nei punti peggiori ed i miei compagni mi odiano … chi se ne frega? Come spesso mi capita, il gene della felicità ormai ha preso il sopravvento in me. Almeno finché non arriviamo al sentierino sullo strapiombino, che visto che nel frattempo si è messo pure a diluviare, ora sembra un fiumiciattolo di fango. E lo strapiombino ha perso il diminutivo, sono troppo stanca per non essere terrorizzata ... Ma sono una donna fortunata, e uno dei soldati che ci accompagnano, un gran bel ragazzone che potrebbe essere mio figlio se non fosse così inequivocabilmente nero da non poter avere una mamma color mozzarella, impietosito, mi prende per mano e pian piano mi porta giù. A un certo punto nelle nebbie del terrore sento Ale che gli dice ... shoot her, so she stops suffering, e il negretto, serissimo ed imperturbabile: I’m not allowed Ah, così mi dici? Vabbé ti perdono … tanto più che quando torniamo sulla camionabile, finalmente serena lo lascio e gli dico I love you … mi fa un sorrisone contentone e ... da quel momento non riesco più a levarmelo di torno! continua ad offrirmi la mano anche se siamo praticamente in piazza, ed a sorridermi tutto felice. Tesoro, grazie, ma il toyboy no, non l’avevo proprio considerato E insomma, ammaccata e dolorante soprattutto nell’orgoglio, ma sono una cercatrice di gorilla diplomata!
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  9. Martedì 17 giugno 2014 Incredibilmente il nostro Sturmtruppenfuhrer ci ha concesso oggi una sveglia tardissima: colazione alle sette, quasi piango di commozione La giornata prevede una tappa di spostamento verso sud, attraversando il settore Ishasa del Queen Elizabeth NP, per dirigerci poi finalmente verso … la Bwindi Impenetrable Forest! Si, domani è il giorno dei gorilla ... e l’emozione inizia a farsi palpabile. Ci siamo goduti fin qui ogni secondo di questo viaggio meraviglioso, ma è innegabile che le sirene che ci hanno attirati quaggiù abbiano l’aspetto di peluscioni neri dallo sguardo dolcissimo. Ma ci penseremo domani, o almeno stasera … oggi si va a caccia dei rari e timidissimi leoni arrampicatori, che vivono per l’appunto nel settore Ishasa. Per avvistarli ci vuole un bel colpo di c…ortuna, ci avverte Robert, quindi cercate di non restare troppo delusi se li manchiamo. Salutiamo il Bush Lodge e io mi rassegno malinconicamente a non conoscere mai l’Ippopotamo Azzurro dei miei sogni … morirò zitella, lo so! Per fortuna mi consolo facilmente con i pancake della colazione, panacea per tutti i mali (pancake, panacea … stai a vedere che ho scoperto l’etimologia, sono un genio ), e in pochi minuti sono di nuovo allegra La mattina trascorre pigra, sonnacchiosa e piacevole: gli animali in questa zona sono pochi, il pulmino circumnaviga coscienziosamente ogni albero “adatto” e Robert scruta e frena e accelera e inchioda, ma niente … nessun leone vuole arrampicarsi per noi. Un po’ delusi ma ormai quasi rassegnati, io un po’ indignata con il mio culone che coltivo con tanto amore e oggi si dimostra così poco collaborativo, prendiamo la strada che ci porterà fuori dal Queen Elizabeth e a sorpresa … Robert si ferma di colpo e ci fa cenno di guardare dietro di noi: eccola! meravigliosa, maestosa, ieratica, una bellissima leonessa ci attraversa la strada più sotto, guardandoci dall'alto in basso contro ogni legge della fisica … è splendida, elegante, fiera … non posso fare a meno di sentirmi per l’ennesima volta grata e commossa, questo viaggio mi sta regalando emozioni, felicità, sorprese a non finire. Non chiediamo che si arrampichi, ci è già andata benissimo così e siamo sazi e soddisfatti … ma Robert no, e con il suo incredibile sguardo d’aquila avvista una coda che penzola da un ramo lontanissimo … ci metto un po’ a individuarla anch’io, ci riesco solo quando Riccardo mi fa guardare attraverso l’obiettivo della sua SuperMegaReflexFragilisticEspiralidosa: incredibilmente, pur con lo ZUM al massimo la saponetta non ci arriva! Quasi quasi mi indigno … ma no, è troppo bello questo spettacolo, la gioia e la soddisfazione di aver messo anche questa meraviglia nel carniere basta e avanza. Possiamo partire per Bwindi! Lungo la strada Robert annuncia un “posticino” … sguardo complice e commosso tra me e Sabri: cara, è stato bello, ti voglio bene. Entriamo, ma dai, non è neanche così male. Che prendete? Abbiamo del pesce di lago, va bene? Si, va bene, ma per le donne per favore solo patate dolci, e poche: no posho, no matoke, no riso. Indignazione collettiva, vengono a vederci tutti i membri del personale, un paio di ospiti e una gallina di passaggio e tutti ci riservano uno sguardo sprezzante, ma io e Sabri, temprate dalle avversità, scegliamo la linea dura! Anzi, Sabri la sceglie durissima: il pesce – che arriva nel tempo record di sette secondi e sedici decimi - è immerso in una brodaglia dall’aspetto notevolmente equivoco, e accompagnato da poche patate come abbiamo chiesto: solo tre. Grandi come angurie però . Io estraggo il ... corpo dalla brodaglia e inizio a spolparlo coscienziosamente (e ci ho fame, ci ho! ), Sabrina non lo sfiora e, più saggia, ci impartisce una lezione sui pericoli del brodo, ricettacolo dei peggiori germi che possano essere ospitati da qualsiasi tipo di cibo e quello lì è sciacquatura di piatti e chissà da quanto tempo lo avevano da parte in attesa di turisti muzungu e la maledizione di MontezumU vi colpirà!!! La ascolto masticando e annuendo con pari entusiasmo, e con l’idea rasserenante che via, sta esagerando un pochino, non siamo mai stati male in fondo Poi ho la malaugurata idea di decidere che mi scappa la pipì, signorina scusi, la toilette s’il vous plait? Dietro, dietro, mi fa cenno la signorina. Esco in cortile e … oddio. Stanno lavando piatti e posate. Cioè ... li stanno passando in una bacinella piena di un liquido indefinibile, e poi li scuotono vigorosamente, là, puliti. Ok, mi giro dall’altra parte che occhio non vede cuore non … oddio, QUELLA è la cucina? Ok, calma e gesso. Faccio una piccola danza voodoo per implorare gli Déi delle Acque e gli Spiriti dei Pesci di Lago Trapassati perché il mio pranzo non si manifesti … e siamo a posto. Spero. Oddio. Vabbé, facciamo la pipì, va là. Nel frattempo mi hanno preceduta Ale e Gian, e li vedo fermi davanti a una porticina traballante, Ale dice che ha trovato e Gian, candido e convinto risponde ma no, non vedi che ci sono dei libri contabili per terra? Mi affaccio e … sghignazzata generale … Gian, guarda che quella è la carta igienica! Ok, la pubblico o non la pubblico? Ragazzi, va bene: ora vi passa la voglia di andare in Uganda, lo so … ma in fondo è colore locale E il buco SULLA serratura? Wow! Ripartiamo in direzione di Bwindi … la strada è orribile, stretta, in salita e tutta curve, ma panoramica come non mai, e quando riesco a dimenticare per un istante che probabilmente sto per Trapassare quanto i Pesci di cui sopra mi ritrovo con gli occhi sgranati di meraviglia. Se non per il paesaggio, per i camion incredibilmente stracarichi di merce e di persone arrampicate ed appese ovunque che ci sorpassano in curva con la massima nonchalance. Peccato che non ci fermiamo quasi mai, e far foto in movimento non mi riesce ... È tutta terra rossa sottile ed impalpabile, e il mio aspetto all’arrivo al lodge mi sorprende: sono esattamente così: Il cielo che stamattina era di porcellana azzurra si rannuvola con l’avanzare del pomeriggio, e quando arriviamo finalmente al nostro alloggio è in atto un fantisco Great Flood Reloaded (abbiamo incontrato Noè sull’arca contromano, salendo ). Siamo anche piuttosto in alto, verso i 2100 metri, e fa decisamente fresco … finalmente la pioggia cala, ci hanno promesso l’acqua calda, e io intrepida in mutande e poncho impermeabile mi dirigo verso i bagni, enormi e pulitissimi, uno ogni due bungalow (tre bagni, tre bungalow occupati, un bagno ciascuno ) … e la doccia calda si rivela per quello che è … la madre di tutte le docce fredde! Zio Pino, il Pesce Trapassato mi ha risparmiata solo per farmi morire di polmonite!!!! Poi esco, tremolante come un budino … e scopro che si erano dimenticati di accendere il boiler, o che era saltato qualcosa, ma a differenza di Ale non mi è passato per la testa di uscire strillando e chiedere riparazione. Troppo stoica sono! Un’ottima cena al lodge e … tutti i pensieri e un po’ di preoccupazione volti alla giornata di domani. Già il tracking non viene presentato come semplicissimo, poi sotto il diluvio figuriamoci … ma mi dico che sono troppo apprensiva e andrà tutto bene, dai … quando poi mi trovo a sorpresa nel lettone la boule dell’acqua calda mi rilasso del tutto e … peluscioni, arrivo!
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  10. Io sono stata a Chicago a novembre. Camminando per strada con a destra i palazzi si stava discretamente bene, come si arrivava alla fine dell'isolato e bisognava attraversare la strada, un vento gelido tagliava la faccia. Allora si correva fino all' edificio successivo: ho capito così perché la chiamano Windy city [ Post made via iPad ]
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