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Prima che si sciolgano le nevi - Kilimanjaro 2016


ceemo

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Io con un bel ritardo, ho letto questo diario, tutto d'un fiato.

Che emozione. Con le parole hai descritto ogni stato d'animo, ogni difficoltà.. e mi è sembrato di faticare con te (unico modo in cui potrei compiere questa impresa è leggendo)

Voglio soltanto farti i miei complimenti per la tenacia che hai avuto.

 

Bellissimo Diario, davvero. Con la D maiuscola.

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  • 5 settimane dopo...

21/02/2016-22/02/2016 Ngorongoro – Kilimajaro airport – Adis Ababa – Roma – Milano

Ops…. Avevo un diario da finire!

La notte trascorre travagliatissima. Montezuma e la sua malediazione si scaglia su di me con tutta la sua potenza e passo la notte dalla tazza al letto e viceversa.  Prendo qualche farmaco ad hoc che mi consente di dormire almeno qualche ora.

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La nottata...

La mattina mi sveglio che sono parecchio spossato ma è l’ultimo giorno e adesso ci aspetta prima il tappone fino ad arusha e poi fino all’aeroporto dove alle 17 avremo il volo che ci riporterà a casa. Mentre io faccio l’ennesima visita alla toilette Corrado ed Andrea vanno in esplorazione del lodge, trovando la piscina in cui soggiornano allegramente dei ricci, che, giustamente, vedendola vuota hanno deciso che così era uno spreco. Facciamo un ottima colazione, finalmente un po’ varia con dei pancake dolci e salati, delle fette e della marmellata. Tutto veramente buonissimo.

Poi dopo un ultima visita in camera e dopo la sistemazione finale degli zaini, ed un ultimo saluto in salsa masai al lodge ci ritroviamo con John, che già si era unito per la colazione e ci avviamo con calma verso arusha.

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Lasciamo il piccolo paese Karatu e i suoi poco rassicuranti abitanti e prendiamo la strada del giorno prima, e dopo aver attraversato di nuovo la rift valley ci fermiamo per qualche foto ad un punto panoramico del lago Manyara. Il lago all’orizzonte appare davvero immenso, e tutta la zona rigogliosa e sconfinata, anche se la visibilità oggi non è ottimale. In questo parco si potrebbero vedere facilmente le giraffe che non vivono ad Ngorongoro, ma non avendo il tempo di visitarlo chi consoliamo con la vista da lontano. Due minuti dopo essersi fermati al view point veniamo letteralmente presi d’assalto da 4 ragazzini del luogo che provano a venderci collanine con dente di leoni e amuleti vari evidentemente fatte in Cina. Corrado e Andrea se la svignano mentre io provo a spiegare che ho solo €uri e ne ho pure pochi. Uno dei ragazzini, che era partito con una richiesta di 10 $ per collanina, allora mi diche che per 1 € mi darà 5 collanine. A me fanno un po’ pena, e prendo le sue farlocche collanine e gli lascio 5 € senza voler resto, che comunque mai mi avrebbe dato. Questa cosa sia sul momento che a distanza mi lascia un po’ amareggiato. Questo voler sfruttare fino all’osso le risorse del turista immediato e pressante dipinge un popolo per quello che in realtà non è.

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Lake Manyara

Riprendiamo la marcia lungo la strada che ci riapre gli interessanti panorami già visti il giorno prima, con la strada perennemente percorsa da gente a piedi anche nei luoghi più isolati e improbabili.

John ci spiega che dovrà farci fare, per imposizioni dell’agenzia, una sosta in un negozio/bazar/ristorante prima di arrivare ad Arusha. Io gli dico che mi piacerebbe anche vedere il mercato di Arusha, quello vero, non quello turistico e raggiungiamo un accordo.

Il bazar dove ci fermiamo non è davvero niente di che. Negozio con un sacco di souvenir di mille generi, dalle statue di legno di guerrieri masai alte 3 metri, alle collanine identiche a quelle che abbiamo comprato dai ragazzini qualche ora prima. Spendiamo giusto quei 5 6 $ a testa giusto per non far fare troppa brutta figura a john comprando qualche pupazzetto e qualche piccola amenità. Questi negozi, sono davvero tutti uguali e se ad una prima occhiata sembrano proporre merce e prodotti veramente locali, ad un analisi un pelino più attenta ci fa capire che in vendita ci sono quasi solo patacche di dubbia qualità oltre che di dubbio gusto.

Riprendiamo la marcia ed arriviamo ad Arusha poco prima di mezzogiorno. John ci spiega che ci fermeremo poco, giusto un oretta scarsa per un giro esplorativo e di stare vicini a lui che il mercato non è il posto più sicuro del mondo per dei turisti che all’apparenza sembrano ai locali pieni di denaro.

Il mercato è molto simile a quelli che avevo già visto in altri viaggi africani per struttura, con una parte dedicata agli ortaggi, una alle carni, una ai semi e una ai suppellettili. Con qualche casetta a fare da perimetro e spazi “aperti” all’interno. Questo è però molto più ruspante, disordinato, colorato e profumato.

Si vede che è un luogo estremamente vissuto dai locali, e si riesce a percepire in parte il contrasto tra la calma dello spirito africano e il caos e la disorganizzazzione di una metropoli locale come Arusha.

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Arusha Market

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La fiamma di Andrea

Districandoci tra le varie bancarelle appare subito evidente che non siamo in un luogo turistico e che anzi, siamo in parte malvisti dai commercianti e dai locali. Qualcuno ci sorride ma altri ci appellano malamente e John un paio di volte a da ridire qualcosa. Io mi prendo più di qualche insulto per delle foto che alcune ambulanti non volavano subire, mentre Andrea riesce inaspettatamente a fare colpa su una giovane e carina donna africana che non lo vorrebbe lasciare andare.  Dopo un oretta lasciamo il mercato, soddisfatti della visita sicuramente diversa da solito. E lasciamo pure Arusha, sede parziale del nostro viaggio dirigendoci verso l’aeroporto.

Poco prima di arrivare a destinazione ci fermiamo in una specie di autogrill africano dove John ci dai i nostri ormai consueti lunch box con dentro il solito panino e il solito pollo con patate. Tutto discretamente buono ma non rimpiangeremo quei pasti.

Arrivati all’aeroporto salutiamo John e cin congediamo da lui dopo avergli dato la consueta mancia e aver esaurito i nostri $. Prima di imbarcarci dobbiamo compilare dei moduli e espletare le procedure di controllo non proprio semplicissime e dopo aver fatto check in aspettiamo un oretta il momento dell’imbarco sfruttando un po’ la connessione wifi dell’aeroporto per comunicare un po’ con casa.

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Il volo è abbastanza vuoto e procede veloce e tranquillo, se non fosse che a me finisce l’effetto del farmaco anti-Montezuma e ho un nuovo drastico crollo durante il volo e per la prima volta in vita sperimento il farlo in aereo. Purtroppo per me la crisi più grossa c’è l’ho mentre stiamo scendendo dall’aereo per entrare nell’aeroporto di Adis Abeba, che scoprirò essere l’aeroporto al mondo con il più basso rapporto bagni/numero di persone. In preda ad allucinazioni mistiche e completamente madido di sudore, dopo minuti di ricerca finalmente trovo un bagno che è pure uno dei bagni più sporchi affrontati in vita. Ma è questione di vita o di morte e quindi non faccio troppo lo schizzinoso e faccio quello che devo. Passo il resto del tempo sfatto e disidratato a dormire su una sdraio in un aeroporto veramente molto caotico e trafficato.

Dopo 4 ore di sosta in Etiopia riprendiamo il volo verso l’italia. Per fortuna questo volo passa sicuramente meglio del precedente, e tra una dormita e un filmetto arriviamo tutto sommato neanche troppo stanchi prima a Roma e poi a Milano. Qui tramite un trenino espresso e una freccia arriviamo attorno alle 11 alla stazione di Peschiera del Garda dove la moglie di Corrado e mio padre ci aspettano per prelevarci.

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Finish!

 

Si chiude qui un viaggio, impegnativo, sudato, sporco e molto sofferto, ma allo stesso tempo bellissimo e veramente molto molto emozionante. Di sicuro non posso definirlo come il viaggio più bello della mia vita, ma molto probabilmente è stata una di quelle esperienze che mi ha segnato ed insegnato veramente tanto su me stesso. Un viaggio interiore dentro una avventura, lo definirei.

Tanti mi chiedono se a posteriori, viste le sofferenze lo rifarei e la risposto è senza alcuna ombra di dubbio si!

Jambo Kilimanjaro!!!

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