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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 01/08/2019 in Risposte
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Giovedì 28/06 – 1° parte Mi sveglio che è ancora buio ma ora distinguo chiaramente i rumori e suoni del bush che inizia ad animarsi. Mi alzo scostando il pesante piumone: la carbonella sul fondo del letto è ancora calda! Mentre vado in bagno sento uno scricchiolio di passi, o meglio, di zampe. Ho solo il cellulare con me, lo uso come torcia ma riesco ad illuminare pochissimo oltre la bassa parete in pietra. Vedo solo i contorni degli arbusti ma sono sicura che c’è qualcosa lì fuori che si avvicina salvo poi trotterellare via quando punto la torcia del cellulare nel tentativo di capire cos’è. Sto qualche minuto in attesa e ad un certo punto mi sembra proprio di distinguere una lieve gobba e un collo proteso in avanti che si allontana. Ma è il colore del mantello a sorprendermi: maculato! Sono quasi certa di aver visto una iena! Torno nel letto senza dire nulla a Chiara per non allarmarla ma in effetti mi sento in prima persona relativamente tranquilla: la iena, o qualunque cosa fosse, sembra aver deciso di girare al largo, mentre iniziano a distinguersi chiaramente i rumori del camp che si risveglia: voci, il motore della jeep, stoviglie. In poco meno di mezz’ora, infatti, una delle donne swazi dello staff percorre il nostro vialetto e ci dà il buongiorno depositando un grande vassoio con the, caffè e biscotti. Gustiamo una tazza di caffè bollente mentre ci vestiamo a più strati con camicia pesante, pile, giacca a vento, copri collo e cappello di lana: in pochi minuti siamo pronte per il safari dell’alba! Ci troviamo tutti alla jeep alle 5:45, non è più così buio ma manca almeno mezz’ora all’alba vera e propria. Salutiamo la coppia di sudafricani, che alla nostra domanda su come sia stato passare la notte così, ci risponde in coro “Diversa!”, e saltiamo a bordo accompagnati da Subusiso. Come ieri ci posizioniamo sui sedili posteriori per avere più libertà di movimento e partiamo alla volta del bush! Arriviamo al cancello che delimita il camp e entriamo nella riserva, dopo poche curve improvvisamente la signora sudafricana, che si rivelerà un vero e proprio cecchino negli avvistamenti, urla “Stop!”. Ci guardiamo attorno e scorgiamo, in una stradina laterale, proprio un bellissimo esemplare di… iena maculata! Ah ma allora non stavo sognando! È la prima che vediamo e ci guarda fisso fisso con gli attenti occhietti neri e le orecchie tonde da orsacchiotto che si muovono ritmicamente avanti e indietro. Resta immobile per un istante interminabile e poi corre a nascondersi dietro un cespuglio, ma subito ecco che rispunta con quel muso curioso. Bellissima! Riprendiamo l’esplorazione della riserva con Sibusiso che si infila in strette strade sterrate, cerco di visualizzare mentalmente il percorso ma finisco per perdere completamente l’orientamento. Arriviamo infine vicinissimi ad un gruppo di tre altissime giraffe intente a brucare i rami più teneri di una pianta di mopane e nel frattempo incrociamo l’altra jeep carica del gruppo di avi-fotografi professionisti. Sibusiso e l’altra guida si scambiano rapide informazioni in swazi ma purtroppo anche loro non stanno riuscendo ad avvistare i rinoceronti. La nostra guida però non si perde d’animo e riprende la sua “caccia” attenta. Svoltiamo a sinistra su un rettilineo più ampio di quelli sinora percorsi, lungo un centinaio di metri, che sembra scomparire nel bush. Rallentiamo e Sibusiso si ferma quasi a ridosso di un gigantesco mucchio di…cacca fresca. Si gira e ci dice di fare silenzio mettendosi in ascolto, scrutiamo il bush alla nostra destra e Sibusiso ci indica una direzione: faccio fatica, un po’ per la scarsa luce un po’ perché la vegetazione è davvero fitta ma alla fine la posizione sopraelevata a bordo della jeep ci ripaga. Praticamente dal nulla, vedo materializzarsi il corno di un rinoceronte a neanche cinque metri da noi, che avanza come se fosse la pinna di uno squalo. Contemporaneamente sento Chiara che si volta e mi tocca il braccio: un altro rinoceronte è appena spuntato da dietro la jeep e ci scruta nascosto dietro un cespuglio ma con le zampe anteriori già sulla strada. Ci studiamo per quelli che sembrano minuti interminabile e scatto un sacco di fotografie mentre Chiara li riprende. Sono bellissimi e soprattutto a due passi da noi. Sibusiso ci spiega che siamo fermi però in un punto sbagliato ovvero troppo vicini ai loro escrementi che, di fatto, segnalano il loro territorio. Ci intima di sederci e riparte lentamente per fare un’inversione a U e tornare verso di loro fermandosi in un punto migliore: noi non stacchiamo gli occhi dai rinoceronti per seguire ogni loro movimento e li vediamo attraversare la strada per poi scomparire dall’altra parte. Avvertiamo Sibusiso che, una volta fatta inversione, torna indietro. A quel punto senza dirci una parola, spegne la macchina, scende e si avvicina a noi quattro, guardandoci dal basso verso l’alto. Quasi bisbigliando, come se fosse un segreto, ci dice: “Allora, avete visto abbastanza o volete di più?” So già che cosa ci sta proponendo: di seguirlo a piedi a stanare i rinoceronti! Gli chiedo se è certo che sia sicuro muoversi a piedi, lui mi guarda serio e poi sorridendo mi risponde “You need to trust this man! Devi fidarti di quest’uomo!” e si punta un dito sul petto. Affare fatto, Sibusiso! Scendiamo lasciando gli zaini nella Jeep e portando solo le macchine fotografiche e ci incolonniamo dietro di lui: io, Chiara, la signora sudafricana e chiude la fila il marito. Non ci credo che stiamo seguendo a piedi un ranger nel bel mezzo di una riserva in Swaziland! Sono felice, sono viva! Stringo forte l’obiettivo della macchina fotografica e sento le mascelle farmi male per la tensione, per l’eccitazione e per l’autentica contentezza di avere il grande privilegio di fare un’esperienza del genere. Seguiamo Sibusiso senza parlare né fare rumore, metto i piedi esattamente dove li mette lui e mi accorgo di quanto è morbida e sabbiosa la terra, di quanto alto è il bush visto “da dentro” e non dalla macchina. Sibusiso la prende alla larga, ripensandoci penso abbia fatto in modo di tenere il gruppo sopravento rispetto a dove si aspettava di trovare i rinoceronti, in modo tale da dare loro la possibilità di “annusarci” e renderli consapevoli della nostra presenza. Percorriamo quindi un semicerchio per cinquanta-settanta metri e poi arriviamo in una piccola radura. Sibusiso ci fa posizionare vicini, in fila uno dopo l’altro e ci fa segno di abbassarci. E qualche secondo dopo… eccoli. La coppia di rinoceronti di prima spunta a meno di tre metri da noi, illuminata come in una visione dai primi raggi del sole. Da questa prospettiva sono enormi. Sibusiso, vicino a me, mi bisbiglia “foto, foto, foto …” e io scatto come posso, come riesco, completamente rapita da questa incredibile situazione. Improvvisamente, il rinoceronte che era rimasto più in disparte, avanza verso il compagno con due piccoli passi trottati, quasi sgroppando e Sibusiso, attento ma sempre con un sorriso rassicurante, ci fa cenno di alzarci piano ed indietreggiare. Facciamo qualche passo rimanendo rivolti verso i rinoceronti, poi ci dice di girarci e camminare tranquillamente dietro di lui. Riprendiamo tutti a respirare! Che emozione! Seguiamo Subisiso che ci riporta alla macchina ma non prima di un altro bellissimo incontro ravvicinato: le tre giraffe avvistate prima, a una decina di metri da noi, che fotografiamo con la bella luce del sole ormai levato sopra l’orizzonte. Che mattinata! Quanto ritorniamo alla jeep, tiriamo tutti un sospiro di sollievo, e tra me e me penso che potrei vivere così tutto il giorno tutti i giorni. Completamente appagati e ancora increduli di questa magnifica e inaspettata esperienza, torniamo allo Stone Camp, facendo ancora in tempo a vedere un bellissimo esemplare di kudu. Abbiamo sforato di almeno mezz’ora e siamo in ritardo per la colazione! Quando arriviamo, ci dirigiamo subito verso l’area dove abbiamo cenato la sera prima e ci riaccomodiamo ai nostri tavoli. Ci serviamo al buffet di una generossissima dose di uova all’occhio di bue, bacon, salsicce, yogurt, frutta e beviamo due enormi tazze di caffè. Siamo in piena adrenalina e siamo a mala pena in grado di parlare. Magnifico! Sono ormai le 9:30 di mattina ed è ora di andare. Torniamo alla nostra rondavel a recuperare i bagagli, saldiamo il conto (un centinaio di rand per la tassa di soggiorno della riserva e le birre della sera prima), scriviamo un commosso ringraziamento sul grande libro vicino alla reception dove altri viaggiatori entusiasti hanno lasciato i loro commenti prima di noi e salutiamo il manager. Non sarà Sibusiso a riportarci alla macchina ma il giovane ranger che ci ha accolto ieri. Sembra passato un secolo da quanto siamo arrivati a Mkhaya tante sono state intense le emozioni vissute nelle ultime 24 ore! Salutiamo Sibusiso e ci scambiamo i numeri di cellulare promettendoci di scambiarci qualche foto via Whatsapp e gli diamo anche una generosa mancia per il bellissimo safari che lui accetta con gioia. Lascio lo Stone Camp con un groppo in gola: è, stata indubbiamente una delle esperienze più belle della mia vita e una delle più intense di tutto il viaggio. Percorriamo a ritroso il tragitto dal camp fino alla casa dei ranger dove ritroviamo la nostra macchina, salutiamo la coppia di signori sudafricani con un forte abbraccio, carichiamo i bagagli e ci mettiamo in marcia dietro di loro verso l’uscita sulla MR8. Qui le nostre strade si dividono, loro svoltano a sinistra verso Big Bend e noi a destra verso la nostra meta di oggi. Nonostante le incredibili emozioni e la mattinata super intensa, sono solo le 10 di mattina! Abbiamo relativamente pochi chilometri da percorrere, una novantina circa, fino alla riserva swazi “gemellata” con la Mkhaya, il Mlilwane Wildlife Sanctuary nella valle di Ezulwini. [Continua...]2 punti
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Se hai la possibilità puoi anche andare oltre. Comunque io farei una sosta sia a Gananoque che a Kingston, da entrambe le cittadine mi aspettavo qualcosa di più però penso che vadano viste. Inviato dal mio ANE-LX1 utilizzando Tapatalk1 punto
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Se fosse stato un maschio, ve ne sareste accorte subito! 😂😂1 punto