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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 04/09/2019 in Risposte
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Ah son partito, tornato e non ho trovato il tempo di fare uno straccio di live, c'erano una volta i bei tempi in cui si viaggiava soli 🤣 però il diario arriva eh!4 punti
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si avevo letto,gli ho chiesto com'è andata a finire e mi ha risposto che ha dovuto pagare perchè gli hanno fatto leggere una clausola del contratto(ma và?) in cui c'era scritto che non potevano fare fuoristrada....la presenza di sale non per forza vuol dire di aver partecipato alla speed week! A Wendover c'era sale ovunque...vabe, provo ad arrampicarmi sugli specchi. Stamattina ho telefonato, ora ho mandato la mail con tutte le ricevute e autoeurope vede cosa puo' fare, almeno sulla parte delle tasse, che in teoria in parte avrei già pagato . Vi farò sapere gli sviluppi, certo che se sapevo per 250 € gliela lavavo con lo spazzolino da denti anche 😫 Insomma.... il tappettino l'ho anche sbattuto perchè si attacca dappertutto e nel passaruote un po' ce n'era, però con 10 $ la lavavo1 punto
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Giovedì 04/07 Oggi ci svegliamo leggere: la nostra “missione” di avvistare i “big five” si è felicemente conclusa ieri con una giornata molto intensa ma altrettanto ricca di soddisfazioni, dal safari all'alba delle 5 a quello del tramonto fino alle 18, dal ghepardo, ai leoni, al leopardo… A pensarci bene, ieri abbiamo avvistato ben 4 su 5 “big five” in un unico giorno: il solo rinoceronte del Kruger resta infatti quello gigantesco che abbiamo visto in zona Malelane. Questo bellissimo parco ha ampiamente ripagato tutte le nostre aspettative anche se ci sono voluti quattro giorni pieni di esplorazione per tentare la fortuna con gli animali più difficili da avvistare e oggi sarà il nostro ultimo safari: da Satara percorreremo infatti la asfaltata H1-4 fino a Olifants, considerato una delle sistemazioni più belle e panoramiche, dove vorremmo fermarci per pranzo. Nel pomeriggio non ci resterà che imboccare la H1-5 prima e la H-9 poi fino all'uscita del Phalaborwa Gate. Alle 07, dopo avere radunato i bagagli e fatto un po’ di ordine in macchina, andiamo a fare colazione alla caffetteria take away del Tindolovu Restaurant dove beviamo due buoni caffè americani e dividiamo il solito muffin. Torniamo alla nostra rondavel, dopo aver fatto un veloce passaggio al negozio del campo, e alle 08 siamo in macchina. Troviamo la zona immediatamente dopo Satara, verso nord, molto densa di animali e la vegetazione pressoché inesistente consente di spaziare da un lato all’altro della strada anche a lunga distanza. Vediamo un gruppo di gnu e zebre nei pressi di una pozza e riusciamo a fotografare una bellissima otarda Kori da distanza piuttosto ravvicinata che, ad un certo punto, gonfia pure le piume del collo e della testa. Poco prima del Ntomeni Waterhole Viewpoint scorgiamo una enorme mandria di bufali, tutti acquattati nell’erba gialla: sono tantissimi e per noi è davvero insolito dal momento che li abbiamo sempre individuati a piccoli gruppi. Il contrasto delle loro schiene scure e massicce con l’erba gialla e il profilo appuntito delle corna è un’immagine che ho ancora oggi impressa nella memoria. Poco dopo, nei pressi della S127, la Ntomeni Road, ci attraversa la strada per poi proseguire in fila indiana sulla nostra sinistra, una bellissima mandria di elefanti con i piccoli, probabilmente diretti alla pozza per abbeverarsi. Li avvistiamo già dalla lunga distanza e ci uniamo ad altre due macchine che sono sopraggiunte prima di noi. Vederli camminare così vicini, un tutt'uno di schiene, zampe e proboscidi, mi emoziona profondamente anche perché sono con ogni probabilità gli ultimi elefanti che avvisteremo in questo viaggio. Proseguendo, arriviamo alla Ngotso Dam dove assistiamo ad un altro assembramento di diverse specie: zebre con i cuccioli, gnu, uno struzzo e un enorme elefante che, dopo essersi fatto fotografare di profilo da distanza molto ravvicinata, decide di seguirci per qualche decina di metri proprio in mezzo alla strada ma, per fortuna, con fare assolutamente pacifico. Arriviamo infine nei pressi del ponte sull’Olifants River che si rivela davvero spettacolare: è molto più grande rispetto agli altri fiumi che abbiamo attraversato in questi giorni di Kruger ed è completamente ricoperto di isolette di vegetazione più o meno sommerse sulle quali avvistiamo qualche impala e nyala. È un paesaggio da cartolina e ci chiediamo che meraviglia deve essere il celeberrimo Delta dell’Okavango, regione fluviale africana per antonomasia. Rincuorate dalla presenza di una camionetta di un safari privato, approfittiamo del traffico quasi totalmente assente, per sostare anche noi nel bel mezzo del ponte e scattare qualche fotografia. Questa occasione è stata, in assoluto, l’unico momento in cui siamo scese dalla macchina in aree non autorizzate. Dopo questa breve sosta raggiungiamo la deviazione con la S91, una strada sterrata che corre lungo un’ansa del fiume Olifants, avvicinandosi al Rest Camp. Qui avvistiamo delle schiene di elefanti piuttosto distanti: al contrario di quello che avevo immaginato la strada è sì vicina al fiume ma si trova anche piuttosto in alto rispetto alla riva e la fitta vegetazione rende parecchio difficoltoso avvistare eventuali animali più in basso. Rispetto alle recensioni entusiaste di questa deviazione restiamo in effetti un po’ deluse. Non ci resta che dirigerci all’Olifants Rest Camp per una pausa: sostiamo nell’area parcheggio, decisamente più piccola e curata rispetto a Skukuza, Lower Sabie e Satara, e lasciamo la macchina all’ombra. Dopo pochi passi siamo all’interno della costruzione principale che ospita il negozio, la reception, caffetteria e il ristorante della Tindlovu, la medesima catena che abbiamo sperimentato a Satara. Una volta uscite sulla terrazza restiamo a bocca aperta: siamo davvero in alto! Sotto di noi, si estendono le anse sinuose del fiume Olifants e savana a perdita d’occhio: con un buon binocolo a disposizione si potrebbe tranquillamente piazzarsi qui tutto il giorno e godersi lo spettacolo dall’alto. Noi, visto che non è ancora ora di pranzo, ci limitiamo a due caffè espressi che beviamo sedute ad un tavolino all’aperto. Questa giornata è improntata su ritmi decisamente più lenti e, dopo tutti questi giorni di safari, compresi quelli in Swaziland e nella regione del Kwazulu Natal, ci fa davvero piacere sentirci un po’ in vacanza. Dopo esserci rilassate un po’ e data una veloce occhiata all’orologio, decidiamo di percorrere il vicino anello composto da due sterrate, la S44 e la S93, per poi tornare qui per pranzo. Lungo il tragitto incontriamo unicamente piccoli erbivori qualche bufalo e una giraffa ma in compenso raggiungiamo un bellissimo punto panoramico dove i fiumi Olifants e Letaba si incontrano. Scendiamo dalla macchina in una minuscola area segnalata e ci godiamo ancora un po’ questi preziosi momenti di assoluto silenzio rotto solo dai suoni del vento e dagli sbuffi di un ippopotamo lungo il fiume. Terminiamo il loop senza altri avvistamenti notevoli e un po’ deluse: anche questo tratto era segnalato come interessante ma la fitta vegetazione e l’andamento tutt’altro che pianeggiante del terreno hanno praticamente azzerato ogni possibilità. Torniamo quindi all’Olifants Rest Camp dove pranziamo al Tindlovu Restaurant con due ottimi club sandwich, una coca e una birra Kudu, sempre della Karoo Craft Breweries. Prendiamo anche due espressi e ci rilassiamo approfittando dell’aria condizionata del locale dal momento che oggi è nuovamente molto caldo all'esterno. Ci sentiamo un po’ stanche e anche molto appagate dalle giornate precedenti, decidiamo quindi di rimetterci in macchina verso le 14:30 senza tentare ulteriori sterrate nei pressi di Letaba che avrebbero portato via troppo tempo. Percorrere la strada che collega Olifants a Phalaborwa è stato stranissimo: dopo giorni in cui i paesaggi prevalenti erano quelli aridi e secchi della savana sterminata, ci troviamo ad attraversare tratti collinari più o meno ondulati. Ai fianchi della strada scorre, inoltre, una vegetazione di alberi bassi ed arbusti molto fitti le cui foglie hanno dei meravigliosi colori autunnali che vanno dal giallo all’arancione al rosso. In alcuni momenti sembra quasi di trovarsi nelle nostre Langhe, a dir poco stupefacente. Percorriamo la H9 in circa un’ora, man mano che ci avviciniamo al gate di Phalaborwa vediamo all’orizzonte le impietose ciminiere della omonima cittadina. Sono i primi segnali di vera e propria civiltà che incontriamo dopo quattro giorni di immersione totale nella natura e mi provocano un po’ di tristezza. Mentre guido verso l’uscita di questo meraviglioso Kruger ripenso a tutti gli avvistamenti dei giorni scorsi, alla grandissima emozione di trovarsi al cospetto delle leonesse a caccia, al leopardo ma anche agli elefanti incrociati all’alba, alle scimmie dispettose, gli elegantissimi ghepardi e le dolci giraffe. Qualche curva prima del cancello, ci fermiamo ad osservare a lungo quello che sarà il nostro ultimo elefante, un maschio solitario un po’ magrino intento ad abbeverarsi con movenze buffe ad una pozza artificiale mentre il sole inizia a calare. È una bella immagine che ci portiamo dietro a rappresentazione dell’equilibrio e della convivenza tra noi e loro, gli animali selvaggi. Arriviamo, infine, al cancello di Phalaborwa dove mostriamo la ricevuta di ingresso (che risale ormai a quattro giorni fa) al ranger. Lui ci ricorda sorridendo che dal Kruger è possibile portare via solo foto, alludendo al fatto che è severamente vietato rimuovere qualsiasi tipo di fiore, pianta o peggio animale. Noi rispondiamo che in effetti abbiamo solo tanti ed incredibili ricordi. Usciamo e non mi sembra possibile tornare alla civiltà: vediamo supermercati, banche, benzinai, case. Siamo stanche e io mi sento un po’ attonita da questo improvviso cambio di contesto: è come se dietro di noi si fossero chiuse le porte di un mondo incantato, sospeso nel tempo, e ci trovassimo ora nuovamente nell'era moderna, alle prese con gli impegni terreni e quotidiani. Rimpiango sin da subito la sensazione del sentirmi “dentro la natura” che ho provato fino a qualche attimo prima. In una quindicina di minuti siamo alla guest house A Traveler’s Palm, prenotata su Booking in base alle ottime recensioni di Tripadvisor che riportavano un buon rapporto qualità prezzo. La guest house si trova in una zona residenziale, distante una decina di minuti dalla via principale di Phalaborwa, che è la medesima che porta al Kruger. Ci accoglie la simpatica coppia di proprietari, i loro due cani Jack Russel e una gatta, che non manca di farsi un bel giretto nella nostra camera. La casa è molto carina, con un grande e comodo parcheggio sotto palme altissime, le poche camere hanno tutte ingresso privato e la cosa ci fa sentire totalmente indipendenti. L’aspetto positivo di essere tornate nella civiltà è la stanza fresca, confortevole e immacolata che la proprietaria ci assegna. Restiamo quasi commosse dall'enorme bagno e ci facciamo subito una lunghissima doccia che ci toglie tutta la stanchezza (e la polvere!) delle giornate precedenti. Ci rilassiamo sul letto usufruendo del WI-FI e annunciamo il nostro ritorno nel mondo contemporaneo ad amici e famiglia a casa. Per cena decidiamo di festeggiare il Kruger al migliore ristorante della città: il Bushveld Terrace Restaurant che fa parte di un hotel a quattro stelle situato appena prima il cancello di ingresso al parco. Ci arriviamo in una decina di minuti di auto intorno alle 20:00. Parcheggiamo e percorriamo il sentiero per arrivare alla terrazza dove si cena alla luce del fuoco di bracieri. Ci accoglie un cameriere gentilissimo e la responsabile di sala, purtroppo sono al completo e ci chiedono di pazientare sui divani del patio esterno. Fortunatamente il fatto che sia tardi rispetto agli standard sudafricani è dalla nostra e, dopo neanche dieci minuti di attesa, ci fanno accomodare nella terrazza protetta da una veranda semi aperta. Come antipasto ordiniamo dei gamberi in tempura che vengono serviti accompagnati da una salsa al limone eccellente e poi non possiamo esimerci dallo scegliere il filetto alla griglia con verdure e l’immancabile purea di zucca. Non è all'altezza di quello di Skukuza, più che altro per il livello di esecuzione del piatto, ma la carne è come sempre eccellente. Ci facciamo anche consigliare una spettacolare bottiglia di Pinot Nero Three Peaks del Capo che finiamo, in due, con il dolce: una panna cotta “scomposta” a cui diamo la sufficienza per il tentativo e per la presentazione. Il conto alla fine è leggermente più alto della media (circa 42 € in due comprensive di mancia) ma il servizio e contesto, oltre alla bottiglia di vino, sono stati decisamente superiori. Torniamo in guest house alle 22 circa, stasera abbiamo fatto le ore piccole e ci addormentiamo subito (complice anche l’ottimo Pinot Nero!).1 punto