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Tra Washington e Ny nel 2015 l’unico pedaggio che abbiamo dovuto pagare è stato il Verrazzano bridge. Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk
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From little date seeds, great things are born (Namibia summer 2017)
solshine ha risposto a solshine nella discussione Diari di viaggio e live
22 agosto Damaraland Twyfelfontein e gli Himba II parte Continuiamo lungo la C39 fino all’incrocio con la C35 su cui ci immettiamo, anziché continuare sulla C 39 che ci avrebbe portati dritti ed in relax verso l’Etosha, e per pranzo ci fermiamo a Kamanjab al Oase Garni Guest House, la struttura è abbastanza ben tenuta ed i titolari, una famiglia di origine tedesca, sono molto carini. Fuori due ragazzi fanno a gara per venderci i portachiavi tipici (che si trovano un po’ ovunque) ricavati dal seme di palma su cui sono intarsiati vari animali e su cui con una maestria incredibile intagliano il nome e la data. Il perché della deviazione su strade poco battute ed in pessimo stato è presto detto: dopo pranzo ci dirigiamo verso Otjikandero per visitare un villaggio Himba. Questo villaggio fa parte di un progetto avviato nel 1999 per la tutela dei bambini e delle donne Himba. Nel villaggio vivono una sessantina di persone di cui (vado a memoria per cui i numeri potrebbero essere sbagliati) 38 sono bambini , 16 donne e sei uomini. Nel villaggio è presente una scuola e gli introiti derivanti dalle visite vengono utilizzati per garantire cibo e cure mediche quando quelle tradizionali non funzionano.http://www.namibiajjtours.com/otjikandero.html La nostra guida è Adam (immagino che il nome sia stato occidentalizzato per facilitare i turisti) che è il figlio del capo villaggio e che ha studiato in città e per questo parla un buon inglese. Adam ci guida allo scoperta delle tradizioni e della cultura Himba mostrandoci il villaggio e spiegandoci il loro stile di vita. Discendenti degli Herero, un popolo Bantu, arrivato dopo una lunga migrazione dall’Africa Sud Sahariana intorno al 1700 gli Herero, popolo di pastori, si stabilirono con le loro greggi in Namibia. Molti Herero si spostarono a Sud per cercare pascoli migliori e quelli rimasti in Kaokoland si trovarono costretti, per non morire di fame, ad andare in Angola, chiedendo asilo ai locali che li ribattezzarono Himba, che nella loro lingua significa “coloro che chiedono l’elemosina”. Dopo anni di esilio, gli Himba, guidati da Vita, un abile condottiero, tornarono in Namibia, sconfissero i Nama e poterono ritornare a vivere nelle loro terre. I missionari tedeschi avevano nel frattempo convertito gli Herero rimasti in Namibia ai loro costumi europei, mentre gli Himba, rifiutarono da subito qualsiasi coinvolgimento con la moderna società che si stava formando in Namibia. E cosi sono rimasti. I villaggi sono composti da “kraal”, ovvero capanne di forma circolare costruite con rami di mopane o di acacia e fango e ricoperte con un impasto di argilla e sterco bovino. Al centro il fuoco sacro detto Okuruwo arde costantemente, mezzo di comunicazione con gli antenati, che sono tramite con Dio. L’economia degli Himba si basa quasi esclusivamente sull’allevamento del bestiame, essi sono pastori semi-nomadi e allevano principalmente mucche e capre ecco perché il recinto degli animali è posto al centro del villaggio. Le donne Himba, che sono a mio parere bellissime, sono famose per il colore rosso della loro pelle che ungono con una crema realizzata con ocra, grasso animale e erbe aromatiche. Questo trattamento viene utilizzato per pulirsi (le donne non usano acqua e non si lavano), proteggere la pelle dal sole, dagli insetti e per assorbire il sudore e la polvere e, naturalmente, come trattamento di bellezza. Il loro abbigliamento tradizionale è composto da un gonnellino corto formato da più strati sovrapposti di pelle di capra tenuto in vita da cinture che si differenziano in relazione all’età e allo stato civile : cinture e bracciali bianchi sono il segno che la donna non è ancora sposata, la cintura di metallo e i bracciali di cuoio indicano le donne sposate. Molto caratteristiche anche le cavigliere composte da tondini di acciaio e lacci di cuoio che vengono alzate man mano che la donna ha più figli. Adam ci spiega che gli uomini invece vestono quasi tutti all’occidentale, o spesso, sopra il gonnellino indossano una maglietta. Molto particolare anche le acconciature chiamate erembe: i capelli delle donne vengono intrecciati con dell’extension di fibra di palma o crine di cavallo e le treccine così ottenute vengono avvolte da un tubicino di sottile pelle di capra che viene poi unta con l’ocra. Adam ci spiega anche che ogni uomo può avere più mogli e alla domanda tu “tu quante mogli hai?” ci risponde sogghignando: “una soltanto e mi basta: le mogli costano!” Adam ci mostra il villaggio, ci fa conoscere i suoi abitanti e ci fa vedere prima casa sua (è spostato con una donna Herero) e poi ci fa entrare in una capanna dove una donna ci mostra come si cucina, come si mette la crema e si profuma il corpo e ci fa vedere il “cuscino” due piccole assi di legno incrociate a formare un sostegno dove l’uomo appoggia il capo. Il “cuscino”, ci spiega Adam, è solo per il marito perché la moglie dorme appoggiata al braccio del marito (non gli chiediamo però cosa succede se un uomo ha più di due mogli Finito il giro del villaggio le donne mettono su una specie di mercatino dove ognuna di loro vende piccoli oggetti di artigianato. Si trovano braccialetti di palline di ferro, gli stessi che le donne usano per difendersi dai morsi dei serpenti e per ornarsi, bracciali ricavati da vecchi tubi di plastica (non si butta nulla!!); bamboline somiglianti a loro stesse. Mentre il resto del gruppo fa acquisti io mi innamoro di un piccolo himba (bambini meravigliosi con un sorriso che ti fa sciogliere il cuore!) che mi sale in braccio e non mi molla più - finchè non viene sua mamma a recuperarlo … giuro me lo sarei portato a casa tanto era tenero! - e continuo a chiaccherare con Adam (generalmente non parlo molto ma in queste situazioni divento curiosissima). Tra le diverse cose che ci racconta c’è un rito che mi ha colpita: se guardate gli Himba vedrete che gli mancano gli incisi inferiori che vengono asportati con un colpo di pietra durante l’adolescenza, è una sorta di rito di passaggio all’età adulta e nonostante questa pratica non sembri essere più obbligatoria, la maggior parte dei componenti di questo gruppo etnico decide volontariamente di sottoporsi a questo rito come segno di fedeltà alla tradizione. A parte il fatto che la cosa non deve essere particolarmente piacevole, anzi lo trovo abbastanza raccapricciante, la cosa che mi colpisce e questa volontà, anche nei giovani, di preservare le loro tradizioni come risposta alla modernità che incalza e che non possono combattere ed in alcuni casi accettano (per esempio uno degli uomini aveva mal di testa e ci ha chiesto se avevamo un medicinale da dargli), una sorta di conservatorismo attivo. Ero molto curiosa e al tempo stesso abbastanza scettica su cosa ci avrebbe riservato questa visita, temendo un baraccone per turisti come era stato lo spettacolino dei San, ed invece devo dire che è stato davvero piacevole: la semplicità ed i sorrisi con cui siamo stati accolti e l’orgoglio che traspare nel racconto della loro vita quotidiana e delle loro tradizioni mi ha davvero fatto apprezzare questa visita. Purtroppo e ora di rimettersi in viaggio ma prima Silvia (tacco 12 vi ricordate?) delizia i bambini che ci hanno accompagnato al bus mettendosi a giocare a calcio con loro. Riprendiamo la C40, poi svoltiamo sulla D 2671 e poi sulla D 2695, altri 110 km tra saltelli e sbattimenti sul toulè ondulé che però ci regalano bei paesaggi ed un incontro molto ravvicinato con un paio di giraffe che ci attraversano la strada. Arriviamo all’Epacha Game Lodge quasi al tramonto, saremmo dovuti stare al tented camp ma ci “upgradano” alla parte vip in muratura. La struttura è bellissima (anche troppo), le stanze sono una piazza d’armi tutte con terrazza privata, bagno con vasca e doccia e doccia esterna… peccato che sia a circa 60 km dall’ingresso del Parco Etosha. Foto prese da Internet: Prima della cena facciamo un game drive all’interno della riserva privata del hotel. Non ho grandi aspettative (nemmeno in sud Africa avevamo visto molto la notte e lì eravamo dentro al Kruger non in una riserva privata!) ed in effetti a parte qualche Orix e Springbok non vediamo nulla di particolarmente interessante. Ceniamo fuori attorno al fuoco (ottima tecnica perché al buio non ti rendi minimamente conto di quello che hai nel piatto, cmq è tutto buono), un’Amarula per concludere la serata e poi alle 9 a letto: siamo distrutti e domani la sveglia è all’alba. -
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22 agosto Damaraland Twyfelfontein e gli Himba (I parte) Se il buongiorno si vede dall'alba... La giornata di oggi sarà lunga e abbastanza faticosa: 340km su strade pessime dove se si riesce a non bucare è un miracolo (a noi è andata bene). Il nostro lodge si trova solo a un paio dii km dall’ingresso del museo all’aperto di Twyfelfontein ma ci svegliamo comunque all’alba in modo da arrivare all’apertura per evitare il caldo e la confusione. Riusciamo nell’intento tanto che quando arriviamo non c’è ancora nessuno e possiamo fare la visita in tutta calma e senza nessuno tra i piedi. Al centro visite, realizzato con materiale riciclato e facilmente rimovibile (pietra e parti di barili in ferro semplicemente legati insieme), si accede dopo una breve passeggiata dal parcheggio, il sito si può girare in autonomia ma credo valga la pena affidarsi ad una delle giovani guide che oltre a guidarvi nella salita (l percorso è accidentato ma tenuto molto bene e assolutamente fattibile) vi racconterà la storia e le leggende delle incisioni rupestri. Il nome Twyfelfontein, che significa ‘fonte incerta’ in afrikaans, risale a David Levin che alla fine degli anni quaranta si trasferì nella valle con la famiglia. L’unica sorgente in zona era molto debole e fonte di costante preoccupazione. Fu sempre Levin a ‘scoprire’ le incisioni, la cui presenza era però già nota alle popolazioni locali. Twyfelfontein dal 2007 è patrimonio dell’umanità Unesco. La maggior parte di questi petroglifi (incisioni) scolpiti nella dura patina superficiale dell’arenaria, si ritiene che furono realizzati dai cacciatori San (boscimani). La patina riformandosi avrebbe poi protetto nel tempo le incisioni dall’erosione. Accompagnati dalla nostra guida ci muoviamo tra le rocce in questo splendido paesaggio di pietra rossa, alla ricerca di graffiti di animali come elefanti, giraffe, leoni, rinoceronti, e perfino otarie (molto rare invece sono le figure umane). Noi seguiamo la via del Dancing Kudo che richiede circa un’ora (ma ce ne sono diversi altre) e vediamo così le incisioni che descrivono la trans, la Sorgente, svariati animali e ovviamente il Kudu danzante oltre alla Wave rock. Ci sono poi, anche pitture realizzate con mescolanze di ossidi di ferro ed ocra che spesso raffigurano scene di caccia o di uomini in momenti di raccoglimento. Se la salita è stata semplice durante la discesa (tutta a gradini ricavati nella pietra) lancerò una serie di maledizioni infinite perché il mio povero ginocchio viene messo a dura prova (e ne sentirò le conseguenze per una settimana) ma tanto siamo quasi alla fine del viaggio e praticamente non ci sono più pezzi a piedi per cui … chissenefrega! Dopo una sosta “cocacola” (adesso fa davvero caldo) al “bar” del visitor centre e la solita visita ai bagni (come per la benzina meglio approfittare ogni volta che se ne ha la possibilità) ci rimettiamo in marcia: D 3214 poi D3254, D 2612 ed infine C 39 che ci porta a Khorixas dove ci fermiamo a fare benzina e facciamo scorta di generi di conforto al supermercato. Come sempre anche qui il market è il centro della vita del villaggio e c’è una gran confusione. -
Ti seguo nell’organizzazione xche mi interessa molto [emoji4] Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk
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solshine ha risposto a solshine nella discussione Diari di viaggio e live
21 agosto Cape Cross e il Damaraland La sveglia questa mattina è con calma perché le otarie si svegliano tardi (la colonia di Cape Cross apre alle 10) anche se poi dovremo fare un bel po’ di strada (430 km circa). Prendiamo la C34 (strada asfaltata con deserto di sabbia da un lato e mare dall'altro) e ci fermiamo ad Hentie’s Bay che si trova all'inizio del tratto di costa che viene indicato col nome di Skeleton Coast (la costa degli scheletri è nota per essere particolarmente inospitale e difficile da raggiungere; verso l'interno il deserto si estende per decine di chilometri, e dal mare è difficile avvicinarsi a causa delle forti onde causate dalla corrente del Benguela. Per questi motivi la costa era chiamata "la terra che Dio ha creato con rabbia" dai boscimani, e "le sabbie dell'Inferno" dai portoghesi. Il nome odierno si riferisce agli innumerevoli relitti spiaggiati lungo la costa. In tutto se ne contano oltre un migliaio), a metà strada fra la città di Swakopmund (a sud) e la riserva naturale di Cape Cross (a nord). È principalmente una località di villeggiatura per i namibiani e sudafricani, particolarmente rinomata per le spiagge incontaminate e come paradiso della pesca sportiva. Qui vediamo il relitto della Zeila che a differenza (stando a quello che dice Marco) degli altri relitti - che si trovano più a nord oltre Cape Cross- è ancora a mollo ed abbastanza ben conservato dato che si tratta di un naufragio abbastanza “recente”, la Zeila è naufragata, infatti, il 25 agosto 2008. Dopo un incontro interessante: Riprendiamo la C34 verso Cape Cross. Sulla strada capita di incontrare diversi banchetti improvvisati con cristalli rosa di sale marino. In questi banchetti non c'è anima viva, si trova solo un barattolo per i soldi, poi qualcuno passerà a svuotarli. La gente si fida… Arriviamo all'ingresso della riserva esattamente alle 10 tanto che ci tocca attendere qualche minuto prima che aprano la sbarra. Dall'ingresso alla zona vera e propria dove stazionano le otarie c'è qualche chilometro. Il primo europeo a metter piede sul suolo dell'attuale Namibia fu il navigatore portoghese Diego Cao nel 1486, che, nella località Cape Cross, eresse una croce per segnare la sua scoperta: Oggi questa località è famosa per la comunità di otarie che vi si è stabilita: circa 80.000 esemplari vivono qui tutto l'anno fra le rocce, tuffandosi nelle onde e giocando fra di loro in un frastuono assordante….il problema però non è il rumore ma la PUZZA! L'aria è irrespirabile! Mi copro bocca e naso con la sciarpa e mi tuffo in questo mare di otarie. Sono migliaia, stese a poltrire, litigare, dormire o in acqua, ci sono adulti, cuccioli e qualche carcassa di animale morto. Si accede alla colonia tramite una passerella di legno, faccio il percorso avanti e indietro veloce per quanto possibile… e poi via di corsa in zona di sicurezza dove posso riprendere a respirare normalmente. Ci fermiamo all’area picnic vista mare vicino all’ingresso della riserva lontani dalla puzza e dal rumore per biscotti e caffè e poi ritorniamo verso Henties Bay per deviare verso il Damaraland. Prendiamo la C16 e poi la C35 e la strada comincia a diventare un po’ sconnessa per andare via via peggiorando sempre più. Ci addentriamo nel Damaraland (un’area montuosa tra il deserto della Skeleton Coast e l’altopiano centrale ed originariamente abitata dalla tribù Damara nome che deriva dalla parola Nama “Dama” che significa “che ha camminato qui”. Questo perché popolo Nama poteva riconoscere il loro passaggio dalle impronte che lasciavano intorno agli specchi d’acqua.) ed il paesaggio cambia, diventa meno aspro, sterrato roccioso punteggiato da erba verdissima che qua e la torna a popolare questo pezzo di mondo, a volte si intravede qualche mucca, qualche casupola e, addirittura, minuscoli villaggi. In lontananza le montagne subito a ridosso delle pianure di ghiaia che “pavimentano” il deserto. Tra queste vette spicca quella dello Spitzkoppe: 1728 metri e una somiglianza impressionante con il Cervino. Non a caso si è guadagnata l’appellativo di “Cervino d’Africa”. Una curiosità: le condizioni estreme di questo territorio hanno fatto sì che la vetta dello Skitzkoppe rimanesse inviolata fino al 1946. Per pranzo ci fermiamo a UIS al Montis Utsi (cotoletta e patatine fritte senza infamia e senza lode). Uis è un insediamento minerario per l'estrazione dello stagno. Negli anni cinquanta le miniere furono prese in concessione da un'azienda sudafricana, che ne sviluppò lo sfruttamento; nel 1958 venne fondata la città, come luogo di residenza dei minatori. Accanto alle abitazioni è visibile ancora oggi una sorta di grande collina bianca, costituita dai residui del processo di raffinamento dello stagno. L'attività mineraria cessò quasi completamente nel 1991, in seguito al crollo dei prezzi dello stagno sui mercati internazionali. La città conobbe un periodo di declino in seguito alla chiusura della miniera principale. Oggi, l'economia della città è alimentata soprattutto dal traffico di viaggiatori e turisti che la attraversano; ci sono un distributore di benzina, una guesthouse, un piccolo supermercato e altre modeste attività commerciali. Inoltre, c'è un certo commercio di pietre rare raccolte dalla popolazione locale e vendute ai turisti (infatti appena scesi dal bus ci vengono incontro tre o quattro ragazzi con scatole piene di pietre che cercano di venderci a tutti i costi). Dopo Uis se è possibile la strada peggiora ancora ed è un continuo sballottamento Lungo la strada troviamo un insediamento dove alcune donne Herero hanno aperto un mercatino, ci fermiamo alle bancarelle per ammirare i costumi tipici e comprare le tipiche bamboline in stoffa fatte da loro. Ci sono solo donne e bambini e nonostante le difficoltà linguistiche (non parlano inglese se non giusto quelle due o tre parole che gli servono per il commercio) passiamo con loro quasi mezz’ora in cui ci fanno vedere come cuciono con vecchie macchine Singer, bamboline, cuscini, buste dai colori sgargianti, come lo sono i loro abiti e giocando con i bambini. Gli Herero sono un popolo di ceppo bantu, vennero a contatto con i colonizzatori europei adottandone stili e concezioni di vita nonostante le iniziali scaramucce, degenerate poi in un conflitto violento in cui rischiarono di essere annientati. Oggi sono rimasti circa in 100.000, Okahandja è il loro centro principale e in maggioranza sono impiegati in fattorie per l'allevamento di bestiame. A differenza delle loro consanguinee Himba, le donne Herero si coprono di tutto punto. Il loro modo di vestire appare alquanto buffo non solo per le ampie gonne di epoca vittoriana coloratissine che imposero loro i primi missionari ma soprattutto per un copricapo triangolare piuttosto insolito che non mancano mai di indossare. Gli ultimi 60 km sulla D 2612 seppur affascinanti sono pesantissimi Il sole è quasi tramontato quando finalmente, con le ossa abbastanza rotte , arriviamo al Twyfelfontein Country Lodge, una delle strutture più belle in cui siamo stati non per le sistemazioni abbastanza basic quanto per la posizione: il lodge è situato nell'area protetta di Twyfelfontein Uibasen, dichiarata patrimonio dell'UNESCO, in una tranquilla piana desertica circondata da colline rocciose, architettonicamente è spettacolare costruito con materiali ecocompatibili e talmente in armonia con il paesaggio circostante che ad uno sguardo poco attento dalla strada neppure si nota. Davvero complimenti a chi l’ha progettato! Dopo la cena a buffet, buona e abbastanza varia, è di nuovo il momento di scrutare il cielo. Purtroppo questa sera non è prevista l’attività di osservazione delle stelle perché il signore tedesco che se ne occupa è in vacanza ma stavolta ci mettiamo d’impegno e alla fine sarà per c*fortuna, sarà perché finalmente la posizione è quella giusta riusciamo a individuare la benedetta croce del sud e ce ne andiamo a letto soddisfatti! Il Damaraland è una regione affascinante che, ancor più del resto della Namibia, restituisce allo sguardo una natura ancestrale e incontaminata , avendo tempo è il caso di dedicarci più del giorno e mezzo che gli abbiamo dedicato noi perché questa regione secondo me va attraversata con calma, assaporata e vissuta in tutte le sue sfaccettature. -
Da Boston a NYC passando per le Niagara Falls e Washington
solshine ha risposto a Mark Elmo nella discussione Itinerari East
Intendo ribaltare il giro quindi atterri a wash, sulla strada per Niagara ti fermi a Lancaster (allungando un po’ ) o a Pittsburgh, da Niagara fai il giro con le tappe che ti servono per arrivare a Acadia, poi Boston e poi scendi a Ny, l’idea era più o meno qs ma devi guardare bene le distanze. Da Boston puoi passare dal Vermont con sosta a Lake Georges X arrivare a Niagara... ma salta l’Acadia... la verità è che la coperta è corta e per fare tutto ti servirebbe qualche giorno in più se no ti tocca tagliare... Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk- 19 risposte
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Da Boston a NYC passando per le Niagara Falls e Washington
solshine ha risposto a Mark Elmo nella discussione Itinerari East
Non sono esperta di New England nn avendolo fatto per cui saprà dirti meglio chi ha più esperienza però ho la sensazione che la prima parte sia un po’ tirata. Sicuramente il giorno in più lo infilerei da qualche parte per alleggerire gli spostamenti non mi spingerei fino a Quebec e anche Montreal così praticamente non la vedi (a me nn ha entusiasmato ma così nn ci passi manco mezza giornata)... io valuterei a qs punto di far bene il new England ed il Canada e lasciar perdere Washington e Philadelphia... Se no prova a pensare il giro al contrario saltando Philadelphia e lasciando Ny alla fine (anche xche li la macchina nn ti serve, a proposito ma ci siete già stati?). Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk- 19 risposte
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Da Boston a NYC passando per le Niagara Falls e Washington
solshine ha risposto a Mark Elmo nella discussione Itinerari East
Svelato l’arcano... hai aperto un nuovo post... Ti rispondo anche qui (l’ho già fatto di la). Eventualmente qualcuno con i poteri può unire i post... Si troppi giorni, anche perché mi pare di ricordare che nn ve la prendete particolarmente comoda. Io ti direi giorno di arrivo (posto che arrivate la mattina) e eventualmente qualche ora del giorno dopo. 1) assolutamente lato canadese. Arrivato a Buffalo hai tre opzioni: A) bus, uno sbattimento e perdita di tempo. B ) taxi, quando avevo guardato volevano circa 60$ a tratta. C) noleggio auto 2) dal lato canadese ci sono più “attrazioni” da lato americano (che nn ho visto) forse c’è meno folla, anche se devo dirti che io nn ho praticamente fatto file ed era agosto. 3) passi la frontiera e vai da un lato all’altro puoi farlo anche a piedi ... considerando che vieni e vai dagli usa ti fermi all’andata o al ritorno 4) le cascate sono uno spazio aperto, c’è una passeggiata e vari overlook lungo la strada da cui ammirarle. Sono illuminate fino a mezzanotte. L’albergo con vista ti da la possibilità di godertele dalla stanza, tutto qui! 5) leggi il mio diario (lo trovi in firma) sono spiegate le varie attrazioni che ho fatto. Ti conviene fare il Niagara pass 6) certo che è fattibile (ma fai Ny /Niagara, lascia perdere Buffalo che è brutta e nn offre nulla di che) puoi fare una tirata in giornata o una sosta nella zona dei finger lakes. Perché vuoi spezzare il noleggio? Con la macchina noleggiata in Usa nel 99% dei casi puoi tranquillamente andare in Canada. Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk- 19 risposte
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solshine ha risposto a Mark Elmo nella discussione Itinerari East
No, nn la vedo- 19 risposte
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Da Boston a NYC passando per le Niagara Falls e Washington
solshine ha risposto a Mark Elmo nella discussione Itinerari East
Sappi che dall’aeroporto di Buffalo a Niagara in bus devi sbattere cambiando due o tre volte... il taxi ti costa tanto quanto noleggiare la macchina (almeno era così quando avevo guardato). A Niagara la macchina effettivamente nn ti serve (ci sono die comodissimi bus che fermano in corrispondenza delle attrazioni) ma se hai la macchina dai un senso al secondo pernotto andando a Niagara on the lake è nella zona dei vigneti, se no si: due pernotti sono troppi (dipende dagli orari dei voli). Sulle tappe del New England nn mi esprimo nn avendole fatte, ma come mai avete optato per il volo interno? Non vi costa di più prendere e lasciare la macchina? Da quello che dici la prenderesti a Ny per andare a wash e poi da wash per tornare a Ny... Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk- 19 risposte
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solshine ha risposto a solshine nella discussione Diari di viaggio e live
[emoji23][emoji23] a me non piacciono particolarmente, ne ho assaggiata una di quelle gratinate che devo dire era buona. Ho comunque apprezzato gli altri stuzzichini, sempre a base di pesce, ottimi! Devo dire che però come sempre in queste cose c'è chi ha dato uno spettacolo poco edificante: si sono avventati sul vassoio come se non mangiassero da mesi... bah! Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk -
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solshine ha risposto a solshine nella discussione Diari di viaggio e live
20 agosto Walvis Bay Dopo lo sbattimento e la polvere di ieri oggi è una giornata tranquilla: 30 km di strada asfaltata ci portano a Walvis Bay. La città di Walvis Bay (che significa Baia delle Balene in Afrikaans) ha una storia alterna. È stata scoperta da Diaz nel 1487 mentre la città è stata fondata nel 1793 da olandesi dal capo (Sudafrica). Walvis Bay ha sempre attratto l’interesse delle potenze coloniali per le sue risorse legate al sale, al guano e alla pesca e sino al 1994 era sotto il controllo del Sudafrica. Il cielo è grigio e fa abbastanza fresco, le previsioni dicono che uscirà il sole ma al momento non si vede proprio! Alle 9 siamo al molo del porto turistico di Walvis Bay pronti ad imbarcarci per la crociera in catamarano sulla baia (http://www.namibiancharters.com ). Il porto è molto caratteristico perché il molo, sui quali si affacciano ristorantini e caffé, è pieno di grandi ossa di balene, vertebre e mandibole portate sulla spiaggia dalle correnti e che testimoniano la principale vocazione turistica del luogo: il whale watching. Il nostro equipaggio (capitano e guida rigorosamente afrikans) è molto simpatico e gentile e nonostante l’arietta fresca la gita è piacevole. Ci accompagnano una simpatica otaria che abituata a ricevere pesce in premio sale e scende dalla barca reclamando la sua ricompensa: un paio di pellicani e tanti delfini che ci nuotano intorno per una buona parte del percorso Arriviamo fino a Pelican Point dove si trova il faro e dove ora hanno fatto un lodge di lusso per vedere la colonia di otarie e sulla via del ritorno il nostro equipaggio ci offre un brunch rinforzato a base di ostriche e stuzzichini vari davvero molto buoni. Il tutto ovviamente accompagnato da vino bianco … risultato: brilli alle 11.30 del mattino. Rientrati in porto dove dopo una veloce pausa pipì e giro per i negozietti e le bancarelle (nulla di rilievo da segnalare) prendiamo le jeep per l’escursione sulle dune fino a Sandwich Harbour (http://www.sandwich-harbour.com ). Dopo una breve pausa alla Laguna di Walvis Bay per vedere i fenicotteri, passiamo in mezzo alle saline, procediamo verso il delta del fiume Kuiseb e vediamo Orix e Cormorani e poi lungo la spiaggia (con le dune a sinistra ed il mare a destra) per arrivare a Sandwich Harbor dove le dune si tuffano nel mare. C’è un vento tremendo e del sole promesso non c’è traccia per cui dopo pochi minuti rinunciamo a salire sulla duna, ci rimettiamo in macchina e dopo un altro po’ di su e giù per le dune e poi ci fermiamo per pranzare, ancora a base di ostriche e vino bianco (risultato se prima eravamo brilli ora siamo MOLTO brilli!). Dopo un altro giro di montagne russe sulle dune torniamo al porto dove riprendiamo il nostro minibus per tornare a Swakopmund in tempo per un giretto veloce di shopping prima che i negozi chiudano. Cena in hotel con siparietto sul menù (il servizio è a self service e mentre mangiamo Mirca dice al marito che sta mangiando bistecca di struzzo: “sai è davvero buonissimo questo tonno” e noi in coro: “tonno? C’era il tonno? M: “ si era dove fanno le bistecche…” ci guardiamo un po’ perplessi e chiediamo se ne è sicura (che sia ancora ubriaca?), lei dice che ha chiesto ed è certissima per cui a questo punto andiamo a chiedere anche noi ed il cuoco ci risponde: “ostrich”. Ora va bene che non sai l’inglese e puoi aver capito una cosa per un’altra ma l’hai mangiato e tra lo struzzo ed il tonno c’è una bella differenza … e lì iniziò lo sfottò ad oltranza, non preso proprio benissimo sullo struzzo che sa di tonno …). Dopo una chiaccherata con il ragazzo che si occupa della sicurezza all’ingresso delle nostre stanze (poverino gli tocca stare tutta la notte in piedi, letteralmente perché non ha neanche una sedia, ed al freddo) che ci confida (che tenerezza!) che il suo più grande desiderio sarebbe andare a visitare l’Etosha e che spera di riuscirci tra un paio d’anni andiamo a letto presto con un velo di malinconia e un piccolo peso sul cuore. -
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Infatti Marco ci ha detto di avere prenotato 15 gg prima. Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk -
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solshine ha risposto a solshine nella discussione Diari di viaggio e live
20 agosto Namib Desert- Solitaire- Ganab- Hotsas- Moon Valley- Swakopmund Oggi ci aspetta una lunga strada, circa 400 km tutti su strada bianca, in alcuni punti molto molto rovinata, quasi nel nulla. Partiamo alle 7 e dopo il tratto di C27 imbocchiamo la C19 fino a Solitaire dove facciamo pausa pipi/merenda. Solitaire è un piccolissimo insediamento alle porte del Namib-Naukluft National Park, assolutamente in mezzo al nulla (da qui il nome) dove oggi si trovano un lodge e una pompa di benzina con una piccola negozio di pasticceria, il tutto avvolto da un’atmosfera retrò, uno di quei posti in cui il tempo sembra essere sospeso. Qui, alla McGregor’s Desert Bakery, è possibile mangiare la torta di mele più buona di tutta la Namibia, o per lo meno così dicono. La storia racconta che Percival Cross detto Moose McGregor, un avventuriero scozzese negli anni ’90 decise di stabilirsi qui e aprire una pasticceria. Moose era un personaggio unico, con un passato misterioso e quasi piratesco, un aspetto tipicamente scozzese e un carattere amichevole e affascinante. La sua specialità era la torta di mele, realizzata con una vecchia ricetta tedesca di famiglia e con mele provenienti da… boh, sicuramente non dalla Namibia. Questa torta di mele era talmente buona che la voce si è sparsa e ha regalato a Moose McGregor fama internazionale e qualche guadagno, prontamente reinvestito nell’espansione urbanistica di Solitaire: al benzinaio e alla pasticceria di Moose si è aggiunto un piccolo emporio e un altrettanto piccolo lodge, il tutto contornato da insegne di legno, rottami di vecchie auto d’epoca e qualche ostinata pianta grassa. Sembra di stare sul set di un b-movie western, o magari horror. O magari un mix dei due generi. Il povero Moose si è goduto la vita e poi è morto nel 2014 a causa delle complicanze del diabete, aggravate dall’isolamento geografico. È stato sepolto a Solitarie, in una tomba kitsch proprio di fronte al patio esterno della sua pasticceria, celebrato come la leggenda che era. Alla pasticceria oggi trovate i figli. Quindi dicevo ci fermiamo a Solitaire e ne approfittiamo anche per fare benzina (ricordatevi che in Namibia la benzina va fatta ogni volta che ce n’è la possibilità). Entriamo in questa sorta di panetteria. Ci sono un sacco di cose che mi attirano per cui oltre alla strafamosa apple crunch pie compro anche un paio di biscotti. Prendiamo la torta “take away” (te la mettono in uno scatolino così data la dimensione della fetta se non la finisci puoi portartela via comodamente) e ci sediamo fuori per gustarcela al fresco ed in tranquillità (insiema a un altro bel po’ di gente, ma per fortuna lo spazio non manca). Il mio giudizio? Davvero molto buona ma anche bella pesante! Belli satolli dopo un giro tra le carcasse d’auto ci rimettiamo in marcia e lasciamo la C19 per prendere la C14 addentrantoci nella regione degli Erongo. Attraversiamo il canyon del fiume Kuliseb con i suoi paessaggi lunari poi rientriamo nel Namib Naukluft National Park dove lasciamo la C14 per prendere la Ganab road (è una strada secondaria del parco e per percorrerla serve un permesso). Questa pista taglia in due l’altopiano costiero attraversando una zona di savana erbosa costellata di monoliti in granito grigio e rosa. Tutta l’area brulica di animali: orici, gazzelle, facoceri e dicono leopardi e ghepardi (noi non ne abbiamo visti). Quasi al termina della prima parte della pista all’incrocio la D1982 c’è un boschetto di acacie dove ci sono tavoli da picnic, grill in cemento per arrostire ed anche un bagno. Oltre Ganab si incrocia la D1982 che attraversiamo proseguendo verso Hotsas prendendo l’omonima “stradina” (anche qui serve un permesso). Hotsas è nient’altro che un pozzo con una piccola area verde attorno in mezzo alla pianura che qui diventa sempre più arida e rocciosa. Dopo circa 30 km incrociamo la C28 dove ci fermiamo per il nostro pranzo/pic nic sotto un pergolato di canne con pietre per tavolo e sedie. Dopo la sosta riprendiamo la C28 procedendo a velocità sostenuta per cercare di limitare gli sbattimenti veramente fastidiosi dati dalle cunette della Tolé ondulée. Quando mancano circa 60km facciamo un’altra deviazione per accedere alla piana delle Welwitscha. La Welwitschia è una pianta appartenente alle Gimnosperme (gruppo di piante a cui appartengono anche i pini e gli abeti) ma dalle caratteristiche estremamente peculiari, tanto che Charles Darwin la definì “l’ornitorinco del regno vegetale”. Presenta una radice molto profonda che si espande in orizzontale e due foglie dall’aspetto unico, lunghe fino a cinque metri e adagiate sul terreno, con un meristema basale che compensa l’erosione della parte distale, (in altre parole: le foglie sono nastri che crescono continuamente dalla base, mentre la estremità finale progressivamente si inaridisce e muore). L’aspetto generale della pianta è quindi quello di una grande matassa di nastri verdi, larghi fino a quasi mezzo metro e lunghi cinque, attorcigliati e deposti sul suolo, con le parti finali che progressivamente muoiono, si sfilacciano, e diventano di colore marrone. Il tronco, piuttosto grande (in diametro) è cortissimo, e coperto dalle foglie. Un’altra caratteristica insolita della Welwitscha mirabilis è l’eccezionale longevità; la datazione con carbonio 14 ha dimostrato che alcuni esemplari hanno oltre 2000 anni. La pianta viene anche considerata un fossile vivente. La sopravvivenza nel clima arido del Namib non è affidata principalmente (come si credeva un tempo) alle radici particolarmente lunghe, ma all’assorbimento della umidità portata dalle nebbie costiere. Infatti mentre le piogge nel clima desertico del luogo sono estremamente rare e totalmente inaffidabili, le nebbie prodotte dalla condensazione atmosferica, dovuta alla notevolissima escursione termica tra il giorno e la notte sulle correnti di aria provenienti dal mare (e che si spingono molti chilometri all’interno), sono invece ricorrenti e frequenti. Già dai primissimi km si possono vedere vari esemplari a lato della strada, se volete potete proseguire fino al Welwitscha view point dove c’è un esemplare che pare abbia intorno ai 1500 anni, noi ci fermiamo un po’ prima e poi torniamo indietro per riprendere la D1991 e dirigerci verso la Moon Valley. Lo Swakop è uno dei principali fiumi della Namibia occidentale. Scorre attraverso un tratto di deserto del Namib e sfocia nell'Oceano Atlantico nei pressi dei sobborghi meridionali della città di Swakopmund. Il fiume rimane asciutto per lunghi periodi. Nell'arco di millenni, il corso dello Swakop ha dato origine a un complesso di canyon e fenomeni erosivi che prende appunto il nome di Moon Valley a causa del suo aspetto surreale e desolato. Dal view point del Moon landscape si ha una visione di insieme Ritorniamo sulla C28 e percorriamo gli ultimi 40 km per arrivare a Swakopmund, dove ci accolgono una sottile nebbiolina ed un’aria bella frizzante. La colpa di questo tempo non proprio piacevole pare sia da attribuire alla corrente del Benguela che scontrandosi con le correnti di aria calda del deserto provocano le caratteristiche nebbioline e tempo di m*a della Skeleton Coast. Swakopmund è una città della Baviera trapiantata in un deserto africano. Architetti tedeschi degli inizi '900 fecero a gara per ricreare atmosfere di una città della madrepatria secondo i dettami dello Jugendstil allora imperante. Arriviamo verso le 4 ma è domenica per cui è praticamente tutto chiuso, facciamo comunque una passeggiata fino al mare e poi andiamo in hotel che è stato ricavato nella vecchia stazione ferroviaria. Marco si raccomanda di non girare a piedi dopo il tramonto dato che pare la città non sia molto sicura (la conferma è data dal fatto che ci sono guardie di sicurezza sia all’ingresso che nel cortile interno e che tutto il perimetro è circondato da filo spinato). Per cena andiamo al The Tug ristorante che si trova proprio sul molo (la vista sarebbe molto bella se non ci fosse nebbia e non piovigginasse) che a quanto dice Marco è tra i miglori di Swakopmund (se pensate di andare prenotate con anticipo perché non è molto grande e di solito è molto affollato). Mangiamo dell’ottimo pesce (splendidi fried calamari come antipasto e Kabeljou ‘Danie Hugo’ come piatto principale) accompagnato da vino sudafricano. Il prezzo è più che onesto… per noi… per loro abbastanza caro, intorno ai 300 dollari namibiani (circa 20€). -
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[emoji23][emoji23][emoji23] alla fine si, ma proprio alla fine! Ben venga la foto se riesci a farla! Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk -
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Vertigini mi sovveniva maaaaa no terrore no! saresti così rapita da quello che vedi che la paura te la dimentichi, ne sono convinta, anche se capisco che nn te la senti [emoji6] Domanda stupida: ma quindi se guardi dal finestrino dell'aereo ti dà fastidio? Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk -
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Hmmm... mi sfugge ...@mouette Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk -
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19 agosto Namib Naukluft National Park - Sesriem e Soussvlei (II parte) Il Sesriem Canyon si trova a circa 4,5 km dal cancello d'ingresso del Namib-Naukluft National Park. Il fiume Tsauchab ha modellato il Canyon per milioni di anni ed è uno dei pochi posti dell'area dove si può trovare l'acqua (poca) tutto l'anno. Come dicevo nel post precedente il nome deriva dal numero (sei) di cinturini in pelle ("riem") che i primi esploratori della regione dovevano utilizzare legati insieme per creare una corda abbastanza lunga per calare i secchi nel canyon sottostante, al fine di prendere l'acqua. Oggi il fiume Tsauchab è un fiume effimero che scorre solo dopo le piogge scendendo dalle Naukluft Mountains. La discesa nel canyon è un po’ accidentata ma abbastanza semplice e non troppo faticosa in un’ora si riesce a scendere fare tutta la passeggiata all’interno della gola fin dove si trova la pozza d’acqua e risalire. E' carino ma se non avete troppo tempo e non riuscite ad andare non fatevene un problema. Finito di esplorare il Canyon troniamo al Sossusvlei Lodge dove abbiamo prenotato il sorvolo in aereo dell’area di Sossusvlei. Il volo è puntato per le 16.00 per cui andiamo in agenzia dove paghiamo (130 €) e aspettiamo che venga a prenderci il nostro pilota per portarci alla pista che si trova cinque minuti di jeep dal lodge. La compagnia è la Desert air e offre diverse possibilità con ovviamente costi e tempi diversi, il nostro tour è purtroppo il più breve, quello da 40 minuti, ma prenotando il giorno prima c’era disponibilità solo per quello e solo per 4 persone, andremo quindi io, Anto, Raffa e Gianni. Alle 15.45 il pilota, un ragazzone dai capelli rossi di cui non ricordo il nome che sembra australiano ma che ci giura di essere namibiano ci recupera e ci porta alla pista dove ci fa un breve brifieng in cui ci spiega il percorso ed i segnali che utilizzerà per segnalarci quello che vediamo e si raccomanda di vomitare nei sacchetti se no ci toccherà pulire (ahi ahi mi vedo già a strofinare l’aereo con secchio e stracci…). L’aereo è un Cessna 210 light 5 posti Saliamo e accendiamo i motori e siamo pronti Lo spettacolo delle dune dall’alto è qualcosa di indescrivibile, lascio parlare le immagini: Lasciate le dune ci dirigiamo verso la zona dei Fairy Circles che sono zone circolari prive di vegetazione circondate da un anello di erba alta del genere Stipagrostis. Distribuiti in maniera irregolare essi si presentano lungo una fascia di 2.000 chilometri che percorre il margine orientale del deserto della Namibia meridionale, dall'Angola fino alla parte nord occidentale del Sudafrica. I cerchi non sono perenni. In media vivono circa 24 anni, ma alcuni di essi, soprattutto i più grandi, raggiungono anche i 75 anni. Dal diametro variabile (dai 2 ai 12 metri), i cerchi delle fate sono un fenomeno dalle cause ancora sconosciute, anche se negli ultimi 40 anni molte ipotesi scientifiche sono state proposte. La più accreditata riguarda la presenza delle termiti della sabbia, del genere Psammotermes allocerus, ritenute le uniche responsabili. Teroicamente sarebbero questi (prese da google) ma quando siamo partiti c’era un po’ di vento che ora si è calmato per cui ci abbassiamo per vedere meglio ed il nostro giocoso pilota comincia a divertirsi davvero facendo su e giù e giri vari che le montagne russe a confronto sono una passeggiata … Il risultato è che ci divertiamo da matti vediamo vari gruppi di Orici, Antilopi ed altri animali non meglio identificati ma io non ho fatto più foto perché ero troppo impegnata a cercare di non vomitare (per chi non se lo ricorda SOFFRO DI CINETOSI!!) La mia faccia soddisfatta per essere riuscita ad arrivare a terra indenne e non dovere pulire l'aereo Rimessi i piedi per terra torniamo al Sossusvlei Lodge dove Marco ci sta aspettando per tornare in hotel. Arrivata in camera sono completamente scombussolata dal volo per cui svengo sul letto per circa tre quarti d’ora e mi sveglio di botto e per pura fortuna in tempo per darmi una ripulita ed andare a cena. Altra chiacchierata serale bevendo Amarula sotto le stelle (Croce del sud sempre assente) e poi ci ritiriamo per la notte. Qui http://desertair.com.na/sossusvlei/ e qui http://www.sossusvleilodge.com/scenicflights.html trovate le info sul volo e questa è la mappa: -
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Aereo [emoji574]️ Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk -
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[emoji23][emoji23][emoji23] Aspetta, aspetta, mica abbiamo finito la giornata... Ti stenderò definitivamente con la vista dall'alto (e in foto non rende n meno la metà), sappilo! -
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Qualche altra foto sparsa della mattinata prima di continuare: -
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19 agosto Namib Naukluft National Park - Sesriem e Soussvlei (I parte) Colazione alle 5.30 ed alle 6 tutti pronti per una delle giornate più belle del tour, per me probabilmente LA più bella dato che tra le dune ci ho lasciato un pezzo di cuore (oltre a ginocchio e polmoni). Il sole i dà il buongiorno così: La leggenda racconta che la Namibia e le dune del deserto del Namib siano “scappate” in un momento di ira divina… se questo è vero non si può certo dire che siano venuti male. Anzi!! Ci sarà forse qualche dubbio sul fatto che il Namib sia il deserto più antico del mondo ma che le sue dune siano tra gli spettacoli naturali più suggestivi del pianeta, c’è poco da dubitare. Se la rabbia di Dio ha un colore, allora non può essere che un arancione che a tratti sconfina nel rosso, a tratti s’aggrappa al giallo. L'area di Sossusvlei è la parte più accessibile di una vasta area sabbiosa del Namib meridionale con caratteristiche simili, che si estende fra i fiumi Koichab e Kuiseb su un'estensione complessiva di 32.000 km². Al di là delle leggende il particolare colore delle dune è dovuto alla composizione ferrosa della sabbia e alla sua ossidazione; le dune più antiche sono quelle dal colore rosso più intenso. Diverse dune dell'area di Sossusvlei superano i 200 m di altezza rispetto al suolo circostante, e si classificano fra le più alte del mondo (la più alta è la "Big Daddy", circa 380 m). Il nostro Lodge si trova a circa 25 km dal cancello di Sesriem (lungo la C27 non asfaltata), il cui nome in lingua locale significa “sei cinghie”, dal numero delle corregge di cuoio che in passato venivano utilizzate per attingere l’acqua dal fondo della gola. Sesriem è un piccolo villaggio dove si trovano gli uffici che rilasciano i biglietti di ingresso al Namib Naukluft National Park e dove fare benzina e scorta di viveri prima di entrare nel parco. Il parco è aperto dall’alba al tramonto, i fortunati che alloggiano al Sesriem Camp site o al Sossus Dune Lodge possono entrare prima dei comuni mortali che alloggiano fuori dal parco e godersi l’alba dalle dune, noi ci accontentiamo di arrivare ai cancelli alle 6.30 circa per essere tra i primi ad entrare. Il luogo da cui l'intera area di Sossusvlei prende il nome si trova circa 60 km all'interno dopo i cancelli di Sesriem. 6 km prima di Sossusvlei la strada asfaltata termina nel "2x4 Parking"; è il limite oltre il quale le automobili a trazione a non integrale (2x4) non possono procedere, perché il fondo stradale lascia il posto alla sabbia. Sossusvlei dista dal parcheggio altri 6 km che si possono percorrere o a piedi o utilizzando il servizio di navette. Anche se avete un 4x4 se non avete esperienza di guida sulla sabbia il mio consiglio personale è quello di approfittare delle navette: ho visto almeno 5 geni insabbiati che aspettavano nella speranza che uno dei ranger che guida le navette si impietosisse e li aiutasse a venirne fuori (due ragazzi di Siena che alloggiavano nel nostro stesso hotel sono stati tra i fortunati e ci hanno raccontato che il ranger che li ha tirati fuori sghignazzando come un matto gli ha anche impartito, dietro pagamento di una piccola mancia, una rapida lezione di guida su sabbia) . Entrati dal cancello percorriamo quindi i 60 km che portano a Sossuvlei facendo un po’ di soste durante le quali Marco ci spiega la particolare conformazione di queste dune che a differenza di quelle del Kalahari sono dinamiche perché si spostano e cambiano conformazione in base al vento che le rimodella continuamente. Abbiamo per cui Dune paraboliche, Dune trasversali, Dune a stella, Dune a barcana. La prima duna che si incontra lungo il tragitto Sesriem-Sossusvlei è la “duna di Elim”, a soli 5 chilometri da Sesriem. "Elim" era il nome di una fattoria che si trovava un tempo in questa zona, prima che il terreno venisse annesso al parco nazionale. Proseguendo lungo la strada ecco la sagoma della “duna 45”, chiamata così perché si trova al 45º km dell’arteria Sesriem Sossusvlei. La 45 viene considerata la duna più fotografata del mondo. Ha una forma ad S particolarmente elegante ed è alta circa 100 metri. Il territorio è attraversato da diversi corsi d'acqua effimeri, che in alcuni punti formano pozze d'acqua anch'esse effimere; tali pozze prendono il nome generale afrikaans di vlei ("pantano", "acquitrino"). Il fondo di queste pozze, asciutto per gran parte dell'anno (e talvolta per interi anni) assume a causa della composizione salina un caratteristico colore bianco. Arrivati al 2x4 parking dopo la doverosa pausa pipì prendiamo le navette che in una decina di minuti (tra salti e saltelli) ci portano al Big Daddy. La Big Daddy è la duna più alta dell'area di Sossusvlei e, dicono, del mondo. E’alta circa 390 m (l'altezza esatta, trattandosi di una duna di sabbia, è ovviamente variabile) e si trova all'estremità del percorso che conduce da Sossusvlei a Deadvlei A questo punto ci sono due possibilità per arrivare al Deadvlei: scalare la duna e poi scendere dal fondo oppure costeggiarla (facendo comunque un po’ di saliscendi). Il gruppo si divide: Alessio, Max, Gianni e Silvia accompagnati da Marco partono alla conquista della Big Daddy , io e gli altri scegliamo la passeggiata “più soft” Sinceramente non mi ricordavo che camminare sulla sabbia fosse così pesante ma facendolo con calma con numerose soste fotografiche e considerato che ancora fa abbastanza fresco complice un piacevole venticello non fastidioso (il sole però picchia per cui cappello e crema solare obbligatori!) arriviamo al Deadvlei in poco più di mezz'ora (loro ci stanno poco di più a scalare il big daddy). Superata l’ultima collinetta dove si scavalla per poi scendere verso il vlei mi fermo per prendere fiato e resto praticamente folgorata tanto che non ho ben chiaro se quello che avevo intorno mi ha distratto dalla fatica o se mi avevano drogato l’acqua ma ho di colpo recuperato le forze e davvero non trovo parole per descrivere quale meraviglia fosse (provo a farvela vedere ma le foto non gli rendono giustizia), vi basti sapere che a un certo punto sedute sul tronco di un albero con Anto ci siam guardate e ci siamo dette: ok lasciateci qui! Il Deadvlei (o Dead Vlei) è una depressione caratterizzata da un suolo di sabbia bianca che in passato era un'oasi di acacie. Il fiume che alimentava l'oasi mutò il proprio corso in seguito al movimento delle dune . A questo si deve l'elemento più caratteristico di Deadvlei (letteralmente, il "vlei morto"), ovvero un grande numero di alberi di acacia morti, che hanno assunto col tempo un colore molto scuro che contrasta col bianco del suolo e l'arancione delle dune. Tornati indietro siamo stanchi, accaldati con le labbra secche e la sabbia ovunque ma talmente felici che non vorremmo andarcene per nulla al mondo ma ci tocca riprendere la navetta Facciamo una breve sosta a Sossusvlei Sossusvlei è un pianoro di forma grosso modo ellittica, coperto da una crosta di sabbia salina indurita e screpolata. Il pianoro è il fondo di un lago quasi sempre asciutto, ed è stato modellato attraverso i millenni dalle acque del fiume Tsauchab. Lo Tsauchab, secco per la gran parte dell'anno, si riempie d'acqua solo in occasione di piogge particolarmente intense; in queste occasioni, può accadere che la piana di Sossusvlei venga alluvionata. (Il fenomeno non ha luogo tutti gli anni. Una delle ultime alluvioni di Sossusvlei avvenne nel 1997.) Il nome del luogo descrive questo fenomeno periodico: vlei è il termine afrikaans che indica il pantano, mentre sossus, in lingua nama, significa "senza ritorno" o "fiume cieco", con riferimento al fatto che qui le acque dello Tsauchab si perdono nel Namib. Torniamo al parcheggio per percorrere a ritroso i 60 km e si è fatta ora di pranzo per cui ci fermiamo al Soussuvlei lodge per rinfrescarci e rifocillarci, siamo proprio a un passo dalle dune che si vedono in lontananza, location bellissima! Dopo pranzo passaggio veloce all’agenzia per confermare l’orario di partenza del sorvolo in aereo del pomeriggio e poi ci rilassiamo un attimo a bordo piscina godendoci il fresco degli alberi prima di rientrare nel parco per dirigerci al Seriem Canyon. …to be continued… -
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Se ci andate giro in quad obbligatorio Ma prendete la camera sulla torre? -
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18 agosto Kalahari – Maltahoe – Namib Desert Il Kalahari ospita l'antico popolo nomade dei San, che si dice vivano in queste terre da almeno ventimila anni. Minuti, dalla carnagione olivastra, occhi dal taglio orientale, zigomi alti, testa tonda, i San erano cacciatori di animali selvatici e dediti alla raccolta di bacche e piante che costituivano la loro alimentazione. Sempre in movimento, seguendo la crescita della vegetazione, in quanto potevano stare senza cibarsi di carne per giorni, ma non senza radici o bacche da cui traevano la preziosa acqua. I San hanno inventato il Braai, il barbecue tanto amato dai sudafricani e il metodo per seccare la carne…il biltong (che a me non fa impazzire). Le lingue khoisan sono particolarissime per la presenza delle cosiddette consonanti clic, prodotte facendo schioccare la lingua contro il palato o contro i denti, con diversi movimenti. Questi suoni insoliti vengono in genere trascritti usando simboli non alfabetici come punti esclamativi o barre verticali (“ǀ”). Sentirli è davvero strano! Se siete curiosi per avere un’idea provate ad ascoltare “The click song” di Miraim Makeba. I San sono stati chiamati dagli inglesi Bushman, termine erroneamente tradotto in Italiano, Boscimani. Nel Kalahari sono ormai pochissimi e quelli che restano in maggior parte “lavorano” nei Living Museums, i musei viventi, per far conoscere la loro cultura e le loro abitudini ai viaggiatori. Il nostro lodge volendo fare cosa gradita propone ogni mattina uno sprazzo di living museum organizzando una “passegiata con i San” che purtroppo però si sostanzia in una patetica pantomima con questi ragazzi che recitano per spiegare come era la vita del loro popolo. I contenuti e quello che raccontano è molto interessante ma sarebbe meglio se organizzassero una chiacchierata intorno al fuoco piuttosto di questo teatrino… https://photos.app.goo.gl/dLwaSd8eVDhfRlIN2 Dopo la passegiata facciamo colazione ed alle 9 partiamo in direzione deserto del Namib. Oggi dobbiamo fare circa 350 km il 90% dei quali su strada bianca, la maggior parte in buono stato anche se non mancano dei pezzi in cui si balla un bel po’ soprattutto nel tratto finale che non è poi così in buono stato. Oggi si comincia anche a respirare polvere a pieni polmoni … evviva!!! Lasciamo quindi il Lodge e ci immettiamo sulla D 1268 che seguiremo fino all’incrocio con la C20 dove giriamo a destra per riprendere la B1, superata Mariental di nuovo a destra per prendere la C19. La strada scorre abbastanza tranquilla tra qualche sosta, Silvia che fa ginnastica e noi che la prendiamo in giro. Arriviamo a Maltahoe dove ci fermiamo al supermercato. Maltahohe è un centro abbastanza grande (per gli standard namibiani), sono le 12.30 e siccome la scuola è appena finita i ragazzini sono tutti in giro, anzi sono tutti nello spiazzo dove ci fermiamo per cui, mentre Marco si occupa dei viveri per i prossimi giorni, io compro un po’ di lecca lecca e faccio amicizia. I più grandi parlano un po’ di inglese per cui riusciamo a comunicare e tra una parola e l’altra (quanti anni hai, come ti chiami, da dove vieni) si divertono come matti a farsi fare le foto e a riguardarle sulla macchina anche le mamme si mettono in posa: Per pranzo andiamo poco lontano al Maltahohe hotel che ci accoglie così Noi siamo clienti per cui possiamo andare in bagno gratis L’hotel è gestito da una famiglia di origine tedesca ed infatti si può scegliere tra wiener schnitzel o gulash (entrambi ottimi). Durante il pranzo Gianni (che tra l’altro ha anche il brevetto da pilota) chiede se è possibile durante il tour fare un giro in aereo o elicottero, io, anche se so già che staro male, mi accodo idem Anto e detto fatto con una telefonata prenotiamo per domani pomeriggio a Sesriem. Finiamo di mangiare in fretta perché abbiamo ancora un po’ di strada (non eccessivamente bella) da fare e per le 3 max 3.30 dobbiamo arrivare al lodge. Il paesaggio cambia continuamente e la strada peggiora sempre più https://lh3.googleusercontent.com/l-n-nc69p1lWFN9S08Ph- mbAGcTKns2vtCHc3yRXm6g_5lEj9Sd5jDrqkwMPnDzSj8siXvXCirgkKlMCw46b2zd22EZduqgBeZX323V9M81SDLBD3qazaxlRu8MBfKqro5i1PMqMKzVULbo3UuM-Q8gBoPSHZoayKp12skMbnUI-07kU4k5YgYQBp4ZSbsjoJ4vQijiclv3F_6Zj1etA2gHQfzDfwIDN2ju36uQspYIUQt7Ge4Ex0i-BTJSickwcnoIcuTquDmOH44D8k8UAJN8ynBxJAheQhzwu8UonAs2rVfJciEV4yedRjXkLldY7j1EyN_AJOMuOudSi3sX9BFs_4WdYkzPUJRGW9V8GwwnRarP5_YJyRlVs9Ues-WVqfJ-qbY_iuJIoJNBskMQAYrGZfIsWTRr-dUDCoh3K6Z2CXnPq1DfW93mPPxaIUj4DLOvvnP1SqNqLy43ec6_LGrKfu__-ngBr6f2whY57HTI8kDp_Zl3vVSiWkbrIEx14rXBqlCzcRh_LGxejkHSy4AihTOuze5WvqvgL6JHYwzqN6Dwqaxo9ozJjXb3CzZMMZ4LZQ-gq0Rzuu39Y1WO5mhBXZQqG_xDrwGzkbP7B9Maii1PvBxef=w1323-h882-no[/img] Riprendiamo la C19 e fatti un centinaio di km svoltiamo sulla D845 e infine sulla C27 dove in mezzo al nulla ecco Le Mirage Lodge. E’ proprio un miraggio dato che ha un’architettura assolutamente fuori contesto: una sorta di cittadella nel mezzo del deserto …Le camere sono molto belle e grandi ed il paesaggio intorno è da favola. (queste è la vista dal balcone della mia camera) Il deserto del Namib, arido da oltre 80 milioni di anni, si ritiene che sia uno dei deserti più antichi del mondo. Rappresenta una ecoregione di grandissimo interesse per geologi e biologi, con una fauna e una flora costituita in gran parte di specie endemiche altamente adattate a questo ambiente particolarmente ostile. Il territorio del Namib è in gran parte incluso in aree naturali protette, la più importante delle quali è il Namib-Naukluft National Park, che è quello in cui ci troviamo. Ci sistemiamo velocemente in camera ed alle 4 siamo pronti per il giro in quad bike tra le dune. Che dire se non che è stato spettacolare? 2 ore abbondanti nel deserto tra paesaggi mozzafiato che alternavano dune sabbiose e deserto pietroso e poi dopo aver lasciato i polmoni su una duna per arrivare in cima i colori del tramonto … https://photos.app.goo.gl/6l0spZbU7nIkgvQL2 Mi spiace solo che guidando non ho potuto fare troppe foto e la maggior parte le ho fatte col cell, ma va bene così: l’esperienza e l’emozione sono già abbastanza. Se ne avete la possibilità fatelo perchè ne vale davvero la pena!!!!! Dopo una doccia rigenerante per levarsi di dosso gli svariati strati di polvere accumulati nella giornata (se mi vedete abbronzata nelle foto non è vero, è la sabbia!) si cena alle 19.30. Il ristorante è quasi di lusso con cena di 5 portate di buona qualità, alla fine sembra notte fonda ma sono solo le 21 per cui ci concediamo un Amarula (una crema di liquore prodotta principalmente in Sudafrica a base di frutta selvatica e dal sapore di caramello leggermente fruttato, con una gradazione alcoolica di 17 gradi, che non si sentono, fatta con zucchero, panna e il frutto dell'albero denominato Marula, chiamato anche "Albero degli Elefanti" o "Albero del Matrimonio") seduti sotto le stelle cercando ancora la “Croce del sud” (che continuiamo a non vedere nonostante le millemila app sul telefono). Buonanotte! -
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Spiegazione perfetta se non fosse che evidentemente a scuola io ho smesso di studiare geografia astronimica alla seconda lezione del primo quadrimestre ed eravamo talmente impediti che nn la beccavamo nemmeno con Sky view [emoji4] Il tormentone deriva dal fatto che l'ex marito di Maria Antonietta è patito di astronomia e le fatto "una capa tanta" sulla croce del sud che è appunto facilissima da vedere, per cui la sua era una questione di principio X non sentirlo e noi abbiamo adottato la causa [emoji6] Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk Una mega spiaggia senza mare [emoji6] Che pensi? Adesivo africano? Se è quello vi ho pensato anch'io [emoji51] Inviato dal mio iPad utilizzando Tapatalk