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claudiaa

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Obiettivi di claudiaa

Turista da agenzia

Turista da agenzia (4/11)

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Reputazione Forum

  1. @antattack Si ho usato il sandbag sul finestrino dell’auto. Ha un peso infernale quel coso, occorre sempre aiutarsi con un qualche appoggio ma essendo praticamente sempre su un mezzo in effetti ci si riesce ad aggiustare facilmente. Per le foto notturne, ad esempio alle waterhole, praticamente tutti utilizzano cavalletti e controllo remoto della camera. Io non mi ci sono proprio cimentata! Comunque concordo che in Islanda portarsi appresso in un trek un tele del genere sia impraticabile. Ho affittato con Altra Ottica Store, molto disponibili e affidabili, spediscono con GLS e vai tu personalmente a ritirare e riconsegnare. Quasi tre settimane di noleggio mi sono costate poco più di 200€. Per me ne è valsa la pena! Sul loro sito puoi fare tutti i preventivi che vuoi per avere un’idea del costo! 😊
  2. @antattack per il tele ho ripetuto l'esperienza del Sudafrica dove, su consiglio, avevo affittato il Tamron 150-600; considera che utilizzo una Canon 600D che, poverina, fa quello che può però con quelle focali almeno non avevo la sensazione di essere "corta". Probabilmente utilizzando macchine più performanti ci si può permettere anche un 100-400. Ma le mie sono considerazioni da principiante!
  3. @acfraine spero vi potrete rifare presto, ci sono posti che davvero toccano delle corde speciali!
  4. Sabato 16 giugno 2023... metti un giorno ad Okaukuejo! Il programma di oggi prevede di esplorare la zona ad Est di Okaukuejo per dedicarci, il giorno successivo, a quella ovest fino ad Halali, dove dormiremo. Avendo escluso a priori di riuscire a raggiungere Olifantrus, l'idea è quella di procedere almeno fino alla famosa pozza di Ozomjuitji M'Bari e poi tornare indietro per fare qualche altro giro nei pressi del rest camp. Purtroppo perdiamo un po' di tempo con la sveglia e poi a colazione e ci mettiamo in auto verso le 7:40 che l'alba vera e propria è già passata da un pezzo. Decidiamo di puntare verso la waterhole di Okondeka, una delle più gettonate per riuscire ad avvistare l'omonimo branco di leoni stanziale, ma non abbiamo fortuna. Troviamo solo uno sciacallo intento a gironzolare. Anche proseguendo lungo la strada che supera Okondeka e collega le pozze asciutte di Adamax e Natco gli avvistamenti sono ridotti all'osso. Quando ci ricongiungiamo alla strada principale troviamo purtroppo anche una spiacevole sorpresa: lavori stradali ovunque che hanno completamente cambiato la - seppur banale - viabilità, tant'è che per la prima volta anche la fidata Maps.Me va in confusione. Ci sono parecchi mezzi pesanti impegnati a spostare grandi quantità di ghiaia che è stata precedentemente accumulata in montagnole e siamo obbligate a prendere un detour. La cosa che ci lascia piuttosto interdette è il fatto che non ci fosse avviso alcuno di questi lavori in corso nè al rest camp nè tantomeno lungo la strada per arrivare sino a qui. Inoltre ci siamo sempre tenute aggiornate con assiduità sul già citato gruppo DriveNam oltre che su alcuni gruppi dedicati agli avvistamenti del Parco senza trovare traccia alcuna di questi lavori...mistero! In ogni caso, in qualche modo ci districhiamo e riprendiamo quella che dovrebbe essere la strada principale ma il fondo è in condizioni pessime e dobbiamo andare pianissimo anche a causa di numerosi mezzi meccani che, invece, ci superano come dannati; già un po' sottotono, decidiamo che non abbiamo nessuna voglia di rischiare di perdere la giornata per pochi chilometri e facciamo inversione - tutto questo caos di sicuro non facilita gli avvistamenti. Superati nuovamente i lavori, direzione Okaukuejo, incrociamo infatti una coppia di giraffe che, come noi, sembra particolarmente disorientata da tutto questo movimento e fa fatica persino a decidersi ad attraversare la strada disseminata di mucchi di ghiaia. Siamo quindi di ritorno ad Okaukuejo per le 11:00 e, dopo una rapida pausa nella nostra room, decidiamo di vedere se c'è movimento alla waterhole. Abbiamo fortuna perchè evidentemente tutti gli animali del circondario sembrano essersi ritrovati qui: kudu, orici, springbok, zebre... in un vai e vieni ripetitivo, in cui tutti sembrano rispettare un ordine preciso. Accomodate sulla piccola "tribuna" in legno ci godiamo in tutta tranquillità lo spettacolo. Per pranzo organizziamo un pick-nic all'ombra, sempre nei pressi della pozza; passiamo buona parte del pomeriggio ipnotizzate dall'andirivieni di animali. Ad un certo punto, nella frenesia generale, arrivano anche gli elefanti, un gruppo di cinque individui adulti - ipotizzo maschi scapoli - che fanno scappare tutti facendo un gran casino. Saranno i padroni della pozza per un'ora abbondante e li fotografiamo da tutte le angolazioni. Magnifico! Poco prima del tramonto decidiamo di uscire per un giro veloce, a Gemsbokvlakte troviamo molte giraffe intente ad abbeverarsi e restiamo anche qui a lungo ad osservarle. Torniamo quindi ad Okaukuejo per il tramonto, altre giraffe e qualche elefante solitario in disparte, fino a quando puntualissimi compaiono anche i rino. Questa giornata è passata senza avvistamenti particolarmente sorprendenti e con ritmi decisamente lenti, ma il bello del safari è anche questo: saper avere pazienza, rallentare, appassionarsi anche alle piccole cose. Buonanotte Africa!
  5. Venerdì 15 giugno 2024 Oggi lasciamo il Grootberg e il Damaraland per arrivare finalmente all'Etosha e le aspettative sono altissime. Abbiamo deciso di spendere quattro notti all'interno del parco, le prime due ad Okaukuejo, una ad Halali e infine una a Namutoni. Entreremo quindi dall'Anderson Gate e usciremo dal Von Lindequist Gate a est. La strategia è quella di "coprire" più area possibile di parco ma, con più tempo a disposizione, sarebbe stato possibile dedicare una giornata o due anche alla porzione più occidentale e remota (Dolomite/Olifantrus). In ogni caso, oggi dobbiamo percorrere ben 320 km fino al gate di ingresso ma per fortuna la C40, a partire dalla cittadina di Kamanjab, diventa una comoda seppur lunga strada asfaltata. Facciamo quindi una abbondante colazione e, dopo un ultimo sguardo commosso alla stupenda Klip River Valley dalla terrazza del Grootberg - come sempre spero sia un arrivederci e non un addio, salutiamo questo magnifico lodge e, verso le 8:30, siamo pronte a metterci in auto, dopo esserci fatte scarrozzare giù per la famigerata mulattiera per l'ultima volta dalla navetta. Troviamo la strada in discrete condizioni e arriviamo scorrevolmente a Kamanjab dove però decidiamo di tirare dritto fino all'incrocio con la C38. Invece di dirigerci subito a nord verso l'ingresso del parco, svoltiamo a sud per fare un pit-stop a Outjo a una manciata di chilometri di distanza. Outjo è una cittadina piuttosto grande se confrontata con gli altri centri abitati visti sinora ed è possibile fare ottimi rifornimenti prima di entrare all'Etosha. Dal momento che è risaputo che gli store all'interno dei Rest Camp non offrono moltissimo, ne approfittiamo per fermarci allo Spar locale, particolarmente fornito, per acquistare cibo e bevande per i prossimi pranzi e aperitivi. Uscite dal supermarket si è fatta, per l'appunto, quasi ora di pranzo e decidiamo quindi di fermarci alla Outjo Bakkery dove gustiamo con calma delle ottime quiche. Facciamo infine un rabbocco al vicino distributore e siamo pronte per dirigerci verso il mitico Anderson Gate dove arriviamo alle 13:30 spaccate. L'Etosha National Park non ha bisogno di presentazioni: è il parco nazionale più famoso del Paese e uno dei gioielli di tutta l'Africa australe. E' di fatto più grande del Kruger National Park ma ben 5.000 dei suoi totali 22.000 kmq sono occupato dal pan - una gigantesca distesa di deserto salino da cui il parco prende il nome: "Etosha" in lingua Ndonga significa, infatti, "il grande luogo bianco". Per fare un analogia con il Kruger, che ho visitato nelle zone meridionali e centrali, ha una rete molto meno capillare di strade e sono anche molti meno i rest camp e le aree di sosta; la caratteristica principale e suo punto di forza è però data dalla presenza significativa di sorgenti d'acqua - sia naturali sia artificiali - che, sparse per il parco, costituiscono un vantaggio negli avvistamenti. Non fraintendetemi, in safari, soprattutto se self drive, è tutta questione di tempismo, pazienza e fortuna ma la presenza di risorse d'acqua così ben segnalate sulla mappa costituisce un notevole aiuto per tutti gli appassionati. Avendo tempo sufficiente, la migliore strategia è infatti quella di appostarsi ad una pozza e...pazientare, sicuri che gli animali verranno da sè. Ovviamente ci sono pozze statisticamente più interessanti e fortunate di altre, in tal senso un eccellente aiuto in fase di programmazione per me è stato il manuale "The Photographers Guide to Etosha National Park", purtroppo acquistabile solo in formato digitale, che offre una panoramica dettagliatissima su ciascuna pozza e sulle strade del parco, disegnando degli itinerari "ideali". Tornando a noi: siamo finalmente ai cancelli del parco. C'è una coda di pochissime macchine, arriva il nostro turno e scendo dall'auto per compilare i moduli nel gabbiotto dei ranger lasciando i dati della macchina e indicazioni dei giorni di ingresso e uscita. Sono emozionata! Riprendiamo la guida e facciamo subito una deviazione alla pozza di Ombika, che troviamo praticamente asciutta, anche se frequentata dagli ungulati che vedremo con più frequenza: orici, zebre, nyala e springbok. In poco tempo raggiungiamo l'Okaukuejo Rest Camp dove facciamo subito il check-in e prendiamo possesso della nostra room: la posizione di queste sistemazioni economiche non è certo il massimo dal momento che siamo vicine alla strada ma la stanza è grande e confortevole, sicuramente meglio di quanto ci aspettassimo. Giusto il tempo di scaricare i bagagli e ripartiamo ad esplorare. Prendiamo la strada principale verso Halali, che troviamo - purtroppo - in pessime condizioni: ci sono corrugazioni pazzesche e il fatto di andare piano per lasciare il tempo agli avvistamenti aumenta notevolmente le vibrazioni. Vediamo tanti struzzi e piccoli gruppi di gnu e un dik-dik ma in questi primi momenti è il paesaggio che stupisce: c'è una strana luce che rende i colori quasi solidi, la linea dell'orizzonte è netta come un taglio tra la savana arida a perdita d'occhio e questo cielo reso plumbeo dalla polvere e dal caldo torrido del pomeriggio. Arriviamo fino alla pozza di Ondongab, affacciata sul pan, che troviamo asciutta per poi rientrare verso Okaukuejo percorrendo alcune strade secondarie che passano leggermente all'interno. Ed è qui che facciamo l'Avvistamento della giornata con la A maiuscola: un giovane leone maschio sul "kill" una malcapitata zebra. Lo troviamo letteralmente sdraiato sulla preda a meno cinque metri da noi, di spalle alla strada quasi a proteggerla da occhi indiscreti; uno sciacallino timido ma risoluto gli gira attorno, sperando di poter racimolare qualche avanzo. Ad un certo punto il leone si alza di scatto infastidito, lo sciacallo sparisce in quattro salti e lui torna a risedersi tranquillo sul pasto. L'emozione è alle stelle, questo è davvero un fantastico avvistamento. Stiamo li per molto tempo, mentre vanno e vengono altre auto, e il leone resta praticamente immobile. Io spero di avvistare il resto del branco perché sicuramente non è solo, anzi potrebbe trattarsi di una coppia "in luna di miele" che ha cacciato insieme, ma purtroppo non abbiamo fortuna. Il tempo passa e noi dobbiamo rientrare: riprendiamo la strada fino a sbucare a Gemsbokvlakte dove osserviamo una elegantissima giraffa che si sta dirigendo proprio là per l'abbeverata del tramonto. Proseguiamo oltre e arriviamo nei pressi di Nebrownii, che avevamo trovato vuota all'andata: ora ci sono alcuni elefanti davvero enormi intenti a farsi i famosissimi "bagni" di fango e polvere per proteggersi dai raggi UV. Il colore biancastro che acquisiscono dopo essersi cosparsi della caratteristica terra chiara che contraddistingue quest'area ha fatto guadagnare loro l'appellativo di "ghost elephants of Etosha". Maestosi! Decisamente soddisfatte di questo primo pomeriggio di safari, torniamo ad Okaukuejo per rinfrescarci e riposarci un po': in fin dei conti è stata una giornata piuttosto piena e siamo cotte! Con il sole ormai tramontato, prima di recarci al ristorante facciamo un salto alla waterhole dove troviamo "i soliti sospetti": i rhinos! Siamo infatti habituè della Okaukuejo Waterhole che monitoriamo ormai da alcuni mesi grazie al live stream su Youtube della NWR e abbiamo scoperto che in questo periodo l'avvistamento notturno è pressoché garantito e infatti eccoli li, che condividono la preziosa risorsa con alcune giraffe - apparentemente le sole, insieme agli elefanti, a tollerare la loro burrascosa presenza. Andiamo a cena e riusciamo a stento a sederci nell'unico tavolo libero all'interno del ristorante, rimasto un po' spoglio perchè la stragrande maggioranza dei tavoli è stata spostata fuori e tutti mangiano a lume di candela e al freschetto. Capiamo che bisognava "prenotare" in anticipo indicando numero della camera e orario di arrivo: domani non ci faremo cogliere impreparate. Facciamo una cena veloce a base di carne e verdure, piuttosto scarsa a livello di qualità, e poi torniamo alla pozza dove ci godiamo dal vivo un incontro di "sparring" tra alcuni rinoceronti neri che sbuffano, alzano polvere, bisbocciano a tutto spiano quasi fossero degli "attori" pagati per intrattenere noi umani curiosi. Non sembra vero di essere finalmente qui!
  6. Giovedì 14 giugno 2023 La sveglia suona prestissimo alle 4:30, fortuna che abbiamo preparato tutto la sera prima altrimenti non saremmo state in grado di intendere e volere. Fuori è buio pesto e raggiungiamo il lodge aiutate dalle frontali. Facciamo colazione e cerchiamo di svegliarci con due tazzone di te e caffè. Poi incontriamo la nostra guida e driver, Dessie, e i due tracker. Ci issiamo a fatica sulla Land Cruiser, con noi c'è anche un ragazzo a cui daremo uno strappo lungo la strada. Partiamo intorno alle 5:30 dal lodge e, miracolosamente, scendiamo indenni dalla terribile mulattiera fino al Grootberg Pass, dove la nostra Hilux sta dormendo beata. Svoltiamo a destra sulla C40 scendendo spediti dall'altopiano: fa un freddo cane, siamo vestite con tutto quello che abbiamo con tanto di guanti e cappelli di lana, siamo anche dotate di coperte di pile in cui cerchiamo di imbacuccarci ma l'aria fredda si infila praticamente ovunque. Ad un certo punto svoltiamo sua una D allontanandoci dalla strada principale. Raggiungiamo, che è ancora buio, una casupola letteralmente in mezzo al nulla. E' fatta di terra e lamiera, la proprietà delimitata da un recinto di tronchi contorti piantati in verticale, dalla porta di ingresso spunta una ragazza con un numero indefinito di bambini mentre il ragazzo che era con noi a bordo, probabilmente impiegato al lodge, scende per rincasare. Assisto assonnata a questo scampolo di vita quotidiana e non posso fare a meno di sentirmi improvvisamente grata per la mia casa e privilegiata per avere acqua corrente tutti i giorni. Proseguiamo sulla nostra strada, diretti verso il cuore della riserva. Verso le 7:00 di mattina inizia ad albeggiare e la luce rivela un ambiente di ruvida bellezza. Le precipitazioni annuali variano qui tra i 250 millimetri nel nord-est e i 100 millimetri nel sud-ovest. Oltre tre quarti di tutta la pioggia cade durante i primi tre mesi dell'anno, ma varia enormemente da mese a mese, da anno a anno e da luogo a luogo. Ne consegue che la fauna selvatica è continuamente costretta a spostarsi su vaste aree in cerca di cibo, ben oltre i confini della Conservacy. Ed è in questa regione che vivono i rinoceronti neri sudoccidentali adattati al deserto, esemplari unici, capaci di resistere molti giorni senza bere e tra i pochi animali in grado di nutrirsi del Damara milk-bush, una pianta altamente tossica. Dopo una breve pausa per godere dell'alba e sgranchirsi le gambe, proseguiamo fino ad arrivare nei pressi del letto di quello che, chissà ogni quanto, diventa uno dei tanti fiumi effimeri dell'area. Qui scendiamo e ci avviciniamo a piedi: arriviamo in un punto dove si vedono distintamente le impronte lasciate da un rinoceronte nero: non solo quelle delle zampe dalla caratteristica forma "a trifoglio" ma anche quelle del corpo e del fianco, segno che quello è stato il suo letto per qualche tempo. Qui avviene il rito dei tracker: la lettura del, come loro stessi lo definiscono, "morning newspaper" e cioè lo studio di orme, droppings più o meno secchi, segni di movimento dell'animale. Confabulano e poi partono a piedi dotati solo di una radio per comunicare tra loro e con la guida. Dessie, appunto, ci intrattiene ancora raccontandoci qualche curiosità su questi magnifici animali: nella porzione di Conservacy dove siamo noi ora se ne contano otto esemplari, la possibilità di avvistarli è del 50-50. Cosa interessantissima che ci fa notare, ravanando dei dropping più secchi, è il caratteristico taglio a 45 gradi dei rametti triturati, masticati e poi evacuati dal black rhino fino a formare dei trucioli di un paio di centimetri perfettamente tagliati. Noi tre torniamo quindi alla Toyo mentre i tracker fanno le loro cose da tracker ormai distanti e indistinguibili nella vastità del paesaggio. Nel frattempo vediamo in lontananza una giraffa che scatta sull'attenti appena avverte il rumore della macchina. Il Grootberg è l'unico lodge autorizzato a portare i turisti all'interno dell'area di conservazione pertanto gli animali non sono per nulla abituati al "traffico", ci colpirà moltissimo, appena l'indomani, la totale differenza di atteggiamento degli stessi animali all'Etosha, del tutto indifferenti a queste rumorose scatolette metalliche in cui noi umani scorrazziamo. Poco dopo facciamo un incontro davvero speciale: la coppia di Rhino Ranger a protezione della Concervacy che si uniscono anche loro con noi nella ricerca. Sono svegli ovviamente da prima dell'alba e hanno percorso già 10-15 km, rigorosamente a piedi, dal loro accampamento al punto dove li abbiamo incrociati. Uno di loro è armato di fucile, l'altro ha con sè una borraccia da mezzo litro d'acqua. Fanno turni di lavoro da 25 giorni filati e sono "on duty" praticamente h24, vivono in un accampamento all'interno della riserva, che vedremo più tardi, costituito da due tende canadesi, due pannelli solari, un fuoco e una recinzione a protezione delle loro cose e di loro stessi. Non hanno mezzi in dotazione e si spostano unicamente a piedi macinando chilometri su chilometri in questo ambiente così arido, così desolato, con il solo scopo di proteggere questa splendida specie animale, che costituisce per loro una fortunata opportunità per avere un impiego e un salario, così come il Grootberg e il turismo in generale, costituisce per questa comunità una grande opportunità di sostentamento e diversificazione. Per tutta la mattinata ci ricongiungiamo più volte con i tracker che tuttavia non portano buone notizie e passiamo il tempo a percorrere praticamente ogni pista della riserva, anche Dessie impegnato nel riconoscere eventuali tracce. Spesso incrociamo dropping freschi ma le impronte non conducono da nessuna parte. Avvertiamo crescente l'insofferenza dei tracker e dei ranger: sono i primi che vogliono trovare i rhino, a volte abbiamo la sensazione che lo vogliano addirittura più di noi, probabilmente per provarci le loro abilità. A metà giornata ci fermiamo in una radura in posizione sopraelevata: siamo infatti dotati di un pic-nic completo con tanto di insalata di pasta e polpette. Ci rifocilliamo tutti insieme all'ombra: noi, i tracker e anche i ranger a cui naturalmente offriamo il pranzo. Anche le prime ore del pomeriggio sono impiegate in una ricerca frenetica ma, purtroppo, tutte le piste seguite dai tracker si riveleranno dei vicoli ciechi. Alle 14:00 decretiamo, seppur a malincuore, la fine della spedizione, risaliamo tutti sulla Toyo e diamo uno strappo ai ranger fino al loro accampamento. Dopo un ultimo avvistamento di mamma giraffa e il suo cucciolo, usciamo dalla riserva e percorriamo la strada che ci separa dal lodge in 2 ore: arriviamo impolverate, accaldate e stanche morte. In compenso il torcicollo di cui soffrivo da qualche giorno è sparito: probabilmente l'african massage di cui abbiamo "goduto" per tutto il giorno mi ha definitivamente sbloccata! Un ultimo sguardo alla ≠Khoadi //Hoas Conservancy (dove otto black rhinos se la ridacchiano ben nascosti) Ci diamo una rinfrescata per poi goderci un altro bellissimo tramonto dal lodge, commentando la giornata. La delusione per non aver visto il rinoceronte piano piano si dissolve e rimane la gioia per aver vissuto una vera avventura, non solo per le piste impensabili in mezzo al nulla su cui siamo state, per la vastità in cui ci siamo sentite minuscole, ma soprattutto per gli incontri straordinari, questa volta umani, che abbiamo fatto. "It's not always that you see a rhino. There aren't many around. But you know God graced them to be on earth."
  7. Ahaaaa che grande invidia! Guidate voi quindi, che bravi! Purtroppo A/R su JNB mi pare di capire da tutti che sia la soluzione più vantaggiosa anche se, certo, impegna un po' di giorni a ritornare dalla zona del delta però così vedete anche tutto il sud... Più o meno ho presente i posti che avete citato, sono ben documentata! Sarà una meraviglia, non vedo l'ora di leggervi al ritorno!
  8. Ma meraviglioso! Itinerario?!?!
  9. Martedì 13 giugno 2023 Dormiamo bene nella rustic tent ma ci svegliamo piuttosto presto complice il freschino che si infila all'interno. Alle 8:00 andiamo a fare colazione al lodge e ci sistemiamo all'esterno nella veranda con vista giardino roccioso. Mentre mangiamo vediamo uno degli ospiti indicare qualcosa al proprietario, un'omone con avambracci alla Braccio di Ferro che, dopo aver indossato un paio di guanti alti fino oltre il gomito, si mette a ravanare tra le piante tirando alla fine fuori niente di meno che un "baby" Rock Phyton che, a detta sua, è più spaventato di tutti noi e che verrà pertanto liberato altrove. Terminata la colazione, rientriamo in tenda a sistemare le nostre cose, carichiamo la Hilux e siamo pronte per partire. Oggi sarà una giornata per lo più di trasferimento, dobbiamo macinare "solo" 260 Km ma saranno tutti su sterrato e vorremmo arrivare al Grootberg in tempo per goderci un po' il lodge dal momento che sappiamo sarà uno dei più iconici di tutto il viaggio. Ci mettiamo in auto verso le 09:00 e riprendiamo la C35 in direzione nord per poi svoltare a ovest sulla D2612 che troviamo in condizioni davvero pessime, soprattutto all'inizio e fin dopo Madisa Camp: ci sono profondi solchi sabbiosi e la larghezza della carreggiata si è ridotta ad una sola corsia in molti punti. Guidiamo con la dovuto attenzione ma, per fortuna, man mano che proseguiamo la strada lentamente migliora fino ad un lungo tratto perfettamente asfaltato in concomitanza con la zona di Twyfelfontein. Percorriamo quasi in silenzio questi bellissimi e comodi chilometri fino all'incrocio con la C39. Incrociamo davvero pochissime auto, immerse in un paesaggio lunare, dove il senso del tempo quasi si perde, ad eccezione della strada - unico segno umano - tutto il resto attorno a noi è infatti solo silenzio, rocce, terra. Dopo una breve sosta per uno spuntino e per il "bush-toilet" nei pressi di Palmwag, percorriamo gli ultimi 20 km che ci separano dall'altopiano di Etendeka: la strada sembra non finire mai, un sali-scendi piuttosto faticoso a causa delle condizioni davvero pessime del fondo. Alle 14:00 in punto siamo finalmente al Grootberg Pass. Da qui parte una breve ma ripidissima mulattiera che sale fino al lodge percorribile solo e rigorosamente con un 4x4 a marce ridotte. La nostra Hilux è fatta apposta, siamo noi a non esserlo e la lasciamo parcheggiata con cura all'ombra vicino alla casupola del custode dove sarà al sicuro h24. Il tempo di recuperare i bagagli che scendono a prenderci con una delle camionette per il safari e in qualche minuto siamo su. L'accoglienza ovviamente è fantastica: il lodge è interamente di proprietà della ≠Khoadi-//Hôas Conservancy, una riserva di quasi novemila ettari situata lungo il confine occidentale del Parco Nazionale Etosha ed è gestito dalla comunità locale Nama-Damara. Ci accoglie Walter che ci offre subito un succo di frutta e ci accompagna sulla terrazza. Che dire, la vista è a perdita d'occhio su tutta la Klip River Valley e rimaniamo senza parole. Ci assegnano lo chalet n.8, vicino alla struttura del lodge e alla fotografatissima piscina. Gli chalet sono tutti a picco sul rim, indipendenti e offrono la massima privacy. Sono arredati davvero con gusto e, a parte la corrente elettrica che è presente solo nel lodge, non manca davvero alcun comfort, c'è persino un set di cortesia di prodotti da bagno buonissimo. Siamo parecchio stanche dalle ore di guida e decidiamo di non partecipare a nessuna attività pomeridiana (offrono sia una passeggiata guidata sia il classico sundowner) e preferiamo rilassarci al lodge, godendo del tea time delle 17:00 e poi sul nostro patio dove assistiamo ad un tramonto davvero speciale. A cena siamo tutti ospiti al lodge e mangiamo piuttosto bene - zuppa, seguita da selvaggina e contorni. A fine pasto conosciamo Ernest, il capo delle guide, che ci conferma la nostra avventura dell'indomani: il rhino tracking di un'intera giornata nel cuore della ≠Khoadi-//Hôas Conservancy ... con sveglia alle ore 4:30!
  10. Come al solito mi scuserete per il ritardo! Lunedì 12 giugno 2023 Buongiorno Africa! Stamattina riprendiamo il nostro on the road dopo la giornata di "pausa" di ieri, i chilometri da percorrere non sono moltissimi ma in buona parte su strada sterrata, d'altronde non potrebbe essere diverso dal momento che ci stiamo addentrando in una delle zone meno densamente popolate del Paese. Inoltre, nelle settimane precedenti, seguendo su Facebook l'efficientissimo gruppo DriveNam, abbiamo appreso di diffusi lavori lungo la C35 in preparazione di asfaltare l'intero tratto stradale, pertanto ci aspettiamo di impiegare un po' di più delle tre ore scarse suggerite dal navigatore. Quindi, dopo una rapida colazione in camera, facciamo il check-out e un rabbocco al serbatoio della Hilux e usciamo da Swakopmund. La strada che corre lungo la costa Atlantica verso nord, la famigerata Skeleton Coast, in questo tratto è asfaltata e si percorre in modo piuttosto confortevole mentre fino a pochi anni fa era sostanzialmente una strada di sale "compatto" il che la rendeva veloce ma anche potenzialmente scivolosa. Maciniamo piuttosto rapidamente i chilometri che ci separano da Henties Bay, facendo solo una breve sosta di fronte al relitto della Zelia, arenatosi nell'agosto del 2008; stiamo solo il tempo di una foto senza scendere dall'auto dal momento che nella piazzola c'è un gruppo di uomini che non capiamo bene cosa stiano facendo o aspettando e siamo l'unica auto presente. Superato il centro abitato di Henties Bay, ultimo "avamposto" dove è possibile fare dei rifornimenti propriamente detti, prendiamo la C35 verso l'entroterra in direzione Uis. La strada è dritta, lunga e piuttosto monotona paesaggisticamente, fino a quando non si è prossimi al minuscolo abitato di Uis da cui inizia a stagliarsi il fenomenale massiccio del Brandberg. Per fortuna i lavori sulla C35 non ci rallentano più di tanto: hanno implementato una sorta di corsia di servizio laterale alla strada principale che stanno asfaltando, che troviamo piuttosto ben tenuta. A Uis ci fermiamo, come molti altri, all'Engen per fare benzina: non avremo infatti la possibilità di rabbocchi nei giorni seguenti fino praticamente all'Etosha. Percorriamo quindi gli ultimi chilometri che ci separano dal Brandberg White Lady Lodge, alle pendici di questo poderoso massiccio montuoso, lungo la D2359, una strada di servizio estremamente scenografica ma con corrugazioni davvero terribili. Il Brandberg White Lady Lodge è un'istituzione in zona, oltre a costituire una vera e propria oasi nel deserto, con diverse possibilità di alloggio e tutte dal prezzo piuttosto abbordabile, è una delle poche strutture ad offrire l'escursione alla ricerca degli elefanti che hanno fatto dello sterminato deserto del Namib il loro habitat attraverso alcuni adattamenti fisici (più piccoli e con zampe più esili e lunghe). Vedere questi elefanti è un'esperienza piuttosto speciale poiché attualmente la popolazione è stimata attorno ai 150 esemplari distribuiti in corrispondenza dei principali fiumi effimeri del Namib, tra cui proprio l'Ugab. Il numero stimato è purtroppo così esiguo a causa, oltre alle ovvie condizione ambientali estreme, anche all'aumento degli insediamenti umani che hanno causato, negli anni, l'interruzione delle rotte migratorie originali degli animali scatenando il conflitto uomo-elefante. Fortunatamente, in tempi recenti, proprio in queste zone sono fioriti molti progetti di sensibilizzazione e conservazione, tra cui la EHRA Elephant-Human Relation Aid i cui ricercatori e volontari abbiamo proprio incontrato durante il safari pomeridiano. Raggiunto quindi il Brandberg, parcheggiamo nei pressi del corpo centrale del lodge, una costruzione piuttosto curata circondata da un giardino in parte roccioso e in parte verde, dove facciamo il check-in e ci informiamo circa gli orari della cena. Ci consegnano quindi le chiavi della nostra rustic tent che dobbiamo raggiungere in auto dal momento che si trovano in una zona appartata proprio a ridosso dell'Ugab River. Questo vuol dire che se le mandrie di elefanti sono nei pressi è piuttosto abituale che raggiungano gli chalet e scorrazzino tra le tende (vedere la pagina Facebook del lodge per credere!). La tenda è proprio rustica ma comunque piuttosto ampia e il bagno en-plain-air una vera chicca. Il meerkat "di casa" Sono le 12:30, facciamo uno spuntino veloce per pranzo accompagnato da una birretta e ci rilassiamo un po'. Torniamo quindi al lodge da cui verso le 14:00 - 14:30 parte la Desert Elephant Drive (630,00 NAD a persona incluso qualche refreshment). Facciamo la conoscenza della guida, un ragazzo simpatico che indossa degli improbabili ma divertenti pantaloni leopardati, che ci informa subito che la mattina stessa sono stati avvistati gli elefanti ad ovest dalle parti della Sorris Sorris Concervacy. Partiamo quindi senza indugi a bordo di una vecchia Toyota riadattata a safari vehicle, siamo solo in quattro: noi e una coppia di australiani. Percorriamo per quella che sembra un'eternità una lunghissima pista ghiaiosa. La Toyo non fa una piega ma noi veniamo belli shakerati a dovere (african massage, quanto mi manchi!). Dopo essere passati davanti ad alcune minuscole casupole, raggiungiamo proprio il letto sabbioso dell'Ugab River, cintato in questa zona da una fitta vegetazione. Qui incrociamo due pastori e alcune capre e dai gesti capiamo che ci indicano ancora più a ovest. Raggiungiamo quindi una sorta di anfiteatro naturale delimitato da koppies dove la vegetazione è piuttosto fitta e c'è persino dell'acqua ed erba fresca. "E' fatta!" penso io "da un momento all'altro!" ... povera illusa! Ci addentriamo in quello che resta del letto del fiume, fino ad una sorta di "imbuto" naturale da cui non è possibile proseguire oltre. La guida, dopo averci offerto una birra per ingannare l'attesa, si arrampicarsi in cerca di una vista migliore ma purtroppo di elefanti neanche l'ombra. Continuiamo a cercare e ripercorriamo la pista a ritroso, fino all'imbocco dell'anfiteatro roccioso inziale: niente. Lasciamo il mezzo e, insieme alla guida, ci arrampichiamo pure noi su di un koppie in posizione centrale. In cima scrutiamo attentamente la vegetazione, pronti a scorgere il minimo spostamento, ma ancora nulla. E' incredibile perché l'area che stiamo osservano sarà si e no qualche km quadrato, gli elefanti - se mai ci sono - ci hanno sicuramente già sentito, visto e odorato da un pezzo ma noi, poveri umani, non siamo dotati di altrettante capacità. In ogni caso se ci si distrae un momento dall'ansia dell' "avvisamento" ci si rende conto del paesaggio di estrema ed aspra bellezza che ci circonda. Dopo un po' torniamo al nostro mezzo, l'australiana con tono demoralizzato fa "They're nowhere to be found...": d'altronde s'è fatta una certa, non manca molto al tramonto e vorrà tornare al lodge per farsi una doccia. Ma la guida è perentoria "Oh no: they're here somewhere, they HAVE to be found!". Grande! Ci riproviamo e finiamo per inziccarci nuovamente verso l'imbuto naturale da cui abbiamo poi fatto inversione. E dopo una piccola curva...eccoli lì, proprio in mezzo al letto del fiume, impegnata a mangiare del tutto indisturbati! E' la mandria di Mathilda, succeduta alla mitica Mama Afrika, dopo la sua morte nel 2014, che fu una delle prime matriarche a ritornare nella zona dell'Ugab River nel lontano 1998. Spettacolo affascinante e meraviglioso della natura, siamo al settimo cielo e lascio parlare le fotografie. La Toyota dei volontari e ricercatori dell'EHRA, simpaticamente caricata Anche se non vorremmo più andare via, si sono fatte le 16:30 e purtroppo dobbiamo tornare visto che la pista accidentata che abbiamo dovuto percorrere fino a qui non consente grandi velocità. Rientriamo quindi felici e impolverate nella rustic tent dove ci diamo una rassettata e poi ci godiamo un bel tramonto al lodge, insieme a tutti gli altri ospiti. La giornata si conclude con una cena a base di carne e verdura alla griglia, piuttosto casalinga ma comunque buona, e canti tradizionali offerti dallo staff del Brandberg radunato nella sala comune per l'occasione. Ci tratteniamo ancora qualche momento per sfruttare il Wi-Fi e la corrente (nelle rustic tent c'è la luce ma non le prese elettriche) e andiamo a dormire. Domani si attraversa il Damaraland per raggiungere il famoso Grootberg Lodge!
  11. Domenica 11 giugno 2023 La giornata di oggi non prevede spostamenti, faremo base a Swakopmund per dedicarci ad una delle escursione guidate più classiche della zona: abbiamo infatti prenotato con la Catamaran Charter un day tour: marine safari nella baia di Walvis Bay al mattino ed escursione in 4x4 tra le dune del deserto del Namib nel pomeriggio fino a Sandwich Harbour, marea permettendo, al costo di 6.600,00 NAD in due. Dal momento che il tour parte da Walvis Bay, in fase di prenotazione abbiamo chiesto il pick-up a Swakopmund, offerto gratuitamente: ci vengono a prendere davanti al B&B alle 08:00 quindi facciamo giusto in tempo a fare una piccola colazione in camera con succo di frutta e biscotti e scendiamo in strada. Il transfer ritarda un po' e il nostro padrone di casa, che nel frattempo ha aperto la caffetteria, ci fa la cortesia di dare un colpo di telefono alla Catamaran Charter che ci rassicura che il nostro van è in arrivo. Una volta salite troviamo le signore francesi già incontrate al Bagatelle e al Sossusvlei Lodge, facciamo ancora un passaggio a recuperare una coppia di spagnoli che alloggia nelle vicinanze e poi ci dirigiamo spediti al waterfront di Walvis Bay che raggiungiamo in una mezz'oretta scarsa percorrendo la strada ancora avvolta da una fitta nebbia. Una volta arrivate, saldiamo la prenotazione presso gli uffici della compagnia e, dopo qualche minuto di attesa sul molo, ci imbarchiamo su uno dei loro catamarani. Il tour della baia è senz'altro uno dei più commerciali, saremo almeno quindici persone ma, tutto sommato, c'è spazio per tutti e riusciamo a sistemarci comodamente. Gli avvistamenti sono quelli tipici e ampiamenti pubblicizzati: un pellicano "resident guest" che si presta ad un set fotografico da posizione ravvicinata in cambio di molti premi in pesce fresco che gli lancia l'equipaggio, otarie, delfini e "banchi" di ostriche di allevamento. La guida, un bianco sulla settantina con dei gran baffoni, è però un grande intrattenitore e ci racconta con passione le caratteristiche della costa, da quelle metereologiche, a quelle geologiche, dalla storia dei naufragi più celebri alla coltura delle ostriche. Lasciamo infine la baia di Walvis Bay per dirigerci verso Pelican Point, una lingua di sabbia molto scenografica che ospita un bel faro riconvertito a lodge di lusso, raggiungibile unicamente via mare o con un 4x4. Qui è presente una colonie di otarie che prolificano del tutto indisturbate (a meno di sciacalli e iene brune ovviamente!). Non è sicuramente paragonabile alla colonia di Cape Cross, più a nord lungo la Skeleton Coast, che non visiteremo, ma la deviazione è piacevole e possiamo dire di aver potuto apprezzare anche la vita marina della costa namibiana. Il tour dura circa 3 ore, dalle 09:00 alle 12:00, e sulla scia del ritorno possiamo approfittare anche di un aperitivo a base di ostriche, stuzzichini ed un vinello frizzantino servito sottocoperta al calduccio. Sbarcate, abbiamo giusto il tempo di comprare un paio di t-shirt nel negozio di souvenir che ci vengono a chiamare per la partenza del tour 4x4 verso Sandwich Harbour. Scopriamo di essere noi due e le francesi, tutte e quattro ci accomodiamo quindi nella Toyota Fortuner della nostra guida, un ragazzone originario proprio di Walvis Bay che guida in infradito ma in modo più che mai sicuro. Dopo pochissimi minuti ci lasciamo alle spalle il centro abitato e raggiungiamo la zona delle saline dove facciamo subito una pausa fotografica. Proseguiamo fino ad una zona lagunare dove troviamo una nutrita colonia di fenicotteri. La nostra guida ci fa avvicinare con calma così che possiamo ammirare questi particolarissimi animali molto da vicino. Dopo esserci trattenuti per qualche tempo riprendiamo l'esplorazione: il nostro driver ci spiega che Walvis Bay è l'unico posto al mondo, insieme ad Abu Dhabi ed al Marocco, dove il deserto incontra letteralmente l'oceano...e quando iniziamo a percorrere spediti il tratto di bagnasciuga, tra le dune da una parte e le onde che si frangono dall'altra è davvero emozionante. Dopo quella che sembra un'eternità a correre sul bagnasciuga, il nostro driver si inventa un percorso tra le dune e con poche, abili manovre, siamo in cima. Scendiamo dall'auto e la baia di Sandwich Harbour si staglia davanti a noi: contrasti di colore inimmaginabili, deserto e oceano a perdita d'occhio. Le fotografie si sprecano anche se non rendono minimamente l'idea dell'immensità e della bellezza del luogo. Il forte vento e il tempo che purtroppo è sempre tiranno ci costringono a rientrare in macchina; dopo altre divertenti evoluzioni tra le dune, la nostra guida parcheggia in una piccola conca un po' più riparata dove ci vengono serviti altri stuzzichini, altro vinello e altre immancabili ostriche. Vediamo addirittura, seppur lontanissimi, gli spruzzi di alcune balene di passaggio... Torniamo quindi a Walvis Bay dopo un'ultima sosta fotografica per ammirare alcuni orici tra le dune; il nostro van già ci aspetta e dopo un'altra mezzora, alle 17:00 siamo di ritorno a Swakopmund. Il tempo di rinfrescarci e rilassarci un po' e usciamo a cena. Abbiamo prenotato da The Ocean Cellar sul lungo mare vicino al faro. Il posto è più fighetto rispetto al The Tug ma mangiamo ugualmente bene, ordiniamo anche un assaggio di sushi che non riusciamo a finire e ci facciamo incartare in una doggy-bag. Rientriamo in camera dove sistemiamo i bagagli per essere pronte a partire di buon ora l'indomani, lasceremo la costa per raggiungere una delle zone più suggestive del paese: il Damaraland!
  12. Ciao a tutti, con colpevole ritardo riprendo il diario! Sabato 10 giugno 2023 Oggi affrontiamo una giornata di trasferimento piuttosto impegnativa, una delle più lunghe del viaggio, che da Sesriem ci porterà a Swakopmund dopo 347 km, praticamente tutti su strada sterrata. Evvai! Ci svegliamo alle 07:00 e andiamo subito a fare colazione a base delle ottime uova, bacon e pancake del Sossusvlei Lodge che sicuramente ci mancherà! Caricati i bagagli partiamo verso le 8:00. La C19 da Sesriem direzione Solitaire è decisamente in condizioni migliori rispetto al tratto della medesima strada che ci ha condotto qui due giorni fa. A quest'ora è tutto avvolto da una nebbiolina gentile dovuta all'escursione termica tra il giorno e la notte e la strada è davvero molto panoramica, avvistiamo in lontananza anche una giraffa. Procedendo con la dovuta tranquillità alle 9:30 arriviamo a Solitaire, il famoso avamposto reso celebre dalla McGregors' Bakery che sforna la torta di mele più famosa della Namibia. Ancora ampiamente sazie dalla colazione da campioni, decidiamo di lasciar perdere la torta di mele e acquistiamo, invece, una meat pie, un rotolone di pasta sfoglia farcito con carne dal peso specifico importante, e una fettona di crostata per pranzo. Facciamo le classiche foto gironzolando per i ruderi di auto disposti ad hoc e vediamo anche una simpatica mangusta gialla, animale che non avevamo ancora fotografato. Ci diamo quindi il cambio alla guida e imbocchiamo la C14 che seguiremo fino a Walvis Bay. In fase di programmazione mi ero lasciata tentare dal percorrere la strada sterrata che, superato il Kuiseb Bridge congiunge la C14 alla C28 attraverso le oasi di Ganab e Hotsas e taglia in direzione trasversale il Namib-Naukluft Park. Si tratta di una strada per cui occorre un permesso, acquistabile a Sesriem o a Swakopmund, ma alla fine abbiamo preferito evitare. E meno male perchè la C14, seppur molto panoramica, si rivela già da sola piuttosto ostica. Ma andiamo con ordine... Il primo tratto di C14 da Solitaire fino al cartello del tropico del Capricorno è piuttosto agevole, poche corrugazioni e dritta come un fuso. Il cartello è letteralmente nel bel mezzo del deserto ed è una sosta obbligata per l'immancabile foto di rito a noi e a Big Sister. Ci arriviamo verso le 11:00 e la luce è quasi abbagliante. Proseguendo troviamo, dopo una decina di chilometri, il Gaub Pass: anch'esso piuttosto agevole e riusciamo a fare anche una serie di belle riprese di guida, in mancanza di piazzole in cui fermarci. Il tratto invece che porta al Kuiseb Pass lo troviamo decisamente più impegnativo: la strada è piena di tornanti, fortemente corrugata, piuttosto stretta e particolarmente trafficata. D'altronde si tratta di uno spostamento "obbligato" per i turisti che, come noi, da Sesriem finiscono tutti sulla costa atlantica. Dopo una quarantina di minuti di tensione, accogliamo come un miraggio il Kuiseb Bridge e quelle poche centinaia di metri che si sono presi la briga di asfaltare. Il Kuiseb Bridge, così come il precedente Gaub Bridge, sono infatti ponti per l'attraversamento degli omonimi fiumi effimeri e le porzioni di strada in corrispondenza degli stessi sono pavimentate o asfaltate. Ciò per evitare che vengano completamente dilavate le poche volte che i fiumi sono in piena. Percorriamo quindi ancora una trentina di chilometri in mezzo ad un paesaggio lunare che ricominciamo ad apprezzare dopo la guida intensa di poco prima. Ci fermiamo per pranzo in un'area picnic dove possiamo vedere da vicino anche i magnifici alberi faretra e la strada davanti a noi che si perde in un deserto senza fine. Sazie dell'ottimo meat pie e dalla crostata acquistata a Solitaire, dopo una sosta pipì en-plen-air evitando serpenti e scorpioni, riprendiamo la guida. Mi sparo non stop i 100 km che ci separano da Walvis Bay: nonostante la prima quarantina sia sicuramente classificata "Col c***o che questa è una C!" la carreggiata è ampia e il traffico fortunatamente si è totalmente diradato rispetto ai passi di questa mattina ma per alcuni tratti procedo nella corsia opposta cercando di evitare il più possibile le corrugazioni. Poi ad un certo punto avviene il miracolo: il fondo stradale diventa, seppur sterrato, compatto e liscio. Andiamo via che è una bellezza e devo fare attenzione a non superare i limiti di velocità. Occorre anche fare attenzione alla guida di per sè dal momento che la strada diventa un rettilineo che si perde all'orizzonte, causando un vero e proprio "effetto miraggio", senza alcun punto di riferimento. Arriviamo finalmente a Walvis Bay alle 14:30 e, prima della rotondona che smista il traffico verso il centro città a sinistra e verso Swakopmund a destra, troviamo una zona lagunare a bordo strada ridentificata sulla mappa come "Bird Sanctuary" dove avvistiamo alcuni fenicotteri. E' occasione graditissima per fermarci, sgranchirsi le gambe e scattare qualche fotografia a questi coloratissimi pennuti. Tornate in auto, svoltiamo a destra e percorriamo gli ultimi chilometri che ci separano da Swakopmund. I sobborghi di Walvis Bay sono tristemente poveri e vediamo la prima vera township namibiana. Un insieme di case e baracche in lamiera, qualcuna in muratura, poche strade sterrate e solo qualche opera di urbanizzazione nei pressi del porto commerciale. La strada tra Walvis Bay e Swakopmund, asfaltata, è invece punteggiata da complessi condominiali e resort di edificazione recente e di una certa modernità. Ne risulta un contrasto purtroppo particolarmente stridente. Arriviamo a Swakopmund in circa mezz'ora: quanta vita in città! Abbondano negozi, ristoranti e alberghi! Arriviamo davanti al nostro Namibian Nights e troviamo già i proprietari ad aspettarci. Lui si intrattiene in pochissimi convenevoli e ha tanta fretta di farci pagare. La moglie, invece, è più cordiale e mi mostra la camera al piano superiore, ci da indicazioni su come parcheggiare nel minuscolo cortiletto e ci spiega il funzionamento del cancello elettrico. La camera è graziosa e pulita ma un po' piccola, manca completamente la porta del bagno cosa che, purtroppo, aumenta la già forte umidità che abbiamo trovato appena arrivate in città. Sistemati i bagagli ci rilassiamo dal viaggio e facciamo un micro bucato. Riprendiamo poi la macchina per andare ad un vicino Spar dove facciamo un poco di spesa in vista dei prossimi giorni nel Damaraland dove i servizi decisamente scarseggiano. Per cena abbiamo prenotato al The Tug alle 19:00. Si tratta di un ristornate particolarmente noto a Swakopmund ricavato, dicono, attorno ad un rimorchiatore in secca. La struttura è effettivamente molto caratteristica ed anche la cucina si rivela all'altezza della fama: prendiamo il Tug Trio, un piattone a base di nasello fritto, gamberoni alla griglia e calamari e il catch of the day alla griglia con due bicchieri di vino. Tutto ottimo, soprattutto i gamberoni sono uno spettacolo! Torniamo in camera dove avremmo decisamente apprezzato la presenza di una stufetta! Questa parte di Namibia è decisamente umida e rimpiangiamo già il deserto del Namib!
  13. @al3cs sono gattoni dolcissimi... o quasi!
  14. Venerdì 9 giugno 2023 Se è vero che uno dei "minus" di programmare un viaggio nell'emisfero australe a Giugno è quello di capitare nel mese con meno ore di luce, uno dei "plus" è sicuramente quello di godersi l'alba alle 7:30 di mattina risparmiando così diverse alzatacce! La sveglia suona, infatti, alle più che umane 6:30, ci vestiamo e andiamo a fare colazione. Niente terrazza stamattina, le temperature di notte non scherzano qui nel Namib e siamo ben contente di sederci all'interno. Per il cibo tocca però fare lo sforzo di uscire: le isole su cui ieri sera si cucinava carne e pesce alla griglia stamattina sfornano uova, bacon e deliziosi pancakes! Dopo un'abbondante e gustosa colazione, prendiamo la macchina e ci dirigiamo ai vicinissimi cancelli del Namib-Naukluft National Park che hanno da poco aperto. Sono circa le 7:20 di mattina e la coda di macchine rapidamente si dirada. Noi entriamo come 29esima vettura: occorre tenere a mente questo numero per comunicarlo una volta che si esce dal parco e si paga la fee (150,00 NAD a persona + 50,00 NAD per veicolo). I gate di ingresso sono infatti due: il primo, più esterno, segna il confine del parco, apre all'alba e chiude al tramonto. Quello interno, invece, segue orari un po' più laschi e permette a chi alloggia all'interno - i più pernottano al campeggio - di battere tutta la concorrenza sul tempo e assistere all'alba dalle dune. C'è da dire che, comunque, prima di raggiungere la Duna 45, una delle più gettonate per il levar del sole, occorre percorrere, appunto, 45 km. I limiti di velocità sono bassi, se ben ricordo 60km/h; è vero che la maggior parte della gente purtroppo se ne frega ma occorre comunque considerare un po' di tempo prima di arrivarci. La strada comunque è magnifica e scenografica, il paesaggio non ha veramente eguali: sembra di essere catapultati letteralmente in un altro pianeta, a metà tra Luna e Marte. All'inizio gli spazi sono ampi e la strada costeggia il Canyon di Sesriem per poi farsi sempre più stretti man mano che ci si avvicina al "cuore" della zona di Sossusvlei. Arriviamo, dopo alcune soste, alla Duna 45 dove vediamo un nutrito gruppo di scalatori che si sta già cimentando sui suoi 80 metri di altezza. Ci fermiamo per scattare qualche fotografia. La luce è perfetta e a quest'ora disegna un affascinante contrasto tra il lato in ombra e quello al sole. Proseguiamo e arriviamo con gli occhi colmi di meraviglia al parcheggio 2x4 dopo altri 20 km. Da qui partono i finali 5 km di pista sabbiosa fino a Deadvlei. Lasciata da parte ogni ambizione di guida 4x4 propriamente detta, facciamo prontamente segno al personale NWR della prima navetta disponibile di aspettarci. Alla modica cifra di 180,00 NAD a testa A/R siamo ben felici di farci trasportare e... di goderci il freddo pungente a bordo! Le temperature sono veramente basse e abbiamo addirittura indossato i cappellini di lana! In men che non si dica arriviamo al parcheggio 4x4. Da qui la piana di Deadvlei è sapientemente celata da Madre Natura in modo tale da mantenere l'effetto sorpresa. Noi però, come al solito, ce la dobbiamo guadagnare e, invece di guardare in basso, puntiamo in alto davanti a noi. E lei è lì... Big Daddy, la duna più alta dell'area di Sossusvlei nei suoi trecentoventiepassa metri. Qualche foto e partiamo, incamminandoci sul lato sinistro rispetto a Deadvlei. Le dune si scalano dalla cresta quindi noi partiamo proprio da dove attacca a terra e seguiamo fedelmente le impronte di chi ci ha preceduto. Per fortuna il caldo è contenuto e la sabbia, soprattutto, è ancora compatta dalle temperature della notte precedente. Mentre saliamo siamo comunque costrette a toglierci un po' di strati anche perché, man mano che passano i minuti, il sole viene su bello gagliardo. Dopo un tratto particolarmente faticoso perché siamo costrette ad abbandonare la cresta e a tagliarla in parte in diagonale, attacchiamo l'ultimo tratto di salita. Arrivate in cima la soddisfazione è enorme e lo stupore per il panorama in cui siamo immerse ancora maggiore. E' solo riguardando le fotografie che ci si rende conto del posto assurdo che è il deserto del Namib, quando si è là circondati da quel mare arancione si è letteralmente inebetiti da tanta bellezza che quasi non si riesce a concepirla. Dopo qualche decina di minuti di meritato riposo e contemplazione, scendiamo dal fianco di Big Daddy direttamente verso la piana di Deadvlei sottostante, sprofondando divertite con la sabbia fino al polpaccio. Una volta a terra, svuotiamo le scarpe e le calze da diversi chili di sabbia, mangiamo una barretta e qualche biscotto e ci incamminiamo verso il pan di un bianco abbagliante. In pochi minuti siamo al cospetto degli iconici alberi di acacia, sentinelle vecchie di centinaia di anni, guardiani di una valle incantata che sembra uscita dall'immaginazione di un pittore. Le foto naturalmente si sprecano. Decidiamo di tornare quando ormai pensiamo di avere fotografato ogni singola acacia e quando ormai i raggi del sole si fanno insopportabili. Il cammino sul falsopiano verso il parcheggio 4x4 è quasi più faticoso con queste temperature della scalata a Big Daddy qualche ora prima. Attendiamo la prima navetta NWR e ci facciamo dare uno strappo al vicino Sossusvlei, un pan più piccolo nonostante dia di fatto il nome all'intera area, sovrastato dalla duna "gemella" Big Mama. Qui ci tratteniamo appena una mezz'oretta giusto il tempo di scattare qualche fotografia. La navetta ci riconduce, infine, al parcheggio 2x4 dove troviamo la nostra Hilux che, d'ora in poi verrà soprannominata "Big Sister". Facciamo un pic-nic sotto un albero di acacia e una piccola siesta. Percorriamo infine a ritroso i 65 km fino all'ingresso del parco, fermandoci unicamente davanti alla duna 45 che perl con la luce del pomeriggio ha molto meno fascino rispetto alla mattina. Stanche e appagate usciamo dal parco alle 15:00 circa. Facciamo una velocissima deviazione al Sesriem Canyon che però non ci colpisce affatto, forse anche a causa dei pochi ma davvero molto accidentati km che dobbiamo percorrere per raggiungerlo. Spendiamo le ultime ore che ci separano dalla nostra seconda cena al Lodge, godendoci la vista dalla nostra camera e un altro indimenticabile tramonto con alcuni springbok ed uno sciacallino che vengono a farci visita.
  15. Giovedì 8 giugno 2023 La sveglia suona relativamente con calma questa mattina in vista di una giornata di trasferimento che dal Bagatelle ci porterà a Sesriem. Dobbiamo percorrere circa 350 km dal Kalahari al Namib, per fortuna più o meno la metà dei quali su strada asfaltata. Facciamo una eccellente colazione al Bagatelle, altrettanto curata come la cena. Il buffet è ricco e vario, in particolare mi conquistano dei muffin fatti in casa al profumo di limone. Questa tappa nel Kalahari è stata davvero una sorpresa, non potevamo iniziare meglio. Caricati i bagagli in auto e fatto il check-out ripercorriamo la pista sabbiosa a ritroso prima e la "D" poi, ritornando velocemente sull'asfalto. A Mariental svoltiamo sulla C19 (asfaltata) e procediamo in direzione Maltahohe. La strada corre veloce e teniamo una buona andatura, comunque sempre sotto i 120 km/h. Arriviamo a Maltahohe che è, di fatto, una strada, una manciata di case, una stazione di polizia e un benzinaio. Qui ci fermiamo per un veloce rabbocco al serbatoio e per farci sgonfiare le gomme (da 2.0 a 1.8) in vista del lungo tratto sterrato. Veniamo avvicinate da un gruppo di bambini che non chiedono soldi ma da mangiare. Abbiamo poco con noi in tal senso: gli lasciamo delle patatine, un succo e dei Rand e mi si stringe il cuore nel vedere come si precipitano dentro il negozietto di alimentari per spenderli. Proseguiamo e appena lasciato il centro abitato inizia il divertimento. La C19 diventa sterrata e dobbiamo trovare la nostra andatura. A parte qualche tratto corrugato la troviamo tutto sommato in buone condizioni. Molta letteratura è stata scritta sul reale significato della nomenclatura delle strade namibiane. Mi permetto quindi di dare il mio personale contributo affermando che la C comprende, in realtà, un ampio range di casistiche che vanno dal "Così così" al "Che schifo", "Col c***o che questa è una C!". Per nostra fortuna, come detto, la C19 in questo primo tratto è clemente: quando le corrugazioni sono lievi la Hilux è perfetta e silenziosissima, tant'è che dobbiamo fare attenzione a non superare gli 80 km/h imposti dalla Safari Car Rental. Nei pressi dello Zaris Pass, dove arriviamo a circa metà giornata, incrociamo addirittura degli uomini impiegati nella manutenzione del manto a bordo di giganteschi trattori. Grande rispetto per questi lavoratori! Superato il passo, la strada piega decisamente a nord verso Sesriem e tanto il paesaggio si fa bello, tanto le condizioni della strada peggiorano. L'ultima quarantina di km prima di ricollegarci con la deviazione asfaltata che porta a Sesriem sono, in particolare, davvero pessimi. La superficie è ghiaiosa e ci sono profondi solchi formati dal passaggio delle altre auto. Cerchiamo di individuare i "binari" più lisci su cui far correre la Hilux e ce la caviamo anche se non in maniera particolarmente confortevole. Ho scoperto proprio ieri su DriveNam, un utile gruppo Facebook, che stanno risistemando proprio il tratto che dal Mirage porta a Sesriem. In compenso il paesaggio è eccezionale con ampie distese di erba gialla, acacie, e i massicci montuosi sullo sfondo. Le riprese si sprecano e, una volta a casa, monteremo dei video davvero suggestivi. Arrivati a Sesriem verso le 14:00 puntiamo direttamente al benzinaio Engen limitrofo al lodge per un check alla pressione degli pneumatici e qualche rifornimento (birre per l'aperitivo!). Non ci sembra vero di essere finalmente qui dopo mesi di sogni ad occhi aperti. Il Lodge è davvero molto bello, con spazi curati e una grande terrazza affacciata su una piccola waterhole che viene illuminata di notte. Facciamo il check-in e, come richiesto in fase di prenotazione, ci assegnano la Standard Room 147. Le standard unit sono di fatto costituite da due camere indipendenti che possono, al bisogno, essere messe in comunicazione attraverso una porta che divide i due bagni. Costano meno rispetto alle "superior" che sono più grandi ed indipendenti ma, scegliendo attentamente quale - in questo il layout del lodge pubblicato sul sito ha aiutato molto - è possibile godere di una vista stupenda verso la aperta savana e i massicci montuosi che incorniciano tutta la zona. Mentre spostiamo l'auto nel parcheggio che ci hanno indicato (tutte le auto si lasciano di fronte all'ingresso del Lodge) ci accorgiamo di un sibilo proveniente dalla ruota anteriore sinistra. Eccallà, stai a vedere che abbiamo forato. In realtà così non è, all'Engen ci dicono che probabilmente è una pietrolina che si è incastrata e "gratta". Ci porteremo dietro questo rumorino, che percepiremo solo ed esclusivamente in fase di manovra, per tutta il viaggio senza capire mai esattamente a cosa sia dovuto. Il sollievo per avere ancora tutte e quattro le ruote integre è tanto e ci concediamo uno spuntino con vista. Passiamo le ultime ore prima di cena a rilassarci al lodge e a dedicarci ad un video in timelapse del tramonto dal nostro patio, ammirando con il binocolo springbok e orici lontani. Iniziamo a sentirci davvero in viaggio, davvero in Namibia. Dalle 19:00 in poi ci godiamo il pantagruelico buffet che ha reso particolarmente famoso il lodge: oltre a quello freddo e caldo degli antipasti, "primi", contorni e dolci, all'esterno sulla terrazza troviamo infatti ben tre isole dove gli chef cucinano sul momento pesce e carne alla griglia, sia "normale" sia selvaggina - kudu, orice, springbok - e noodles saltati. Non possiamo farci mancare un tris di game meat alla griglia accompagnate da verdure e patate al forno. Assaggiamo anche qualche antipasto e dolce e finiamo con il rotolare fino alla nostra Room 147. Domani ci attende la sveglia prima dell'alba e la visita alle famose dune di Sossuvlei!
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